I cristiani spariranno dal Medio Oriente?

La presa in ostaggio di cristiani conclusasi, domenica 31 ottobre, con la morte di 46 fedeli siriacocattolici in una chiesa di Bagdad provocherà una nuova fuga di cristiani dall’Iraq? È ciò che temono alcuni responsabili religiosi del paese.
“Non abbiamo più il nostro spazio qui.
Tutti se ne andranno”, ha affermato il vicario episcopale di Bagdad, Mons.
Pios Kasha, il giorno dopo l’attacco.
Per quindici giorni, in ottobre, il Vaticano si è occupato della sorte di queste minoranze cristiane, col timore di “un esodo mortale”.
Quarantacinque anni fa, durante la sua visita storica in Terra santa, papa Paolo VI aveva già espresso il timore che “i luoghi santi si trasformino in musei” dopo la “scomparsa” dei cristiani d’Oriente che figurano tra le più antiche comunità cristiane del mondo.
“Certi osservatori predicono che nel prossimo secolo la Terra santa potrebbe essersi completamente svuotata dei suoi cristiani”, scrive René Guitton, in Ces chrétiens qu’on assassine (Flammarion, 2009).
dati incerti Di fronte a questi timori, le realtà sono differenziate.
I paesi più colpiti dalle partenze sono tra i più instabili della regione.
L’Iraq, che sembra abbia perso quasi la metà della sua popolazione cristiana in una ventina d’anni, il Libano e i territori palestinesi occupati forniscono i maggiori flussi di migrazione.
Ma sia per i cristiani sul posto, che per quelli che emigrano o per quelli che ritornano al paese, i numeri e le percentuali sono difficili da stabilire con precisione.
In Egitto, il numero di Copti varia da un certo numero al suo triplo, a seconda che si faccia riferimento alle statistiche governative o a quelle delle autorità religiose.
Queste ultime affermano che, da dieci anni, “sono emigrati 1,5 milioni di Copti, principalmente verso gli Stati Uniti o il Canada”, riferisce René Guitton.
In generale tutti ammettono che in un secolo la proporzione di cristiani nella regione abbia continuato a diminuire: oggi rappresenterebbero solo dal 3% al 6% delle popolazioni locali (dal 15% al 20% all’inizio del XX secolo), eccezion fatta per il Libano, dove i cristiani costituiscono ancora una forte minoranza.
La tendenza si spiega sia con l’esodo, sia con la natalità più bassa delle famiglie cristiane.
numerose diaspore Nel XIX secolo i cristiani della Siria, del Libano o della Palestina sono espatriati raggiungendo l’Europa o l’America latina.
Ad esempio, in Cile vivono circa 300 000 palestinesi, e il 10% degli argentini sono di origine siro-libanese.
Oggi, chi può, raggiunge gruppi già stabiliti in Europa, negli Stati Uniti, in Canada, nell’America meridionale o in Australia.
I cristiani dell’Iraq, invece, sono costretti a lasciare le loro città per ragioni di sicurezza e talvolta in tutta fretta.
Alcuni raggiungono le province kurde del nord del paese, con il rischio di crearvi una enclave etnico-religiosa.
Fino ad ora questa regione offre delle condizioni di vita più sicure.
Altri hanno raggiunto la Siria o la Giordania, paesi che, man mano che passano gli anni, si mostrano meno accoglienti.
Una parte dei candidati all’esilio va anche verso l’Occidente.
La Francia e la Germania, in questi ultimi due anni, hanno accolto diverse migliaia di cristiani iracheni minacciati nel loro paese.
le cause dell’esodo “I cristiani emigrano per ragioni economiche, a causa dell’instabilità della regione e dei conflitti”, ha riassunto il patriarca di Alessandria dei Copti, Antonios Naguib, in margine al sinodo di ottobre.
L’erosione si spiega per un insieme di ragioni: economiche, politiche, di sicurezza, demografiche, religiose.
Il conflitto israelo-palestinese e la politica delle grandi potenze occidentali nella regione appaiono come una della principali fonti di questo esodo.
Al di là del contesto di insicurezza, i cristiani pagano a volte la loro supposta vicinanza agli Occidentali.
In Iraq, la relativa protezione di cui hanno goduto sotto Saddam Hussein ha anche alimentato delle tensioni tra le varie comunità, secondo Guitton.
Ma da qualche anno, il clero e i fedeli parlano soprattutto dell’islamizzazione crescente delle società nelle quali vivono.
“I musulmani non distinguono religione e politica”, ricordavano i vescovi durante il sinodo.
Al di là della diffusione dell’islam radicale o del terrorismo islamista, attivo particolarmente in Iraq, le comunità in loco ritengono che il confronto con un islam più affermato e identitario rende difficile mantenere una cultura e una pratica cristiana.
