Viene presentato oggi a Roma, in occasione della terza giornata pedagogica della scuola cattolica e nel decennale di approvazione della legge sulla parità, il XII Rapporto sulla scuola cattolica in Italia.
Si tratta di un appuntamento importante che cade proprio nel pieno del dibattito e delle polemiche sui finanziamenti della scuola paritaria per i quali in questi mesi ci sono stati interventi di riduzione e di ripristino che hanno fatto molto discutere.
La Terza giornata pedagogica si svolgerà all’insegna del tema “Fare cultura in un contesto di fede” e, attraverso il Rapporto, intende non solo fare il bilancio dell’applicazione della legge 62/2000 sulla parità, ma anche, e soprattutto, “promuovere quella cultura della parità che fatica ancora ad affermarsi in Italia, nonostante le promesse e gli impegni assunti da tempo”.
Il CSSC, Centro Studi Scuola Cattolica, che ha curato il Rapporto, edito da La Scuola editrice di Brescia, farà il bilancio di questi dieci anni di parità scolastica, attraverso al relazione del suo direttore, prof.
Don Guglielmo Malizia.
Nel pomeriggio l’introduzione dei lavori vedrà l’intervento di mons.
Mariano Crociata, Segretario generale della Cei; successivamente è previsto anche l’intervento del ministro Gelmini che sarà seguito con molta attenzione, considerato che parlerà delle prospettive della parità.
Saranno presenti, con vari interventi sulle esperienze e le problematiche della parità, i presidenti delle Federazioni e delle Associazioni del mondo cattolico delle scuole (Agesc, Agidae, Confap, Fidae, Fism, Foe, Msc). tuttoscuola.com CONVEGNO 18 Novembre 2010 CLARHOTEL Largo Lorenzo Mossa 4 – Roma FARE CULTURA IN UN CONTESTO DI FEDE Terza Giornata Pedagogica della Scuola Cattolica & A DIECI ANNI DALLA LEGGE SULLA PARITA’ Presentazione dell’XII Rapporto sulla Scuola Cattolica ( Ed.La Scuola) Moderatore: Dott.
Marco Tarquinio – Direttore Avvenire Introduce S.E.
Mons.
Mariano CROCIATA Segretario Generale Conferenza Episcopale Italiana Interviene L’On.
Mariastella GELMINI – Ministro Istruzione Programma – Scheda Adesione INTERVENTI DI FORMAZIONE CONTINUA BANDO FONDER 01/2010 FIDAE – CENTRO STUDI SCUOLA CATTOLICA – INTESA FORMAZIONE Presentato piano di Formazione per Coordinatori Didattici e Docenti delle Scuole Cattoliche Fidae: “GESTIRE LA RIFORMA GELMINI SECONDO PROCESSI E CRITERI AUTOVALUTATIVI DI EFFICENZA,EFFICACIA,QUALITA” Inizio Corsi ad approvazione piano da parte di Fonder prevista per Novembre 2010 Area Enti Beneficiari PER UN SISTEMA DI MONITORAGGIO E ACCOMPAGNAMENTO DELLA QUALITA’ DELLA SCUOLA CATTOLICA – 2010/2011″
Categoria: Eventi
La nuova scuola secondaria di secondo grado
Associazione Nazionale Autonoma Professionisti Scuola Viale Gran Sasso, 22 20131 Milano tel./fax 02-55230697 tel.
02-52512882 anapscuola@virgilio.it www.anapscuola.it LA SECONDARIA DI SECONDO GRADO La scelta delle scuole superiori Scegliere la scuola superiore è molto complicato, ciò spesso mette in crisi non solo lo studente ma tutta la sua famiglia.
La decisione deve essere presa analizzando alcuni fattori: Le inclinazioni del ragazzo, i suoi gusti, le sue aspirazioni, i risultati ottenuti alla primaria e alla secondaria di primo grado, ilvoto all’esame di terza media; Le tipologie di scuole presenti sul territorio in cui si risiede, la loro offerta formativa, i progetti che in esse si svolgono; Le prospettive di lavoro o di studio universitario.
E’ sempre meglio frequentare i vari “open day”, le giornate di scuola aperta in cui i dirigenti scolastici e i professori delle superiori illustrano ai ragazzini di terza media e ai genitori i programmi che si svolgono in quegli istituti.
E’ consigliabile evitare gli indirizzi che prevedono molte materie non gradite al ragazzo e, soprattutto, di farsi influenzare dalla fama di un istituto o dalla scelta dei compagni di scuola.
E’ vero che molti ragazzini, spaventati dal nuovo ciclo di studio, tendono a scegliere quello che fanno gli altri, ma non sempre queste decisioni si rivelano vantaggiose.
Inoltre, è bene superare una vecchia gerarchia per cui, se l’adolescente va bene a scuola fa il liceo, se va così così il tecnico, se va maluccio il professionale.
Licei, tecnici, professionali, sono scuole che rispondono ad esigenze e inclinazioni diverse, ognuna con le proprie difficoltà.
A contare è la singola scuola, non le etichette.
Esistono pessimi licei ed eccellenti istituti tecnici o professionali.
Bisogna ascoltare i suggerimenti dei professori delle medie e assecondare le tendenze dei propri figli.
È sempre controproducente costringere un quattordicenne a frequentare un indirizzo per il quale non ha alcun interesse.
I test attitudinali di orientamento sono sicuramente uno strumento importante per decidere, ma non sono un oracolo.
Per la consultazione dell’intero contributo: NuovaScuolaSuperiore.pdf 1397K
Per comprendere meglio le innovazioni
APPENDICE INFORMATIVA La domanda di iscrizione La data entro cui bisogna presentare la domanda di iscrizione alle scuole dell’infanzia e del primo ciclo varia ogni anno, per il 2010 era fissata al 27 febbraio.
Per le superiori il periodo per iscriversi era fissato dal 27 febbraio al 26 marzo 2010, per consentire alle famiglie di comprendere a fondo i cambiamenti della riforma appena varata.
Di norma, però, le iscrizioni vengono raccolte a partire dall’anno nuovo.
Obbligo scolastico Con “obbligo scolastico” si intende il periodo durante il qualel’istruzione non è facoltativa, ma obbligatoria.
Per legge l’istruzione obbligatoria è impartita per almeno dieci anni: inizia a sei, con l’iscrizione alla primaria, e termina a sedici.
L’obbligo si considera soluto anche con la frequenza di uno tra i corsi di istruzione a formazione professionale che vengono organizzati e gestiti direttamente dalle Regioni: durano tre anni e alla fine del percorso viene rilasciata una qualifica professionale.
Tra i 16 e i 18 anni l’obbligo diventa “diritto-dovere” di istruzione e formazione.
