Card. Bagnasco: “La Chiesa non fa politica ma sui valori dei cattolici non si tratta”

Intervista ad Angelo Bagnasco Eminenza, con la reazione fredda del quotidiano della Conferenza episcopale Avvenire alla nascita del Terzo polo non c’è il rischio di uno spostamento a destra dei vescovi italiani? “Non c’è alcuno spostamento, perché la Chiesa non è un’agenzia politica chiamata a prendere parte alla battaglia dei partiti.
Il suo compito è quello di annunciare la salvezza di Cristo e quindi di elevare la coscienza morale e spirituale della società, rendendo Dio presente nello spazio pubblico.
Solo da coscienze maggiormente avvertite della nobiltà e della gratuità che esige l’arte della politica, sarà possibile sperare trasformazioni profonde e non semplici cambiamenti”.
Il cardinale Angelo Bagnasco, 67 anni, capo dei vescovi italiani, è come sempre in viaggio fra Roma, dove presiede la Conferenza episcopale italiana, e Genova, sua arcidiocesi, città in cui ha lavorato fin dai primi Anni sessanta e che segue con particolare attenzione.
La stessa attenzione che Bagnasco riserva alle vicende che competono non solo al suo ufficio religioso, ma anche al rapporto fra i vescovi e il mondo della politica.
Nessuno degli eventi chiave della settimana è sfuggito al suo occhio attento di pastore d’anime (molti a Genova ricordano ancora gli anni in cui “don Angelo” guidava i giovani scout), e di uomo al vertice del potere ecclesiastico.
Lo si capisce dalla completezza con cui risponde, nell’intervista concessa a Repubblica, a tutte le domande.
Senza sottrarsi a quelle più scomode.
Lei ha detto, dopo il voto sulla mozione di sfiducia, che è importante garantire la governabilità.
Ma la Chiesa italiana si sente obbligata a difendere Berlusconi? “La governabilità è quello che tutti chiedono per affrontare i nodi irrisolti.
La mia preoccupazione e quella dei vescovi è che il nostro Paese da troppo tempo è inceppato nei suoi meccanismi decisionali.
A noi certo non competono suggerimenti tecnico-politici, ma un invito pressante a cambiare registro, a fare tutti un passo in avanti verso soluzioni utili e il più possibile condivise.
Il rischio è che, diversamente, il Paese inceppato finisca per disarticolarsi con una parte che resta agganciata all’Europa e l’altra che se ne distacca definitivamente.
Non può lasciarci indifferente questo epilogo: significherebbe spaccare l’Italia”.
C’è però anche chi, nella base cattolica, tra i fedeli, manifesta dubbi, e accusa la Chiesa di essere schiacciata sul governo…
“La Chiesa è ben cosciente che i cattolici sono presenti in tutti gli schieramenti politici, dunque nella maggioranza e nell’opposizione.
A tutti indistintamente fa presente una serie di valori non  divisivi, ma unitivi perché costituiscono – al di là delle legittime differenze – il terreno dell’unità politica dei cattolici.
Su molte cose in politica ci sono buoni compromessi, ma ci sono valori che non sono soggetti a mediazioni perché non sono parcellizzabili.
L’elenco è noto e cioè la vita, la famiglia, la libertà di educazione e ancor prima quella religiosa.
La Chiesa non cerca l’interesse di una parte della società ma è attenta al bene comune.
Il suo sguardo, me lo lasci dire, va ben oltre le contingenze di un momento”.
Ma lei non ha l’impressione che oggi per lo Stato ci sia il rischio di rinchiudersi nel Palazzo, finendo per estraniarsi dalle esigenze dei cittadini? “Questa crisi non è semplicemente politica, ma culturale, anzi spirituale.
Occorre ricostruire l’ethos profondo del popolo che è la “spina dorsale” senza la quale lo Stato non sta in piedi.
L’anima della nostra gente, che nasce dal Vangelo, è stata “terremotata” dal relativismo e dal consumismo”.
Eminenza, il Natale si avvicina mentre l’Italia affronta un difficile momento anche economico e sociale.
Che cosa ha da dire la Chiesa? “Già da qualche anno, prima che scoppiasse la crisi economica, l’aumento della distribuzione dei pacchi-viveri nelle parrocchie mi aveva impressionato.
La situazione da allora non è migliorata”.
Di “cultura del dono” parla espressamente l’enciclica “Caritas in veritate”.
A Natale si fanno bellissimi regali impacchettati, ma il dono non ha forse anche un altro tipo di significato? “Dimenticare che la gratuità, e dunque la fiducia reciproca e la collaborazione senza interessi personali, sono coefficienti decisivi del buon andamento economico, è stato purtroppo una sventura, pagata come sempre dai più deboli.
Il dono è un mettersi in gioco che caratterizza tutti: dall’imprenditore all’operaio perché sempre di più, ad esempio, il lavoro sia un’impresa sociale”.
Siamo anche alla fine dell’anno, e il 2010 non è stato facile per la Chiesa, soprattutto per le accuse sullo scandalo della pedofilia.
Il Papa ha usato spesso parole molto chiare e dure.
Ma come uscire definitivamente da questo caso? “La strada è tracciata ed è quella della riforma.
Non la riforma delle strutture, ma delle persone, cioè dei cuori.
La Chiesa è chiamata anzitutto ad avvicinarsi alle ferite psicologiche, morali e spirituali delle vittime coinvolte.
Non sarà mai abbastanza per chi ha sofferto così nel profondo.
I preti che si sono macchiati di questo peccato che è pure un reato, oltre a rendere conto del proprio comportamento nei riguardi della giustizia umana e di quella ecclesiastica, vanno anche aiutati a ritrovare l’equilibrio di sé stessi.
E’ stato obiettivamente uno scandalo fino a qualche mese fa non immaginabile, ma è possibile uscirne”.
Un bilancio dell’anno per la Chiesa? “E’ difficile tracciarlo.
Ciò che muove la Chiesa è annunciare il Vangelo e testimoniarlo con la vita.
Nonostante polemiche ricorrenti, non cerca posizioni di rendita o privilegi di sorta.
Il fatto che ogni anno domandi a tutti, credenti e non credenti, di destinare l’8 per mille delle tasse per le sue necessità, attesta che non ha alcuna garanzia.
D’altra parte, il servizio delle parrocchie, la passione educativa di tanti religiosi nelle scuole, la cura dentro centri sanitari, la presenza in situazioni a rischio (droga, alcool, gioco d’azzardo, usura…) dice che la Chiesa riceve, ma offre ancor di più agli italiani.
Mi accorgo, quando si trasferisce un parroco o si accorpa una parrocchia, che a mobilitarsi spesso non sono solo i praticanti, ma anche quelli che stanno a distanza.
Segno che la presenza della Chiesa sul territorio è apprezzata, attesa, difesa”.
in “la Repubblica” del 19 dicembre 2010

