«La conoscenza è sempre un avvenimento»: questo il tema che darà il titolo alla trentesima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli.
Lungi dal voler proporre un inaccessibile discorso per addetti ai lavori, parleremo innanzitutto dell’uomo e del suo rapporto con il mondo.
In un clima generale di preoccupante incertezza e diffusa sfiducia verso il futuro, avvertiamo l’urgenza di riporre al centro del dibattito la dinamica attraverso cui l’uomo conosce il reale.
Per fare questo occorre capire se la conoscenza sia riducibile ad un’interpretazione arbitraria, ad una “costruzione” del soggetto, se debba essere intesa nell’esclusivo senso della – presunta “obbiettiva” – conoscenza scientifica, oppure se essa non sia piuttosto «un incontro tra una energia umana e una presenza» e dunque sempre un avvenimento, che accade in modalità e figure diverse tra loro e comporta costitutivamente un elemento irriducibile di alterità.
Alain Finkielkraut afferma: «Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall’esterno.
Un qualcosa di imprevisto.
È questo il metodo supremo della conoscenza.
Bisogna ridare all’avvenimento la sua dimensione ontologica di nuovo inizio.
È un’irruzione del nuovo che rompe gli ingranaggi, che mette in moto un processo».
Alla base di ogni percorso di conoscenza, anche o soprattutto scientifica, vi è l’imbattersi in qualcosa di nuovo, che prima non era entrato nel raggio dell’esperienza o semplicemente non veniva considerato.
Ciò fa sì che la conoscenza sia sempre in movimento e quindi sempre perfettibile.
Ma il nuovo che irrompe e innesca o rilancia la dinamica del conoscere non è solo qualcosa, è anche – e necessariamente – qualcuno: è ciò che chiamiamo testimone.
Senza la mediazione di testimoni non vi sarebbe sviluppo della conoscenza e non vi sarebbero civiltà e cultura, non vi sarebbe storia.
Più radicalmente: è la testimonianza dell’altro, quando si tratta di un’umanità diversa, pienamente corrispondente alle attese costitutive dell’uomo, che rende evidente, “conoscibile”, il senso del vivere.
Ragione e affettività sono profondamente unite nella dinamica della conoscenza: senza affezione, cioè senza un moto di adesione sincera e interessata verso il reale, la ragione non può conoscere.
Come afferma Jean-Luc Marion, «l’amore è una parte centrale della razionalità».
Gli appuntamenti del Meeting saranno l’occasione per incontrare testimoni per i quali la vita continua ad essere l’avventura di una conoscenza sempre nuova proprio perchè avvenimento.
http://www.meetingrimini.org/
Categoria: Eventi
Cultura e Religione: Unità 4
Schema Per introdurci 1.
L’esperienza di riferimento Elaborazione – Integrazioni degli autori – Integrazioni dei collaboratori OF: Lo studente viene introdotto alla comprensione del come e del perché è nata la Bibbia ebraica e cristiana. 2.
L’interpretazione Elaborazione La Bibbia ebraico cristiana Dalla vita al libro Gli eventi fondanti La formazione della Bibbia La composizione della Bibbia dell’A.T. – Integrazioni degli autori – Integrazioni dei collaboratori 3.
Per un bilancio Elaborazione – Integrazioni degli autori – Integrazioni dei collaboratori 4.
Inserisci un tuo commento Osservazioni, suggerimenti, critiche all’elaborazione proposta Per la consultazione dell’intera Unità UdA 4
Unità 4 Sperimentatori
In queste schede verranno inseriti i contributi degli sperimentatori.
Per l’inserimento fare i seguenti passaggi: 1.
Aprire una nuova scheda cliccando nuova 2.
Sostituire il nome nuova scheda con il titolo del contributo 3.
Copiare il testo dal proprio computer e Incollarlo sulla scheda (per incollarlo cliccare sul tasto destro del mouse e scegliere la voce Paste from Word ) 4.
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numeri e fede
articolo «Come fece Pascal anche il matematico valuta i pro e i contro e arriva a credere per ‘convenienza’».
Parla Marco Andreatta.
«Con Ennio De Giorgi penso che il mistero sia più una condizione necessaria che un ostacolo alla verità della religione.
Chi crede accetta con facilità l’etica scientifica».
«È di pochi giorni la notizia che un giovane, laureato in fisica nella mia facoltà, è stato ordinato diacono dal vescovo di Trento.
Sono molti i colleghi e amici che, scienziati (anzi soprattutto matematici) di professione, hanno,come me, una fede.
Anche se – ovviamente – non per tutti è una fede cristiana».