Ci sono, però, alcune recentissime novità: a gennaio la Commissione Lavoro della Camera ha dato il via libera al Ddl, collegato ala Finanziaria 2009-2013.
che prevede, tra le varie misure, la possibilità di assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico (che rimane comunque invariato ai sedici anni di età) con l’apprendistato.
La norma rilancia uno strumento contenuto nella legge Biagi e riconosce l’apprendistato come mezzo per “espletare il diritto-dovere di istruzione e formazione”.
Chi l’ha voluto – il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi e il relatore Giuliano Cazzola (Pdl) – ne parla come di “un’opportunità in più offerta a quei 126 mila giovani tra i 14 e i 16 anni (il 5,4%), che superata la scuola media non studiano e non lavorano.
Oppure, talora lavorano in nero”.
Per verificare che tutti i bambini e ragazzi soggetti all’obbligo frequentino effettivamente la scuola, ogni anno il sindaco di ciascun comune deve trasmettere l’elenco dei nomi (in base ai dati anagrafici), che andrà confrontato con il registro degli iscritti negli istituti statali e paritari.
I genitori (o chi ne fa le veci) sono considerati responsabili, di frontealla legge, dell’adempimento dell’obbligo: il che significa, ad esempio, che qualsiasi tipo di assenza nel corso dell’anno dev’essere giustificata.
Sulla carta esisterebbe un limite massimo di assenze oltre il quale si perde automaticamente il l’anno: le assenze secondo il Dlgs 59/04, non dovrebbero oltrepassare un quarto dell’orario annuale personalizzato, fermo restando che “per casi eccezionali le istituzioni scolastiche possono autonomamente stabilire motivate deroghe al suddetto limite”.
Regole più rigide, invece, alle superiori.
Come spiega il nuovo regolamento sulla valutazione, a decorrere dall’anno scolastico di entrata in vigore della riforma della scuola secondaria di secondo grado (e cioè il prossimo), ai fini della validità dell’anno scolastico, compreso quello relativo all’ultimo anno di corso, per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale.
Le istituzioni scolastiche possono stabilire, per casi eccezionali, analogamente a quanto previsto per il primo ciclo, motivate e straordinarie deroghe a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino la “possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati”.
Il mancato conseguimento del limite minimo di frequenza comporta l’esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione alla classe successiva.
Lo stesso vale per chi frequenta l’ultimo anno: i maturandi “assenteisti” non potranno accedere all’esame finale e saranno costretti a ripetere l’anno.
Per la consultazione dell’intero contributo: appendice_informativa.pdf 292K
Conferenza Nazionale della Famiglia
Dall’8 al 10 novembre prossimi, Milano ospiterà presso il MIC – Milan Convention Centre la Conferenza nazionale della famiglia, organizzata dal Dipartimento delle politiche per la famiglia – Presidenza del Consiglio dei ministri e il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.
L’incontro intende costituire l’occasione per dare spazio a quanti, in ambito pubblico e privato, si occupano di tematiche familiari.
I contributi conseguiti nell’occasione sono finalizzati ad arricchire la formulazione del Piano Nazionale delle politiche per la famiglia, che sarà presumibilmente emanato nei primi mesi del 2011.
I partecipanti, che dovranno registrarsi sull’apposito sito www.conferenzafamiglia.it entro la fine del mese di ottobre, saranno inseriti in gruppi impegnati attorno a tematiche specifiche riguardanti il rapporto della famiglia con il fisco, i diritti e l’inclusione sociale, i servizi consultoriali per l’assistenza alla maternità, l’immigrazione e l’integrazione culturale, il ruolo educativo e il sistema formativo (coordinatore del gruppo il dott.
Pasquale Capo in rappresentanza del MIUR), le adozioni, i servizi per la prima infanzia (tra i relatori, Susanna Mantovani docente presso l’Università di Milano “La Bicocca”), le fragilità sociali, i media e le nuove tecnologie.
L’ultima giornata dei lavori sarà dedicata alla comunicazione delle sintesi delle attività dei gruppi e alle tavole rotonde sui temi delle azioni amministrative locali e agli obiettivi di breve e medio termine del governo a favore della famiglia.
tuttoscuola.com
JOB&Orienta: La fabbrica delle competenze: dall’apprendistato al dottorato
Appuntamento dal 25 al 27 novembre 2010 alla Fiera di Verona con JOB&Orienta, la più importante mostra-convegno dedicata a orientamento, scuola, formazione e lavoro che si tiene alla Fiera di Verona.
Quest’anno JOB&Orienta celebra il ventennale con un ricco calendario di iniziative speciali. L’importante ricorrenza consolida il successo del salone che, oltre ad essere di livello nazionale, vanta una rilevante valenza internazionale.
La Mostra-Convegno è strutturata in due aree tematiche: la prima dedicata al mondo dell’istruzione che comprende le sezioni JOBScuola, JOBItinere, ExpoLingue, JOBEducational e MultimediaJOB, la seconda all’università, la formazione e il lavoro con le sezioni Pianeta Università, Arti, mestieri e professioni e TopJOB.
Un’attenzione speciale è data alle realtà che offrono percorsi di istruzione, formazione e occupazione all’estero grazie al profilo JOBInternational, trasversale all’intera manifestazione.
A caratterizzare JOB&Orienta un importante calendario culturale che comprende numerosi convegni, dibattiti, tavole rotonde e seminari, con l’intervento di relatori di spicco, esperti e rappresentanti dei diversi mondi.
Non mancheranno, infine, laboratori, spettacoli e momenti di animazione che mirano a coinvolgere attivamente i visitatori e a valorizzare tutta la creatività dei giovani e delle scuole.
Oltre 42.000 i visitatori dell’edizione 2009, 450 le realtà in rassegna, 150 gli appuntamenti culturali tra convegni, dibattiti, tavole rotonde e workshop, 350 i relatori: numeri che testimoniano il costante trend di crescita e l’autorevole livello della manifestazione.
L’ingresso alla manifestazione e agli eventi correlati è libero.
Si svolgerà alla Fiera di Verona, dal 25 al 27 novembre, la l’annuale mostra-convegno nazionale dedicata a orientamento, scuola, formazione e lavoro.
Organizzata dalla regione Veneto e da Veronafiere, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, vede tra i partner anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero della Gioventù e i Ministeri per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale, l’Ufficio scolastico regionale per il Veneto, la Provincia e il Comune di Verona, la Confindustria di Verona, l’associazione nazionale dei comuni italiani e l’Isfol – Istituto per la formazione dei lavoratori.
Strutturata in due aree tematiche, la prima dedicata al mondo dell’istruzione, la seconda all’università, la formazione e il lavoro, la mostra riserva un’attenzione speciale anche alle realtà che offrono percorsi di istruzione, formazione e occupazione all’estero grazie al profilo JOBInternational, trasversale all’intera manifestazione.
