“Apocrifi. Memorie e leggende oltre i Vangeli”

Ottanta capolavori, a costituire un panorama di pitture su tavola lignea, dipinti su tela, sculture, altari ed incisioni, dal Medioevo ad oggi, selezionati dalle sedi museali più prestigiose d’Europa, come i Musei Vaticani, gli Uffizi di Firenze, la Galleria Borghese e la Galleria Doria Pamphilj di Roma, l’Accademia Carrara di Bergamo, la Galleria Tretyakov di Mosca, i Musei Reali di Arte e Storia di Bruxelles e diverse altre.
Nell’elegante e suggestiva sede della Casa delle Esposizioni si potranno ammirare, tra le altre, opere di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, Albrecht Dürer, Andrea Pozzo, Pomponio Amalteo, Ludovico Mazzolino, insieme ad antiche icone russe e bizantine.
Inoltre, Illegio esporrà eccezionalmente per un mese (fino al 18 maggio), lo straordinario dipinto “Il riposo durante la fuga in Egitto” di Caravaggio.
Questo capolavoro, del 1596 circa, lasciò la storica Galleria Doria Pamphilj di Roma soltanto in tre occasioni nella sua storia, alla volta di Londra, Parigi, Washington.
La Galleria ha però deciso che il prezioso dipinto di Caravaggio, sicuramente una delle opere più belle nella storia della pittura, uscirà una quarta volta dalla sua sede e sarà esposto ad Illegio alla mostra Apocrifi.
Il curatore scientifico della mostra, come per le precedenti edizioni, è don Alessio Geretti, che esprime grande soddisfazione per questo prestito eccezionale, ma precisa al contempo che l’esposizione avrà molte altre opere di altissimo livello e affronterà temi iconografici di notevole interesse, in un articolato percorso che va dalla scultura lignea medievale fino ad importanti opere rinascimentali e barocche.
“Questo permetterà – spiega il curatore – di riscoprire quanto a fondo l’immaginario collettivo cristiano sia stato integrato e arricchito da alcune pagine dei Vangeli apocrifi, sia contribuendo a determinare la forma tipica assunta dall’iconografia di determinati episodi canonici, come ad esempio l’Adorazione dei Magi, sia colmando i vuoti della narrazione scritturale con altri materiali compatibili con la fede, come quelli che raccontano l’infanzia di Maria o la sua Assunzione”.
Oggi si è svolta a Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, la presentazione a livello nazionale di “Apocrifi”, con la partecipazione del sottosegretario al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, on.
Giro, con la presenza di mons.
Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.
Il capolavoro di Caravaggio, che si potrà ammirare per un mese ad Illegio, racchiude anche un piccolo mistero, un messaggio “in codice”, che proprio in occasione della mostra “Apocrifi” sarà finalmente del tutto svelato.
Lo spartito musicale che san Giuseppe tiene in mano di fronte all’angelo è un mottetto composto dal fiammingo Noël Bauldewijn nel 1519.
Si tratta del “Quam pulchra es et quam decora”, dedicato alla Vergine Maria ed ispirato dal Cantico dei Cantici.
Il quadro, quindi, racchiude in sé una chiave di lettura mistica.
Don Geretti conferma: “È una specie di didascalia cifrata che ci spiega lo spirito con cui l’artista ha dipinto questo capolavoro, il messaggio che il committente gli ha domandato di inscrivere nella scena”.
Ci sarà in mostra anche un’opera di Caravaggio, per straordinaria concessione della Galleria Doria Pamphilj di Roma.
Illegio, piccolo centro montano nel cuore della Carnia, diventa ancora una volta attore protagonista e scrigno di un evento artistico di portata nazionale e internazionale.
Dopo le cinque mostre internazionali proposte annualmente dal 2004 ad oggi – ricordando le ultime, “Apocalisse.
L’ultima rivelazione” (Illegio ­ Musei Vaticani 2007) e “Genesi.
Il mistero delle origini” (Illegio 2008) –, il Comitato di San Floriano annuncia un’altra grande esposizione internazionale: “Apocrifi.
Memorie e leggende oltre i Vangeli”.
“Si solleva il velo di mistero che spesso s’immagina avvolgere gli antichi Vangeli apocrifi – spiega mons.
Angelo Zanello, presidente del Comitato promotore e parroco di Tolmezzo e Illegio –, ossia quelli che non entrarono nel canone delle Sacre Scritture, ma che talvolta lasciarono il segno in tanta parte della tradizione iconografica e devozionale cristiane.
La mostra si presenta quindi come una suggestiva indagine alla ricerca di tutto ciò che i Vangeli hanno taciuto, ma che la memoria delle prime generazioni cristiane ha fatto giungere sino a noi”.