Infine, spesso meglio istruiti della media della popolazione grazie alla loro rete di scuole e di università, i cristiani hanno maggiori facilità nell’ottenimento dei visti per raggiungere gruppi di una diaspora precedente, negli Stati Uniti, in Europa o in America latina, pronti ad accoglierli in “Le Monde” del 4 novembre 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)

EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO

PRESENTAZIONE       Gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 intendono offrire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione.
In essa noi Vescovi riconosciamo una sfida culturale e un segno dei tempi, ma prima ancora una dimensione costitutiva e permanente della nostra missione di rendere Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità, in una vita nuova caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero.
È questo un tema a cui più volte ci ha richiamato Papa Benedetto XVI, il cui magistero costituisce il riferimento sicuro per il nostro cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostra proposta pastorale.
La scelta di dedicare un’attenzione specifica al campo educativo affonda le radici nel IV Convegno ecclesiale nazionale, celebrato a Verona nell’ottobre 2006, con il suo messaggio di speranza fondato sul “sì” di Dio all’uomo attraverso suo Figlio, morto e risorto perché noi avessimo la vita.
Educare alla vita buona del Vangelo significa, infatti, in primo luogo farci discepoli del Signore Gesù, il Maestro che non cessa di educare a una umanità nuova e piena.
Egli parla sempre all’intelligenza e scalda il cuore di coloro che si aprono a lui e accolgono la compagnia dei fratelli per fare esperienza della bellezza del Vangelo.
La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia bimillenaria è un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione.
Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà.
Non c’è nulla, nella nostra azione, che non abbia una significativa valenza educativa.
La scelta dell’Episcopato italiano per questo decennio è segno di una premura che nasce dalla paternità spirituale di cui siamo rivestiti per grazia e che condividiamo in primo luogo con i sacerdoti.
Siamo ben consapevoli, inoltre, delle energie profuse con tanta generosità nel campo dell’educazione da consacrati e laici, che testimoniano la passione educativa di Dio in ogni campo dell’esistenza umana.
A ciascuno consegniamo con fiducia questi orientamenti, con l’auspicio che le nostre comunità, parte viva del tessuto sociale del Paese, divengano sempre più luoghi fecondi di educazione integrale.
Maria, che accompagnò la crescita di Gesù in sapienza, età e grazia, ci aiuti a testimoniare la vicinanza amorosa della Chiesa a ogni persona, grazie al Vangelo, fermento di crescita e seme di felicità vera.
  Roma, 4 ottobre 2010 Festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia                                                                                                      Angelo Card.
Bagnasco                                                                                  Presidente della Conferenza Episcopale Italiana CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA   Orientamenti pastorali 2010.pdf;

Il messaggio del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente,

Il messaggio del Sinodo Pubblichiamo il testo italiano del messaggio del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, approvato durante la tredicesima congregazione generale di venerdì pomeriggio, 22 ottobre.
“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32) Ai nostri fratelli presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, alle persone consacrate e a tutti i nostri amatissimi fedeli laici e a ogni persona di buona volontà.
Introduzione 1.
La grazia di Gesù nostro Signore, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con voi.
Il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è stato per noi una novella Pentecoste.
“La Pentecoste è l’avvenimento originario, ma anche un dinamismo permanente.
Il Sinodo dei Vescovi è un momento privilegiato nel quale può rinnovarsi il cammino della Chiesa e la grazia della Pentecoste” (Benedetto XVI, Omelia della Messa d’apertura del Sinodo, 10.10.2010).
Siamo venuti a Roma, noi Patriarchi e vescovi delle Chiese cattoliche in Oriente con tutti i nostri patrimoni spirituali, liturgici, culturali e canonici, portando nei nostri cuori le preoccupazioni dei nostri popoli e le loro attese.
Per la prima volta ci siamo riuniti in Sinodo intorno a Sua Santità il Papa Benedetto XVI con i cardinali e gli arcivescovi responsabili dei Dicasteri romani, i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo toccate dalle questioni del Medio Oriente, e con rappresentanti delle Chiese ortodosse e comunità evangeliche, e con invitati ebrei e musulmani.
 A Sua Santità Benedetto XVI esprimiamo la nostra gratitudine per la sollecitudine e per gli insegnamenti che illuminano il cammino della Chiesa in generale e quello delle nostre Chiese orientali in particolare, soprattutto per la questione della giustizia e della pace.
Ringraziamo le Conferenze episcopali per la loro solidarietà, la presenza tra noi durante i pellegrinaggi ai Luoghi santi e la loro visita alle nostre comunità.
Li ringraziamo per l’accompagnamento delle nostre Chiese nei differenti aspetti della nostra vita.
Ringraziamo le organizzazioni ecclesiali che ci sostengono con il loro aiuto efficace.