Il tema dell’edizione 2010 è “La fabbrica delle competenze: dall’apprendistato al dottorato”, argomento che sarà al centro dei lavori fin dalla giornata inaugurale, dedicata alla presentazione di esperienze condotte da alcune istituzioni scolastiche che hanno sperimentato attività di alternanza scuola-lavoro e apprendistato in Italia e all’estero.
Tra gli interventi anche quello del Ministro del lavoro Sacconi, che si confronterà direttamente con i giovani presenti all’incontro, dell’on.
Aprea, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei deputati, del prof.
Bertagna, titolare della cattedra di pedagogia Generale all’Università Statale di Bologna.
Per festeggiare il ventesimo anno di attività, JOB&Orienta promuove fra l’altro, una sfilata di abiti realizzati dagli studenti di istituti e accademie di moda, un torneo di pallavolo riservato alle scuole secondarie di I e II grado organizzato dalla FIPAV – Federazione Italiana Pallavolo e una mostra fotografica che documenta la storia della manifestazione, a partire dalla sua prima edizione nel 1990.
L’ingresso alle varie manifestazioni è gratuito.
“Erik Peterson. La presenza teologica di un outsider”
Abbiamo tutti qualcosa da imparare da lui di Karl Lehmann Negli anni tra il 1921 e il 1924 Erik Peterson è impegnato in un lavoro di ricerca straordinariamente intenso su molti temi che cerca sempre di interpretare individuandone le fonti: la storia del concetto mistico-religioso “amico di Dio”, l’esegesi biblica nel pietismo del XVIii secolo, la prassi religiosa di pregare rivolgendosi a oriente e infine la teoria della mistica.
Molte sue recensioni documentano un confronto intenso con la storia delle religioni e con la filologia classica; vi si abbinano vari studi di bizantinistica, saggi sulla lingua e sulla cultura copta e così via.
In questo periodo e anche più tardi possiamo ammirare con quanta intensità Erik Peterson si lasci coinvolgere dallo studio di ambiti disciplinari spesso tra loro molto distanti, pur rimanendo sempre ancorato alla ricostruzione delle fonti.
In questa sua attività di ricerca subì, in un primo tempo, il fascino della scuola di storia delle religioni e, in particolare, quello di Richard Reitzenstein (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, p.
247s., 254s., 259s.).
Anche in questo periodo la conoscenza dei Padri della Chiesa svolse sempre un ruolo fondamentale.
A prevalere nella attività di ricerca e approfondimento di Peterson sono sempre le motivazioni autentiche e profonde della teologia.
Diffida di ogni “sistema” perché teme che la forza della sintesi possa fare violenza alla dimensione di mistero e di apertura propria della fede.
Persino negli studi più specialistici non si allontana mai dalle linee d’orientamento della teologia; si orienta costantemente verso la struttura sostanziale entro cui si iscrivono le relazioni di fondo della teologia, senza peraltro cedere alla tentazione di elaborare sintesi di corto respiro.
Ci si stupisce del come Peterson abbia individuato ben presto e percorso senza indugio un proprio itinerario teologico.
Si ricava non di rado l’impressione che i suoi orientamenti di fondo fossero già chiari a partire dal 1921/22, nonostante la molteplicità ed eterogeneità delle tematiche da lui trattate.
In quegli anni infatti si occupò del monachesimo e della sua storia, della tradizione e del presente della mistica, ma anche del cardinale John Henry Newman (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, p.
21s., p.
599, p.
xxXVIii) e infine di Tommaso d’Aquino durante il celebre corso frequentato da Karl Barth nel semestre invernale del 1923/1924.
Il primo incontro con Karl Barth ebbe luogo nel 1921.
Frutto particolarmente compiuto delle ricerche di questo periodo è il corso, ancora totalmente inedito, su “La storia della mistica della Chiesa antica” tenuto a Gottinga nel semestre estivo del 1924 e ripreso a Bonn nel semestre invernale del 1925/1926.
Soprattutto nelle lezioni di questi anni Peterson si è molto occupato della storia della Chiesa: non solo di quella dei primi secoli, ma anche di quella del diciottesimo e diciannovesimo secolo (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, p 353s., p.
603s.).
In questo periodo emersero anche i suoi interessi e impulsi spirituali, talvolta caratterizzati da accenti addirittura mistici (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, pp.
277-349).
Negli anni 1924-1925, quando Peterson passò all’università di Bonn come ordinario di Storia della Chiesa e Nuovo Testamento, si aprì una nuova fase nella sua produzione teologica, nuova non tanto per i contenuti trattati, quanto invece per lo stile delle sue pubblicazioni.
I primi segnali della svolta si trovano in un confronto critico con Paul Althaus (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, pp.
303-323) e poi soprattutto nel breve opuscolo Che cosa è la teologia? dell’anno 1925, scritto come un discorso all’università in cui egli criticava aspramente l’intervento di Rudolf Bultmann su Che senso ha parlare di Dio?.
L’intervento di Peterson rappresenta una critica fondamentale della teologia dialettica e dei suoi presupposti, assume anzi nella sua sostanza il tono d’una critica dell’intera teologia protestante dell’epoca.
A esser posto in questione in termini radicali è il compito che la teologia ha fatto proprio ricorrendo al linguaggio del diciannovesimo e ventesimo secolo, cioè al voler “parlare” di Dio.
Solo Gesù Cristo ha invece il diritto di parlare “di” Dio; la teologia ha solo un’autorità derivata.
“C’è teologia solo se si presuppone l’autorità dei profeti e l’autorità di Cristo” (Ausgewählten Schriften, 1, p.
11).
Peterson difende una teologia subordinata al dogma della Chiesa.
Nonostante l’intensa discussione, condotta anche con Karl Barth e Rudolf Bultmann, non abbia portato ad alcun risultato immediato, è pur vero però che il dibattito aperto dall’opuscolo nell’ambito della teologia evangelica favorì nel medio termine un parziale riorientamento a favore di una dottrina della fede vincolata alla Chiesa; quest’influsso è avvertibile in particolare in Karl Barth, sensibile agli stimoli di Erik Peterson soprattutto a partire dal corso di Gottinga su Tommaso.
Nei tre anni successivi Peterson pubblicò lavori quasi esclusivamente storici, in particolare sulla letteratura mandea.
Un carteggio con Adolf von Harnack (1928) lo stimolò a riprendere i temi teologici centrali sinora trattati ricorrendo a un approccio più sistematico; nel 1932 pubblicò questa corrispondenza con una postfazione dettagliata sulla rivista Hochland (cfr.
Ausgewählten Schriften, 1, carteggio: pp.
175-184, epilogo: pp.
184-194).
