Il Progetto Policoro

24° Corso di Formazione Nazionale Progetto Policoro

S. Maria degli Angeli – Assisi, 30 novembre – 4 dicembre 2011

Il 24° modulo formativo nazionale del Progetto Policoro vede coinvolti 174 giovani/adulti dei quattro (tre più uno “senior”) anni di corso. Nell’ambito dei lavori sono previsti, tra gli altri, gli interventi di mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, don Domenico Beneventi, aiutante di studio del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile e di Piero Rinaldi di Caritas Italiana. Tra i temi che verranno approfonditi, l’identità del Progetto Policoro tra vocazione, educazione e animazione, e gli approfondimenti sul Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. «Agli animatori – spiega mons. Casile – viene proposto un cammino incentrato sulla chiamata personale, riconoscibile tramite i segni dell’amore di Dio Padre nella vita di ciascuno e il servizio nella comunità e con la comunità. L’itinerario di crescita indicato intende condurli alla testimonianza dell’Amore ricevuto fra i coetanei. L’educazione, così, apre a domande profonde di senso e l’evangelizzazione assume i volti degli uomini, testimoniando una Chiesa che va oltre il fatalismo e realizza gesti concreti, come ad esempio i progetti elaborati attraverso il microcredito. Proprio a quest’ultima importantissima pratica saranno dedicate le testimonianze di alcune cooperative presenti al corso e l’intervento del prof. Daniele Ciravegna, presidente della Fondazione don Mario Operti». Il programma dei lavori prevede anche una visita alla Basilica di San Francesco e a quella di Santa Chiara e la partecipazione al musical “Notte di Natale 1211”. Tra i partecipanti a questo corso sono da segnalare giovani/adulti provenienti da dieci diocesi ulteriormente coinvolte nel Progetto Policoro: Anagni-Alatri, Cesena-Sarsina, Modena-Nonantola, Palestrina, Prato, Pistoia, Senigallia e Velletri-Segni.
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Presentazione del Progetto Policoro

di don Angelo Casile


Cos’è il Progetto Policoro? È un progetto organico della Chiesa italiana che tenta di dare risposta concreta al problema della disoccupazione in Italia. Policoro, città in provincia di Matera, è il luogo dove si svolse il primo incontro il 14 dicembre del 1995, subito dopo il 3° Convegno Ecclesiale Nazionale tenuto a Palermo. Si vuole affrontare il problema della disoccupazione giovanile, attivando iniziative di formazione a una nuova cultura del lavoro, promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile e costruendo rapporti di reciprocità e sostegno tra le Chiese del Nord e quelle del Sud, potendo contare sulla fattiva collaborazione di aggregazioni laicali che si ispirano all’insegnamento sociale della Chiesa.

Ideatore del Progetto Policoro è mons. Mario Operti: nato a Savigliano (Cuneo) nel 1950, sacerdote della diocesi di Torino, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI (1995-2000), deceduto il 18 giugno 2001.

L’icona biblica del Progetto è tratta dagli Atti degli Apostoli (3,1-10). Pietro e Giovanni, allo storpio che chiedeva l’elemosina alla Porta Bella del Tempio di Gerusalemme, non hanno da offrire ricchezze materiali, ma il Vangelo che è Gesù. «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». La Chiesa offre a ogni persona il suo tesoro, Gesù. La ricchezza del Vangelo cambia la vita e aiuta le persone ad alzarsi dalla strada della rassegnazione e del mendicare assistenza per camminare insieme e con cuore nuovo lungo i sentieri della speranza e dell’autentico sviluppo.

Nella convinzione di «stare dentro la storia con amore»[1], l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro coinvolse il Servizio Nazionale per la pastorale giovanile e la Caritas Italiana nell’incontro svolto a Policoro (14 dicembre 1995), che vide la partecipazione dei rappresentanti diocesani di Basilicata, Calabria e Puglia e di alcune Associazioni laicali per riflettere sulla disoccupazione giovanile nella sicura speranza che l’Italia «non crescerà se non insieme»[2].

Il Progetto è per tutta l’Italia. Avviato nel 1995 in Basilicata, Calabria e Puglia, oggi il Progetto coinvolge sempre più Campania, Sicilia, Sardegna, Abruzzo-Molise, Umbria, Emilia-Romagna e ultimamente il Lazio, le Marche e la Toscana per un totale di 97 diocesi e 137 animatori. Con le altre regioni, in particolare Lombardia, Piemonte e Triveneto sono attivi fin dall’inizio importanti rapporti di reciprocità, che si basano sulla comunione ecclesiale.

Il documento dell’Episcopato italiano Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (2010), scritto a vent’anni dal documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno (1989), ha riconosciuto il Progetto Policoro «tra i segnali concreti di rinnovamento e di speranza che hanno per protagonisti i giovani, […] con l’intento di affrontare il problema della disoccupazione giovanile, attivando iniziative di formazione a una nuova cultura del lavoro, promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile e costruendo rapporti di reciprocità e sostegno tra le Chiese del Nord e quelle del Sud, potendo contare sulla fattiva collaborazione di aggregazioni laicali che si ispirano all’insegnamento sociale della Chiesa»[3].

L’intuizione fondamentale del Progetto Policoro è il lavorare insieme di diversi soggetti (ecclesiali, associativi, istituzionali) attorno allo stesso problema (la disoccupazione) nell’ottica dell’attenzione alla persona e alla società per un loro autentico sviluppo nella solidarietà, sussidiarietà e reciprocità tra le Chiese del Nord Italia e del Sud Italia.

Il metodo sviluppato dal Progetto Policoro consiste nel coinvolgere sempre più sul territorio e in sinergia le diocesi, con l’apporto competente dei direttori degli Uffici e degli animatori di comunità, e le associazioni per evangelizzare il lavoro e la vita, educare e formare le coscienze, esprimere gesti concreti (idee imprenditoriali e reciprocità). Lo stile è quello di aiutarsi a crescere insieme nel rispetto reciproco delle specificità e competenze, nella solidarietà e nella comunione. La virtù cristiana che lo sostiene è la speranza.

 


[1] Conferenza Episcopale Italiana, Con il dono della carità dentro la storia, 26 maggio 1996, n. 6.

[2] Consiglio Permanente della CEI, La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, 23 ottobre 1981, n. 8.

[3] Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 21 febbraio 2010, n. 12.

 

Programma.pdf
Programma_sintetico.doc
Il Progetto come vocazione, Casile
Chiamati ad educare a… .Beneventi
Alle radici di un impegno, Rinaldi
Il Microcredito nel Progetto
Presentazione Progetto Policoro 2012
Conclusioni, Casile e Beneventi

Processi educativi e traguardi di competenze

 

in questi ultimi anni nelle giornate di Studio IRC promosse dall’Istituto di Catechetica si è riflettuto su alcuni orientamenti culturali significativi per l’educazione religiosa, analizzando in particolare l’apprendimento, l’ermeneutica, il linguaggio religioso, l’etica nell’orizzonte del pluralismo culturale.…

Quest’anno la riflessione della giornata di studio verterà un tema di grande interesse ed attualità: Processi educativi e traguardi di competenze.

La giornata si realizzerà sabato 3 dicembre 2011 presso l’Università Pontificia Salesiana dalle 9.00 alle 18.00.

La giornata si svolge, secondo una consuetudine ormai convalidata al confronto e all’integrazione fra i partecipanti, valorizzando le diverse competenze. Vengono offerti brevi imputs iniziali sugli aspetti significativi del tema e si lascia  quindi aperta la conversazione al contributo di ciascuno.

Come premesse vengono prese la scelta educativa privilegiata dalla Facoltà e la traduzione in Pedagogia religiosa che ne ha fatto l’Istituto.

1. Si vogliono approfondire come temi:

– Gli Orientamenti della Cei per il Decennio 2010-2020.

– Le scelte privilegiate dall’Istituto nella Pedagogia religiosa

– Quali orientamenti? Quale integrazione?

2. Specificamente per l’IRC:

– L’Istituto ha una Pedagogia – Didattica caratterizzata?

– La Scuola e di conseguenza l’IRC si orientano ai traguardi di competenza…

– Identità e differenze da rilevare

– Possibili convergenze da promuovere

– Urgenze e problemi da evidenziare

3. Verso una sintesi orientativa

 

La partecipazione alla giornata è riservata  ad un numero ristretto di studiosi e propfessionisti della materia.