Abbiamo riflettuto insieme, alla luce della Sacra Scrittura e della viva Tradizione, sul presente e l’avvenire dei cristiani e dei popoli del Medio Oriente.
Abbiamo meditato sulle questioni di questa parte del mondo che Dio, nel mistero del suo amore, ha voluto fosse la culla del suo piano universale di salvezza.
Da là, di fatto, è partita la vocazione di Abramo.
Là, la Parola di Dio si è incarnata nella Vergine Maria per l’azione dello Spirito Santo.
Là, Gesù ha proclamato il Vangelo della vita e del regno.
Là, egli è morto per riscattare il genere umano e liberarlo dal peccato.
Là è risuscitato dai morti per donare la vita nuova a ogni uomo.
Là, è nata la Chiesa che da là è partita per proclamare il Vangelo fino alle estremità della terra.
Il primo scopo del Sinodo è di ordine pastorale.
È per questo che abbiamo portato nei cuori la vita, le sofferenze e le speranze dei nostri popoli e le sfide che si devono affrontare ogni giorno, convinti che “la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
È per questo che vi rivolgiamo questo messaggio, amatissimi fratelli e sorelle, e vogliamo che sia un appello alla fermezza della fede, fondata sulla Parola di Dio, alla collaborazione nell’unità e alla comunione nella testimonianza dell’amore in tutti gli ambiti della vita.
i.
La Chiesa nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza attraverso la storia Cammino della fede in Oriente 2.
In Oriente è nata la prima comunità cristiana.
Dall’Oriente partirono gli Apostoli dopo la Pentecoste per evangelizzare il mondo intero.
Là è vissuta la prima comunità cristiana in mezzo a tensioni e persecuzioni, “perseverante nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2, 42).
Là i primi martiri hanno irrorato con il loro sangue le fondamenta della Chiesa nascente.
Alla loro sequela gli anacoreti hanno riempito i deserti col profumo della loro santità e della loro fede.
Là vissero i Padri della Chiesa orientale che continuano a nutrire con i loro insegnamenti la Chiesa d’Oriente e d’Occidente.
Dalle nostre Chiese partirono, nei primi secoli e nei secoli seguenti, i missionari verso l’estremo Oriente e verso l’Occidente portando la luce di Cristo.
Noi ne siamo gli eredi e dobbiamo continuare a trasmettere il loro messaggio alle generazioni future.
Le nostre Chiese non hanno smesso di donare santi, preti, consacrati e di servire in maniera efficace in numerose istituzioni che contribuiscono alla costruzione delle nostre società e dei nostri paesi, sacrificandosi per l’uomo creato all’immagine di Dio e portatore della sua immagine.
Alcune delle nostre Chiese non cessano ancora oggi di mandare missionari, portatori della Parola di Cristo nei differenti angoli del mondo.
Il lavoro pastorale, apostolico e missionario ci domanda oggi di pensare una pastorale per promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose e assicurare la Chiesa di domani.
Ci troviamo oggi davanti a una svolta storica:  Dio che ci ha donato la fede nel nostro Oriente da 2000 anni, ci chiama a perseverare con coraggio, assiduità e forza, a portare il messaggio di Cristo e la testimonianza al suo Vangelo che è un Vangelo di amore e di pace.
Sfide e attese 3.1.
Oggi siamo di fronte a numerose sfide.
La prima viene da noi stessi e dalle nostre Chiese.
Ciò che Cristo ci domanda è di accettare la nostra fede e di viverla in ogni ambito della vita.
Ciò che egli domanda alle nostre Chiese è di rafforzare la comunione all’interno di ciascuna Chiesa sui iuris e tra le Chiese cattoliche di diversa tradizione, inoltre di fare tutto il possibile nella preghiera e nella carità per raggiungere l’unità di tutti i cristiani e realizzare così la preghiera di Cristo:  “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21).
3.2.
La seconda sfida viene dall’esterno, dalle condizioni politiche e dalla sicurezza nei nostri paesi e dal pluralismo religioso.
Abbiamo analizzato quanto concerne la situazione sociale e la sicurezza nei nostri paesi del Medio Oriente.
Abbiamo avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione israeliana:  la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e le barriere militari, i prigionieri politici, la demolizione delle case, la perturbazione della vita economica e sociale e le migliaia di rifugiati.
Abbiamo riflettuto sulla sofferenza e l’insicurezza nelle quali vivono gli Israeliani.
Abbiamo meditato sulla situazione di Gerusalemme, la Città Santa.
Siamo preoccupati delle iniziative unilaterali che rischiano di mutare la sua demografia e il suo statuto.
Di fronte a tutto questo, vediamo che una pace giusta e definitiva è l’unico mezzo di salvezza per tutti, per il bene della regione e dei suoi popoli.