La conferenza su La Chiesa risale alla fine del 1928: Peterson vi riprende alcune idee del carteggio con Harnack, cercando soprattutto di porre in evidenza i fondamenti dell’autorità della Chiesa.
L’analisi di questa tematica rientra in una serie di studi condotti, a partire dal 1926, su questioni fondamentali attinenti la categoria dell’ ekklèsia (cfr.
Ausgewählten Schriften, volume speciale), cioè il rapporto esistente tra Rivelazione e Chiesa, tra diritto e carisma, tra le strutture ministeriali della Chiesa e la successione apostolica, i sacramenti, l’origine della Chiesa – in particolare la relazione tra la “fondazione della Chiesa” e l’annuncio del Regno di Dio da parte di Gesù – e infine, di non minore importanza, la natura e il ruolo della liturgia.
Nel trattare di questi argomenti Peterson non aveva solamente precisato quelli che sarebbero stati i nuclei tipici della propria ricerca: già da tempo si occupava di questi problemi e di queste tematiche; grazie alla pubblicazioni di tale opuscoli perseguiva la finalità di provocare negli interlocutori una chiara decisione.
Dopo “Che cosa è la teologia?” e “La Chiesa (Ausgewählten Schriften, 1, pp.
245-257), Peterson si trovò sempre più isolato; la reazione alle sue provocazioni si tradusse anzi non di rado in “un silenzio glaciale” (Barbara Nichtweiß).
Nel maggio 1929 chiese alla Facoltà di teologia evangelica di Bonn un’aspettativa e alcuni mesi dopo rassegnò le dimissioni al Ministero Prussiano dell’istruzione di Berlino.
Nel Natale del 1930 a Roma si convertì alla Chiesa cattolica.
Più tardi accennò al fatto che le questioni e i problemi che lo assillavano fin dai tempi della sua adesione al pietismo e del suo incontro con Kierkegaard avrebbero potuto e potevano trovare una risposta solo nella Chiesa cattolica (su questo cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
325).
Peterson trascorse gli anni successivi a Roma, dove sposò nel 1933 la romana Matilde Bertini.
Tra il 1934 e il 1940 da questo matrimonio nacquero cinque figli.
Peterson ebbe grandi difficoltà a provvedere al mantenimento della sua famiglia, in particolare dopo che il governo tedesco gli tolse la sua modesta pensione (1937).
In questo periodo ottenne un incarico di insegnamento, anche se poco retribuito, al Pontifico Istituto di Archeologia Cristiana a Roma.
Morì ad Amburgo il 26 ottobre 1960, nell’anno in cui gli venne conferito il dottorato honoris causa a Bonn e a Monaco; venne seppellito a Roma nella tomba di famiglia al Campo Verano.
Quando ci si occupa di Erik Peterson non si può fare a meno di notare una svolta abbastanza significativa, non riconducibile solo alla sua venuta a Roma, alle difficoltà del periodo del nazionalsocialismo e alla seconda guerra mondiale; questa svolta coincide in particolare con la sua conversione alla Chiesa cattolica, maturata lentamente nella seconda metà degli anni Venti e conclusasi infine nel 1930.
Su entrambi i fronti coinvolti si continua a respirare tuttora un certo scetticismo.
Per non pochi esponenti del mondo evangelico Peterson continua a essere un “apostata”, anzi un traditore (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
320s., cfr.
anche p.
306, p.
308s.) mentre per molti cattolici ha ancora l’aura di un neofita di cui non ci si può del tutto fidare.
Questa prospettiva ostacola un’adeguata valutazione del problema.
Erik Peterson ha deciso di convertirsi; pur avendo un’idea piuttosto critica della storia della Chiesa da cui proveniva, non ha però mai assunto un atteggiamento pubblico di polemica nei suoi confronti.
Si prova ancora oggi una certa commozione nel leggere la lettera che Erik Peterson ha scritto a Karl Barth il 31 dicembre 1930, il giorno di san Silvestro.
E sono toccanti per esempio anche le sue riflessioni del 1932, scritte in occasione della pubblicazione del carteggio con Adolf Harnack: “Ho cercato di comprendere, non di condannare.
Mi sono anche preoccupato di collocare le affermazioni di Harnack nella giusta prospettiva, in modo da non dare adito a una fin troppo facile propaganda cattolica.
Spero che da parte protestante si riconosca che mi sono ben guardato dal dire qualcosa di offensivo contro la parte evangelica.
So di non essere mosso da alcun risentimento” (Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
325s.).
Allo stesso modo i rapporti con Karl Barth, nonostante tutte le differenze, continuarono a essere improntati al rispetto reciproco ancora per molto tempo; la stessa cosa si può dire anche dei rapporti con Karl Ludwig Schmidt, Gerardus van der Leeuw e Oscar Cullmann.
Peterson ha qualcosa di particolare da dire a ciascuna Chiesa; non c’è davvero alcuna necessità che venga difeso o riabilitato.
Non si può negare che la sua opera contenga affermazioni problematiche, per esempio sugli eretici e sugli ebrei.
Desidererei ripetere oggi quanto ho scritto nel 2009 nella prefazione al volume 9 delle Ausgewählte Schriften: “Nelle sue riflessioni di allora sulla teologia, sul dogma, sulla liturgia e sulla Chiesa, Peterson ha anticipato non poche posizioni che sono state a volte faticosamente riprese nei decenni successivi e che, per diversi motivi, dovrebbero ancora oggi esser riprese e approfondite, come di fatto già avviene.
Molte riflessioni di Erik Peterson, riguardanti soprattutto i fondamenti della Chiesa, attendono tuttora di essere riscoperte e apprezzate in ambito ecumenico.
Ogni Chiesa ha qualcosa da imparare da Erik Peterson: i cattolici possono capire in quali aspetti la sua più intima ricchezza sia stata danneggiata o anche deturpata, gli evangelici hanno la possibilità, nel riflettere su Erik Peterson, di ripercorrere la propria storia in maniera autocritica, pur non condividendone le singole posizioni (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, pp.
353-553, pp.
603-648).
Per usare le parole di una lettera scritta nel 1956 da Hans-Urs von Balthasar a Erik Peterson potremmo anche dire: “Quanto è sapido, quanto è straordinario tutto ciò che Lei scrive e quanto volentieri si rilegge ciò che già si sa (…) Si vorrebbe conoscere tutto ciò di cui Lei parla” (Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
398).
(©L’Osservatore Romano – 24 ottobre 2010) La marginalità che mantiene giovani Domenica 24 ottobre si aprirà al Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria in Campo Santo il convegno internazionale “Erik Peterson.
La presenza teologica di un outsider” organizzato nel cinquantenario della morte del teologo tedesco (7 giugno 1890 – 26 ottobre 1960).
Il 25 e il 26 ottobre i lavori proseguiranno presso l’Istituto Patristico Augustinianum.