Marco Andreatta, è professore ordinario di geometria, e preside della Facoltà di Scienze all’ateneo tridentino.
Per lui, matematica e fede sono due aspetti del pensiero umano che operano in ambiti sostanzialmente separati ma che alle volte si intersecano con conseguenze molto interessanti.
L’intervista Intervista al Professor Marco Andreatta, Che cosa hanno in comune? «Il matematico è forse il ragionatore razionale per antonomasia; da Galileo in poi, di ogni nuova teoria si dice che è scientifica se si basa sulla matematica e sui suoi procedimenti logico-deduttivi.
Ma questo non impedisce a un matematico né, ad esempio, di innamorarsi (attività non sempre ‘razionale’) né di provare sentimenti di solidarietà, passioni politiche, nè di credere in una religione e nei suoi dogmi di fede.
E, d’altro canto, come una donna può innamorarsi di un matematico, per il suo ‘sapere’, il suo modo di fare e di pensare, così la fede può entrare nell’ animo del matematico ».
Alcuni matematici, nel corso della storia, per spiegare il loro essere uomini di fede, hanno addotto argomentazioni provenienti dalla loro esperienza di scienziati.
«Personalmente non mi ha mai entusiasmato la prova ontologica di Anselmo (che un matematico come Cartesio sintetizza affermando che ‘l’esistenza di Dio è compresa nella sua essenza’ e che il logico-matematico Kurt Gödel ha formalizzato nel secolo scorso).
Mi ha sempre colpito invece l’argomento di Pascal, riconducibile a quella che oggi si definisce ‘teoria dei giochi’: dopo un’accurata analisi dei pro e dei contro, il filosofo-matematico francese (inventore del calcolo delle probabilità) sostiene che la scelta di credere in Dio e in una vita eterna sia più ’conveniente’.
Non ho mai dato troppo peso all’aspetto utilitaristico, ma ho sempre pensato che sotto questo ragionamento razionale ci fosse la speranza che la fatica terrena avrà, per i più sfortunati e per gli ultimi, un senso superiore».
Per alcuni, accettare il mistero è la via migliore per arrivare a un approdo.
«Tra i tanti punti di vista, il mio preferito è sicuramente quello del matematico italiano Ennio De Giorgi, così espresso in un importante intervento sull’Osservatore Romano del 18 novembre 1978: ‘operando come matematico mi sono forzato ad ammettere che: non solo le cose che esistono sono, come è ovvio, più di quelle che conosco, ma per poter parlare delle cose conosciute sono costretto a fare riferimento a cose sconosciute ed umanamente inconoscibili; …perciò il fatto che la religione preveda il mistero appare (al matematico) più come condizione necessaria per la sua credibilità che non come ostacolo all’accettarla’.
Ma attenzione, ammonisce più avanti De Giorgi, ‘Dio non può essere ridotto al primo ente autocomprensivo’.
Abbiamo allora la sensazione di non poter applicare categorie puramente logiche (pensiamo all’umiltà di ascolto, al ‘beati i puri di cuore’…)».
Nella sua vita c’è un evento che l’ha spinto a credere? «Ho un ricordo personale, forse semplice, ma per me di intenso significato: a sette anni frequentavo la catechesi per la prima comunione, insegnata da un giovane e brillante sacerdote, don Giampaolo.
Disegnò sulla lavagna non il solito triangolo con l’occhio al centro ma un magnifico cerchio e disse: così come capite che il cerchio non ha un punto di inizio e uno di fine, così potete anche capire che Dio è tutto, è inizio e fine al tempo stesso.
Ho sempre pensato che questa lezione sia tra le cose che mi hanno spinto da grande ad occuparmi di quella parte della matematica che è la geometria».
Qui abbiamo il caso della fede che spinge verso la matematica.
«Penso che anche in questo caso De Giorgi avesse ragione quando affermava ‘che è più facile per chi crede accettare il principio fondamentale dell’etica scientifica, cioè la ricerca appassionata della verità’, e quindi accettare mutamenti culturali in questa direzione.
Con l’attenzione a tenere ben chiari i vincoli del ragionamento scientifico, perché, citando Galileo, ‘non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi come ogni effetto di natura’.
Lo scienziato ha obblighi-vincoli rigorosi nel ragionare: gli derivano dal comportamento della natura dal quale non può prescindere; la mela cade dall’albero, non vola in alto.
Richard.
Feynman, illustre fisico teorico, diceva che una cosa è pensare e discutere di un angelo custode, che ognuno può immaginare un po’ come vuole; altra cosa è pensare ad esempio al campo elettrico, che è soggetto a talmente tante specifiche…».