3.3.
Nelle nostre riunioni e nelle nostre preghiere abbiamo riflettuto sulle sofferenze cruente del popolo iracheno.
Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati in Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e della loro patria.
I padri sinodali hanno espresso la loro solidarietà con il popolo e le Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza.
3.4.
Abbiamo riflettuto sulle relazioni tra concittadini, cristiani e musulmani.
Vorremmo qui affermare, nella nostra visione cristiana delle cose, un principio primordiale che dovrebbe governare queste relazioni:  Dio vuole che noi siamo cristiani nel e per le nostre società del Medio Oriente.
Il fatto di vivere insieme cristiani e musulmani è il piano di Dio su di noi ed è la nostra missione e la nostra vocazione.
In questo ambito ci comporteremo con la guida del comandamento dell’amore e con la forza dello Spirito in noi.
Il secondo principio che governa queste relazioni è il fatto che noi siamo parte integrale delle nostre società.
La nostra missione basata sulla nostra fede e il nostro dovere verso le nostre patrie ci obbligano a contribuire alla costruzione dei nostri paesi insieme con tutti i cittadini musulmani, ebrei e cristiani.
ii.
Comunione e testimonianza all’interno delle Chiese cattoliche del Medio Oriente Ai fedeli delle nostre Chiese 4.1.
Gesù ci dice:  “Voi siete il sale della terra, la luce del mondo” (Mt 5, 13.14).
La vostra missione, amatissimi fedeli, è di essere per mezzo della fede, della speranza e dell’amore nelle vostre società, come il “sale” che dona sapore e senso alla vita, come la “luce” che illumina le tenebre e come il “lievito” che trasforma i cuori e le intelligenze.
I primi cristiani a Gerusalemme erano poco numerosi.
Nonostante ciò, essi hanno potuto portare il Vangelo fino alle estremità della terra, con la grazia del “Signore che agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano ” (Mc 16, 20).
4.2.
Vi salutiamo, cristiani del Medio Oriente, e vi ringraziamo per tutto ciò che voi avete realizzato nelle vostre famiglie e nelle vostre società, nelle vostre Chiese e nelle vostre nazioni.
Salutiamo la vostra perseveranza nelle difficoltà, pene e angosce.
4.3.
Cari sacerdoti, nostri collaboratori nella missione catechetica, liturgica e pastorale, vi rinnoviamo la nostra amicizia e la nostra fiducia.
Continuate a trasmettere ai vostri fedeli con zelo e perseveranza il Vangelo della vita e la Tradizione della Chiesa attraverso la predicazione, la catechesi, la direzione spirituale e il buon esempio.
Consolidate la fede del popolo di Dio perché essa si trasformi in una civiltà dell’amore.
Dategli i sacramenti della Chiesa perché aspiri al rinnovamento della vita.
Radunatelo nell’unità e nella carità con il dono dello Spirito Santo.
Cari religiosi, religiose e consacrati nel mondo, vi esprimiamo la nostra gratitudine e ringraziamo Dio insieme con voi per il dono dei consigli evangelici – della castità consacrata, della povertà e dell’obbedienza – con i quali avete fatto dono di voi stessi, al seguito del Cristo cui desiderate testimoniare il vostro amore e predilezione.
Grazie alle vostre iniziative apostoliche diversificate, siete il vero tesoro e la ricchezza delle nostre Chiese e un’oasi spirituale nelle nostre parrocchie, diocesi e missioni.
Ci uniamo in spirito agli eremiti, ai monaci e alle monache che hanno consacrato la loro vita alla preghiera nei monasteri contemplativi, santificando le ore del giorno e della notte, portando nella loro preghiera le preoccupazioni e i bisogni della Chiesa.
Con la testimonianza della vostra vita voi offrite al mondo un segno di speranza.
4.4.
Fedeli laici, noi vi esprimiamo la nostra stima e la nostra amicizia.
Apprezziamo quanto fate per le vostre famiglie e le vostre società, le vostre Chiese e le vostre patrie.
State saldi in mezzo alle prove e alle difficoltà.
Siamo pieni di gratitudine verso il Signore per i carismi e i talenti di cui vi ha colmato e con i quali voi partecipate per la forza del Battesimo e della Cresima al lavoro apostolico e alla missione della Chiesa, impregnando l’ambito delle cose temporali con lo spirito e i valori del Vangelo.
Vi invitiamo alla testimonianza di una vita cristiana autentica, a una pratica religiosa cosciente e ai buoni costumi.
Abbiate il coraggio di dire la verità con obbiettività.
Portiamo nelle nostre preghiere voi, sofferenti nel corpo, nell’anima e nello spirito, voi oppressi, espatriati, perseguitati, prigionieri e detenuti.