 

 

 

 

 

 

PROGRAMMA

 

9.00 Apertura della Giornata

– Preghiera

– Saluto delle Autorità

– Presentazione del Programma e Metodologia di lavoro

9.30:  Prof. Vincenzo Annicchiarico

– Gli Orientamenti Pastorali della Cei e ricaduta sull’IRC

10,00 – 11.00: Confronto libero dei partecipanti

11,00: Coffee break

11.30 – 12.00: Prof. Zelindo Trenti

Gli Orientamenti dell’Istituto di Catechetica per l’IRC

12.00 – 13.00: Confronto libero dei partecipanti

13.10:  Pranzo

14.30 – 15.00:  Prof. Sergio Cicatelli

I traguardi di competenza negli attuali Orientamenti della scuola

15.00 – 16.00: Confronto libero dei partecipanti

16.00 – 16.30: Prof. Cesare Bissoli

Le Indicazioni Nazionali e  traguardi di competenze per l’IRC

16.30 – 17.30: Confronto libero dei partecipanti

17.30:  Conclusioni orientative

Quando l’educazione scende in campo

Si terrà da mercoledì 30 novembre a giovedì 1 dicembre a Firenze, presso il Convitto della Calza (piazza della Calza), il secondo incontro nazionale dei direttori diocesani per la pastorale del turismo, sport e tempo libero. «Questa proposta giunge a distanza di due anni dal nostro primo incontro nazionale – spiega don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport -. Nel 2009 c’eravamo posti l’obiettivo di un rinnovato protagonismo dei nostri settori nella vita ordinaria delle nostre Chiese particolari. Ora, con il documento “Educare alla vita buona del Vangelo” i nostri vescovi hanno indicato gli obiettivi della Chiesa italiana per il prossimo decennio e la parola che c’impegna non è nuova nella prassi della Chiesa: educare. Ecco allora che insieme vorremmo ripensare le nostre pastorali chiedendoci cosa cambia quando, “sul serio”, in questi nostri mondi, scende in campo l’educazione ed individuare percorsi di “vita buona” secondo il Vangelo in questi ambiti della vita dell’uomo». Mercoledì 30 novembre i lavori saranno aperti, alle ore 15.00, da una celebrazione a cura di don Pietro Sabatini, direttore dell’Ufficio diocesano di Firenze. Seguiranno gli interventi di mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, e di don Mario Lusek, che lascerà poi la parola a mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, per la relazione “Educare alla vita buona del Vangelo nel turismo, sport e tempo libero”. Alle ore 16.30 è in programma la relazione di Stefano Martelli, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna, prima di una presentazione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie (Milano 2012). Alle ore 18.30 mons. Betori presiederà una celebrazione eucaristica, mentre dopo cena sarà proposto dal diacono Alessandro Bicchi un itinerario di arte e fede nel centro storico di Firenze.
Giovedì mattina Giovanni Gazzaneo, responsabile della rivista “Luoghi del’Infinito”, modererà un confronto sul tema «Turismo religioso e Pellegrinaggi: strategie educative, collaborazioni, “reti sociali”, intese, servizi, presenze associate». Parteciperanno al dibattito Simone Longhi, segretario dell’Osservatorio giuridico-legislativo CEM dell’Università di Macerata, Maria Pia Bertolucci, presidente nazionale del Centro turistico giovanile, don Pietro Sabatini, don Domenico Poeta, presidente dell’Associazione “Ad Limina Petri” ed Alessandro Cardinali, Presidente dell’associazione “Cammini d’Europa”.
Alle ore 11.00 interverrà poi Daniele Pasquini, incaricato regionale del Lazio per la pastorale del tempo libero, turismo e sport sul tema «Uno sport per l’uomo aperto all’Assoluto: ripensare lo sport e una nuova generazione di luoghi educativi».
Ultimi due interventi in programma quelli di Vittorio Sozzi, responsabile del Servizio nazionale per il progetto culturale («Educare al tempo libero: un problema culturale») e quello di mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia e pesidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali della CEI («Abitare il tempo libero: quali alleanze educative»).

Il Museo diocesano di Torino

 

Nuovo allestimento e il primo catalogo generale


Tra sacrestie e ripostigli  con il fiuto di Indiana

di ARABELLA CIFANI e FRANCO MONETTI

Il Museo diocesano di Torino fu inaugurato l’11 dicembre 2008 dall’arcivescovo cardinale Severino Poletto. Quel felice evento rappresentò il punto di arrivo di un iter lungo e complesso, scandito da tappe precise: dalla formazione del primo gruppo di studio, sorto nel lontano febbraio 1971, all’indagine di fattibilità del progetto, iniziata nel 1997, sotto la guida dell’allora arcivescovo cardinale Giovanni Saldarini, con il sostegno e l’incoraggiamento di monsignor Francesco Marchisano, all’epoca presidente della Pontificia commissione per i Beni culturali della Chiesa. Fino alle tappe fondamentali del progetto preliminare del 24 ottobre 2001, redatto dall’architetto Maurizio Momo, e della sua seguente realizzazione.
L’acquisizione di nuove opere, donate o concesse in prestito da parrocchie, confraternite, enti religiosi e privati, avrebbero poi indotto ad ampliare la collezione museale con il nuovo percorso di visita, inaugurato il 29 marzo 2010 in occasione della quindicesima ostensione solenne della Santa Sindone.
Il Museo diocesano è stato pensato e realizzato – da sempre, si può dire – come luogo di testimonianza della storia culturale e religiosa della comunità torinese. Non si tratta infatti soltanto di un deposito di opere d’arte, ma – come rileva monsignor Cesare Nosiglia, attuale arcivescovo di Torino – del “luogo della memoria, che racconta la vita della comunità attraverso il linguaggio dell’arte”. Il Museo diocesano aiuta a ripercorrere la storia della Chiesa di Torino “dalle origini ai giorni nostri, come i recenti restauri hanno evidenziato: dalle testimonianze della prima basilica cristiana con l’annesso battistero – edificati nella seconda meta del IV secolo dal protovescovo di Torino, san Massimo – all’avvento dell’architettura rinascimentale con il nuovo duomo, edificato dal cardinale Domenico della Rovere nel 1498, fino alle successive trasformazioni per la realizzazione della Cappella della Sindone”, a opera del grande architetto teatino Guarino Guarini e la sua destinazione a luogo di sepoltura dei Savoia e dei vescovi della città di Torino.
È sorto con un progetto architettonico unitario e definito, con il ricupero dei grandi spazi liberi nella parte inferiore del duomo, sotto il quale si sono ritrovati anche, in seguito a diverse campagne di scavo nel corso del tempo, notevoli e importanti resti e cimeli delle tre antichissime basiliche della Torino dei primordi del cristianesimo dedicate al Santissimo Salvatore, a san Giovanni Battista, patrono principale della città, e alla Vergine Maria: in sostanza del cuore cristiano della città di Torino, che alla chiesa cattolica ha dato molto – come è ben noto – anche attraverso i suoi grandi santi sociali nell’Ottocento e Novecento.
Negli spazi ricuperati sono stati raccolti capolavori di pittura, scultura, oreficeria e tessili provenienti da numerose chiese della diocesi, dove si trovavano in disuso o in pericolo di rovina, dispersione o furto. Si può ben dire che il museo sia nato per la fattiva collaborazione di tante comunità diocesane che ne hanno compreso il profondo significato non solo a livello storico e artistico, ma soprattutto sul piano religioso e catechetico. Le raccolte si articolano in diverse sezioni. La sezione battesimale è incentrata attorno al rinascimentale Fonte e alla serie dei dipinti cinquecenteschi. La sezione mariana invece ha al centro una splendida Annunciazione del grande pittore di corte Vittorio Amedeo Rapous (1729-1800): capolavoro della pittura settecentesca italiana. La sezione della “Parola” significativamente rappresentata da oggetti di uso liturgico quali il meraviglioso Leggio da altare di scuola del celeberrimo ebanista Pietro Piffetti (1701-1777). Al centro del museo è stato allestito un altare di forme tridentine arredato con oggetti e paramenti di squisita fattura tra i quali si annoverano alcuni tessili e broccati di provenienza lionese di grandissima bellezza, rarità e importanza. La quadreria del museo presenta tavole quattrocentesche e tele dal Cinquecento al Settecento: sono opere spesso inedite che testimoniano della qualità della pittura piemontese attraverso i secoli ed insieme della religiosità di tutta la diocesi torinese. A corona, seguono numerose vetrine, che contengono argenterie importanti per la storia dell’oreficeria piemontese ed italiana. Primeggia un magnifico Calice seicentesco proveniente dalla parrocchia di Osasio (Torino), ritrovato fortunosamente in una intercapedine dove era stato nascosto da un padre cappuccino al tempo della rivoluzione e dell’invasione francese in Piemonte. Di particolare significato per la storia di Torino e dalla sua religiosità, il Dossale d’argento di Paolo Antonio Paroletto, argentiere attivo Torino dal 1736: in esso è raffigurato il momento culminante del celebre miracolo eucaristico di Torino, con il vescovo supplice che accoglie nel calice l’ostia raggiante sospesa su una folla in preghiera. Completano la sezione dell’argenteria una serie di ostensori e di calici realizzati fra Seicento e Ottocento, di fattura spesso raffinatissima.
Gli oggetti esposti sono stati selezionati dalla solerzia e dall’intelligenza di don Natale Maffioli, salesiano, una sorta di Indiana Jones in abiti religiosi che ha, a suo tempo esplorato sacrestie, ripostigli di chiese e confraternite della diocesi, proteso alla ricerca e al ricupero delle testimonianze artistiche più autorevoli e significative. Sotto la direzione assidua e puntuale di don Luigi Cervellin, incaricato dei beni culturali della Diocesi. Gli oggetti scelti sono stati esposti secondo l’allestimento curato dagli architetti Maurizio e Chiara Momo.
Mancava finora, a corredo del museo, un esauriente catalogo, che ne spiegasse e ne portasse al pubblico le positive valenze. E finalmente lunedì 28 novembre 2011 uscirà anche il primo magnifico catalogo del Museo. L’opera si avvale, nella prima parte, di studi specifici curati da Giancarlo Santi, sul museo diocesano come strumento privilegiato per attuare il progetto culturale ed educativo della diocesi; da don Luigi Cervellin, sulla storia del museo stesso dal suo iniziale progetto all’allestimento; da Maurizio e Chiara Momo, sulla fabbrica inferiore del duomo di Torino e sull’allestimento museale; da Marco Aimone, sull’insula episcopalis del Salvatore; da Paolo Fiore, sulla collezione lapidaria; e infine da Luisa Clotilde Gentile, sulle testimonianze araldiche rinascimentali.
Seguono le schede scientifiche, che illustrano le opere presentate nel museo, alla redazione delle quali hanno concorso importanti studiosi con saggi e ricerche mirate: Arabella Cifani e Franco Monetti, Natale Maffioli e Luca Mana; e ancora: Lidia Martinelli ed Enzo Omegna, Lorenza Santa e Carlotta Venegoni. Per l’occasione verrà esposta anche la bella tela, splendidamente restaurata, della Presentazione di Gesù al Tempio di Vittorio Amedeo Rapous, proveniente dalla chiesa della Confraternita del Gesù di Villafranca Piemonte.
“Nella nostra società caratterizzata dal linguaggio dell’immagine – ha opportunamente sottolineato monsignor Nosiglia – il Museo diocesano svolge un ruolo importante per lo studio e la conoscenza del nostro territorio, profondamente connotato dalle radici cristiane, come pure una insostituibile funzione culturale e didattica nel processo di trasmissione degli irrinunciabili valori umani e cristiani: la bellezza, l’amore, la trascendenza. L’arte, infatti, è un prezioso antidoto alla violenza, alla sciatteria e alla volgarità, che deturpa ambienti e rapporti umani, nello stesso tempo educa al Mistero. Ammirando i capolavori di numerosi pittori, artisti e scultori si impara a vedere la realtà con occhi nuovi, che alimenta “il gusto per la bellezza e lo stupore per il mistero di Dio” (Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 41)”. Non sono queste solo constatazioni seriali, ma si tratta di un vero impegno di miglioramento personale con la sicurezza di avere in mano un efficace strumento educativo che affonda le proprie radici nella storia delle grandi comunità cristiane del passato di Torino da cui trarre linfa sempre nuova.