Io non mi vergogno del Vangelo

L’Apostolo Paolo, può essere un modello per l’insegnante di religione cattolica, giacché è capace di dialogo con la cultura del tempo a partire dalle sollecitazioni del vangelo.
Egli infatti è testimone consapevole della forza interpretativa della Parola di Dio circa l’esperienza religiosa umana e da credente proclama la salvezza per chiunque crede, esprimendo la gioia dell’appartenenza ed il coraggio della testimonianza.
Da questa riflessione è nato lo slogan messo a tema del Meeting: “Io non mi vergogno del Vangelo” (Rm 1,16).
L’Irc per una cultura a servizio dell’uomo.
Il titolo intende richiamare, da una parte, la portata umana del Vangelo, ispiratore della civiltà dell’amore nell’attuale contesto socio-culturale; dall’altra, l’Irc come disciplina scolastica a servizio della persona umana e della sua crescita integrale, per cui l’Idr esercita la sua professionalità docente con la sua identità credente e appartenenza ecclesiale.
La cura e la competenza con cui gli Idr svolgono la loro quotidiana azione scolastica è una risorsa non solo per la Scuola, ma per l’intera Società, giacché va incontro ai bisogni culturali ed educativi degli alunni e delle loro famiglie, mostrando un impegno educativo per la piena realizzazione dell’uomo.
–  Programma completo  (PDF) –  Organizzazione dell’evento

la mostra “Nigra sum sed formosa”