Unite le vostre sofferenze a quelle di Cristo Redentore e cercate nella sua croce la pazienza e la forza.
Con il merito delle vostre sofferenze, voi ottenete per il mondo l’amore misericordioso di Dio.
Salutiamo ciascuna delle nostre famiglie cristiane e guardiamo con stima la vocazione e la missione della famiglia, in quanto cellula viva della società, scuola naturale delle virtù e dei valori etici e umani, e chiesa domestica che educa alla preghiera e alla fede di generazione in generazione.
Ringraziamo i genitori e i nonni per l’educazione dei loro figli e dei loro nipoti, sull’esempio del fanciullo Gesù che “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52).
Ci impegniamo a proteggere la famiglia con una pastorale familiare grazie ai corsi di preparazione al matrimonio e ai centri d’accoglienza e di consultazione aperti a tutti e soprattutto alle coppie in difficoltà e con le nostre rivendicazioni dei diritti fondamentali della famiglia.
Ci rivolgiamo ora in modo speciale alle donne.
Esprimiamo la nostra stima per quanto voi siete nei diversi stati di vita:  come ragazze, educatrici, madri, consacrate e operatrici nella vita pubblica.
Vi elogiamo perché proteggete la vita umana fin dall’inizio, offrendole cura e affetto.
Dio vi ha donato una sensibilità particolare per tutto ciò che riguarda l’educazione, il lavoro umanitario e la vita apostolica.
Rendiamo grazie a Dio per le vostre attività e auspichiamo che voi esercitiate una più grande  responsabilità  nella  vita  pubblica.
Guardiamo a voi con amicizia, ragazzi e ragazze, come ha fatto Cristo con il giovane del Vangelo (cfr.
Mc 10, 21).
Voi siete l’avvenire delle nostre Chiese, delle nostre comunità, dei nostri paesi, il loro potenziale e la loro forza rinnovatrice.
Progettate la vostra vita sotto lo sguardo amorevole di Cristo.
Siate cittadini responsabili e credenti sinceri.
La Chiesa si unisce a voi nelle vostre preoccupazioni di trovare un lavoro in funzione delle vostre competenze; ciò contribuirà a stimolare la vostra creatività e ad assicurare l’avvenire e la formazione di una famiglia credente.
Superate la tentazione del materialismo e del consumismo.
Siate saldi nei vostri valori cristiani.
Salutiamo i capi delle istituzioni educative cattoliche.
Nell’insegnamento e nell’educazione ricercate l’eccellenza e lo spirito cristiano.
Abbiate come scopo il consolidamento della cultura della convivialità, la preoccupazione dei poveri e dei portatori di handicap.
Malgrado le sfide e le difficoltà di cui soffrono le vostre istituzioni, vi invitiamo a mantenerle vive per assicurare la missione educatrice della Chiesa e promuovere lo sviluppo e il bene delle nostre società.
Ci rivolgiamo con grande stima a quanti lavorano nel settore sociale.
Nelle vostre istituzioni siate al servizio della carità.
Noi vi incoraggiamo e sosteniamo in questa missione di sviluppo, che è guidata dal ricco insegnamento sociale della Chiesa.
Attraverso il vostro lavoro, voi rafforzate i legami di fraternità tra gli uomini, servendo senza discriminazione i poveri, i marginalizzati, i malati, i rifugiati e i prigionieri.
Voi siete guidati dalla parola del Signore Gesù:  “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).
Guardiamo con speranza i gruppi di preghiera e i movimenti apostolici.
Sono scuole di approfondimento della fede per viverla nella famiglia e nella società.
Apprezziamo le loro attività nelle parrocchie e nelle diocesi e il loro sostegno ai pastori in conformità con le direttive della Chiesa.
Ringraziamo Dio per questi gruppi e questi movimenti, cellule attive della parrocchia e vivai per le vocazioni sacerdotali e religiose.
Apprezziamo il ruolo dei mezzi di comunicazione scritta e audio-visiva.
Ringraziamo voi, giornalisti, per la vostra collaborazione con la Chiesa per la diffusione dei suoi insegnamenti e delle sue attività, e in questi giorni per aver diffuso le notizie dell’Assemblea del Sinodo sul Medio Oriente in tutte le parti del mondo.
Ci felicitiamo del contributo dei media internazionali e cattolici.
Per il Medio Oriente merita una menzione particolare il canale Télé Lumière-Noursat.
Speriamo che possa continuare il suo servizio di informazione e di formazione alla fede, il suo lavoro per l’unità dei cristiani, il consolidamento della presenza cristiana in Oriente, il rafforzamento del dialogo inter-religioso e la comunione tra gli orientali sparsi in tutti i continenti.
Ai nostri fedeli nella diaspora 5.