(©L’Osservatore Romano 27 novembre 2011)

Tertio Millennio Film Fest


Il cinema dei miracoli


“Finalmente un ruolo lontano dal narcisismo televisivo e dal ribellismo stereotipato” si legge nella motivazione del Premio rivelazione degli RdC Awards consegnato dai dicasteri del Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali a Filippo Scicchitano; il giovanissimo “attore per caso” (così ha definito se stesso il protagonista di Scialla! scritto e diretto da Francesco Bruni) ha ricevuto il riconoscimento martedì 22 novembre durante la conferenza stampa di presentazione del Tertio Millennio Film Fest (6-11 dicembre), intitolato “Amore, morte, miracoli. Per una fenomenologia della società contemporanea” e organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo presieduta da Dario Edoardo Viganò. Quest’anno il festival sarà preceduto l’1 e il 2 dicembre dal convegno internazionale “Film and Faith”, come hanno spiegato monsignor Franco Perazzolo, del Pontificio Consiglio della Cultura e monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Una conferenza stampa atipica, quella della galassia di iniziative che portano il marchio Tertio Millennio Film Fest, composta da anteprime, presentazioni di film restaurati, convegni, incontri, concorsi “per sguardo e smartphone”, in cui accanto ai ringraziamenti di rito ai tanti operatori di cinema presenti, alla poesia per immagini o in versi – da Seamus Heaney a Terrence Malick, passando per Bresson e il suo Il diavolo probabilmente – si sono affacciati anche i Novissimi, le realtà ultime che tanta cultura contemporanea è abituata a ignorare: un rapido memento mori (monsignor Viganò ha citato una frase del cardinale Tomás Spidlík: “Tra noi e il verme non c’è granché spazio”) che ha ottenuto il duplice scopo di ravvivare l’attenzione dell’uditorio e provocare un salutare brivido lungo la schiena, ricordando quanto sia facile sprecare la vita in questioni “di seconda classe”.

(silvia guidi)

©L’Osservatore Romano 23 novembre 2011)

 

 

Tertio Millennio in arrivo

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Giunto alla XV edizione, il Tertio Millennio Film Fest, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, presieduta da Dario E. Viganò, propone ancora una volta il cinema quale momento di riflessione sui problemi e gli avvenimenti del mondo contemporaneo e motore per delle domande che nessuno può più permettersi di eludere.
Il tema centrale per l’edizione 2011, è “Amore, morte, miracoli. Per una fenomenologia della società contemporanea”, perché il miracolo, la morte e l’amore sono cifre fondamentali del cinema: “Il Tertio Millennio Film Fest è per tradizione momento di riflessione sulla condizione dell’uomo nel mondo moderno, usando l’orizzonte cinematografico quale mezzo per ragionare e sviscerare i problemi e i disagi contemporanei, ma anche occasione per riflettere sull’ineffabile”, dichiara Dario E. Viganò, Presidente FEdS e Direttore Artistico del Festival, che spiega: “Il tema centrale di quest’anno sottolinea come l’uomo sia da sempre in bilico tra la vita, il razionalismo e misticismo. In questo mondo, in cui sembra esserci poco spazio per il miracolo, il cinema si trova ad assumere su di sé il compito di restituirne la potenza, lo stupore, il bagliore sacrale, senza ridurlo a un effetto scenico, una superfetazione visiva, un trucco tra i tanti”.
I film saranno proiettati presso il Cinema Sala Trevi (vicolo del Puttarello, 25), sala della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dal 6 all’11 dicembre. Tra le anteprime più attese, Atmen e Attack the Block. Il primo, diretto da Karl Markovics è il candidato per l’Austria agli Oscar 2012 come miglior film straniero. Una storia di disagio, quella di Roman, che uscito dal carcere sulla parola si trova a dover affrontare i fantasmi del proprio passato.
Il secondo, Attack the Block di Joe Cornish, è un film di fantascienza dai risvolti sociali in cui i veri alieni sono i teppisti di periferia. Tra le anteprime, trova spazio anche Sette opere di misericordia di Gianluca e Massimiliano De Serio. Il film, che ha vinto numerosi premi all’estero e sarà distribuito in Italia a gennaio 2012, è incentrato sulle vicende della giovane Luminiţa che, per cambiare la sua vita, mette in atto un piano audace che la porta a scontrarsi con Antonio, anziano e malato, che cambierà la sua vita. Sempre in anteprima, anche un Evento Speciale, la proiezione di S.O.S/State of Security, documentario di Michèle Ohayon, che racconta attraverso testimonianze e interviste le falle dell’intelligence statunitense in occasione dell’attentato dell’11 settembre.
Infine sarà la volta dell’atteso Hors Satan di Bruno Dumont, film di raccordo con la rassegna Il miracolo, probabilmente. La storia di un giovane, la cui vita è scandita dalla caccia e dalla preghiera, e il suo rapporto con la ragazza che abita in una fattoria limitrofa e si prende cura di lui. Un’ambientazione particolarissima per un film presentato a Cannes 64 nella sezione “Un Certain Regard”.
Il secondo giorno del Festival riserva al pubblico ulteriori eventi speciali a partire da I giorni contati di Elio Petri, opera restaurata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino in collaborazione con La Cineteca di Bologna presso il Laboratorio L’Immagine Ritrovata. Introdotto al pubblico da Alberto Barbera, il film (1962) focalizza con precisione ed efficacia l’estraneità del protagonista dalla società.
A seguire, un incontro con il Direttore dell’Institut Lumière di Lione e delegato generale del Festival di Cannes che riceve dalla Fondazione Ente dello Spettacolo il Premio Speciale Cinema per essersi distinto nell’opera di divulgazione del lavoro di conservazione e valorizzazione del patrimonio cinematografico. Al termine della cerimonia di premiazione, Thierry Frémaux presenterà un’antologia di film restaurati dei fratelli Lumière.
L’8 dicembre sarà la volta del Focus talent: Răzvan Rădulescu & Melissa de Raaf, coppia di sceneggiatori e registi protagonista del risveglio del cinema rumeno. Con First of All, Felicia, il loro esordio dietro la macchina da presa, e Shelter di Dragomir Sholev, l’ultima collaborazione, racconteranno al pubblico il loro sodalizio artistico.
Anche quest’anno, il festival riserva al pubblico degli Incontri con autori e attori italiani. Il 9 dicembre sarà il regista Francesco Patierno che – insieme ai protagonisti del suo Cose dell’altro mondo – racconterà la genesi del film e risponderà alle domande degli spettatori. Il 10 dicembre saranno gli attori Cristiana Capotondi e Antonio Catania ad incontrare il pubblico ripercorrendo in “Cinema è sogno” le loro carriere e trasportando gli spettatori nel magico splendore del mondo del cinema.
Quest’anno il Festival sarà arricchito anche dalla rassegna “Il miracolo, probabilmente (L’occhio laico della messa in scena)”: la sezione si apre con Ordet – La parola, capolavoro del 1955 di Carl Theodor Dreyer, per arrivare ai giorni nostri con Lourdes, vincitore di Premio FIPRESCI, Premio SIGNIS e Premio “La Navicella” alla 66. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Stellet Licht di Carlos Reygadas, Premio della Giuria al 60. Festival di Cannes, e Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardenne, Grand Prix al 64. Festival di Cannes e Premio Bresson a Venezia 68. Opere che, come Il tempo dei miracoli di Goran Paskaljevic e Hors Satan, raccontano come il miracolo oggi si insinui tra le pieghe del reale, più che sovvertirlo.
Sempre nell’ambito del Festival, è prevista l’annuale assegnazione degli RdC Awards, che avverrà nel corso di una serata di gala venerdì 9 dicembre, a partire dalle ore 20.30.
Come di consueto, il Festival sarà anticipato da un Convegno Internazionale (1-2 dicembre presso la Pontificia Università Lateranense): “Film and Faith”, diviso in cinque sessioni, sarà occasione per analizzare le implicazioni della Fede e le sue narrazioni nel mondo contemporaneo, per sviscerare l’essenza del sacro nelle immagini cinematografiche.
Un altro convegno, invece, collaterale al Festival, avrà luogo dal 14 al 16 dicembre nella cornice dell’Abbazia Greca a Grottaferrata: “L’Anima nell’Arte. Prospettive ed approdi dell’era digitale”, organizzato dall’associazione Art Promotion con il Patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, del Ministero della Pubblica Istruzione, della Fondazione Ente dello Spettacolo, si rivolge a quanti, soprattutto nelle nuove generazioni, sentono profondamente l’urgenza della spiritualità.
Cinematografo.it22 novembre 2011


Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

si celebra in questo mese la giornata dell’UNICEF per orientare la propria azione con  la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rigths of the Child), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.