La Bibbia patrimonio di tutti

Da più di due secoli, con una molteplicità di forme, i cristiani sono impegnati nella promozione della lettura della Bibbia in una prospettiva ecumenica.
Un impegno che ha progressivamente coinvolto un crescente numero di cristiani e che ha talvolta preceduto il dialogo ecumenico ufficiale tra le Chiese.
Tale dialogo è stato spesso sostenuto dalla scoperta del comune patrimonio spirituale, teologico, pastorale delle sacre Scritture, con il superamento di quei pregiudizi sulla lettura e sull’interpretazione della Bibbia che avevano frenato l’ascolto della Parola di Dio.
Si sono così aperti nuovi orizzonti non solo per un approfondimento ecumenico delle ricchezze del testo biblico, ma soprattutto per la definizione di iniziative per una sempre maggiore diffusione della Bibbia nella Chiesa e nella società contemporanea.
In questa prospettiva si colloca la celebrazione della Settimana della Bibbia promossa ogni anno dall’Alleanza biblica francese (Abf), associazione nata per iniziativa di un gruppo di protestanti all’interno del mondo della Società biblica; nel corso degli anni l’Abf si è venuta arricchendo della partecipazione dei cattolici e degli ortodossi francesi, divenendo così una palestra di ecumenismo biblico-pastorale che si pone l’obiettivo di far conoscere la Bibbia anche al di là della Chiesa, come ha ricordato il pastore Bernard Coyault, segretario generale dell’Alleanza biblica francese, nel presentare i progetti in corso.
Questi progetti prevedono una mostra sulla Bibbia patrimonio dell’umanità, per riaffermare l’importanza della conoscenza del testo e del mondo biblico per il passato, per il presente e per il futuro della società, nonché la redazione di una bibbia pensata per i giovani, non solo cristiani ma di tutte le altre religioni, e soprattutto per coloro che si dichiarano indifferenti a una dimensione di fede.
Inoltre le iniziative comprendono la messa in rete del Primo Testamento in ebraico e francese per favorire la conoscenza dei testi originali.
La Settimana biblica francese, che dal 2000 comincia con la i domenica di Avvento, vuole essere un’occasione per favorire una conoscenza della Scrittura attraverso un percorso di nove tappe di lettura comune dalla Genesi all’Apocalisse; il percorso, che è pensato per le comunità cristiane locali, ogni anno sviluppa una prospettiva particolare, nella formulazione del contenuto e della forma, grazie al coinvolgimento diretto nella fase di progettazione di gruppi impegnati nel campo dell’annuncio e della lettura della Bibbia.
Così è stato nel 2006 con l’associazione Cimade, dedita all’accoglienza dei migranti e dei rifugiati, e nel 2008 con i gruppi di volontari impegnati nell’assistenza dei detenuti.
Quest’anno la Settimana biblica si è rivolta ai giovani:  la scelta è nata dal desiderio di presentare il progetto ZeBible, che prevede, per il maggio 2011, la pubblicazione di un’edizione della Bibbia pensata per i giovani dai 15 ai 25 anni, corredata da una serie di strumenti in grado di avvicinare i ragazzi alla lettura e all’approfondimento del testo biblico.
A questa edizione verrà affiancata anche una versione on line, all’interno di uno spazio di dialogo e di riflessione sulla rete, nel quale approfondire e discutere della Bibbia.
Il progetto è nato all’interno dell’Abf con il sostegno di una dozzina di istituzioni, dall’Unione delle Chiese protestanti d’Alsazia alla Lega per la lettura della Bibbia, dalla Fondazione della gioventù avventista alla Provincia francescana di Francia, dall’Associazione degli scout e delle guide fino all’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia.
Nella realizzazione del piano si è cercato di andare incontro ai giovani, facendo ricorso a strumenti e a luoghi, come il mondo virtuale di internet, che sono più familiari a questa generazione, in modo da favorire un dialogo a partire dall’assunzione dei nuovi mezzi di comunicazione senza incorrere in inutili banalizzazioni ma proponendo la ricchezza e la profondità della Bibbia in tutta la sua complessità.
Alla stessa prospettiva si richiama il “Mondo della Bibbia”, un progetto lanciato, in questi giorni nella versione italiana, dalla Società biblica in Italia (Sbi), proprio per favorire la conoscenza della Scrittura nella Chiesa e nella società.
Si tratta di una serie di documentari che illustrano il mondo della Bibbia da un punto di vista storico, culturale, sociopolitico e geografico, con una serie di immagini che aiutano il lettore a comprendere il mondo nel quale venne redatto il testo biblico, dalla città di Ur alla Terra Santa.
Con il “Mondo della Bibbia”, realizzato dall’Alleanza biblica universale (che raccoglie nel mondo oltre centocinquanta società bibliche), ci si propone di creare uno strumento efficace per la conoscenza delle sacre Scritture rivolto non solo a coloro che sono impegnati nella catechesi, nell’insegnamento scolastico e nei gruppi di ascolto della Bibbia, ma a tutti quelli che hanno il desiderio di conoscere o di approfondire il mondo legato alla fonte primaria e fondamentale dell’esperienza delle comunità cristiane, utile anche alla comprensione della società e della civiltà contemporanea.
Il “Mondo della Bibbia” si compone di otto documentari sulla geografia della terra della Bibbia, la terra di Abramo, Isacco e Giacobbe, sulle vicende storiche dall’entrata in Canaan alla monarchia, e poi dalla monarchia all’esilio; e inoltre sul Nuovo Testamento, con una particolare attenzione ai vangeli e alle parole e ai luoghi dell’insegnamento di Gesù Cristo, sulla diffusione della Chiesa primitiva nell’Impero Romano, sulle religioni del Vicino Oriente antico; infine sul testo e sul canone della Bibbia, così come si è formato, con tutte le questioni ecumeniche che tale processo continua a porre alle Chiese.
Anche in questo progetto la Sbi ha potuto contare, oltre che sul sostegno economico della Conferenza episcopale italiana e di alcune Chiese evangeliche, sulla piena collaborazione dell’editrice Ldc, che cura, da oltre trent’anni, la pubblicazione della traduzione interconfessionale della Scrittura della Società biblica in Italia, con la convinzione che essa rappresenti un segno concreto del dialogo ecumenico per l’unità della Chiesa, il quale costituisce a sua volta una scelta irreversibile per la Chiesa cattolica.
Nella recente esortazione apostolica postsinodale  Verbum  Domini,  Benedetto XVI ha indicato l’importanza della conoscenza della Bibbia non solo per la Chiesa ma per il mondo, con un evidente richiamo alle indicazioni contenute nella costituzione dogmatica Dei Verbum del concilio Vaticano ii, “una pietra miliare nel cammino ecclesiale” – si legge nell’esortazione – che ha dato grande impulso “per la riscoperta della Parola di Dio nella vita della Chiesa, per la riflessione teologica sulla divina Rivelazione e per lo studio della sacra Scrittura”.
Con la Dei Verbum e con gli atti successivi, attraverso i quali la Chiesa ha voluto confermare le scelte del Vaticano ii, si è aperta una prospettiva di reale collaborazione ecumenica nella traduzione e nella diffusione della Bibbia come strumento per rendere più efficace la missione della Chiesa nell’annuncio del Vangelo a ogni uomo e a ogni donna.
(©L’Osservatore Romano – 13-14 dicembre 2010)

Progetto Policoro

Si terrà a Roma presso il “Salesianum” dall’1 al 5 dicembre 2010 il XXII corso di formazione nazionale del Progetto Policoro che vedrà coinvolti circa 158 giovani dei tre anni di corso.
Sono previsti gli interventi di Mons.
Angelo Casile, Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, di Don Nicolò Anselmi, Responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI e del Dott.
Francesco Marsico, Vice-direttore Nazionale di Caritas Italiana.
Interverrà anche il Dott.
Edoardo Patriarca, Segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, insieme ad alcuni dei segretari dei lavori di gruppo svoltisi durante la Settimana Sociale di Reggio Calabria, sui cui temi principali saranno impegnati a riflettere anche i ragazzi del Progetto Policoro    Per informazioni rivolgersi alla segreteria nazionale.
  Segreteria Nazionale Progetto Policoro c/o Conferenza Episcopale Italiana Via Aurelia, 468 00165 Roma Tel.
06.66.398.250 – Fax 06.66.398.380  e-mail: segreteria.nazionale@progettopolicoro.it      Programma corso dicembre    Presentazione_Corso.pdf