L’emigrazione è divenuta un fenomeno generale.
Il cristiano, il musulmano e l’ebreo emigrano e per le stesse cause derivate dall’instabilità politica ed economica.
Il cristiano, inoltre, comincia a sentire l’insicurezza, benché a diversi gradi, nei paesi del Medio Oriente.
I cristiani abbiano fiducia nell’avvenire e continuino a vivere nei loro cari paesi.
Vi salutiamo amatissimi fedeli nei vostri differenti paesi della diaspora.
Chiediamo a Dio di benedirvi.
Noi vi domandiamo di conservare vivo nei vostri cuori e nelle vostre preoccupazioni il ricordo delle vostre patrie e delle vostre Chiese.
Voi potete contribuire alla loro evoluzione e alla loro crescita con le vostre preghiere, i vostri pensieri, le vostre visite e con diversi mezzi, anche se ne siete lontani.
Conservate i beni e le terre che avete in patria; non affrettatevi ad abbandonarli e a venderli.
Custodite tali proprietà come un patrimonio per voi e una porzione di quella patria alla quale rimanete attaccati e che voi amate e sostenete.
La terra fa parte dell’identità della persona e della sua missione; essa è uno spazio vitale per quelli che vi restano e per quelli che, un giorno, vi ritorneranno.
La terra è un bene pubblico, un bene della comunità, un patrimonio comune.
Non può essere ridotta a interessi individuali da parte di chi la possiede e che da solo decide a proprio piacimento di tenerla o di abbandonarla.
Vi accompagniamo con le nostre preghiere, voi figli delle nostre Chiese e dei nostri Paesi, forzati a emigrare.
Portate con voi la vostra fede, la vostra cultura e il vostro patrimonio per arricchire le vostre nuove patrie che vi procurano pace, libertà e lavoro.
Guardate all’avvenire con fiducia e gioia, restate sempre attaccati ai vostri valori spirituali, alle vostre tradizioni culturali e al vostro patrimonio nazionale per offrire ai paesi che vi hanno accolto il meglio di voi stessi e il meglio di ciò che avete.
Ringraziamo le Chiese dei paesi della diaspora che hanno accolto i nostri fedeli e che non cessano di collaborare con noi per assicurare loro il servizio pastorale necessario.
Ai migranti nei nostri paesi e nelle nostre Chiese 6.
Salutiamo tutti gli immigrati delle diverse nazionalità, venuti nei nostri paesi per ragioni di lavoro.  Noi vi accogliamo, amatissimi fedeli, e vediamo nella vostra fede un arricchimento e un sostegno per la fede dei nostri fedeli.
È con gioia che vi forniremo ogni aiuto spirituale di cui voi avete bisogno.
Noi domandiamo alle nostre Chiese di prestare un’attenzione speciale a questi fratelli e sorelle e alle loro difficoltà, qualunque sia la loro religione, soprattutto quando sono esposti ad attentati ai loro diritti e alla loro dignità.
Essi vengono da noi non soltanto per trovare mezzi per vivere, ma per procurare dei servizi di cui i nostri paesi hanno bisogno.
Essi ricevono da Dio la loro dignità e, come ogni persona umana, hanno dei diritti che è necessario rispettare.
Non è permesso a nessuno di attentare a tali dignità e diritti.
È per questo che invitiamo i governi dei paesi di accoglienza a rispettare e difendere i loro diritti.
iii.
Comunione e testimonianza con le Chiese ortodosse e le Comunità evangeliche nel Medio Oriente 7.
Salutiamo le Chiese ortodosse e le Comunità evangeliche nei nostri paesi.
Lavoriamo insieme per il bene dei cristiani, perché essi restino, crescano e prosperino.
Siamo sulla stessa strada.
Le nostre sfide sono le stesse e il nostro avvenire è lo stesso.
Vogliamo portare insieme la testimonianza di discepoli di Cristo.
Soltanto con la nostra unità possiamo compiere la missione che Dio ha affidato a tutti, malgrado la diversità delle nostre Chiese.
La preghiera di Cristo è il nostro sostegno, ed è il comandamento dell’amore che ci unisce, anche se la strada verso la piena comunione è ancora lunga davanti a noi.
Abbiamo camminato insieme nel Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e vogliamo continuare questo cammino con la grazia di Dio e promuovere la sua azione, avendo come scopo ultimo la testimonianza comune alla nostra fede, il servizio dei nostri fedeli e di tutti i nostri paesi.
Salutiamo e incoraggiamo tutte le istanze di dialogo ecumenico in ciascuno dei nostri paesi.
Esprimiamo la nostra gratitudine al Consiglio Mondiale delle Chiese e alle diverse organizzazioni ecumeniche, che lavorano per l’unità della Chiesa, per il loro sostegno.
iv.
Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini ebrei 8.