Oggi si può ancora dire che la matematica è l’anima delle scienze e che da essa dipende in gran parte il futuro dell’umanità? «Certo.
Si pensi ad esempio alla possibilità di controllare gli eventi provocati dai cambiamenti climatici e ai sofisticati modelli matematici necessari per questo, la matematica delle singolarità e del caos.
Proprio la centralità del futuro dell’uomo come argomento di fondo della ricerca matematica dovrebbe portare il credente a interessarsi della matematica, perché questa disciplina fornisce buona parte delle regole interne a tutta la ricerca scientifica.
Indubbiamente il vorticoso sviluppo tecnologico, più che la scienza stessa, ha in questi anni fatto nascere un’enorme quantità di questioni.
Nel mio campo basti pensare ai formidabili e irrisolti problemi legati alla complessità matematica intrinseca nelle nuove tecnologie: dalla biologia alla rete mondiale dell’informazione, tutti oggi chiedono alla matematica paradigmi e strumenti concettuali nuovi ed efficienti per poter gestire, condividere e sviluppare le nuove scoperte.
Anche per questo la matematica odierna è una scienza ricchissima di nuovi sviluppi e molti pensano che i prossimi anni saranno prodigiosi in questo campo.
Problemi in ambiti diversi vengono posti all’umanità dalle nuove tecnologie: sono quelli riguardanti la libertà e la responsabilità: questioni inedite, che anche la Chiesa, con ragione, solleva, e sulle quali è possibile e auspicabile un dialogo aperto e costruttivo, dato che, citiamo ancora Galileo, ’due verità non possono mai contrariarsi’.
Spero che la fede possa condividere con la scienza la fiducia nelle capacità razionali dell’uomo sulle quali, in buona parte, si fondano le nostre speranze di pace e di progresso».
Luigi Dell’Aglio Versione stampabile Inserisci un tuo commento · Se desideri lasciare un commento, devi effettuare il Login · Se non sei ancora registrato clicca qui Immagini collegate: 1/1
complementarità
Complementarità fra ricerca teologica e antropologica.
La scuola in Italia prende naturalmente sul serio il fatto che gli studenti appartengono per lo più alla tradizione cattolica e molti di loro vivono la fede.
Riteniamo che proprio per loro sia importante la verifica e l’approfondimento che consente il riferimento alle acquisizione della ricerca religiosa richiamata che del resto offrono apporti singolarmente significativi al processo di apprendimento.
Si tratta inoltre di elaborare una corretta composizione fra i contributi delle scienze teologiche e quelli delle scienze della religione; anche per risvegliare la pedagogica cristiana odierna, e renderla consapevole della ricchezza incomparabile della propria tradizione, come d’altra parte farla avvertita dell’apporto irrinunciabile delle moderne ricerche attorno al dato religioso.
In un quadro di sintesi si può sottolineare la doppia traccia; la loro possibile, e in ambito educativo cristiano, indispensabile convergenza.
La religione come fondamentale esperienza umana viene studiata da scienze molteplici e complementari: – le scienze della religione che ne indagano le diverse manifestazioni privilegiano l’analisi dell’esperienza umana nella sua dimensione religiosa. – la teologia si avvale di una rivelazione esplicita – rivelazione biblica -; sulla base del testo biblico, analizzato con consapevolezza credente, tende ad una comprensione razionalmente rigorosa di quanto Dio stesso ha manifestato.
Comportano due percorsi con obiettivi e metodi diversi: tuttavia relazionati e complementari.
Il fervore delle ricerche in ambito strettamente razionale e fenomenologico ha spianato il campo ad una considerazione della religione a prescindere dal dato rivelato.
A livello educativo ha elaborato una gamma di suggestioni inedite che consentono di dare al fenomeno religioso un’interpretazione singolarmente preziosa e in tanta parte inedita.
Le annotazioni che proponiamo si portano precisamente sulla ricerca razionale: soprattutto valorizzano le indicazioni che sono pervenute dalla riflessione fenomenologica ed esistenziale.
Naturalmente resta importante il dato rivelato e la sua elaborazione teologica.
Tuttavia nell’ambito dell’educazione scolastica il confronto interdisciplinare si avvantaggia nella considerazione dell’orizzonte esplorativo comune.
Un grafico può evidenziare il doppio percorso che la ricerca religiosa può perseguire.
I richiami che proponiamo si pongono sul versante dell’uomo, del suo presagio, della sua preoccupazione interpretativa.