“Nei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tradizione e progetto”

Nei 150 anni dell’Unità d’Italia il X Forum del Progetto culturale   “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Tradizione e progetto” è il titolo del X Forum del progetto culturale che si terrà a Roma dal 2 al 4 dicembre 2010 (Complesso Santo Spirito in Sassia – Borgo S.Spirito).
Si aprirà alle 15.30 con il saluto del Card.
Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della CEI.
Seguirà la presentazione a cura del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI dei dieci forum.
Modererà Eugenia Scabini, preside della Facoltà di psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Nel pomeriggio lo storico Andrea Riccardi interverrà su Identità e “missione” mentre il letterato Claudio Scarpati si soffermerà sul “patrimonio culturale”.
I “nodi di 150 anni di storia” e “sul presente e il futuro dell’Italia” verranno trattati rispettivamente dallo storico Agostino Giovagnoli e dal rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Lorenzo Ornaghi.
Al termine è previsto un dibattito.
Il secondo giorno di lavori si aprirà alle 9.30: la Chiesa e i cattolici in Italia, i cattolici e la cultura, le opere e la tradizione dei cattolici, i cattolici, la politica e le istituzioni sono le tematiche che verranno affrontate il 3 dicembre nel dibattito articolato per gruppi moderati da Sergio Belardinelli, Francesco Bonini, Francesco Botturi e Francesco D’Agostino.
Nel pomeriggio poi alle 15.30 è prevista la tavola rotonda con la partecipazione di Giuliano Amato, Dino Boffo, Lucio Caracciolo, Giuliano Ferrara sul tema “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia”.
Modererà Paola Ricci Sindoni.
Il 4 dicembre il X Forum si concluderà con l’intervento del Card.
Camillo Ruini, Presidente del Comitato per il progetto culturale.
 “Iniziati nel 1997 con una riflessione introduttiva su Fede, libertà intelligenza, i Forum sono state occasioni da un lato per superare quella duplice sindrome di conflittualità e di subalternità, che caratterizzò i dibattiti nel mondo cattolico per decenni, dall’altro poi per affrontare i grandi noti del dibattito culturale, a partire dai processi per cui si va non solo ripensando, ma ridefinendo l’umano – spiega Francesco Bonini, coordinatore scientifico del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI -.
Il progetto culturale si vuole configurare come una “utilità di sistema” della chiesa nella società italiana.
Di qui il tema del X forum, che si colloca nei 150 anni dell’Unità d’Italia, assunti come dato di fatto.
Al di là dei luoghi comuni e delle discussioni storico-politiche, il sottotitolo: tradizione e progetto, esprime l’obiettivo di rispendere, sulla base della consapevolezza dei nodi della storia e del patrimonio dell’identità, alla questione se questo Paese ha dinanzi a sé dimensioni di futuro e come sia possibile traguardarle dal punto di vista dell’elaborazione culturale e dell’ethos collettivo”.
 I momenti più importanti del X Forum del progetto culturale saranno trasmessi in diretta audio-video dal sito internet www.progettoculturale.it/xforum.
   Programma X Forum progetto culturale.pdf    Comunicato Stampa X Forum.doc  I cattolici, a pieno titolo «soci fondatori» d’Italia I cattolici sono “soci fondatori” del nostro Paese, e l’Unità d’Italia – che è “un sentire comune circa le cose più importanti del vivere e del morire” – “resta una conquista preziosa e un ancoraggio irrinunciabile”.
Sono questi i due binari principali attorno a cui si è articolato il saluto con cui il card.
Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha aperto il 2 dicembre il X Forum del progetto culturale, in corso a Roma (fino al 4 dicembre), sul tema: “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Tradizione e progetto”.
“Cogliere il contributo cristiano rispetto al destino del nostro Paese – ha ammonito il presidente della Cei – richiede una lettura della storia scevra da pregiudizi e seriamente documentata, lontana dunque tanto da conformismi quanto da revisionismi”.
Da san Francesco d’Assisi, cui “si lega il ripetuto uso del termine Italia”, e santa Caterina da Siena, sono “innumerevoli le figure” che hanno dato “un incisivo contributo alla crescita religiosa e allo sviluppo sociale e perfino economico della nostra Penisola”, segno che “l’unico sentimento che accomunava gli italiani era quello religioso e cattolico”.
Unità come risorsa.
Nel 1861, “veniva generato un popolo”, e soprattutto veniva dimostrato che “lo Stato in sé ha bisogno di un popolo, ma il popolo non è tale in forza dello Stato, lo precede in quanto non è una somma di individui ma una comunità di persone, e una comunità vera e affidabile è sempre di ordine spirituale ed etica, ha un’anima.
Ed è questa la sua spina dorsale”.
“Ma se l’anima si corrompe, allora diventa fragile l’unità del popolo, e lo Stato si indebolisce e si sfigura”, ha denunciato il presidente della Cei, secondo il quale ciò accade “quando si oscura la coscienza dei valori comuni, della propria identità culturale”.
Di qui la tesi centrale del presidente dei vescovi italiani: “Lo Stato non può creare questa unità che è pre-istituzionale e pre-politica, ma nello stesso tempo deve essere attento a preservarla e a non danneggiarla.
Sarebbe miope e irresponsabile attentare a ciò che unisce in nome di qualsivoglia prospettiva”.
Fermento nella pasta.
“Quanto più l’uomo si ripiega su se stesso, egocentrico o pauroso, tanto più il tessuto sociale si sfarina, e ognuno tende a estraniarsi dalla cosa pubblica, sente lo Stato lontano”.
“Ma è anche vero – ha puntualizzato il cardinale – che quanto più lo Stato diventa autoreferenziale, chiuso nel palazzo, tanto più rischia di ritrovarsi vuoto e solo, estraneo al suo popolo”.
In questo scenario, “la religione in genere, e in Italia le comunità cristiane in particolare, sono state e sono fermento nella pasta, accanto alla gente; sono prossimità di condivisione e di speranza evangelica, sorgente generatrice del senso ultimo della vita, memoria permanente di valori morali.
Sono patrimonio che ispira un sentire comune diffuso che identifica senza escludere, che fa riconoscere, avvicina, sollecita il senso di cordiale appartenenza e di generosa partecipazione alla comunità ecclesiale, alla vita del borgo e del paese, delle città e delle regioni, dello Stato”.
La fede, cioè, “non può essere mai ridotta a religione civile” ma “è innegabile la sua ricaduta nella vita personale e pubblica”.
Il “vivere retto”.
Partendo da queste premesse, il card.
Bagnasco ha tracciato una sorta di identikit della buona politica, rinnovando l’auspicio che “possa sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo, che credono fermamente nella politica come forma di carità autentica perché volta a segnare il destino di tutti”.
© riproduzione riservata IL TESTO DELLA PROLUSIONE Identità viva e presenza di Carlo Cardia

XII Rapporto sulla scuola cattolica in Italia.