Costruita armonizzando differenti esperienze culturali e giuridiche, la Convenzione enuncia per la prima volta, in forma coerente, i diritti fondamentali che devono essere riconosciuti e garantiti a tutti i bambini e a tutte le bambine del mondo.

Essa prevede anche un meccanismo di controllo sull’operato degli Stati, che devono presentare a un Comitato indipendente un rapporto periodico sull’attuazione dei diritti dei bambini sul proprio territorio.

 

La Convenzione è rapidamente divenuta il trattato in materia di diritti umani con il maggior numero di ratifiche da parte degli Stati. Ad oggi sono ben 193 gli Stati parti della Convenzione

La Convenzione è composta da 54 articoli e da due Protocolli opzionali (sui bambini in guerra e sullo sfruttamento sessuale).

Sono quattro i suoi principi fondamentali:

a)         Non discriminazione (art. 2): i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori.

b)         Superiore interesse (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità.

c)         Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino (art. 6): gli Stati decono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione tra Stati.

d)        Ascolto delle opinioni del minore (art. 12): prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.

 

L’Italia ha ratificato la Convenzione con Legge n. 176 del 27 maggio 1991 e ha fino ad oggi presentato al  Comitato sui Diritti dell’Infanzia quattro Rapporti.

Più che presentare le solite tiritere( inascoltate e non lette) , vi proponiamo quello che dice Oscar Brenifier, il filosofo dei bambini (e dei loro genitori)

Parlare di filosofia con i bambini: impresa impossibile?

No, al contrario. I più piccoli sono naturalmente predisposti a porsi le domande sul senso della vita, un’abitudine che, anzi, si perde man mano ci si avvicina all’età adulta..

Oscar Brenifier(presente a più incontri in Italia), che attività proporrà ai ragazzi durante l’atelier?
Un atelier di filosofia è un luogo di riflessione. Non si tratta né di esprimersi né di ostentare le proprie conoscenze, ma di realizzare delle esperienze di pensiero. Fare delle ipotesi, esaminarle insieme in modo critico, scoprire le assurdità nelle nostre abitudini menatali e pensare l’impensabile.

Quali tematiche tratterà?
I temi non sono così importanti. Possiamo utilizzare i miei libri di filosofia per i bambini sulle grandi questioni, o  sull’amore e l’amicizia, o anche le domande che proporranno i bambini stessi. Ma quello che importa è soprattutto vedere come noi pensiamo e pensare ai nostri stessi pensieri.

Qual è il segreto per attirare l’attenzione dei bambini?
I bambini amano le domande, ce le pongono e noi le poniamo a loro. Si tratta di far scoprire loro il piacere di pensare, di mettere in scena il pensiero, di scoprire o svegliare il piacere del pensiero. Devono imparare che pensare non è necessariamente un dovere scolastico o morale, una sorta di punizione.

Come ha scoperto che sa comunicare così facilmente con i bambini in tema di filosofia?
E’ come per la ginnastica o la pittura. Certe persone hanno delle attitudini innate, che sono più vive, più coscienti, più precoci: è la loro maniera di essere, sono sempre state così. Altre sono più lente, o risentono di un certo timore: con queste si tratta di essere più pazienti.

Che cosa possono imparare gli adulti dalla filosofia dei bambini?
Non c’è una filosofia dei bambini, c’è semplicemente la filosofia: l’arte di pensare. Ma questa pratica fa spesso paura agli adulti, per timore della verità e della coscienza. Fare filosofia con i bambini è dunque una possibilità: quella di prendersi il tempo di pensare alle questioni importanti dell’esistenza, un’igiene benefica e necessaria un po’ a tutti.

Da dove deriva l’idea che sta alla base dei libri?
Come accade per la maggior parte dei libri che scrivo, derivano dalla pratica, dai lavori che faccio con adulti e bambini. Ormai da tanti anni lavoro sul concetto di filosofia pratica, con l’idea di introdurre il grande pubblico alla filosofia, intesa non come un’attività accademica, ma come un modo di affrontare la nostra vita, ciò in cui crediamo, quello che facciamo. Ciò ricorda il modo che si aveva di fare filosofia nell’antichità, o in Oriente, invece di considerarla solo come una materia scolastica. La filosofia prende quindi la forma di un dialogo, più che del solito monologo del professore.

Secondo lei come mai la divulgazione della filosofia è cresciuta negli ultimi anni?
E’ vero, l’interesse per la filosofia è cresciuto presso il grande pubblico negli ultimi tempi: io stesso lo vedo dal successo dei miei libri, tradotti in trenta lingue, e dalla richiesta di filosofia pratica che arriva da persone di estrazione diversa. Credo che questo fenomeno sia in qualche modo una risposta alle decostruzione dei valori tradizionali, un risultato del postmoderno. La gente ora cerca valori, cerca il significato della vita, si pone domande sulla sua esistenza e sui principi sociali, ma molti non hanno intenzione di tornare ai tradizionali dogmi politici, morali o religiosi.

Cos’è l’Istituto di Pratica Filosofica, da lei fondato?
Ho fondato l’Institut de Pratiques Philosophiques quindici anni fa, insieme a mia moglie Isabelle Millon, che è anche una mia collaboratrice; l’idea era quella di promuovere la filosofia come pratica a tutti i livelli sociali. Abbiamo iniziato a proporre dei workshop filosofici o dei “Cafè-philosophique” alle biblioteche comunali, ottenendo un buon successo. Adesso teniamo queste attività in prigioni, centri sociali, scuole, uffici, eccetera. Ho anche sviluppato il concetto di “consulto filosofico”, dove le persone vengono da me singolarmente per discutere su argomenti per loro importanti. Adesso formiamo molti insegnanti e chiunque voglia imparare questa attività per trarne giovamento nella propria vita o per applicarla sul luogo di lavoro. Abbiamo tenuti seminari del genere in quaranta Paesi, Italia compresa.

 

Chi é

Oscar Brenifier è il filosofo dei bambini (e dei loro genitori).  E’ uno specialista di filosofia per l’infanzia, direttore dell’Institut de Pratiques Philosophiques, autore di numerosi libri di filosofia per bambini, lavora da anni sul concetto di filosofia pratica, con l’idea di introdurre il grande pubblico alla filosofia. Durante l’Atelier di filosofia l’autore inviterà  genitori e bambini a dialogare intorno a diversi temi e idee proposte per esaminarle in modo attento e ciascuno scoprirà che i differenti problemi parlano a ognuno diversamente e che è piacevole e arricchente discuterne insieme. Obiettivo di questa esperienza quale che sia l’età dei partecipanti è capire nuove idee, approfondirle, problematizzarle fra domande e obiezioni, chiarirle mettendone a fuoco i concetti fondamentali. Obbiettivo è fare filosofia, renderla pratica e praticarla, inserendola nella dimensione dell’ascolto, del sentire e del sentirsi. Obbiettivo è imparare a pensare e fornire anche ai bambini gli strumenti del pensiero filosofico.

 

PERCHE’ FARE FILOSOFIA CON I BAMBINI?

I bambini si fanno domande che gli adulti hanno perso l’abitudine di farsi o non osano più porsi. I bambini sanno meravigliarsi, le cose evidenti e quotidiane provocano in loro domande, la loro immaginazione li autorizza a pensare l’impensabile. Tuttavia questo fermento si perde abbastanza rapidamente se non nutrito, se ignorato o percepito dall’ambiente circostante come semplice fantasia. D’altra parte il bambino non è cosciente delle implicazioni delle sue intuizioni, delle conseguenze sull’esistenza e sui pensieri. È qui che il dialogo dei bambini con gli adulti si rende utile e necessario per gli uni come per gli altri. Avere il tempo di esaminare le grandi domande, prendere in considerazione in modo critico le diverse ipotesi per approfondirle, imparare a pensare insieme, ecco in cosa consiste l’arte di fare filosofia. Alcuni adulti non vedono l’interesse di fare filosofia con i bambini, pensano che siano troppo piccoli o non si ritengono in grado di gestire tali discussioni. E’ per questi motivi che Oscar Brenifier ha pubblicato diversi libri di filosofia per i bambini, che possono essere usati a casa e a scuola. Gli adulti scopriranno che si può riflettere su temi importanti in modo semplice e ludico.

 

I SUOI LIBRI IN ITALIA


Oscar Brenifier insieme con l’illustratore Jacques Despres ha pubblicato per Isbn Edizioni Il libro dei grandi contrari filosofici, Il libro dell’amore e dell’amicizia, Il senso della vita, Il bene e il male e Il concetto di Dio. Ha lavorato in diversi paesi per promuovere corsi di filosofia. Per l’Unesco ha scritto il rapporto La philosophie non académique dans le monde.
Anche  nell’ultimo libro, “IL CONCETTO DI DIO” Brenifier e Després(suo collaboratore) puntano sempre più in alto. Si interrogano su Dio, con uno stile originale e fantastiche tavole tridimensionali. Cos’è Dio? La domanda è evocativa, affascinante e dà spazio alle più svariate interpretazioni. Ma Oscar Brenifier e Jacques Després non hanno paura di confrontarsi con un’impresa così difficile, e in questo nuovo libro illustrato provano a dare delle risposte, affinando ulteriormente la «pratica filosofica per bambini» sviluppata nei precedenti volumi. Dopo le coppie di contrari filosofici, l’amore e l’amicizia, il senso della vita e il bene e il male, i due affrontano una tematica ancora più elevata. Rivolgendosi ai più piccoli, ma anche ai grandi. Dio esiste? È una semplice superstizione o il mistero alla base dell’origine del mondo? Decide della nostra vita – e della nostra morte – o non ha nessun potere sulle nostre esistenze? Attraverso magnifiche illustrazioni in 3D e brevi frasi che colpiscono nel segno, le riflessioni contenute in questo libro regalano particolari suggestioni e punti di vista sorprendenti. E, pagina dopo pagina, sia i figli che i genitori si ritroveranno a emozionarsi, interrogarsi e crescere insieme.