Per gli storici dell’arte la regina di Saba è la donna bellissima che, accompagnata dalle sue ancelle e dai suoi scudieri, si inginocchia come in trance, presa da premonizione, di fronte al legno del ponte sul fiume Siloe, legno destinato a diventare un giorno la croce di Cristo.
Ed è la regale ospite desiderata e a lungo attesa accolta da re Salomone in una reggia che assomiglia al tempio dell’Alberti a Rimini o al palazzo di Luciano Laurana e di Francesco di Giorgio a Urbino.
Sto parlando, naturalmente, del ciclo affrescato da Piero della Francesca ad Arezzo.
Per Jacopo da Varagine che inventò la storia affascinante e piena di colpi di scena della scomparsa e agnizione della Croce di Cristo (vero e proprio thriller archeologico alla Indiana Jones), per i francescani che quella storia moltiplicarono negli affreschi delle loro chiese a stupore ed edificazione dei credenti, la regina di Saba era importante.
Ed era importante anche per l’iconografo (forse l’umanista Ambrogio Traversari) che suggerì a Lorenzo Ghiberti il celebre pannello della Porta d’Oro nel Battistero fiorentino di San Giovanni, dove si vede l’incontro di Salomone con la regina africana.
Correva l’anno 1439, il Concilio aveva riunito a Firenze i dignitari della Chiesa di Roma e delle Chiese d’Oriente e quella iconografia era una promessa di pacificazione fra i cristiani.
La regina di Saba era ed è ancora importante, in maniera del tutto speciale, per la gente d’Etiopia.
La storia era conosciuta in Occidente e soprattutto a Venezia fino dal Medioevo.
Lassù, fra le montagne e gli altopiani dell’Africa più remota e inaccessibile, circondato dall’Islam, c’era un popolo cristiano che praticava la fede degli apostoli.
Non solo, c’era un re che aveva per emblema il leone di Giuda e che diceva di discendere dal seme di Salomone.
Il cristianesimo etiope è un sontuoso ieratico relitto che si è conservato immune da influssi culturali esterni e da ogni contaminazione.
Il sovrano d’Etiopia, il negus neghesti (re dei re) è stato fino a ieri, fino all’ultimo imperatore Hailé Selassié, l’autocrate dei credenti e il custode di una leggendaria ortodossia giudaico cristiana.
Tutta la civiltà religiosa letteraria e artistica dell’Etiopia ha nella regina di Saba la sua pietra angolare.
Il poema epico nazionale, il Kebra Negast (la gloria dei re) databile all’inizio del xiv secolo, racconta che re Salomone e la regina di Saba si amarono, che dalla loro unione nacque una regale discendenza, che la sapienza giudaica e l’Arca dell’Alleanza, al sicuro dagli infedeli musulmani e dagli eretici cristiani, riposano sugli altopiani d’Etiopia, protette dalla spada e dalla lancia del Negus.
Molto antica e molto nobile è la civiltà letteraria e artistica dell’Etiopia cristiana, affascinante nella produzione artigianale a destinazione religiosa – argenti, icone, codici miniati – nei monasteri ancestrali, nelle città sante che replicano i luoghi di Gerusalemme, come la mirabile Lâlibalâ che porta il nome del sovrano che la edificò fra xii e xiii secolo.
Ancora sorprende e imbarazza che gli italiani, negli anni Trenta del secolo scorso, abbiano potuto umiliare e devastare tutto questo con una feroce e stolida guerra coloniale di cui oggi non possiamo che vergognarci.
Ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano.
Conviene quindi chiuderlo subito.
Consola invece sapere che alla regina di Saba e alla civiltà etiopica gli italiani di oggi dedicano una mostra.
Curatori sono Giuseppe Barbieri dell’ateneo Veneziano, Gianfranco Fiaccadori della Statale di Milano, l’architetto Mario Di Salvo.
Con loro ha lavorato un folto e prestigiosissimo comitato scientifico internazionale all’interno del quale spicca il nome di Stanislaw Chojncki patriarca dei moderni studi sull’arte etiopica.
Perché un’impresa scientifica ed espositiva così impegnativa e così inusuale è stata concepita a Venezia? Perché Venezia, fra tutte le nazioni dell’antica Europa, è stata quella che ha mantenuto i maggiori e più fruttuosi rapporti con il regno d’Etiopia e che più di ogni altra ha influito nella sua storia artistica.
Si chiamava Nicolò Brancaleon il pittore veneziano che giunse in Etiopia circa l’anno 1481.
Si firmava in latino in icone arrivate fino a noi, fondò una scuola pittorica che ebbe seguito e fortuna fino al XVIii secolo.
Gli ambasciatori portoghesi che lo incontrarono nel 1520 parlano di lui come di un uomo che abitava in Etiopia da circa quarant’anni, che parlava perfettamente la lingua della nuova patria dove amava farsi chiamare Mercurio, e che era diventato ricco, potente, onorato.
(©L’Osservatore Romano – 5 marzo 2009) Mercoledì 4 è stata presentata in Vaticano la mostra “Nigra sum sed formosa” che sarà aperta dal 13 marzo al 10 maggio all’università Ca’ Foscari di Venezia.
Pubblichiamo l’intervento del direttore dei Musei Vaticani.
“Nigra sum sed formosa”, il versetto celebre del Cantico dei Cantici, è il titolo di questa mostra coltissima e raffinata che subito chiarisce nel sottotitolo il suo obiettivo: “Sacro e Bellezza nell’Etiopia Cristiana”.
Che la sposa del Cantico dei Cantici sia figura della Chiesa o mistico emblema della Vergine Maria – come hanno pensato e scritto gli antichi esegeti cristiani – o che, più realisticamente, sia la bellissima regina africana che va incontro all’amato re Salomone, protagonista della mostra è lei, Saba; la regina che è venuta dalle profondità dell’Africa, che ha incontrato la Legge, ha profetizzato l’Incarnazione, ha dato gloria e splendore alla nazione etiopica.