Lunedì mattina i partecipanti al convegno e l’intera famiglia Peterson saranno ricevuti in udienza da Benedetto XVI.
Anticipiamo ampi stralci delle relazioni inaugurali che saranno tenute dal cardinale archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e dal cardinale vescovo di Magonza.
di Raffaele Farina È noto che quando Peterson decise di stabilirsi a Roma, a sostenerlo fu per anni la mano provvida del mio predecessore, il cardinale Giovanni Mercati.
Fu lui che – su indicazione del Gelehrtenpapst Pio xi e del cardinale Eugenio Pacelli, allora segretario di Stato – si preoccupò di trovargli una collocazione professionale che gli consentisse di mantenere la crescente famiglia.
È meno noto il contesto in cui il cardinale bibliotecario prestò questo suo aiuto.
L’azione di aiuto del Mercati a favore di studiosi tedeschi risale all’inizio degli anni Venti, dopo la prima guerra mondiale, “nel periodo più triste dell’assedio e poi della depressione e penuria della Germania”, come scrisse egli stesso in un frammento autobiografico.
Quest’azione di sostegno viene incrementata a partire dal 1936, l’anno in cui Mercati è creato cardinale e in cui Peterson comincia a godere in forma istituzionalizzata della sua liberalità.
In occasione della nomina a cardinale, Pio xi affida all’ex collega della Biblioteca Vaticana la gestione di una consistente somma a favore degli studiosi perseguitati per ragioni razziali.
Il cardinale risponde con intelligente generosità, sino a farsi promotore di un appello all’episcopato americano a favore degli intellettuali costretti all’emigrazione.
L’appello è fatto proprio da Pio xi che lo trasmette, il 10 gennaio 1939, come sua lettera personale, ai cardinali nordamericani: è uno dei suoi ultimi atti ufficiali.
Come afferma lo storico Nello Vian, scriptor emeritus e segretario della Biblioteca Vaticana, fu in questo periodo della prova che la Biblioteca si rivelò essere per non pochi studiosi “un’arca di rifugio e spesso un ponte di passaggio” verso lidi attentamente sondati da Mercati grazie ai suoi contatti americani.
È forse opportuno collocare in questo contesto la mediazione attivata da Jacques Maritain a favore di Erik Peterson presso l’Università Cattolica di Washington nel 1938.
Peterson declinò l’offerta della cattedra a favore del giovane patrologo Johannes Quasten, allora residente a Roma in situazione di precarietà.
Oltreché di una provvida mano Mercati disponeva anche di un’intelligenza, provata da non pochi interrogativi, che lo accomunavano alla biografia intellettuale del teologo Peterson.
Questa prossimità impreziosiva il suo obolo, trasformandolo in un riconoscimento credibile perché al contempo autorevole e altamente simbolico.
Non era stato forse il pio cardinale il primo studioso a recensire in Italia, sulla “Rivista bibliografica italiana”, tra il 1896 ed il 1898, non senza convinto encomio, le opere di Adolf von Harnack? Non aveva egli forse intrattenuto, tra il 1892 e il 1903, una fitta corrispondenza con Alfred Loisy, di cui aveva recensito su “L’Osservatore Romano” non poche pubblicazioni? La crisi modernista colpì Mercati, figlio scientifico dell’Ottocento (“il secolo della storia”), nel vivo delle sue relazioni scientifiche.
Se da un lato non scalfì la sua sacerdotale lealtà, acuì dall’altro in lui la capacità di percepire uno dei drammi che maggiormente investirono la biografia intellettuale di Peterson, il conflitto di lealtà.
Chi tenga presente la biografia spirituale di Peterson non potrà non cogliere in quella intellettuale di Mercati più di un parallelo, sia pure all’insegna dello scarto generazionale e di una profonda differenza – il loro contrapposto rapporto teologico con la storia.
Le carte di Mercati relative al periodo successivo al 1936 non sono ancora catalogate; si è autorizzati a ipotizzare che esse riservino alcune positive sorprese per lo studioso di cose petersoniane.
Quanto si può per ora affermare è che nella relazione tra il cardinale e Peterson, al di là della mano tesa, vi fu una comune percezione della crisi che stava allora attraversando la storiografia ecclesiastica.
Dedicandogli, nella miscellanea del 1946, uno studio, divenuto classico, sull’origine del nome christianus, Peterson volle sottolineare in actu exercito questa comunanza.
Le relazioni attivate grazie al Mercati e all’ambiente a lui vicino presero col tempo una loro autonomia: consentirono a Peterson di interagire, già a partire dalla fine degli anni Trenta, con vari esponenti della cultura italiana.
È in questo periodo che egli annoda i primi contatti con il cattolicesimo lombardo.
Il secondo dopoguerra rappresenta per Peterson un periodo di adattamento alla situazione di esilio intellettuale in cui di fatto si trova.
Svanito ben presto, anche se non del tutto, il sogno di un reinserimento nel mondo accademico tedesco, egli tenta approcci – ormai sulla soglia dei sessant’anni – a referenti editoriali che gli facciano ben sperare per la valorizzazione dei suoi studi.
Inaspettato fu per lui, nel 1947, l’affidamento della responsabilità scientifica della sezione patristica dell’Enciclopedia Cattolica.
Un rapido sguardo agli organi in cui apparvero le prime traduzioni italiane delle sue opere documenta un’impressionante eterogeneità.
Se da un lato vi sono organi semiufficiali come le “Ephemerides Liturgicae”, dall’altro vi sono la “Fiera Letteraria” e la laica casa editrice di Adriano Olivetti.
L’imprenditore, di confessione evangelica, seppe abbinare a un lungimirante progetto di industrializzazione socialmente avanzata un’azione editoriale, volta a liberare la cultura italiana dal persistente cappio dello storicismo.
Il primo volume delle sue Edizioni di Comunità altro non fu che la petersoniana Chiesa degli ebrei e dei gentili, pubblicata con la prefazione dell’allora, non indiscusso, ambasciatore Jacques Maritain.
Con Peterson escono in libreria Newmann e Kierkegaard: è una prova che il fossato tra cultura teologica ed editoria laica non risponde – perlomeno negli anni della ricostruzione – a una legge di natura.
È con Olivetti, prima ancora che con l’editore Wild della Kösel Verlag di Monaco, che Peterson discute del progetto di pubblicazione dei futuri Trattati teologici – ed è sul primo numero della sua rivista “Comunità” che egli pubblica quella preziosa critica teologica della tecnica, che è il Nonne hic est filius fabri? La prospettiva offerta era davvero accattivante, soprattutto ove si tenga presente che i Trattati teologici documentano l’interna unità del suo itinerario teologico nelle due fasi confessionali, evangelica e cattolica.