Dopo il filosofo, secondo i dati  riportati da molti istituti di ricerca sull’infanzia non c’è da stare allegri, ma è bene conoscerli.

Giornata Infanzia: peggiorano le condizioni di vita dei bambini in Italia, e i minori pagano il prezzo più alto della crisi. 1.876.000 vivono in povertà, il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. Si allarga la forbice tra Sud e Centro Nord . Sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, pari al 16,9% del totale della popolazione: di essi 1.876.000 vivono in povertà e il 18,6% in condizione di deprivazione materiale. Un pianeta infanzia che in una Italia che invecchia si riduce sempre di più. Napoli, Caserta, Barletta – Andria – Trani sono infatti le uniche province “verdi” italiane in cui la percentuale dei giovani fino ai 15 anni rimane maggioritaria sugli over 65.
La crisi economica rischia di pesare soprattutto sui bambini e sugli adolescenti, in assenza di misure specifiche di tutela. Del resto, dal 2008 ad oggi, sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della grande recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con 1 minore è aumentata dell’1,8%, e tre volte tanto (5,7%) quella di chi ha 2 o più figli. Questo rileva il secondo Atlante dell’Infanzia (a rischio), diffuso da Save the Children che restituiscono moltissime informazioni sulla condizione di bambini e adolescenti del nostro paese: dalle città e territori in cui vivono, alla povertà minorile, dagli spazi di verde e di gioco disponibili, all’inquinamento urbano, dalla dispersione scolastica alla spesa sociale e servizi per l’infanzia. Quest’anno l’Atlante, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dall’unità d’Italia, include anche un approfondimento sui quasi cento ragazzi garibaldini che parteciparono alla spedizione dei mille, un modo anche per confrontare la “giovane Italia” di allora con quella attuale.
“La qualità della vita dei nostri bambini e ragazzi è mediamente incomparabile con quella del secolo scorso”commenta Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. “Tuttavia,se non è più la tubercolosi a uccidere, o la guerra, oggi i nostri minori fanno i conti con la povertà, la scarsità di servizi per l’infanzia, le città inquinate, stili di vita insani che conducono all’obesità. Problemi che l’attuale crisi economica rischia di amplificare se non c’è un’inversione di rotta immediata e si pone la tutela dell’infanzia e adolescenza come una priorità delle scelte politiche-economiche di un paese che finora ha sempre investito molto nelle pensioni e molto meno di quanto avviene altrove per aiutare i minori, i giovani e le famiglie con figli.”
La distribuzione della popolazione minorile: dalle città all’hinterland cittadino
Rispetto al 1861 – all’Italia appena unificata – il numero di minori si è mantenuto costante ma è nettamente cambiata la loro incidenza pari, allora, al 39% contro il 16,9% dell’attuale. Il risultato è che l’Italia è diventato il primo paese al mondo in cui gli anziani sono maggioranza e le città sono affollate di over 65 rispetto agli under 18, con le poche eccezioni delle province di Napoli, Caserta, Barletta – Andria – Trani . Al polo opposto, come città più vecchie, Trieste e Savona . La tendenza tuttavia emergente analizzando la distribuzione della popolazione minorile nei capoluoghi di provincia e nei principali comuni italiani, è il graduale esodo dei minori dai centri storici delle aree metropolitane verso le periferie o i comuni limitrofi, città satellite, hinterland di recente costituzione. E’ il caso di Giugliano in Campania cresciuta esponenzialmente e in gran parte abusivamente negli ultimi vent’anni ai margini di Napoli: qui un abitante su quattro – pari al 25,8% – ha meno di 18 anni, una quota assai maggiore di quella che si registra nel capoluogo limitrofo (21,2%). Ma il discorso vale anche per esempio per Monza e Milano (16,5% di minori contro 14,8%), Prato e Firenze, Modena e Bologna. Il fenomeno è in gran parte dovuto al disagio abitativo delle famiglie giovani con figli, sempre più esposte davanti a un mercato immobiliare bloccato, segnato dall’aumento fuori controllo del prezzo degli affitti, dalla mancanza di un deciso intervento pubblico nel settore abitativo, dalla rinuncia alla pianificazione del territorio. Il paradosso in questo caso è rappresentato dal fatto che un numero sempre maggiore di bambini e di adolescenti finisce per crescere in territori spesso caratterizzati da una riduzione degli standard (urbanistici, ambientali, sociali) e dalla mancanza di servizi per l’infanzia.

I minori di origine straniera


Un gruppo sempre più rilevante ma ancora non adeguatamente tutelato – rileva l’Atlante dell’Infanzia di Save the Children – è quello dei minori di origine straniera: quasi 1 milione di cui 572 mila sono bambini e ragazzi nati in Italia, le cosiddette seconde generazioni. L’Emilia Romagna la regione con la percentuale maggiore di nati da genitori stranieri (23%). Sono di fatto nuovi italiani, ai quali tuttavia una legge molto restrittiva riconosce la cittadinanza e il pieno riconoscimento dei diritti civili solo al compimento del diciottesimo anno (3). Ma è la gestione dell’universo minorile di origine straniera nel suo complesso a destare preoccupazione: un giacimento prezioso che costituisce, sotto vari aspetti, una delle categorie più esposte e meno tutelate. Basti pensare che 1 minore su 2 con il capo famiglia straniero vive oggi in famiglie a basso reddito (4) e che il tasso di bocciati nella scuola secondaria di secondo grado fra gli alunni con cittadinanza non italiana è circa il doppio di quello registrato fra gli studenti italiani.

La povertà e la deprivazione fra i minori


In Italia – sottolinea la sezione dell’Atlante dedicata alle “isole dell’infanzia a rischio” – ben il 24,4% dei minori è a rischio povertà . E sono 1.876.000 i bambini e ragazzi in povertà relativa, cioè che vivono in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media. Sono poi 653 mila i bambini e ragazzi in povertà assoluta (privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile). 2 minori su 3 in povertà relativa, e più di 1 minore su 2 in povertà assoluta, vivono nel Mezzogiorno. In particolare è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2% dei minori), seguita dalla Campania (31,9%) e Basilicata (31,1%) mentre la Lombardia (7,3%), Emilia Romagna (7,5%) e Veneto (8,6%) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa. Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta anch’essi si concentrano nel Sud Italia dove rappresentano il 9,3% di tutta la popolazione minorile. Inoltre il 18,6% di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale : nel Nord Est ben il 7% delle famiglie con minori dichiara di aver difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni 2 giorni e al Sud il 14,7% di famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi .

Città non a misura di bambini


Le città italiane sono sempre meno a misura di bambino. Il tasso di motorizzazione è altissimo dappertutto e fa segnare una media di 3/4 macchine ogni minorenne: a Roma si contano circa 450 mila minori e 1 milione 890 mila macchine, per un tasso di 4,2 macchine per bambino. In cima alla classifica delle città con il tasso di motorizzazione più alto, Aosta (13,5), Cagliari (5,4), Ferrara (5,1), l’Aquila (4,8)
Inoltre procede senza sosta la cementificazione e impermealizzazione del territorio: si stima che ogni giorno venga cementificata una superfice di circa 130 ettari. In testa alla classifica per cementificazione i comuni di Roma e Venezia, seguite da Napoli e Milano (dove la superficie edificata ha già inglobato i due terzi del territorio comunale).
E rilevante in molte città italiane è l’inquinamento dell’aria: Ancona (140 giornate), Torino (131) e Siracusa (116) spiccano per il maggior numero di giorni di superamento del valore limite di particolato (PM10), polveri sospese nell’aria che penetrano nelle vie respiratorie causando problemi cardio-polmonari e asma. Matera e Nuoro invece le più virtuose con 1 solo giorno di sforamento del limite.
E varia è la disponibilità di luoghi – giardini pubblici, campi, prati, strade – dove i bambini possano giocare: nel Nord e al Centro più di 2 bambini su 3 giocano nei giardini pubblici. Al Sud, dove l’offerta di verde attrezzato è sensibilmente ridotta, la fruizione dei giardini pubblici scende al 16% e una quota maggiore di bambini gioca sulla strada (il 12,2%). Da segnalare il “caso” Campania dove appena 1 bambino su 100 gioca nei prati (in Veneto il 20%) e meno di 3 ogni 100 sulle strade.
Accanto a questi luoghi deputati naturalmente allo svago e al divertimento, aumenta la frequenza da parte dei ragazzi fra gli 11 e i 17 anni dei centri commerciali: 1 ragazzo su 5 dichiara di andarvi almeno una volta a settimana.

In aumento l’obesità infantile


L’Atlante si sofferma anche sulle condizioni di salute e sugli stili di vita dei minori italiani rilevando come – grazie a un’alimentazione abbondante e a stili di vita diversi – rachitismo e gracilità siano problemi ormai relegati ai libri di storia ma, in compenso, ha fatto la sua comparsa l’obesità: si stimano in 1 milione e 100.000 i bambini sovrappeso, di cui quasi 400 mila obesi. In base a una ricerca di CCM- Istituto Superiore di Sanità del 2010, è la Campania la regione con la più alta percentuale di bambini obesi (20,6% nella fascia di età della terza elementare), seguita da Calabria (15,4%) e Puglia (13,6%) a fronte del 9,2% della media nazionale.