Viene presentato oggi a Roma, in occasione della terza giornata pedagogica della scuola cattolica e nel decennale di approvazione della legge sulla parità, il XII Rapporto sulla scuola cattolica in Italia.
Si tratta di un appuntamento importante che cade proprio nel pieno del dibattito e delle polemiche sui finanziamenti della scuola paritaria per i quali in questi mesi ci sono stati interventi di riduzione e di ripristino che hanno fatto molto discutere.
La Terza giornata pedagogica si svolgerà all’insegna del tema “Fare cultura in un contesto di fede” e, attraverso il Rapporto, intende non solo fare il bilancio dell’applicazione della legge 62/2000 sulla parità, ma anche, e soprattutto, “promuovere quella cultura della parità che fatica ancora ad affermarsi in Italia, nonostante le promesse e gli impegni assunti da tempo”.
Il CSSC, Centro Studi Scuola Cattolica, che ha curato il Rapporto, edito da La Scuola editrice di Brescia, farà il bilancio di questi dieci anni di parità scolastica, attraverso al relazione del suo direttore, prof.
Don Guglielmo Malizia.
Nel pomeriggio l’introduzione dei lavori vedrà l’intervento di mons.
Mariano Crociata, Segretario generale della Cei; successivamente è previsto anche l’intervento del ministro Gelmini che sarà seguito con molta attenzione, considerato che parlerà delle prospettive della parità.
Saranno presenti, con vari interventi sulle esperienze e le problematiche della parità, i presidenti delle Federazioni e delle Associazioni del mondo cattolico delle scuole (Agesc, Agidae, Confap, Fidae, Fism, Foe, Msc).   tuttoscuola.com  CONVEGNO   18 Novembre 2010 CLARHOTEL      Largo Lorenzo Mossa 4 – Roma    FARE CULTURA IN UN CONTESTO DI FEDE Terza Giornata Pedagogica della Scuola Cattolica                           & A DIECI ANNI DALLA LEGGE SULLA PARITA’ Presentazione dell’XII Rapporto sulla Scuola Cattolica ( Ed.La Scuola)   Moderatore: Dott.
Marco Tarquinio – Direttore Avvenire   Introduce  S.E.
Mons.
Mariano CROCIATA Segretario Generale Conferenza Episcopale Italiana   Interviene  L’On.
Mariastella GELMINI – Ministro Istruzione Programma – Scheda Adesione INTERVENTI DI FORMAZIONE CONTINUA BANDO FONDER 01/2010    FIDAE – CENTRO STUDI SCUOLA CATTOLICA – INTESA FORMAZIONE   Presentato piano di Formazione per  Coordinatori Didattici e Docenti delle Scuole Cattoliche Fidae: “GESTIRE LA RIFORMA GELMINI SECONDO PROCESSI E CRITERI AUTOVALUTATIVI DI EFFICENZA,EFFICACIA,QUALITA”   Inizio Corsi ad approvazione piano da parte di Fonder prevista per Novembre 2010 Area Enti Beneficiari  PER UN SISTEMA DI MONITORAGGIO E ACCOMPAGNAMENTO  DELLA QUALITA’ DELLA SCUOLA CATTOLICA – 2010/2011″    

La nuova scuola secondaria di secondo grado

Associazione Nazionale Autonoma Professionisti Scuola  Viale Gran Sasso, 22 20131 Milano tel./fax 02-55230697 tel.
02-52512882 anapscuola@virgilio.it www.anapscuola.it LA SECONDARIA DI SECONDO GRADO La scelta delle scuole superiori Scegliere la scuola superiore è molto complicato, ciò spesso mette in crisi non solo lo studente ma tutta la sua famiglia.
La decisione deve essere presa analizzando alcuni fattori: Le inclinazioni del ragazzo, i suoi gusti, le sue aspirazioni, i risultati ottenuti alla primaria e alla secondaria di primo grado, ilvoto all’esame di terza media; Le tipologie di scuole presenti sul territorio in cui si risiede, la loro offerta formativa, i progetti che in esse si svolgono; Le prospettive di lavoro o di studio universitario.
E’ sempre meglio frequentare i vari “open day”, le giornate di scuola aperta in cui i dirigenti scolastici e i professori delle superiori illustrano ai ragazzini di terza media e ai genitori i programmi che si svolgono in quegli istituti.
E’ consigliabile evitare gli indirizzi che prevedono molte materie non gradite al ragazzo e, soprattutto, di farsi influenzare dalla fama di un istituto o dalla scelta dei compagni di scuola.
E’ vero che molti ragazzini, spaventati dal nuovo ciclo di studio, tendono a scegliere quello che fanno gli altri, ma non sempre queste decisioni si rivelano vantaggiose.
Inoltre, è bene superare una vecchia gerarchia per cui, se l’adolescente va bene a scuola fa il liceo, se va così così il tecnico, se va maluccio il professionale.
Licei, tecnici, professionali, sono scuole che rispondono ad esigenze e inclinazioni diverse, ognuna con le proprie difficoltà.
A contare è la singola scuola, non le etichette.
Esistono pessimi licei ed eccellenti istituti tecnici o professionali.
Bisogna ascoltare i suggerimenti dei professori delle medie e assecondare le tendenze dei propri figli.
È sempre controproducente costringere un quattordicenne a frequentare un indirizzo per il quale non ha alcun interesse.
I test attitudinali di orientamento sono sicuramente uno strumento importante per decidere, ma non sono un oracolo.
Per la consultazione dell’intero contributo: NuovaScuolaSuperiore.pdf 1397K 

Per comprendere meglio le innovazioni

APPENDICE INFORMATIVA La domanda di iscrizione La data entro cui bisogna presentare la domanda di iscrizione alle scuole dell’infanzia e del primo ciclo varia ogni anno, per il 2010 era fissata al 27 febbraio.
Per le superiori il periodo per iscriversi era fissato dal 27 febbraio al 26 marzo 2010, per consentire alle famiglie di comprendere a fondo i cambiamenti della riforma appena varata.
Di norma, però, le iscrizioni vengono raccolte a partire dall’anno nuovo.
Obbligo scolastico Con “obbligo scolastico” si intende il periodo durante il qualel’istruzione non è facoltativa, ma obbligatoria.
Per legge l’istruzione obbligatoria è impartita per almeno dieci anni: inizia a sei, con l’iscrizione alla primaria, e termina a sedici.
L’obbligo si considera soluto anche con la frequenza di uno tra i corsi di istruzione a formazione professionale che vengono organizzati e gestiti direttamente dalle Regioni: durano tre anni e alla fine del percorso viene rilasciata una qualifica professionale.
Tra i 16 e i 18 anni l’obbligo diventa “diritto-dovere” di istruzione e formazione.
Ci sono, però, alcune recentissime novità: a gennaio la Commissione Lavoro della Camera ha dato il via libera al Ddl, collegato ala Finanziaria 2009-2013.
che prevede, tra le varie misure, la possibilità di assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico (che rimane comunque invariato ai sedici anni di età) con l’apprendistato.
La norma rilancia uno strumento contenuto nella legge Biagi e riconosce l’apprendistato come mezzo per “espletare il diritto-dovere di istruzione e formazione”.
Chi l’ha voluto – il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi e il relatore Giuliano Cazzola (Pdl) – ne parla come di “un’opportunità in più offerta a quei 126 mila giovani tra i 14 e i 16 anni (il 5,4%), che superata la scuola media non studiano e non lavorano.
Oppure, talora lavorano in nero”.
Per verificare che tutti i bambini e ragazzi soggetti all’obbligo frequentino effettivamente la scuola, ogni anno il sindaco di ciascun comune deve trasmettere l’elenco dei nomi (in base ai dati anagrafici), che andrà confrontato con il registro degli iscritti negli istituti statali e paritari.
I genitori (o chi ne fa le veci) sono considerati responsabili, di frontealla legge, dell’adempimento dell’obbligo: il che significa, ad esempio, che qualsiasi tipo di assenza nel corso dell’anno dev’essere giustificata.
Sulla carta esisterebbe un limite massimo di assenze oltre il quale si perde automaticamente il l’anno: le assenze secondo il Dlgs 59/04, non dovrebbero oltrepassare un quarto dell’orario annuale personalizzato, fermo restando che “per casi eccezionali le istituzioni scolastiche possono autonomamente stabilire motivate deroghe al suddetto limite”.
Regole più rigide, invece, alle superiori.
Come spiega il nuovo regolamento sulla valutazione, a decorrere dall’anno scolastico di entrata in vigore della riforma della scuola secondaria di secondo grado (e cioè il prossimo), ai fini della validità dell’anno scolastico, compreso quello relativo all’ultimo anno di corso, per procedere alla valutazione finale di ciascuno studente è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale.
Le istituzioni scolastiche possono stabilire, per casi eccezionali, analogamente a quanto previsto per il primo ciclo, motivate e straordinarie deroghe a condizione, comunque, che tali assenze non pregiudichino la “possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati”.
Il mancato conseguimento del limite minimo di frequenza comporta l’esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione alla classe successiva.
Lo stesso vale per chi frequenta l’ultimo anno: i maturandi “assenteisti” non potranno accedere all’esame finale e saranno costretti a ripetere l’anno.
Per la consultazione dell’intero contributo: appendice_informativa.pdf 292K 