Basti ricordare i termini con cui il protestante Olivetti presentò allora la sua concreta utopia: “offrire all’élite italiana una possibilità di cultura totale in un senso ecumenico”.
A questo punto ci possiamo domandare: Date queste premesse, perché allora Peterson non fu recepito? Il confronto instaurato con la sua opera dall’elite cattolica italiana del secondo dopoguerra è dominato in effetti da uno strano paradosso: la volontà ecclesiale di recepire la sua opera coesiste con una mancata assimilazione della sua proposta teologica.
È difficile dare un’adeguata risposta agli interrogativi ecclesiali posti dal paradosso accennato.
In ultima analisi una prospettiva di soluzione è forse quella offerta dallo stesso Peterson: il paradosso non tocca tanto lo spazio storico-ecclesiale in cui operò, quanto invece le forme radicali con cui egli maturò proprio in quegli anni il nucleo escatologico della sua proposta di spiritualità.
Gli anni della mancata ricezione coincidono con gli anni in cui l’attenzione alla cultura dello sviluppo prevalse sulla disponibilità a ripensare la natura della teologia della secolarità.
Più che nei manuali di sociologia religiosa, la risposta al paradosso indicato va forse cercata nelle petersoniane Glosse di teologia, un progetto di antropologia cristiana tuttora da riscoprire.
Certo, Peterson visse, soprattutto invecchiando, un profondo bisogno di un riconoscimento che non ebbe.
Determinante è però il fatto che, confrontandosi con questa esperienza della negatività, abbia elaborato le linee di fondo di una spiritualità della paroikia.
La positiva accettazione di una strutturale dialettica tra la marginalità e la presenza del cristiano nel mondo venne da lui declinata e teorizzata in riferimento allo scarto esistente tra i tempi di Dio e quelli dell’uomo.
Una spiritualità della paroikia, dell’esser “altro” del cristiano nel mondo, conosce un solo riconoscimento – quello maturato quotidianamente nell’accoglienza del Kyrios.
Il solecismo outsider, ripreso nel titolo del simposio a traduzione del termine greco paroikòs, è stato legittimato in italiano, dopo decenni d’ostracismo linguistico, da don Giuseppe De Luca, lo storico della pietà che di quest'”alterità spirituale” fu attivo esponente nel mondo della Biblioteca Vaticana e altrove.
Non a caso Peterson, nel suo commento al Vangelo di Giovanni, parla di un'”ora teopolitica” dell’Annuncio.
Nella citata lettera al suo editore Peterson parla di una marginalità che “mantiene giovani per la vita eterna”.
Come illustra il frammento del sarcofago di Giunio Basso, acquisito a logo del presente simposio, il Cristo che si dà, nel momento attivo e relazionale della Rivelazione, nella consegna della nuova Thora, è lo stesso che irrompe gioioso nel tempo dell’uomo per guidarlo verso la nuova Gerusalemme – ed è un Cristo incredibilmente giovane.
Sulla piazza qui vicina, all’apertura del presente pontificato, ci è stato autorevolmente ricordato da uno studioso di Peterson salito sulla cattedra di Pietro: “La Chiesa è giovane!”.
E giovane è l’antico albero della vita da cui Peterson coglie i frutti della sua proposta teologica per farcene tuttora regalo.
(©L’Osservatore Romano – 24 ottobre 2010)
CinemAfrica 2010
Un po’ di storia La rassegna CinemAfrica – film dall’Africa e sull’Africa – nasce nel 2007 su iniziativadell’associazione culturale Centro Studi “Giuseppe Donati” con lo scopo di aprire unafinestra culturale sul continente africano a beneficio in particolare degli studentidell’Università di Bologna.
Un obiettivo secondario ma altrettanto importante è quello di mostrare un’Africa “sorprendente”, lontana dallo stereotipo che viene propagato dai media mainstream,un’Africa che crea opere mature e innovative, capace di analizzarsi e – perché no – anchedi prendere in giro se stessa.
I giovani studenti della più antica università di Bologna, pensano che l’incontro con l’Africa non avvenga solo quando una barca di migranti approda sulle coste italiane: i cibi, le musiche, le letterature, la moda costituiscono occasione di contaminazione tra l’Africa e l’Europa.
In questo senso il cinema assume un ruolo fondamentale, in quanto forma espressiva popolare che riunisce in sé il gesto, la parola, l’immagine, la musica e la scrittura.
Inoltre, consapevoli che la cinematografia africana ha scarsità di risorse, la Rassegna vuol essere un piccolissimo gesto di sostegno, quasi una sorta di “commercio equo e solidale cinematografico”, dal momento che in Africa la diffusione è davvero limitata a pochissime sale dislocate per lo più nelle capitali e nelle città più importanti(Cfr.: presentazione CinemAfrica 2010).
Gli studenti del Centro Studi “Giuseppe Donati”, vicolo Luretta, 3/A – 40126 -Bologna : www.centrostudidonati.org si propongono di fa vedere pellicole da un lato non “difficili” in termini di tematiche trattate e di comprensione linguistica, in modo che CinemAfrica sia un appuntamento il più possibile aperto, ampio e partecipato, privilegiando il punto di vista africano, sia per quanto riguarda la produzione, la regia e/o il soggetto delle opere presentate.
Troppo spesso infatti l’Africa, dopo aver subito un colonialismo che per quanto riguarda l’aspetto economico perdura tuttora, subisce anche un furto in termini cinematografici e culturali, essendo costretta a mostrare sempre e soltanto gli stereotipi che il pubblico occidentale si attende.
I film sono proposti sempre su grande schermo, presso una sala cinematografica cittadina di primissima qualità e con una particolare predilezione per la proiezione in pellicola.
Proprio per il carattere aperto della rassegna i film presentati sono doppiati o quanto meno sottotitolati in italiano.(Cfr.: Centro Studi “Giuseppe Donati”, vicolo Luretta, 3/A – 40126 –Bologna www.centrostudidonati.org ).
Le collaborazioni Dall’edizione 2008 CinemAfrica si avvale della collaborazione del prestigioso Festival delCinema Africano di Verona, che si svolge ogni anno dal 1980.
(cfr.
www.cinemafricano.it)Quello di Verona si configura come un vero e proprio Festival CinematograficoInternazionale; dal 2007 inoltre Verona ha stretto una collaborazione formale con il Festival del Cinema di Zanzibar in occasione del quale una delegazione veronese partecipa alla giuria del festival..
Questo gemellaggio tra il “piccolo” CinemAfrica e il ben più solido evento veronese, oltre ariconoscere il valore dell’esperienza CinemAfrica in una città studentesca e culturalmenteattiva come Bologna, rende la rassegna sicuramente più completa e migliore sotto il profiloartistico.