La dispersione scolastica


E un altro indicatore importante della condizione dell’infanzia nel nostro paese è quello relativo alla frequenza e dispersione scolastica. Colpisce, a riguardo, il dato relativo ai cosiddetti early school leavers, giovani tra i 16 e i 24 anni che hanno conseguito soltanto l’attestato di scuola secondaria di I grado e che non prendono parte ad alcuna attività di formazione: si stima che siano 1 milione. In termini percentuali si va dal 12,1% del Friuli Venezia Giulia alla percentuale più alta della Sicilia (26%), seguita da Sardegna (23,9%), Puglia (23,4%), Campania (23%) e da alcune regioni del Nord come la Provincia di Bolzano (22,5%) e la Valle D’Aosta (21,2%).
E tra i fenomeni di dispersione si segnala la fuoriuscita dal percorso scolastico degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie di II grado (licei, tecnici, professionali, eccetera): il 12,3%, più di 1 su 10 degli studenti, interrompe la frequenza e non si iscrive all’anno successivo. I territori in cui il rapporto tra esclusione sociale e fallimento formativo emerge in maniera più drammatica sembrano essere quelli delle aree metropolitane del Sud: le zone di Napoli, Caserta, Palermo, Bari, Taranto, Cagliari, Reggio Calabria, Catania registrano abbandono scolastico in età molto precoce e percentuali di mancata iscrizione e marcata dispersione molto elevate negli istituti professionali e tecnici. Da questo punto di vista, la scuola italiana non appare in grado da sola di promuovere la mobilità sociale e l’emancipazione dei ragazzi appartenenti alle fasce più deboli della popolazione.

 

Risorse e servizi per l’infanzia – per esempio asili nido – tra tagli e differenze territoriali

“Il quadro dell’infanzia che emerge dall’Atlante e dalle sue numerose mappe, non può non preoccuparci soprattutto laddove si vanno ad analizzare le risorse e le misure messe in campo a tutti i livelli in favore dei bambini e degli adolescenti presenti sul suolo italiano”, prosegue il Direttore Generale Save the Children Italia.
Per quanto riguarda per esempio i finanziamenti e le risorse economiche il futuro non appare confortante: L’analisi territoriale degli interventi e delle risorse poste in essere dalle amministrazioni pubbliche, nazionali, regionali e comunali, rivela un vero e proprio puzzle, un quadro di interventi frammentato e lacunoso, segnato dalla totale di assenza di indirizzi e pratiche comuni, destinato a peggiorare drammaticamente in un prossimo futuro se si considera, ad esempio, che il Fondo sociale nazionale pari a 1 miliardo di euro nel 2007 sarà ridotto a 45 milioni nel 2013. Rispetto poi ai servizi, posti in essere, emergono grandi differenze da regione a regione. Basta guardare per esempio agli asili nido: in cima alla classifica l’ Emilia Romagna dei cui nidi usufruiscono il 29,5% dei bimbi tra 0 e 2 anni, l’Umbria (27,7%), Valle D’Aosta (25,4%) a cui fanno da contraltare la Campania – in fondo alla lista con il 2,7% dei bambini presi in carico dai nidi pubblici, o la Calabria, con il 3,5%.
“L’Italia della spesa e dei servizi per l’infanzia colpisce per le differenze fra regione e regione e anche i tanti sprechi e inefficienze. Un dato per tutti è quello dei fondi europei che rischiamo di rimandare indietro a Bruxelles. Con un calcolo un po’ grossolano, abbiamo stimato che basterebbe il 7% dei 29 miliardi di euro ancora non impegnati per creare 100.000 nuovi posti in asilo nido o strutture educative per l’infanzia nel Sud”, commenta ancora Valerio Neri. “In questo quadro la crisi economica non può essere addotta come giustificazione ma anzi deve essere un incentivo a investire sull’infanzia una volta per tutte se vogliamo che oltre la crisi ci sia un futuro per il nostro paese, cioè per le giovani generazioni. Questo significa una serie di misure e provvedimenti urgenti e fondamentali.  
Quella che registriamo è piuttosto una rimozione della questione infanzia e adolescenza in Italia. A dimostrazione il fatto che non abbiamo allo stato alcun provvedimento organico in atto per fare fronte alla questione della povertà minorile, per combattere la dispersione scolastica, per un intervento forte a favore dei minori che crescono al Sud, per costruire una rete nazionale di servizi per la prima infanzia. C’è, è vero, un nuovo Piano infanzia varato nel 2010, con contenuti importanti. Ma è solo sulla carta: privo com’è di risorse finanziarie, di obiettivi di avanzamento e di sistemi di monitoraggio. Un’ulteriore questione”, prosegue Neri, “è la mancanza di dati e conoscenze aggiornate su una serie di problematiche rilevanti relative all’infanzia in Italia, come per esempio l’abuso, le violenze”. Temi che vengono in rilievo da una delle mappe dell’Atlante realizzata in collaborazione con l’Ansa che riporta le parole/notizie più ricorrenti nei notiziari dell’agenzia con riferimento all’infanzia e ai minori.
“L’Italia è ricca di esperienze di eccellenza per la promozione dei diritti dei minori”, commenta Raffaela Milano, Responsabile Programmi Italia – Europa Save the Children. “Oggi queste esperienze vivono una condizione di estrema difficoltà e solitudine, dal momento che la questione infanzia è sostanzialmente scomparsa dall’agenda istituzionale. Il compito di Save the Children, con il suo programma Italia, è dare voce anche a questa Italia, valorizzando e mettendo in rete queste competenze che rappresentano un patrimonio che l’Italia non può lasciare morire. L’Atlante sarà la nostra agenda di lavoro”.

Notizie utili


E’ possibile scaricare la versione integrale dell’Atlante al seguente link: http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/SAVE%20-%20AtlanteInfanziaNov11BDopPag.pdf
Le principali mappe e la copertina dell’Atlante sono scaricabili da qui:
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/Mappe%20per%20media%20e%20cover.zip

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children Italia
tel. 06.48070023-071-001
press@savethechildren.it, www.savethechildren.it

Il Programma Italia e i suoi partner

Nel 2011 Save the Children ha attivato un ambizioso programma di cinque anni dedicato ai bambini e agli adolescenti in Italia, proponendosi di rafforzare stabilmente le infrastrutture sociali e di cura per i minori, con particolare attenzione alle aree più deprivate. Gli ambiti principali di intervento sono la lotta alla povertà minorile, la protezione dei minori a rischio di sfruttamento (come i minori stranieri non accompagnati), l’educazione e la scuola, l’uso delle nuove tecnologie, la tutela dei minori nelle emergenze. Una particolare attenzione è dedicata ai minori che vivono nel sud Italia, con l’attivazione di un programma specifico di intervento, “Crescere al Sud”. Tutte le attività promosse da Save the Children prevedono la partecipazione attiva dei bambini e dei ragazzi.
Per la definizione di strategie e la realizzazione dei programmi sul campo, Save the Children nel 2011 ha coinvolto un’ampia rete di organizzazioni partner, nazionali, internazionali e locali, tra le quali: UNHCR, OIM, UNICEF, ANPAS, CISMAI, UISP, CSI, Libera, Caritas, Rete G2 – seconde generazioni, AIMMF, SIP, Consorzio Nova, EIP Italia, Vides Main, CAF, Il Melograno, Pontedincontro, L’Orsa Maggiore, L’Altranapoli, Dedalus, Civitas Solis, Cooperativa ISKRA, Radio Kreattiva, Inventare Insieme.  
Save the Children è inoltre capofila di un network (gruppo CRC) composto da 86 organizzazioni e associazioni impegnate nel monitoraggio dell’attuazione, in Italia, della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

 

Maria de falco Marotta & Team

Arte e tecnologia

A cura delle Associazioni Culturali:
Terra d’arte
La Transcritica
e del Periodico d’Arte Contemporanea – Il Volo del Gabbiano

dal 18 al 26 Novembre 2011
Sala mostre – Vaccheria Nardi
Via della Grotta di Gregna 27 –  Roma ( Ponte Mammolo)

Artisti espositori:

Cesselon, Fraschetti, Lanzalone, Paolini, Petruzzi Pietrosanti, Pompei, Stati, Sottile, Verdone.

Inaugurazione: Sabato18 novembre ore 18.00
Conferenza: Giovedì 24 novembre ore 16.15

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Breve nota introduttiva.

Il dato di partenza – da cui hanno preso le mosse i vari artisti che partecipano alla mostra e che sarà discusso il 24 novembre prossimo in una conferenza sul tema che si svolgerà sempre nei locali della biblioteca Vaccheria Nardi dalle ore 16;15 alle ore 18;45 – è la consapevolezza della sempre più profonda crisi in cui è entrato il rapporto dell’uomo con la tecnologia ai nostri giorni. Sempre meno la tecnica è un prodotto dell’uomo e sempre più l’uomo si scopre e rischia di diventare un prodotto della tecnica stessa. La tecnica sta diventando una dimensione sempre più autonoma dove l’intervento dell’uomo si rivela sempre più inessenziale – il mezzo si è trasformato in fine e presto approderemo a quella che per amor di paradosso potremmo chiamare l’organizzazione tecnica della tecnica. In questo inedito e forse tragico orizzonte l’uomo sta sempre più diventando una rotella intercambiabile di una enorme macchina tecnologia che ormai lo sorpassa a tal punto che fatichiamo a renderci conto della effettiva portata di questo passaggio epocale. In quest’ora diventa fondamentale – noi crediamo – il contributo che gli artisti possono dare: essendo l’arte in qualche modo legata già da sempre alla cosidetta questione della tecnica ( vedi Heidegger ). Non si tratta di contrapporre, nè di confondere arte e tecnica, bensì si vuole attraverso l’espressione artistica mettere in luce quello che abbiamo sotto gli occhi e per questo non riusciamo a vedere. Le opere esposte si interrogano sul problematico rapporto uomo/tecnologia ma non in maniera didascalica, bensì dal loro stesso interno. Queste tematiche poi verranno discusse in una conferenza-dibattito  ( vedi sopra ).
Nell’invitarvi ancora una volta a partecipare alla nostra iniziativa ancora un cortese saluto,
Stefano.