Classe prima – Marzo

 VII unità di apprendimento:  “Gesù racconta…”  OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO  Conoscenze  Abilità  * Gesù di Nazaret, l’Emmanuele “Dio con noi”.   * Descrivere l’ambiente di vita di Gesù nei suoi aspetti quotidiani, familiari, sociali e religiosi.
OBIETTIVI FORMATIVI • Scoprire che Gesù utilizza le parabole per trasmettere i suoi insegnamenti  • Capire che ogni parabola racchiude un messaggio  Suggerimenti operativi   • Spiegare ai bambini che Gesù parlava con tutte le persone: bambini, adulti, sapienti, non istruiti…
Per farsi capire usava un linguaggio semplice e dei racconti speciali: le parabole, per trasmettere i suoi insegnamenti…
• Leggere il testo della parabola della pecorella smarrita (utilizzare una Bibbia illustrata, in modo da associare alle parole anche le immagini dei vari momenti del racconto).  • Rappresentare la parabola assegnando a ogni bambino un ruolo (le pecorelle, la pecora smarrita, il pastore, Gesù, la folla), e ripetere la drammatizzazione più volte per fare in modo che i bambini si possano immedesimare nei loro ruoli.
• Riflettere su emozioni/sentimenti provati nel racconto della parabola e sulle caratteristiche dei vari personaggi.  • Individuare il messaggio trasmesso da Gesù e sul quaderno rappresentare la scena che ogni bambino ritiene più significativa.
Raccordi con altre discipline Italiano, ed.
all’immagine Riferimento al tema “Per i diritti di tutti” “Convenzione sui diritti dell’infanzia”: Art.
7: Ogni bambino ha diritto ad avere un’identità.
Art.
14: Ogni bambino ha diritto di seguire la propria religione.

Ciclo di incontri in occasione del centenario della SEI

Presentazione del catalogo della mostra I grandi libri illustrati per l’infanzia della SEI (1908-2008) Intervengono: Piergiorgio Dragone Ulisse Jacomuzzi Maria Mimita Lamberti sarà presente il curatore della mostra e del catalogo Pompeo Vagliani giovedì 26 febbraio 2009, alle ore 17,00 Museo della scuola e del libro per l’infanzia Palazzo Barolo Via Corte d’Appello 20 – Torino Da Pipino a Benjamin Button: le fiabe della vita a ritroso Intervengono: Giulio Graglia Vincenzo Jacomuzzi Pompeo Vagliani giovedì 12 marzo 2009, alle ore 17,30 Museo della scuola e del libro per l’infanzia Palazzo Barolo Via Corte d’Appello 20 – Torino Presentazione del libro Serenant et illuminant: i cento anni della SEI  di Fabio Targhetta Con l’autore intervengono: Giorgio Chiosso Ulisse Jacomuzzi venerdì 20 marzo 2009, alle ore 17,30 Museo della scuola e del libro per l’infanzia Palazzo Barolo Via Corte d’Appello 20 – Torino Franti 2000: L’emergenza educativa Partecipano: don Domenico Ricca (cappellano del Ferrante Aporti) Sergio Blanzina (preside del liceo Giolitti) Moderatore: don Sergio Giordani giovedì 23 aprile 2009, alle ore 17,00 Museo della scuola e del libro per l’infanzia Palazzo Barolo Via Corte d’Appello 20 – Torino

“Chiesa in Rete 2.0”

“Chiesa in Rete 2.0” è il titolo del convegno nazionale promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Cei che si terrà a Roma il 19 e 20 gennaio 2009.
“Si colloca in una fase di accresciuta consapevolezza di partecipazione ad un fenomeno ampio che offre nuove e diffuse possibilità di supportare l’azione pastorale e culturale delle diocesi – spiegano gli organizzatori -.
Il Convegno vuole contribuire a collocare più saldamente le iniziative diocesane in questo contesto generale, evidenziando anche il contributo della Cei in termini di piattaforme comuni, strumenti, servizi e competenze”.
Si aprirà con il saluto e l’introduzione di S.E.
Mons.
Mariano Crociata, Segretario Generale della Cei, di Don Domenico Pompili, Direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Dott.
Giovanni Silvestri, Responsabile del Servizio informatico della Cei.
Interverranno tra gli altri il Prof.
Adriano Fabris, Docente di filosofia morale all’Università di Pisa, il Prof.
Giuseppe Mazza, Docente di Teologia fondamentale e comunicazioni sociali della Pontificia Università Gregoriana, il Prof.
Stefano Martelli, Docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Bologna, il Prof.
Daniel Arasa, docente di struttura dell’informazione e comunicazione digitale della Pontificia università della Santa Croce.
Informazioni nel sito internet: www.chiesacattolica.it/chieseinrete

“Un anno con Paolo di Tarso”

Il Servizio Nazionale IRC offre agli Idr un sussidio per l’anno Paolino con alcuni percorsi di approfondimento a cura del bibblista don Cesare Bissoli.
L’approccio è di tipo culturale-scolastico: conoscere il cristianesimo a partire da testimoni autentici.
Il docente potrà liberamente utilizzare i materiali offerti declinandoli secondo il grado e tipo di scuola.
Schede didattiche per l’IRC