Da questa edizione si è rafforzate la collaborazione con il COE (Centro Orientamento Educativo di Milano) per la selezione delle pellicole e con Radio Città del Capo di Bologna in qualità di media partner per il supporto pubblicitario e di informazione.
L’edizione 2010 Due weekend e otto film provenienti o ambientati in terra africana che svelano tradizioni,credenze religiose, politica e sentimenti del continente “così lontano e così vicino”.
Pellicole di autori africani desiderosi di raccontare storie intime, ma anche momenti politici che passeranno alla storia come le più gravi espressioni di razzismo.
Tutti collegati a temi attuali come gli “estremismi” religiosi e l’emigrazione.
I due week end della rassegna si aprono con l’omaggio a Sembène Ousmane maestro del cinema senegalese scomparso nel 2007, con GUELWAAR (sabato 16 ottobre 2010 – ore 18)e MOOLAADÈ (sabato 23 ottobre 2010 – ore 18).
Entrambi i film hanno come sfondo il villaggio africano, mentre Guelwaar rivela intrecci ed equivoci a volte anche divertenti, Moolaadè denuncia l’illegale usanza barbara dell’infibulazione delle bambine, tuttora praticata in oltre 25 paesi africani sui 52 riconosciuti dall’Onu.
A seguire nella giornata di apertura, 14 KILOMETROS di Gerardo Olivares, (sabato 16 ottobre 2010 – ore 21) film che percorre il dramma dei migranti clandestini in viaggio per raggiungere l’attraente opulenza europea; la tragica illusione dei disperati è che siano i 14 chilometri dello Stretto a separarli dall’agognata felicità.
Ed è appunto l’attesa e nello stesso tempo il desiderio di allontanare i propri legami lo sfondo principale del film di Sissako, ASPETTANDO LA FELICITA’ (domenica 17 ottobre – ore 18).
Film premiato a Cannes 2002 e al prestigioso Fespaco di Ouagadougou nel 2003.
CATCH A FIRE di Philip Noyce (domenica 17 ottobre – ore 21) è un film storico/politico capace di rappresentare con sobrietà ed efficacia il clima opprimente del Sudafrica prima dell’abolizione dell’apartheid.
Solo molti anni dopo e con grande fatica il popolo sudafricano affronterà il tema della riconciliazione che troviamo in INVICTUS (sabato 23 ottobre – ore 21), diretto con grande delicatezza ed abilità da Clint Eastwood.
Novità del cinema africano emergente è Amour, Sexe et Mobylette di Maria Silvia Bazzoli e Christian Lelong (domenica 24 ottobre – ore 18).
Concluderà la rassegna il 24 ottobre Il canto delle spose di Karin Albou, la storia e il sogno di due giovani amiche, una musulmana l’altra ebrea, che verranno divise dalla propaganda razziale del 1942 a Tunisi.
Anche quest’anno ogni proiezione sarà preceduta da una brevissima introduzione e accompagnata da una scheda informativa a disposizione del pubblico.
I film sono sempre in lingua italiana o in versione originale con sottotitoli in italianoCfr.: Centro Studi “Giuseppe Donati” , vicolo Luretta, 3/A – 40126 -Bologna , www.centrostudidonati.org ).
Il Programma: sabato 16/10 ore 18 GUELWAAR Senegal 1992 Regia Sembène OUSMANE sabato 16/10 ore 21 14 KILOMETROS Spagna 2007 Regia Gerardo OLIVARES domenica 17/10 ore 18 ASPETTANDO LAFELICITA’ Mauritania, Francia 2002 Regia Abderrahmane SISSAKO domenica 17/10 ore 21 CATCH A FIRE GB, Sudafrica, USA 2006 Regia Phillip NOYCE sabato 23/10 ore 18 MOOLAADE’ Senegal, Francia 2004 Regia Sembène OUSMANE sabato 23/10 ore 21 INVICTUS – L’INVINCIBILE USA 2009 Regia Clint EASTWOOD domenica 24/10 ore 18 AMOUR, SEXE ETMOBYLETTE Francia, Germania, Italia, Burkina 2008 Regia Maria Silvia BAZZOLI, Christian LELONG domenica 24/10 ore 21 IL CANTO DELLE SPOSE Francia 2008.
A noi non resta che augurare la partecipazione di tutta la gioventù di Bologna, affinché queste piccole “pietre” diano speranza ai tanti pessimisti che non credono che il mondo possa migliorare e stringersi in un abbraccio fraterno, affinché la convivenza globale divenga veramente “segno” dell’unico Padre.
Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese
“Cattolici nell’Italia di oggi.
Un’agenda di speranza per il futuro del Paese” è il tema della 46ma Settima Sociale (Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010), che ha avuto una preparazione di due anni, con circa 100 incontri in tutte le città d’Italia, e che vede la presenza di 1200 partecipanti e la rappresentanza di 177 associazioni.
– IL PROGRAMMA – IL SITO UFFICIALE (http://www.settimanesociali.it/) SETTIMANA SOCIALE Le nostre interviste 14 ottobre 2010 SOCIETA’ E VALORI Miglio: «A Reggio per dare un supplemento di speranza» 14 ottobre 2010 Mimmo Muolo UN’AGENDA PER L’ITALIA Una mappa per il bene comune 14 ottobre 2010 Matteo Liut Pasquali (Retinopera) «Serve un progetto per l’Italia» 06 ottobre 2010 Paolo Viana Riccardi (S.
Egidio) «Ai laici cattolici il compito di indicare nuove strade» 03 ottobre 2010 Giovanni Ruggiero Martinez (Rns) «Cattolici uniti per i più deboli» 01 ottobre 2010 Paolo Viana Tutti gli articoli
Famiglia di popoli, famiglia di Dio.
«Questo mondo non è un albergo».
È lo slogan della Comunità di Sant’Egidio, qui a Barcellona, dove si è concluso l’incontro numero ventiquattro della serie “Uomini e religioni”.
Non è un albergo dove ognuno vive per conto suo, chiuso in una stanza, senza avvertire la responsabilità della vita e del bene degli altri.
Non è un albergo, ma una casa comune.
E allora forza, bando alle depressioni indotte dal bombardamento di cattive notizie, e lasciamo spazio alla speranza.
La convivenza molto spesso è una realtà, la pace si può fare, un futuro di amore non solo è possibile ma è già in via di costruzione da parte di tanti giusti che magari non fanno notizia ma lavorano, in silenzio.
«Uno degli effetti più pericolosi della crisi economica – dice il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo – è la perdita di fiducia.
Nella crisi l’uomo rischia di diventare più duro ma meno forte.
Più duro di cuore, meno forte nel disegnare il futuro e resistere alla stanchezza».
Così è la paura a farsi strada, alimentata da chi vuole costruire muri e non ponti.
Per tornare a essere forti c’è bisogno di luoghi di incontro che siano riconoscibili come tali.