Conferenza Nazionale della Famiglia

Dall’8 al 10 novembre prossimi, Milano ospiterà presso il MIC – Milan Convention Centre la Conferenza nazionale della famiglia, organizzata dal Dipartimento delle politiche per la famiglia – Presidenza del Consiglio dei ministri e il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.
L’incontro intende costituire l’occasione per dare spazio a quanti, in ambito pubblico e privato, si occupano di tematiche familiari.
I contributi conseguiti nell’occasione sono finalizzati ad arricchire la formu­lazione del Piano Nazionale delle politiche per la famiglia, che sarà presumibilmente emanato nei primi mesi del 2011.
I partecipanti, che dovranno registrarsi sull’apposito sito www.conferenzafamiglia.it entro la fine del mese di ottobre, saranno inseriti in gruppi impegnati attorno a tematiche specifiche riguardanti il rapporto della famiglia con il fisco, i diritti e l’inclusione sociale, i servizi consultoriali per l’assistenza alla maternità, l’immigrazione e l’integrazione culturale, il ruolo educativo e il sistema formativo (coordinatore del gruppo il dott.
Pasquale Capo in rappresentanza del MIUR), le adozioni, i servizi per la prima infanzia (tra i relatori, Susanna Mantovani docente presso l’Università di Milano  “La Bicocca”), le fragilità sociali, i media e le nuove tecnologie.
L’ultima giornata dei lavori sarà dedicata alla comunicazione delle sintesi delle attività dei gruppi e alle tavole rotonde sui temi delle azioni amministrative locali e agli obiettivi di breve e medio termine del governo a favore della famiglia.
tuttoscuola.com

JOB&Orienta: La fabbrica delle competenze: dall’apprendistato al dottorato

Appuntamento dal 25 al 27 novembre 2010 alla Fiera di Verona con JOB&Orienta, la più importante mostra-convegno dedicata a orientamento, scuola, formazione e lavoro che si tiene alla Fiera di Verona.
Quest’anno JOB&Orienta celebra il ventennale con un ricco calendario di iniziative speciali. L’importante ricorrenza consolida il successo del salone che, oltre ad essere di livello nazionale, vanta una rilevante valenza internazionale.
La Mostra-Convegno è strutturata in due aree tematiche: la prima dedicata al mondo dell’istruzione che comprende le sezioni JOBScuola, JOBItinere, ExpoLingue, JOBEducational e MultimediaJOB, la seconda all’università, la formazione e il lavoro con le sezioni Pianeta Università, Arti, mestieri e professioni e TopJOB.
Un’attenzione speciale è data alle realtà che offrono percorsi di istruzione, formazione e occupazione all’estero grazie al profilo JOBInternational, trasversale all’intera manifestazione.
A caratterizzare JOB&Orienta un importante calendario culturale che comprende numerosi convegni, dibattiti, tavole rotonde e seminari, con l’intervento di relatori di spicco, esperti e rappresentanti dei diversi mondi.
Non mancheranno, infine, laboratori, spettacoli e momenti di animazione che mirano a coinvolgere attivamente i visitatori e a valorizzare tutta la creatività dei giovani e delle scuole.
Oltre 42.000 i visitatori dell’edizione 2009, 450 le realtà in rassegna, 150 gli appuntamenti culturali tra convegni, dibattiti, tavole rotonde e workshop, 350 i relatori: numeri che testimoniano il costante trend di crescita e l’autorevole livello della manifestazione.
L’ingresso alla manifestazione e agli eventi correlati è libero.
 Si svolgerà alla Fiera di Verona, dal 25 al 27 novembre, la  l’annuale mostra-convegno nazionale dedicata a orientamento, scuola, formazione e lavoro.
Organizzata dalla regione Veneto e da Veronafiere, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, vede tra i partner anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero della Gioventù e i  Ministeri per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale, l’Ufficio scolastico regionale per il Veneto, la Provincia e il Comune di Verona, la Confindustria di Verona, l’associazione nazionale dei comuni italiani e l’Isfol – Istituto per la formazione dei lavoratori.
Strutturata in due aree tematiche, la prima dedicata al mondo dell’istruzione, la seconda all’università, la formazione e il lavoro, la mostra riserva un’attenzione speciale anche alle realtà che offrono percorsi di istruzione, formazione e occupazione all’estero grazie al profilo JOBInternational, trasversale all’intera manifestazione.
Il tema dell’edizione 2010 è “La fabbrica delle competenze: dall’apprendistato al dottorato”, argomento che sarà al centro dei lavori fin dalla giornata inaugurale, dedicata alla presentazione di esperienze condotte da alcune istituzioni scolastiche che hanno sperimentato attività di alternanza scuola-lavoro e apprendistato in Italia e all’estero.
Tra gli interventi anche quello del Ministro del lavoro Sacconi, che si confronterà direttamente con i giovani presenti all’incontro, dell’on.
Aprea, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei deputati, del prof.
Bertagna, titolare della cattedra di pedagogia Generale all’Università Statale di Bologna.
Per festeggiare il ventesimo anno di attività, JOB&Orienta promuove fra l’altro, una sfilata di abiti realizzati dagli studenti di istituti e accademie di moda, un torneo di pallavolo riservato alle scuole secondarie di I e II grado organizzato dalla FIPAV – Federazione Italiana Pallavolo e una mostra fotografica che documenta la storia della manifestazione, a partire dalla sua prima edizione nel 1990.
L’ingresso alle varie manifestazioni è gratuito.