Giovani, insieme per la vita buona



Si terrà dal 10 al 13 novembre a Roma, presso il Domus Pacis Torre Rossa Park (via di Torre Rossa, 94) il XII Convegno nazionale di pastorale giovanile sul tema “Crescere insieme per la vita buona. I giovani e la dimensione comunitaria della vita e della fede”.

Aprirà i lavori, giovedì 10 novembre alle ore 11.00, mons Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita, che precederà la relazione del gesuita Franco Imoda, presidente dell’Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e facoltà ecclesiastiche (AVEPRO), che avrà per tema “Individualismo, relazione e vita comunitaria nella società e nella cultura contemporanea”.
Nel pomeriggio, dopo il saluto di don Eric Jacquinet, responsabile della Sezione giovani del Pontificio Consiglio per i laici, interverrà don Cesare Pagazzi, della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, sul tema “Quali scelte per una comunità cristiana che ama i giovani e desidera aiutarli a incontrare Gesù”. Alle ore 18.30 il card Agostino Vallini, Vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, presiederà la celebrazione della S. Messa.
Nel pomeriggio (alle 15.30, con diretta web su www.webcattolici.it) verrà inoltre effettuata la cerimonia di consegna del Premio Speciale GMG, dedicato ai siti con contenuti legati al grande appuntamento di Madrid, nell’ambito del “Premio per il miglior sito web cattolico italiano”, promosso da WeCa, l’associazione dei webmaster cattolici.
Il premio rappresenta un modo per dare seguito all’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, ma anche per valorizzare il continente digitale abitato da circa 15.000 siti web cattolici. La consegna e l’annuncio dei Premi per le tre sezioni principali (siti istituzionali, personali e parrocchiali) avverrà invece a marzo 2011. Al lavoro c’è già una giuria di 21 esperti della comunicazione.
Venerdì 11 novembre aprirà la mattinata di lavoro l’intervento di don Nico dal Molin, direttore del Centro Nazionale Vocazioni, su “Il Seminario di studio sull’accompagnamento spirituale del 10-13 aprile 2012”. Alle ore 10.15 sono previsti, divisi per gruppi di lavoro, degli approfondimenti sul tema del convegno “Crescere insieme per la vita buona”.
Nel pomeriggio, ancora divisi per gruppi, verranno affrontate alcune questioni circa la presenza dei giovani nella comunità cristiana (ragazzi, adolescenti, giovani).
Sabato 12 novembre, dopo la S. Messa che sarà presieduta da mons.. Mauro Parmeggiani, vescovo di Tivoli e delegato regionale del Lazio per la pastorale giovanile, alle ore 9.45 interverrà mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, su “40 anni di Caritas Italiana e l’impegno prevalente dell’educazione e del dono di sé”, mentre il resto della mattinata sarà dedicato alla “Fiera delle esperienze di Vita buona”, con una visita guidata agli stand sul dono di sé e sulla missione. Nel pomeriggio, dopo un intervento di padre Duarte da Cuhna, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, sul tema “I giovani e la pastorale giovanile in Europa”, saranno ascoltate alcune testimonianze dall’Europa.
Domenica 13 novembre, infine, alle ore 8.30 mons Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, presiederà la celebrazione della S. Messa. Seguiranno, a cura del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile, le conclusioni dei lavori, per permettere poi ai partecipanti di andare a seguire la preghiera dell’Angelus in piazza San Pietro e di compiere un pellegrinaggio alla tomba del Beato Giovanni Paolo II.
«Il tema del convegno – spiega don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile – vuole affermare l’importanza della dimensione comunitaria della vita e della fede. L’individualismo che genera la solitudine è un pericolo che insidia anche il mondo dei giovani e la tentazione di chiudersi in se stessi, di isolarsi e di isolare gli altri è un grave pericolo per tutti. Il mondo giovanile, e Benedetto XVI lo ha ripetuto più volte, ha la forza per reagire all’indifferenza, al relativismo e al nichilismo attraverso un rinnovato modo di stare insieme, scelto e voluto con forza secondo i desideri di Gesù espressi dal comandamento dell’amore».

file attached Il depliant del convegno

Paul Klee, Henry Miller e gli altri: gli artisti moderni tra secolarizzazione e mistero divino

Con un po’ di libertà vorrei innanzitutto affidarmi al filo della mia memoria autobiografica. Infatti, studente di teologia alla Pontificia Università Gregoriana, ero anch’io in Piazza San Pietro l’8 dicembre 1965, quando i padri a chiusura del  Concilio Vaticano II lanciarono, tra i vari messaggi alle diverse categorie sociali e professionali, queste parole agli  artisti:

“Il mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non oscurarsi nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò  che mette la gioia nel cuore degli uomini, è il frutto prezioso che resiste all’usura del tempo, che unisce le generazioni e  le congiunge nell’ammirazione. E ciò grazie alle vostre mani”.

Alle spalle di quel momento solenne c’era un altro evento che l’anno prima avevo seguito solo dall’esterno, vedendo alcune figure importanti della cultura (ho ancor oggi in mente il profilo scavato di Eduardo De Filippo…) che uscivano  dalla Cappella Sistina. Là erano stati convocati il 7 maggio 1964 da Paolo VI, che a loro aveva rivolto un appassionato discorso nel quale proponeva di ristabilire una “nuova alleanza” tra arte e fede, sulla scia di un passato glorioso e nella consapevolezza che la grande sfida dell’artista è quella di “carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di  parola, di colori, di forme, di accessibilità”.
Passarono vari anni e nella Pasqua del 1999 Giovanni Paolo II indirizzò una Lettera agli artisti perché con loro si  inverdisse “quel fecondo colloquio che in duemila anni di storia non si è mai interrotto…, un dialogo non dettato  solamente da circostanze storiche o da motivi funzionali, ma radicato nell’essenza stessa sia dell’esperienza religiosa  sia della creazione artistica”. Prima della pubblicazione di quel testo, sorprendente anche per la filigrana dei suoi   rimandi culturali, fui invitato a una lettura previa e a offrire eventuali considerazioni.
A distanza oramai di dieci anni, divenuto ormai a Roma presidente dei dicasteri vaticani destinati al confronto con la  cultura e col grandioso patrimonio artistico fiorito nei secoli, proposi a Papa Benedetto XVI di incontrare, ancora nella  ornice gloriosa della Cappella Sistina, trecento artisti di tutte le discipline e di tutto il mondo per rinnovare un  dialogo interrotto. Il desiderio era quello di rinnovare quello che accadeva già nell’VIII secolo quando il cantore delle  immagini sacre, ovvero san Giovanni Damasceno, si rivolgeva così ai cristiani: “Se un pagano viene e ti dice: ‘Mostrami  la tua fede!’, tu portalo in chiesa e mostra a lui la decorazione di cui è ornata e spiegagli la serie dei sacri quadri”.
Questo vincolo così stretto – lo si deve realisticamente riconoscere – a partire dal secolo scorso si è allentato fino al  punto di infrangersi. Da un lato, in ambito ecclesiale si è spesso ricorsi al ricalco di moduli, di stili e di generi delle  epoche precedenti, oppure ci si è orientati all’adozione del più semplice artigianato o, peggio, ci si è adattati alla  bruttezza che imperversa nei nuovi quartieri urbani e nell’edilizia aggressiva innalzando edifici sacri simili, come  sarcasticamente diceva padre David Maria Turoldo, a garage sacrali ove è parcheggiato Dio e vengono allineati i fedeli. D’altro lato, però, l’arte ha imboccato le vie della città secolare, archiviando i temi religiosi, i simboli, le narrazioni, le  figure e tutto quel “grande codice” che era stata la Bibbia. Ha abbandonato come pericolosa ogni proposta di un  messaggio, considerandolo un capestro ideologico, si è consacrata a esercizi stilistici sempre più elaborati e  provocatori, si è rinchiusa nel cerchio dell’autoreferenzialità, si è affidata a una critica esoterica incomprensibile ai  più, e si è asservita alle mode e alle esigenze di un mercato non di rado artificioso ed eccessivo. Un po’ di verità c’è  nella definizione coniata da Henri Meyers a proposito dell’artista contemporaneo: “Un uomo che non prostituisce mai  la sua arte, eccetto che per denaro”.
Riconosciute le colpe reciproche che hanno divaricato sempre più fede e arte, è necessario ora andare oltre i sospetti e  itornare a incontrarsi. Al riguardo è stato emblematico il presentarsi di sessanta artisti, con opere elaborate per  l’occasione, davanti a Benedetto XVI nel luglio scorso per celebrare i suoi sessant’anni di sacerdozio. Ma lo è anche  l’esperienza che la chiesa milanese ha attuato elaborando e presentando in questi giorni un nuovo Evangeliario  Ambrosiano. E’ evidente che i quattro Vangeli costituiscono uno dei cardini della liturgia cristiana. Già a partire dal VI  secolo sono fioriti codici miniati di mirabile finezza nei quali le immagini s’intrecciavano col testo sacro in una sorta di  dialogo tra parola e visione. D’altronde l’arte occidentale di quei secoli era in pratica un’esegesi figurativa delle Scritture Sacre.
Nel VI secolo il papa Gregorio Magno invitava “coloro che non sanno leggere i testi a leggere sulle pareti attraverso la vista”. C’era, infatti, una Bibbia di pietra sui capitelli, sui portali, sui bassorilievi, nei complessi statuari, e una Bibbia  colorata negli affreschi e nei dipinti, pagine aperte a tutti, anche agli analfabeti. E’ interessante notare che una delle  dichiarazioni di principio degli Statuti d’arte dei pittori senesi del Trecento suonava così: “Noi siamo manifestatori, agli  uomini che non sanno lettura, delle cose miracolose operate per virtù della fede”. E’ ciò che si ripete – naturalmente in un contesto culturale e secondo un approccio stilistico differente – nell’opera realizzata ora dalla  chiesa di Milano. Tre sono le caratteristiche che la contraddistinguono.
La prima è la presenza di sei artisti contemporanei significativi che si sono confrontati col testo evangelico secondo i  loro particolari percorsi di ricerca. Da un lato, ci sono figure affermate come Mimmo Paladino e Nicola De Maria che,  dopo aver attraversato la “Transavanguardia”, hanno imboccato itinerari personali molto originali. A loro si accosta  Ettore Spalletti, che sa plasmare col colore forti evocazioni. D’altro lato, entrano in scena in queste pagine anche autori di una generazione più giovane come Nicola Samorì e Nicola Villa: si è, così, voluto aprire l’orizzonte andando oltre i  canoni critici già codificati. Ma la sorpresa maggiore per molti sarà l’ingresso di un fotografo come Giovanni  Chiaramonte che segna in tal modo quasi la consacrazione di un’arte relativamente nuova ma lasciata in passato fuori  dal museo e soprattutto dal tempio.
Il secondo profilo specifico che rivela questo esperimento è da cercare nel corteo di mostre che a Milano lo  accompagna. In ambienti diversi – da Palazzo Reale alla chiesa di San Raffaele e alla galleria San Fedele – si snoda un  tracciato espositivo che parte dalla gloriosa eredità del passato, attestata da esemplari particolarmente preziosi. Si tratta di codici miniati celebri come, ad esempio, l’Evangeliario di Ariberto e quello di Vercelli, la Pace di Chiavenna e  la “Coperta” di Teodolinda, per la prima volta riuniti insieme in una sorta di costellazione artistica. Si passa poi alle  opere degli artisti che hanno collaborato all’allestimento del nuovo Evangeliario esponendone i bozzetti e altre testimonianze del loro incontro con la fede e la liturgia. Un incontro non così estemporaneo e marginale, se è vero  quello che scriveva Hermann Hesse nel suo scritto “Klein e Wagner”: “Arte significa: in ogni cosa mostrare Dio”. Una  intuizione confermata anche da un grande pittore come Paul Klee il quale confessava che “l’arte non rappresenta il  visibile ma l’Invisibile che si cela nel visibile”.
C’è una terza e ultima caratteristica da segnalare nell’esperienza milanese. La sottolineava l’arcivescovo emerito  Dionigi Tettamanzi, che ha patrocinato calorosamente quest’opera come suggello conclusivo del suo ministero  milanese. Affermava, infatti, che in questo modo “la chiesa torna a essere committente, con coraggio, consapevolezza,  rispetto, così come lo è stata in passato.
E ogni commissione presuppone con i veri interlocutori un confronto aperto, una ricerca per comprendere le ragioni, i  linguaggi e il dono dell’altro in vista di un obiettivo comune”. Si riprende, quindi, la gloriosa tradizione del passato  che vedeva nei papi e nei vescovi le figure capitali per la promozione dell’arte, attraverso un dialogo creativo e vivace  con gli artisti. Ed è ciò che l’Evangeliario Ambrosiano testimonia; per questa via si compie anche l’auspicio di Papa  Paolo VI e dei suoi successori per una “nuova alleanza” tra arte e fede. Henry Miller nella raccolta di poesie “Sapienza  del cuore” univa, infatti, queste due realtà tra loro in un paradosso provocatorio ma suggestivo: entrambe  “apparentemente non servono a nulla, tranne che a insegnare il senso della vita”.