Qui al meeting di Sant’Egidio in questi giorni il miracolo si è ripetuto.
Israeliani e palestinesi si sono parlati, cattolici e ortodossi si sono confrontati da amici, ebrei e musulmani si sono guardati negli occhi e hanno parlato di pace. Dare un orientamento a tante esistenze ripiegate su se stesse, questo deve essere l’impegno oggi degli uomini di buona volontà e soprattutto delle persone veramente religiose.
Dice Mario Marazziti: «Usciamo da un decennio, quello seguito all’attentato alle torri gemelle, in cui le religioni sono state usate strumentalmente per fomentare conflitti e coltivare l’odio.
È il momento di dire basta.
Chi invoca il nome di Dio per fare la guerra è contro Dio.
Togliamo quest’arma micidiale dalle mani di tutti i fondamentalisti».
E impediamo, attraverso la ragione, che la paura continui a tenerci prigionieri di stereotipi e immagini fuorvianti.
Una delle relazioni più illuminanti in questo senso è stata quella di Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio, su “Migrazione e futuro”.
Un vero colpo di spugna su tanti luoghi comuni.
A livello planetario il fenomeno migratorio non si presenta come un flagello ma sta andando, al contrario, verso un radicale ridimensionamento.
Secondo uno degli studiosi più accreditati, Jeffrey Williamson, già tra il 2020 e il 2030 il flusso dei lavoratori dai paesi più poveri subirà una graduale diminuzione fino scomparire entro il 2050.
Ma per gli ingressi in Europa questa è già una realtà, specie per quanto riguarda i tanto temuti clandestini: la riduzione in tre anni è stata del 39 per cento.
E le permanenze irregolari sul territorio europeo, sempre nel triennio, sono scese del 26 per cento.
Dati verificabili, ma tenuti nascosti da chi costruisce il consenso politico sulla paura, sulla questione sicurezza e su un costante stato di emergenza sociale.
Gli immigrati sono una risorsa, non un problema.
Sono mediamente più giovani di noi europei, hanno mediamente un alto livello di istruzione e svolgono lavori che hanno a che fare con le persone.
Prestano servizi agli ammalati, agli anziani, ai bambini.
In Austria gli infermieri ormai sono quasi esclusivamente stranieri, in Gran Bretagna i maestri sono indiani, in Italia una famiglia su dieci ormai non può fare a meno dell’aiuto di un immigrato.
Dice Daniela Pompei: «Anziani e immigrati, coloro che nell’immaginario collettivo sono percepiti come fonte di problemi e sono la rappresentazione delle maggiori paure, sono invece il segno di un grande traguardo raggiunto (l’allungamento della vita) e di una grande risorsa e opportunità per il nostro continente (i cittadini stranieri).
Accanto a una popolazione europea che invecchia c’è bisogno di un giovane.
Accanto all’anziano e insieme allo straniero si può costruire una nuova società.
O, se si preferisce, una nuova comunità, una famiglia».
“Famiglia di popoli, famiglia di Dio”.
È stato proprio questo il titolo del meeting.
E di “famiglia di nazioni” ha parlato l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Miguel Diaz, esule da Cuba, ricordando la realtà degli Stati Uniti guidati dal presidente Barack Obama (padre del Kenya e madre del Kansas).
«La storia dell’America – ha detto – è testimone di questo potenziale creativo.
Come esule, come americano e ora come servitore degli Usa, sono profondamente grato al mio paese per avermi accolto come un figlio.
La sola tolleranza non è sufficiente.
Occorrono fraternità, solidarietà e servizio nella giustizia».
in “Europa” del 7 ottobre 2010
“Cento piazze per la sfida educativa”
L’emergenza educativa scende in cento piazze Da Mazara del Vallo ad Aosta, da Gorizia a Sassari e da Varese a Taranto, tutti in piazza con l’Associazione italiana maestri cattolici domenica prossima 3 ottobre, non per dividere ma per unire, non per gridare ma per ascoltare, non per rivendicare ma per dialogare.
È la proposta dell’Aimc per festeggiare, in anticipo, la giornata mondiale dell’insegnante che ricorre il 5 ottobre, istituita dall’Unesco nel 1993 per ricordare la raccomandazione sulla condizione degli insegnanti.
Ma anche un modo per celebrare i 65 anni della fondazione dell’associazione testimoniando in modo tangibile l’attenzione dei maestri cattolici alla scuola tutta e ai più piccoli, anche attraverso forme di solidarietà.
Un’iniziativa in collaborazione con l’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’Università della Cei, proposta all’intero Paese e ai singoli territori come occasione per riflessione su quello che è un tema imprescindibile per il futuro della società: l’educazione.
“Cento piazze per la sfida educativa”, questo il nome della manifestazione, «è un evento che assume il significato di un vero e proprio invito all’agorà, luogo simbolo del ritrovo e delle relazioni per richiamare l’attenzione di tutti sulla necessità di considerare l’educazione priorità irrinunciabile su cui investire in corresponsabilità, tutti e ciascuno», ha detto ieri Giuseppe Desideri, presidente nazionale dell’Aimc, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, moderata da Paolo Bustaffa, direttore del Sir.
L’educazione, infatti, ha ricordato don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’Università della Cei, «come indicano i documenti della Conferenza episcopale italiana, non è questione riservata al contesto familiare e scolastico, ma coinvolge tutte le dimensioni e gli ambiti in cui si vive e cresce».
Educare insomma è un fatto pubblico, questione di tutti.
«La Chiesa parla di emergenza educativa – spiega don Viviani – attraverso la lettera di Benedetto XVI alla diocesi di Roma.
Per rispondere all’appello del Papa occorre allearsi e passare dall’emergenza alla sfida educativa.
In questo solco si colloca questa iniziativa che si propone di portare il tema dell’educazione oltre che all’attenzione delle scuole anche delle piazze, da sempre luoghi dell’incontro e dello scambio, dunque del dialogo e del confronto».
Esattamente, il 3 ottobre in ben 110 piazze italiane docenti, genitori, adulti, bambini e ragazzi troveranno l’allestimento di uno o più gazebo, la distribuzione di materiale informativo e il lancio dell’iniziativa “Un quaderno per amico”, per la raccolta di fondi da destinare alla costruzione di aule di scuola della comunità “Progetto famiglia” in Burkina Faso, Paese del centro Africa; al sostegno di educatori della cooperativa il “Piccolo principe” dei Frati cappuccini della Custodia di Romania e all’istituzione di borse di studio per giovani laureati su tematiche legate all’educazione o all’associazionismo professionale.
Come hanno sottolineato don Silvio Longobardi e padre Filippo Aliani, l’istruzione è l’unica strada per dare ai giovani di tutto il mondo la possibilità di progettare il futuro.
Laura Malandrino