Il cielo in una stanza
L’approccio post-romantico al paesaggio, colto e talvolta sottilmente ironico che ha caratterizzato molta della nostra produzione fotografica dagli anni Settanta fino ai primi Novanta, è andato progressivamente trasformandosi e dilatandosi in un sempre più evidente e aggressivo lavoro di documentazione e manifestazione delle mutazioni ambientali, industriali e post-industriali in atto nel nostro Paese.
Come ovunque del resto, ricerche sovente proposte in forma di racconto o di raccolta di immagini quasi inaspettatamente obbligavano il pubblico a riflettere, a domandarsi la ragione dei contenuti, e non solo a contemplare gli scatti riprodotti.
Con una selezione di giovani autori della scena fotografica italiana, la rassegna IL CIELO IN UNA STANZA tenta la codificazione di un linguaggio differente, frutto di una ricerca che nasce da un gioco tra continuità e rottura e pertanto volta ad un confronto critico e dialettico con la tradizione.
Non vi sono sinergie fra le opere presentate ma una comune capacità di intenti, un dialogo fra inquadrature apparentemente differenti ma concepite su un comune sentire, basate su una rinnovata fiducia nella sintesi della narrazione.
A conferma della sua natura aperta, il dialogo si evolve e modifica rispondendo alle varie sollecitazioni: a dispetto dell’attuale crisi vi è la necessità di elaborare una risposta sì perturbativa ma fondativa, che immagini un diverso atteggiamento nei confronti del futuro prossimo.
Al di là dei segni espressivi che connotano il concetto stesso di Natura, gli autori invitati nella mostra esprimono un’acuta sensibilità nelle loro opere, una passione nel descrivere che, memore di un profondo cambiamento in atto, estromette di fatto lasciti tardo-postmoderni a favore di una fenomenologia emotiva rinnovata.
La mostra è organizzata all’interno del progetto Aeson – Arti nella Natura che si svolge in concomitanza presso la Riserva Naturale Regionale Foce dell’Isonzo in collaborazione con l’Associazione Ecopark.
Aeson – Arti nella natura è un festival di ricerca e sperimentazione artistica, una proposta per vivere la natura in modo creativo e dinamico, un percorso per riscoprire paesaggi e luoghi di confine.
GC.
AC – Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, piazza Cavour 44 IL CIELO IN UNA STANZA .
Per una osservazione eccentrica del paesaggio Inaugurazione venerdì 17 luglio 2009, ore 19 Apertura 17 luglio > 2 agosto 2009, Orario dal mercoledì alla domenica, 17.00 > 20.00 Info tel.
0481 494 360 – 46262 / galleria@comune.monfalcone.go.it / www.galleriamonfalcone.it Ingresso libero AESON .
Arti nella natura Un The con gli Artisti sabato 18 luglio 2009, ore 17.30 Apertura 12 luglio > settembre 2009 Info tel.
349 1530844 / www.aeson.it / www.isoladellacona.it Ingresso libero Quando sei qui con me / questa stanza non ha più pareti / ma alberi, alberi infiniti quando sei qui vicino a me / questo soffitto viola / no, non esiste più. Io vedo il cielo sopra noi / che restiamo qui / abbandonati / come se non ci fosse più / niente, più niente al mondo.
(Gino Paoli, Mogol, Il cielo in una stanza, 1960).
La Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone presenta, venerdì 17 luglio 2009 una nuova importante mostra dedicata alla fotografia di paesaggio nella sua accezione più contemporanea.
Il Cielo in una Stanza espone 27 fotografi che hanno saputo interpretare in maniera nuova e personale una delle discipline da sempre più praticate della fotografia.
Con il titolo della mostra, il direttore della Galleria Andrea Bruciati, ha voluto donare un primo omaggio a Gino Paoli, un grande artista e poeta dai natali monfalconesi, che riceverà poi ad ottobre dal Comune il prestigioso riconoscimento della Rocca d’Oro.
Artisti invitati: Marco Campanini, Marco Citron, Emanuele Colombo, Ettore Favini, Michael Fliri, Linda Fregni Nagler, Christian Frosi, Andrea Galvani, Luigi Ghirri, Claudio Gobbi, Andreas Golinski, Stefano Graziani / Giulia Nomis, Teodoro Lupo, Domenico Mangano, Tancredi Mangano, Margherita Morgantin, Giovanni Ozzola, Andrea Pertoldeo, Daniele Pezzi, Alessandro Piangiamore, Claudia Pozzoli, Antonio Rovaldi, Sara Rossi, Richard Sympson, Nicola Uzunovski.
populorum progressio
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