“Erik Peterson. La presenza teologica di un outsider”

Abbiamo tutti qualcosa da imparare da lui di Karl Lehmann Negli anni tra il 1921 e il 1924 Erik Peterson è impegnato in un lavoro di ricerca straordinariamente intenso su molti temi che cerca sempre di interpretare individuandone le fonti:  la storia del concetto mistico-religioso “amico di Dio”, l’esegesi biblica nel pietismo del XVIii secolo, la prassi religiosa di pregare rivolgendosi a oriente e infine la teoria della mistica.
Molte sue recensioni documentano un confronto intenso con la storia delle religioni e con la filologia classica; vi si abbinano vari studi di bizantinistica, saggi sulla lingua e sulla cultura copta e così via.
In questo periodo e anche più tardi possiamo ammirare con quanta intensità Erik Peterson si lasci coinvolgere dallo studio di ambiti disciplinari spesso tra loro molto distanti, pur rimanendo sempre ancorato alla ricostruzione delle fonti.
In questa sua attività di ricerca subì, in un primo tempo, il fascino della scuola di storia delle religioni e, in particolare, quello di Richard Reitzenstein (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, p.
247s., 254s., 259s.).
Anche in questo periodo la conoscenza dei Padri della Chiesa svolse sempre un ruolo fondamentale.
A prevalere nella attività di ricerca e approfondimento di Peterson sono sempre le motivazioni autentiche e profonde della teologia.
Diffida di ogni “sistema” perché teme che la forza della sintesi possa fare violenza alla dimensione di mistero e di apertura propria della fede.
Persino negli studi più specialistici non si allontana mai dalle linee d’orientamento della teologia; si orienta costantemente verso la struttura sostanziale entro cui si iscrivono le relazioni di fondo della teologia, senza peraltro cedere alla tentazione di elaborare sintesi di corto respiro.
Ci si stupisce del come Peterson abbia individuato ben presto e percorso senza indugio un proprio itinerario teologico.
Si ricava non di rado l’impressione che i suoi orientamenti di fondo fossero già chiari a partire dal 1921/22, nonostante la molteplicità ed eterogeneità delle tematiche da lui trattate.
In quegli anni infatti si occupò del monachesimo e della sua storia, della tradizione e del presente della mistica, ma anche del cardinale John Henry Newman (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, p.
21s., p.
599, p.
xxXVIii) e infine di Tommaso d’Aquino durante il celebre corso frequentato da Karl Barth nel semestre invernale del 1923/1924.
Il primo incontro con Karl Barth ebbe luogo nel 1921.
Frutto particolarmente compiuto delle ricerche di questo periodo è il corso, ancora totalmente inedito, su “La storia della mistica della Chiesa antica” tenuto a Gottinga nel semestre estivo del 1924 e ripreso a Bonn nel semestre invernale del 1925/1926.
Soprattutto nelle lezioni di questi anni Peterson si è molto occupato della storia della Chiesa:  non solo di quella dei primi secoli, ma anche di quella del diciottesimo e diciannovesimo secolo (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, p 353s., p.
603s.).
In questo periodo emersero anche i suoi interessi e impulsi spirituali, talvolta caratterizzati da accenti addirittura mistici (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, pp.
277-349).
Negli anni 1924-1925, quando Peterson passò all’università di Bonn come ordinario di Storia della Chiesa e Nuovo Testamento, si aprì una nuova fase nella sua produzione teologica, nuova non tanto per i contenuti trattati, quanto invece per lo stile delle sue pubblicazioni.
I primi segnali della svolta si trovano in un confronto critico con Paul Althaus (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, pp.
303-323) e poi soprattutto nel breve opuscolo Che cosa è la teologia? dell’anno 1925, scritto come un discorso all’università in cui egli criticava aspramente l’intervento di Rudolf Bultmann su Che senso ha parlare di Dio?.
L’intervento di Peterson rappresenta una critica fondamentale della teologia dialettica e dei suoi presupposti, assume anzi nella sua sostanza il tono d’una critica dell’intera teologia protestante dell’epoca.
A esser posto in questione in termini radicali è il compito che la teologia ha fatto proprio ricorrendo al linguaggio del diciannovesimo e ventesimo secolo, cioè al voler “parlare” di Dio.
Solo Gesù Cristo ha invece il diritto di parlare “di” Dio; la teologia ha solo un’autorità derivata.
“C’è teologia solo se si presuppone l’autorità dei profeti e l’autorità di Cristo” (Ausgewählten Schriften, 1, p.
11).
Peterson difende una teologia subordinata al dogma della Chiesa.
Nonostante l’intensa discussione, condotta anche con Karl Barth e Rudolf Bultmann, non abbia portato ad alcun risultato immediato, è pur vero però che il dibattito aperto dall’opuscolo nell’ambito della teologia evangelica favorì nel medio termine un parziale riorientamento a favore di una dottrina della fede vincolata alla Chiesa; quest’influsso è avvertibile in particolare in Karl Barth, sensibile agli stimoli di Erik Peterson soprattutto a partire dal corso di Gottinga su Tommaso.
Nei tre anni successivi Peterson pubblicò lavori quasi esclusivamente storici, in particolare sulla letteratura mandea.
Un carteggio con Adolf von Harnack (1928) lo stimolò a riprendere i temi teologici centrali sinora trattati ricorrendo a un approccio più sistematico; nel 1932 pubblicò questa corrispondenza con una postfazione dettagliata sulla rivista Hochland (cfr.
Ausgewählten Schriften, 1, carteggio:  pp.
175-184, epilogo:  pp.
184-194).
La conferenza su La Chiesa risale alla fine del 1928:  Peterson vi riprende alcune idee del carteggio con Harnack, cercando soprattutto di porre in evidenza i fondamenti dell’autorità della Chiesa.
L’analisi di questa tematica rientra in una serie di studi condotti, a partire dal 1926, su questioni fondamentali attinenti la categoria dell’ ekklèsia (cfr.
Ausgewählten Schriften, volume speciale), cioè il rapporto esistente tra Rivelazione e Chiesa, tra diritto e carisma, tra le strutture ministeriali della Chiesa e la successione apostolica, i sacramenti, l’origine della Chiesa – in particolare la relazione tra la “fondazione della Chiesa” e l’annuncio del Regno di Dio da parte di Gesù – e infine, di non minore importanza, la natura e il ruolo della liturgia.
Nel trattare di questi argomenti Peterson non aveva solamente precisato quelli che sarebbero stati i nuclei tipici della propria ricerca:  già da tempo si occupava di questi problemi e di queste tematiche; grazie alla pubblicazioni di tale opuscoli perseguiva la finalità di provocare negli interlocutori una chiara decisione.
Dopo “Che cosa è la teologia?” e “La Chiesa (Ausgewählten Schriften, 1, pp.
245-257), Peterson si trovò sempre più isolato; la reazione alle sue provocazioni si tradusse anzi non di rado in “un silenzio glaciale” (Barbara Nichtweiß).
Nel maggio 1929 chiese alla Facoltà di teologia evangelica di Bonn un’aspettativa e alcuni mesi dopo rassegnò le dimissioni al Ministero Prussiano dell’istruzione di Berlino.
Nel Natale del 1930 a Roma si convertì alla Chiesa cattolica.
Più tardi accennò al fatto che le questioni e  i  problemi  che  lo  assillavano  fin dai tempi della sua adesione al pietismo e del suo incontro con Kierkegaard avrebbero potuto e potevano trovare una risposta solo nella Chiesa cattolica (su questo cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