in “il Foglio” del 1 novembre 2011

 

La bellezza nella Parola: il nuovo Evangeliario Ambrosiano – Palazzo Reale, Chiesa di San Raffaele e Galleria San Fedele

Da sabato 5 novembre a domenica 11 dicembre 2011 a Palazzo Reale di Milano, la mostra dal titolo La bellezza nella Parola presenterà il nuovo EVANGELIARIO AMBROSIANO, il volume usato nella solenne lettura delle celebrazioni liturgiche, le cui pagine accolgono le tavole di maestri dell’arte contemporanea, quali Nicola DE MARIA, Mimmo PALADINO, Ettore SPALLETTI, il fotografo Giovanni CHIARAMONTE e due giovani artisti, Nicola SAMORÌ e Nicola VILLA. COMUNICATO STAMPA >

In mostra, l’Evangeliario di Paolo VI che è stato posto sulla bara del beato Giovanni Paolo II, il giorno delle sue esequie. L’iniziativa è promossa dal Comune di Milano, Cultura, Expo, Moda, Design, dalla Galleria San Fedele, da Palazzo Reale, e organizzata dall’Arcidiocesi di Milano.

Il percorso espositivo, che ruota attorno al Duomo e si snoda tra Palazzo Reale, la Chiesa di San Raffaele e la Galleria San Fedele, proporrà un confronto tra queste opere e alcuni dei più importanti capolavori d’arte sacra antica di area lombarda.

Il progetto, curato da una commissione composta da don Umberto Bordoni, arch. Carlo Capponi, p. Andrea Nicola De Maria.

 

 

Natale del Signore – Nella notte

Dall’Asta S.I., mons. Domenico Sguaitamatti, prof. Francesco Tedeschi, don Norberto Valli, si è sviluppato proprio a seguito della pubblicazione della nuova edizione dell’Evangeliario Ambrosiano, che il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha voluto realizzare in dialogo con l’arte contemporanea, con l’intento di avvicinare le persone al messaggio evangelico attraverso un linguaggio artistico del nostro tempo.

La sezione a Palazzo Reale presenterà, per la prima volta insieme, manufatti d’arte antica di straordinaria bellezza come la Coperta dell’Evangeliario di Teodolinda da Monza, la Pace di Chiavenna, l’Evangeliario di Ariberto del Duomo di Milano e quello di Vercelli che convergono a illustrare la sintesi medievale fra ordine cosmologico, ingegno umano e redenzione divina.

Inoltre, si troverà una serie di Evangeliari manoscritti e miniati con inchiostro, oro e porpora, come il Codex Sarzanensis della Diocesi di Tortona, l’Evangeliario di Busto, l’Evangeliario di Bobbio e l’A 28 conservati alla Biblioteca Ambrosiana, e l’Evangeliario Casola della Biblioteca Capitolare di Milano.

A segnare il passaggio all’arte contemporanea sarà l’Evangeliario di Paolo VI, lo stesso che venne posto sulla bara di Giovanni Paolo II, nel giorno delle sue esequie.

 

Nicola Samorì, Natale del Signore – All’aurora

La mostra prosegue con la presentazione della ‘coperta’ e di tutte le 73 tavole del nuovo Evangeliario Ambrosiano, che saranno visibili insieme, per la prima e unica volta, prima di essere rilegate nel volume originale che verrà in seguito consegnato all’uso liturgico del Duomo.

Ettore Spalletti, Esaltazione della Santa Croce

Le opere dei sei artisti, che dal dialogo con il testo evangelico traggono una particolare forza e significato, sono in grado di affermare la capacità del nostro tempo di dare una forma contemporanea di bellezza alla Parola eterna delle Scritture.

La sezione allestita alla Galleria San Fedele (aperta fino al 22 dicembre) proporrà una selezione di bozzetti e un lavoro a soggetto sacro particolarmente significativo dei sei artisti, mentre alla chiesa di San Raffaele verranno esposte alcune opere appositamente realizzate per l’occasione, che illustreranno il rapporto vitale con il culto e la liturgia.

Il libro dei Vangeli ha sempre rivestito una grande importanza, sia nella storia della liturgia che in quello dell’arte. Fin dal Medioevo e dal primo Rinascimento, il prezioso volume si è rivestito di autentici capolavori dell’ingegno umano. Gli splendidi elementi artistici rivelavano la ricchezza dei testi sacri in esso contenuti e davano forma di bellezza e di cultura a un messaggio di vita capace di attraversare i tempi e illuminare i secoli.

 

Nicola Villa, Presentazione del Signore

La Chiesa, la cui esistenza ha come motivo principale la custodia e la consegna delle parole di Gesù contenute nel Vangelo in ogni epoca e in ogni luogo, trova nella produzione dei preziosi Evangeliari, un luogo di espressione simbolico della sua identità e missione. La scelta di percorrere la via della contemporaneità corrisponde alla sua pretesa non solo di camminare al passo coi tempi, quanto di anticiparli nella profezia.

 

 

Evangeliario di Ariberto recto

 

 

 

 

 

 

 

Evangeliario di Ariberto verso

 

 

 

 

 

 

La Bellezza nella Parola

Madonna al sepolcro, 1820

Il nuovo Evangeliario Ambrosiano e capolavori antichi

Milano, Palazzo Reale, Chiesa di San Raffaele

5 Novembre / 11 Dicembre 2011

Galleria San Fedele

5 novembre / 22 dicembre

Orari:

Palazzo Reale (piazza Duomo)

Lunedì h 14.30 – 19.30

Martedì, mercoledì, venerdì, domenica h 9.30 – 19.30

Giovedì e sabato h 9.30 – 22.30

Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura

Chiesa San Raffaele (via San Raffaele 4)

Lunedì-venerdì ore 8.30-18.30; sabato ore 16.30-18.30; festivi chiusa

Galleria San Fedele (piazza San Fedele 4)

Dal martedì al sabato 16.00 – 19.00 (al mattino su richiesta); festivi chiusa
Ingresso gratuito.
Visite guidate gratuite.
Informazioni per le visite guidate al +39 345 5081982

Catalogo Silvana Editoriale

Informazioni:

Cooperativa “Oltre”
+39 345 2525299

per la Galleria San Fedele anche
tel. 0286352233

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