La stessa Scrittura santa ci unisce, l’Antico Testamento che è la Parola di Dio per voi e per noi.
Noi crediamo in tutto quanto Dio ha rivelato, da quando ha chiamato Abramo, nostro padre comune nella fede, padre degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani.
Crediamo nelle promesse e nell’alleanza che Dio ha affidato a lui.
Noi crediamo che la Parola di Dio è eterna.
Il Concilio Vaticano ii ha pubblicato il documento Nostra aetate, riguardante il dialogo con le religioni, con l’ebraismo, l’islam e le altre religioni.
Altri documenti hanno precisato e sviluppato in seguito le relazioni con l’ebraismo.
C’è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell’ebraismo.
Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi.
È tempo di impegnarci insieme per una pace sincera, giusta e definitiva.
Tutti noi siamo interpellati dalla Parola di Dio.
Essa ci invita ad ascoltare la voce di Dio “che parla di pace”:  “ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:  egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore” (Sal 85, 9).
Non è permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie.
Al contrario, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia e il suo amore per noi.
v.
Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini musulmani 9.
Siamo uniti dalla fede in un Dio unico e dal comandamento che dice:  fa’ il bene ed evita il male.
Le parole del Concilio Vaticano ii sul rapporto con le religioni pongono le basi delle relazioni tra la Chiesa Cattolica e i musulmani:  “La Chiesa guarda con stima i musulmani che adorano il Dio uno, vivente […] misericordioso e onnipotente, che ha parlato agli uomini” (Nostra aetate, 3).
Diciamo ai nostri concittadini musulmani:  siamo fratelli e Dio ci vuole insieme, uniti nella fede in Dio e nel duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo.
Insieme noi costruiremo le nostre società civili sulla cittadinanza, sulla libertà religiosa e sulla libertà di coscienza.
Insieme noi lavoreremo per promuovere la giustizia, la pace, i diritti dell’uomo, i valori della vita e della famiglia.
La nostra responsabilità è comune nella costruzione delle nostre patrie.
Noi vogliamo offrire all’Oriente e all’Occidente un modello di convivenza tra le differenti religioni e di collaborazione positiva tra diverse civiltà, per il bene delle nostre patrie e quello di tutta l’umanità.
Dalla comparsa dell’islam nel vii secolo fino ad oggi, abbiamo vissuto insieme e abbiamo collaborato alla creazione della nostra civiltà comune.
È capitato nel passato, come capita ancor’oggi, qualche squilibrio nei nostri rapporti.
Attraverso il dialogo noi dobbiamo eliminare ogni squilibrio o malinteso.
Il Papa Benedetto XVI ci dice che il nostro dialogo non può essere una realtà passeggera.
È piuttosto una necessità vitale da cui dipende il nostro avvenire (cfr.
Discorso ai rappresentanti delle comunità musulmane a Colonia, 20.08.2005).
È nostro dovere, dunque, educare i credenti al dialogo inter-religioso, all’accettazione del pluralismo, al rispetto e alla stima reciproca.
vi.
La nostra partecipazione alla vita pubblica:  appelli ai governi e ai responsabili pubblici dei nostri paesi  10.
Apprezziamo gli sforzi che dispiegate per il bene comune e il servizio delle nostre società.
Vi accompagniamo con le nostre preghiere e domandiamo a Dio di guidare i vostri passi.
Ci rivolgiamo a voi a riguardo dell’importanza dell’uguaglianza tra i cittadini.
I cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali.
È naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione.
Vi chiediamo di raddoppiare gli sforzi che dispiegate per stabilire una pace giusta e duratura in tutta la regione e per arrestare la corsa agli armamenti.
È questo che condurrà alla sicurezza e alla prosperità economica, arresterà l’emorragia dell’emigrazione che svuota i nostri paesi delle loro forze vive.
La pace è un dono prezioso che Dio ha affidato agli uomini e sono gli “operatori di pace [che] saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9).
vii.
Appello alla comunità internazionale 11.
I cittadini dei paesi del Medio Oriente interpellano la comunità internazionale, in particolare l’Onu, perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l’adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all’Occupazione dei differenti territori arabi.
Il popolo palestinese potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità.
Lo Stato d’Israele potrà godere della pace e della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute.
La Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni ebraica, cristiana e musulmana.
Noi speriamo che la soluzione dei due Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno.
L’Iraq potrà mettere fine alle conseguenze della guerra assassina e ristabilire la sicurezza che proteggerà tutti i suoi cittadini con tutte le loro componenti sociali, religiose e nazionali.
Il Libano potrà godere della sua sovranità su tutto il territorio, fortificare l’unità nazionale e continuare la vocazione a essere il modello della convivenza tra cristiani e musulmani, attraverso il dialogo delle culture e delle religioni e la promozione delle libertà pubbliche.
Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi estremismo religioso.
Condanniamo ogni forma di razzismo, l’antisemitismo, l’anticristianesimo e l’islamofobia e chiamiamo le religioni ad assumere le loro responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra regione e nel mondo intero.
Conclusione:  continuare a testimoniare la vita divina che ci è apparsa nella persona di Gesù 12.
In conclusione, fratelli e sorelle, noi vi diciamo con l’apostolo san Giovanni nella sua prima lettera:  “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi.
E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (1Gv 1, 1-3).
Questa Vita divina che è apparsa agli apostoli 2000 anni fa nella persona del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, della quale la Chiesa è vissuta e alla quale essa ha dato testimonianza in tutto il corso della sua storia, rimarrà sempre la vita delle nostre Chiese nel Medio Oriente e l’oggetto della nostra testimonianza.
Sostenuti dalla promessa del Signore:  “ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), proseguiamo insieme il nostro cammino nella speranza, e “la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
Confessiamo che non abbiamo fatto fino ad ora tutto ciò che era in nostra possibilità per vivere meglio la comunione tra le nostre comunità.
Non abbiamo operato a sufficienza per confermarvi nella fede e darvi il nutrimento spirituale di cui avete bisogno nelle vostre difficoltà.
Il Signore ci invita ad una conversione personale e collettiva.
Oggi torniamo a voi pieni di speranza, di forza e di risolutezza, portando con noi il messaggio del Sinodo e le sue raccomandazioni per studiarle insieme e metterci ad applicarle nelle nostre Chiese, ciascuno secondo il suo stato.
Speriamo anche che questo sforzo nuovo sia ecumenico.
Noi vi rivolgiamo questo umile e sincero appello perché insieme condividiamo un cammino di conversione per lasciarci rinnovare dalla grazia dello Spirito Santo e ritornare a Dio.
Alla Santissima Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina della pace, sotto la cui protezione abbiamo messo i lavori sinodali, affidiamo il nostro cammino verso nuovi orizzonti cristiani e umani, nella fede in Cristo e con la forza della sua parola:  “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5).
(©L’Osservatore Romano – 24 ottobre 2010)

46ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani

“Cattolici nell’Italia di oggi.
Un’agenda di speranza per il futuro del Paese” è il tema della 46ma Settima Sociale (Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010), che ha avuto una preparazione di due anni, con circa 100 incontri in tutte le città d’Italia, e che vede la presenza di 1200 partecipanti e la rappresentanza di 177 associazioni.
IL PROGRAMMA 46ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani “Cattolici nell’Italia di oggi.
Un’agenda di speranza per il futuro del Paese” che si terrà a Reggio Calabria (14-17 ottobre 2010).  Si aprirà nel pomeriggio di giovedì 14 ottobre presso il Teatro comunale “Francesco Cilea” di Reggio Calabria con il saluto di S.E.
Mons.
Vittorio Luigi Mondello, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Raffa, del Presidente della Provincia Giuseppe Morabito, del Presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti, di S.E.
Mons.
Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia.
Seguirà l’introduzione di S.E.
Mons.
Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea e Presidente del Comitato scientifico ed organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani.
“Logos e agape.
Intelligenza della fede e trasformazione della società” è il titolo della Prolusione che S.Em.za Card.
Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della CEI, pronuncerà davanti agli oltre 1200 delegati provenienti da tutte le 227 diocesi italiane.
“Il processo, l’agenda e l’attualità” è il titolo dell’intervento che Luca Diotallevi, Vice Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, terrà prima della conclusione dei lavori della prima giornata.
“Il tema della 46ª Settimana Sociale può sembrare atipico rispetto a quelli delle ultime Settimane Sociali, ma è scaturito quasi naturalmente dall’esperienza della 45ª Settimana, quella del centenario dedicata a Il Bene comune oggi.
Un impegno che viene da lontano – spiega il Vescovo Arrigo Miglio -.
Tale tema, infatti, ha suscitato interesse e si è rivelato più che mai attuale e urgente, ma ha bisogno di essere declinato in rapporto ad alcuni problemi concreti del Paese.
Di qui è nata l’idea di lavorare per proporre un’agenda di speranza, da compilare non a tavolino ma compiendo un’opera di riflessione che permetta di coinvolgere, da subito, molti di coloro che si stanno impegnando seriamente per il bene comune del Paese e per trovare le vie concrete per conseguirlo.
L’agenda – prosegue il Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali – presenta dei problemi e non ha la pretesa di trovare tutte le soluzioni, soprattutto quelle politiche.
Vorremmo invece, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, incoraggiare e offrire un contributo perché, come scrive Benedetto XVI nella Deus caritas est «le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili»”.