325).
Peterson trascorse gli anni successivi a Roma, dove sposò nel 1933 la romana Matilde Bertini.
Tra il 1934 e il 1940 da questo matrimonio nacquero cinque figli.
Peterson ebbe grandi difficoltà a provvedere al mantenimento della sua famiglia, in particolare dopo che il governo tedesco gli tolse la sua modesta pensione (1937).
In questo periodo ottenne un incarico di insegnamento, anche se poco retribuito, al Pontifico Istituto di Archeologia Cristiana a Roma.
Morì ad Amburgo il 26 ottobre 1960, nell’anno in cui gli venne conferito il dottorato honoris causa a Bonn e a Monaco; venne seppellito a Roma nella tomba di famiglia al Campo Verano.
Quando ci si occupa di Erik Peterson non si può fare a meno di notare una svolta abbastanza significativa, non riconducibile solo alla sua venuta a Roma, alle difficoltà del periodo del nazionalsocialismo e alla seconda guerra mondiale; questa svolta coincide in particolare con la sua conversione alla Chiesa cattolica, maturata lentamente nella seconda metà degli anni Venti e conclusasi infine nel 1930.
Su entrambi i fronti coinvolti si continua a respirare tuttora un certo scetticismo.
Per non pochi esponenti del mondo evangelico Peterson continua a essere un “apostata”, anzi un traditore (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
320s., cfr.
anche p.
306, p.
308s.) mentre per molti cattolici ha ancora l’aura di un neofita di cui non ci si può del tutto fidare.
Questa prospettiva ostacola un’adeguata valutazione del problema.
Erik Peterson ha deciso di convertirsi; pur avendo un’idea piuttosto critica della storia della Chiesa da cui proveniva, non ha però mai assunto un atteggiamento pubblico di polemica nei suoi confronti.
Si prova ancora oggi una certa commozione nel leggere la lettera che Erik Peterson ha scritto a Karl Barth il 31 dicembre 1930, il giorno di san Silvestro.
E sono toccanti per esempio anche le sue riflessioni del 1932, scritte in occasione della pubblicazione del carteggio con Adolf Harnack:  “Ho cercato di comprendere, non di condannare.
Mi sono anche preoccupato di collocare le affermazioni di Harnack nella giusta prospettiva, in modo da non dare adito a una fin troppo facile propaganda cattolica.
Spero che da parte protestante si riconosca che mi sono ben guardato dal dire qualcosa di offensivo contro la parte evangelica.
So di non essere mosso da alcun risentimento” (Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
325s.).
Allo stesso modo i rapporti con Karl Barth, nonostante tutte le differenze, continuarono a essere improntati al rispetto reciproco ancora per molto tempo; la stessa cosa si può dire anche dei rapporti con Karl Ludwig Schmidt, Gerardus van der Leeuw e Oscar Cullmann.
Peterson ha qualcosa di particolare da dire a ciascuna Chiesa; non c’è davvero alcuna necessità che venga difeso o riabilitato.
Non si può negare che la sua opera contenga affermazioni problematiche, per esempio sugli eretici e sugli ebrei.
Desidererei ripetere oggi quanto ho scritto nel 2009 nella prefazione al volume 9 delle Ausgewählte Schriften:  “Nelle sue riflessioni di allora sulla teologia, sul dogma, sulla liturgia e sulla Chiesa, Peterson ha anticipato non poche posizioni che sono state a volte faticosamente riprese nei decenni successivi e che, per diversi motivi, dovrebbero ancora oggi esser riprese e approfondite, come di fatto già avviene.
Molte riflessioni di Erik Peterson, riguardanti soprattutto i fondamenti della Chiesa, attendono tuttora di essere riscoperte e apprezzate in ambito ecumenico.
Ogni Chiesa ha qualcosa da imparare da Erik Peterson:  i cattolici possono capire in quali aspetti la sua più intima ricchezza sia stata danneggiata o anche deturpata, gli evangelici hanno la possibilità, nel riflettere su Erik Peterson, di ripercorrere la propria storia in maniera autocritica, pur non condividendone le singole posizioni (cfr.
Ausgewählten Schriften, 9/1, pp.
353-553, pp.
603-648).
Per usare le parole di una lettera scritta nel 1956 da Hans-Urs von Balthasar a Erik Peterson potremmo anche dire:  “Quanto è sapido, quanto è straordinario tutto ciò che Lei scrive e quanto volentieri si rilegge ciò che già si sa (…) Si vorrebbe conoscere tutto ciò di cui Lei parla” (Ausgewählten Schriften, 9/2, p.
398).
(©L’Osservatore Romano – 24 ottobre 2010)  La marginalità che mantiene giovani Domenica 24 ottobre si aprirà al Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria in Campo Santo il convegno internazionale “Erik Peterson.
La presenza teologica di un outsider” organizzato nel cinquantenario della morte del teologo tedesco (7 giugno 1890 – 26 ottobre 1960).
Il 25 e il 26 ottobre i lavori proseguiranno presso l’Istituto Patristico Augustinianum.
Lunedì mattina i partecipanti al convegno e l’intera famiglia Peterson saranno ricevuti in udienza da Benedetto XVI.
Anticipiamo ampi stralci delle relazioni inaugurali che saranno tenute dal cardinale archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e dal cardinale vescovo di Magonza.
di Raffaele Farina È noto che quando Peterson decise di stabilirsi a Roma, a sostenerlo fu per anni la mano provvida del mio predecessore, il cardinale Giovanni Mercati.
Fu lui che – su indicazione del Gelehrtenpapst Pio xi e del cardinale Eugenio Pacelli, allora segretario di Stato – si preoccupò di trovargli una collocazione professionale che gli consentisse di mantenere la crescente famiglia.
È meno noto il contesto in cui il cardinale bibliotecario prestò questo suo aiuto.
L’azione di aiuto del Mercati a favore di studiosi tedeschi risale all’inizio degli anni Venti, dopo la prima guerra mondiale, “nel periodo più triste dell’assedio e poi della depressione e penuria della Germania”, come scrisse egli stesso in un frammento autobiografico.
 Quest’azione di sostegno viene incrementata a partire dal 1936, l’anno in cui Mercati è creato cardinale e in cui Peterson comincia a godere in forma istituzionalizzata della sua liberalità.
In occasione della nomina a cardinale, Pio xi affida all’ex collega della Biblioteca Vaticana la gestione di una consistente somma a favore degli studiosi perseguitati per ragioni razziali.
Il cardinale risponde con intelligente generosità, sino a farsi promotore di un appello all’episcopato americano a favore degli intellettuali costretti all’emigrazione.
L’appello è fatto proprio da Pio xi che lo trasmette, il 10 gennaio 1939, come sua lettera personale, ai cardinali nordamericani:  è uno dei suoi ultimi atti ufficiali.
Come afferma lo storico Nello Vian, scriptor emeritus e segretario della Biblioteca Vaticana, fu in questo periodo della prova che la Biblioteca si rivelò essere per non pochi studiosi “un’arca di rifugio e spesso un ponte di passaggio” verso lidi attentamente sondati da Mercati grazie ai suoi contatti americani.
È forse opportuno collocare in questo contesto la mediazione attivata da Jacques Maritain a favore di Erik Peterson presso l’Università Cattolica di Washington nel 1938.
Peterson declinò l’offerta della cattedra a favore del giovane patrologo Johannes Quasten, allora residente a Roma in situazione di precarietà.
Oltreché di una provvida mano Mercati disponeva anche di un’intelligenza, provata da non pochi interrogativi, che lo accomunavano alla biografia intellettuale del teologo Peterson.
Questa prossimità impreziosiva il suo obolo, trasformandolo in un riconoscimento credibile perché al contempo autorevole e altamente simbolico.
Non era stato forse il pio cardinale il primo studioso a recensire in Italia, sulla “Rivista bibliografica italiana”, tra il 1896 ed il 1898, non senza convinto encomio, le opere di Adolf von Harnack? Non aveva egli forse intrattenuto, tra il 1892 e il 1903, una fitta corrispondenza con Alfred Loisy, di cui aveva recensito su “L’Osservatore Romano” non poche pubblicazioni? La crisi modernista colpì Mercati, figlio scientifico dell’Ottocento (“il secolo della storia”), nel vivo delle sue relazioni scientifiche.
Se da un lato non scalfì la sua sacerdotale lealtà, acuì dall’altro in lui la capacità di percepire uno dei drammi che maggiormente investirono la biografia intellettuale di Peterson, il conflitto di lealtà.
Chi tenga presente la biografia spirituale di Peterson non potrà non cogliere in quella intellettuale di Mercati più di un parallelo, sia pure all’insegna dello scarto generazionale e di una profonda differenza – il loro contrapposto rapporto teologico con la storia.
Le carte di Mercati relative al periodo successivo al 1936 non sono ancora catalogate; si è autorizzati a ipotizzare che esse riservino alcune positive sorprese per lo studioso di cose petersoniane.
Quanto si può per ora affermare è che nella relazione tra il cardinale e Peterson, al di là della mano tesa, vi fu una comune percezione della crisi che stava allora attraversando la storiografia ecclesiastica.
Dedicandogli, nella miscellanea del 1946, uno studio, divenuto classico, sull’origine del nome christianus, Peterson volle sottolineare in actu exercito questa comunanza.
Le relazioni attivate grazie al Mercati e all’ambiente a lui vicino presero col tempo una loro autonomia:  consentirono a Peterson di interagire, già a partire dalla fine degli anni Trenta, con vari esponenti della cultura italiana.
È in questo periodo che egli annoda i primi contatti con il cattolicesimo lombardo.
Il secondo dopoguerra rappresenta per Peterson un periodo di adattamento alla situazione di esilio intellettuale in cui di fatto si trova.
Svanito ben presto, anche se non del tutto, il sogno di un reinserimento nel mondo accademico tedesco, egli tenta approcci – ormai sulla soglia dei sessant’anni – a referenti editoriali che gli facciano ben sperare per la valorizzazione dei suoi studi.
Inaspettato fu per lui, nel 1947, l’affidamento della responsabilità scientifica della sezione patristica dell’Enciclopedia Cattolica.
Un rapido sguardo agli organi in cui apparvero le prime traduzioni italiane delle sue opere documenta un’impressionante eterogeneità.
Se da un lato vi sono organi semiufficiali come le “Ephemerides Liturgicae”, dall’altro vi sono la “Fiera Letteraria” e la laica casa editrice di Adriano Olivetti.
L’imprenditore, di confessione evangelica, seppe abbinare a un lungimirante progetto di industrializzazione socialmente avanzata un’azione editoriale, volta a liberare la cultura italiana dal persistente cappio dello storicismo.
Il primo volume delle sue Edizioni di Comunità altro non fu che la petersoniana Chiesa degli ebrei e dei gentili, pubblicata con la prefazione dell’allora, non indiscusso, ambasciatore Jacques Maritain.
Con Peterson escono in libreria Newmann e Kierkegaard:  è una prova che il fossato tra cultura teologica ed editoria laica non risponde – perlomeno negli anni della ricostruzione – a una legge di natura.
È con Olivetti, prima ancora che con l’editore Wild della Kösel Verlag di Monaco, che Peterson discute del progetto di pubblicazione dei futuri Trattati teologici – ed è sul primo numero della sua rivista “Comunità” che egli pubblica quella preziosa critica teologica della tecnica, che è il Nonne hic est filius fabri? La prospettiva offerta era davvero accattivante, soprattutto ove si tenga presente che i Trattati teologici documentano l’interna unità del suo itinerario teologico nelle due fasi confessionali, evangelica e cattolica.
Basti ricordare i termini con cui il protestante Olivetti presentò allora la sua concreta utopia:  “offrire all’élite italiana una possibilità di cultura totale in un senso ecumenico”.
A questo punto ci possiamo domandare:  Date queste premesse, perché allora Peterson non fu recepito? Il confronto instaurato con la sua opera dall’elite cattolica italiana del secondo dopoguerra è dominato in effetti da uno strano paradosso:  la volontà ecclesiale di recepire la sua opera coesiste con una mancata assimilazione della sua proposta teologica.
È difficile dare un’adeguata risposta agli interrogativi ecclesiali posti dal paradosso accennato.
In ultima analisi una prospettiva di soluzione è forse quella offerta dallo stesso Peterson:  il paradosso non tocca tanto lo spazio storico-ecclesiale in cui operò, quanto invece le forme radicali con cui egli maturò proprio in quegli anni il nucleo escatologico della sua proposta di spiritualità.
Gli anni della mancata ricezione coincidono con gli anni in cui l’attenzione alla cultura dello sviluppo prevalse sulla disponibilità a ripensare la natura della teologia della secolarità.
Più che nei manuali di sociologia religiosa, la risposta al paradosso indicato va forse cercata nelle petersoniane Glosse di teologia, un progetto di antropologia cristiana tuttora da riscoprire.
Certo, Peterson visse, soprattutto invecchiando, un profondo bisogno di un riconoscimento che non ebbe.
Determinante è però il fatto che, confrontandosi con questa esperienza della negatività, abbia elaborato le linee di fondo di una spiritualità della paroikia.
La positiva accettazione di una strutturale dialettica tra la marginalità e la presenza del cristiano nel mondo venne da lui declinata e teorizzata in riferimento allo scarto esistente tra i tempi di Dio e quelli dell’uomo.
Una spiritualità della paroikia, dell’esser “altro” del cristiano nel mondo, conosce un solo riconoscimento – quello maturato quotidianamente nell’accoglienza del Kyrios.
Il solecismo outsider, ripreso nel titolo del simposio a traduzione del termine greco paroikòs, è stato legittimato in italiano, dopo decenni d’ostracismo linguistico, da don Giuseppe De Luca, lo storico della pietà che di quest'”alterità spirituale” fu attivo esponente nel mondo della Biblioteca Vaticana e altrove.
Non a caso Peterson, nel suo commento al Vangelo di Giovanni, parla di un'”ora teopolitica” dell’Annuncio.
Nella citata lettera al suo editore Peterson parla di una marginalità che “mantiene giovani per la vita eterna”.
Come illustra il frammento del sarcofago di Giunio Basso, acquisito a logo del presente simposio, il Cristo che si dà, nel momento attivo e relazionale della Rivelazione, nella consegna della nuova Thora, è lo stesso che irrompe gioioso nel tempo dell’uomo per guidarlo verso la nuova Gerusalemme – ed è un Cristo incredibilmente giovane.
Sulla piazza qui vicina, all’apertura del presente pontificato, ci è stato autorevolmente ricordato da uno studioso di Peterson salito sulla cattedra di Pietro:  “La Chiesa è giovane!”.
E giovane è l’antico albero della vita da cui Peterson coglie i frutti della sua proposta teologica per farcene tuttora regalo.
(©L’Osservatore Romano – 24 ottobre 2010)