“Quella porta ci è necessaria”

Il libro? “Un commento alla vita pubblica, capace di porre sul tavolo dell’agenda pubblica i temi fondamentali”, anche quando “non sono argomento che faccia guadagnare voti”, dalla “crisi demografica” alla “persecuzione dei cristiani in tante parti del mondo”. Un libro scritto con uno “stile che corre”, dove “l’esperienza vissuta è la parte forte”.
Nel suo intervento – in occasione della presentazione del libro La porta stretta del Card. Angelo Bagnasco, avvenuta giovedì 24 gennaio a Roma (Auditorium, Via delle Conciliazione, 4) – il Prof. Weiler ha evidenziato come il valore del testo si riconduca, innanzitutto, al suo essere “una voce chiara sui problemi cruciali che attraversano il Paese”, affrontati con la lucidità dell’uomo di ragione, che si fa ascoltare con la forza dell’argomentazione. Nelle sue pagine – ha spiegato il docente americano – “si riconosce il cuore della Chiesa, vicina alla gente travagliata dalla crisi economica” e, insieme, attenta a interpretare quest’ultima come “una crisi più profonda”, che tocca l’umano. Ancora: da credente ebreo, Weiler ha valorizzato come il Cardinale, nel suo rivolgersi ai fedeli, richiami la categoria della santità, misura che va ben oltre il “fare bene” dell’etica, pur indispensabile.
“Passare per la porta stretta” significa “proporre una parola autorevole anche su questioni che attengono all’ordine sociale e politico, quando sono in gioco i valori fondanti della convivenza civile e la stessa fedeltà al Vangelo spinga a non rimanere muti”. Lo ha detto il card. Tarcisio Bertone, parafrasando il titolo del volume. La Chiesa – ha aggiunto – “non rinuncia a prendere posizione per quanti si impegnano concretamente in vista dei veri interessi della comunità e dell’essere umano, nell’integralità dei suoi diritti e dei suoi doveri, personali, familiari e sociali”.
“Tra il portone spalancato della distrazione e della latitanza, volto a raccogliere il plauso di chi si attende dai Pastori della Chiesa poco più di una rituale benedizione che anestetizzi le coscienze, e la porta dell’ingerenza miope – ha concluso il Segretario di Stato – c’è la porta stretta di una responsabile presenza nella società e nella cultura italiana, che intende solo servire la verità e promuovere la collaborazione in uno spirito di ordinata concordia, che, nella fedeltà al Vangelo, si offre a tutti quale stimolo e proposta alta, quale terreno fertile di confronto e di dialogo rispettoso, senza sconti facili e senza zone franche dal giudizio e dal discernimento”.
Il volume del card. Bagnasco, per il Card. Bertone, “ben documenta questa benefica presenza e questo approccio forte, pacato e determinato, in vista del bene comune”.
“Grazie per la critica costruttiva che attraversa le Sue analisi, che, anche quando denunciano lacune e ritardi, mai indulgono in giudizi o in previsioni catastrofiche – ha sottolineato Mons. Crociata nel suo saluto introduttivo –; grazie perché ci richiama costantemente alle responsabilità che abbiamo rispetto a questo tempo e a questa società, provocandoci a un sano recupero della nostra grande tradizione religiosa, in un contesto di dialogo con l’uomo contemporaneo; grazie, infine e soprattutto, perché non si stanca di ricordarci e di testimoniarci il primato di Dio e dell’incontro con Gesù Cristo, chiave della vita di fede come della missione della Chiesa”.
Il Segretario Generale della CEI si è rivolto al Card. Bagnasco evidenziando che “nella cultura dalle mille possibilità indifferenziate, la voce della Chiesa in Italia, che si esprime attraverso la Sua voce e la Sua persona, ricongiunge al respiro di quella Verità che rende liberi”.
Nel suo ringraziamento, il card. Bagnasco ha spiegato perché la “porta stretta” della fede “ci è necessaria”. “Essa – ha detto – è sempre aperta e attende di essere attraversata da noi e da quanti con noi scoprono che solo in Gesù Cristo vi è la certezza per guardare il futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo”, come scrive il Papa in “Porta fidei”.
“Dobbiamo tornare ad avere uno sguardo ampio sulla realtà – ha concluso – che si lasci ispirare dalla ragione certamente, ma da una ragione ‘allargata’, cioè anche da altre istanze che contribuiscono allo sviluppo integrale della persona umana. È quanto la Chiesa intende fare con la sua presenza che non è motivata da secondi fini”.
  

Giovani e new media: allarme pensiero?

Giovani distratti. Giovani ve­loci, troppo, a scapito della profondità di ciò che fanno e pensano. Giovani che sanno po­co di tutto, ma nulla del tutto. Gio­vani mordi e fuggi, insomma, poco propensi a passare le ore, i giorni, gli anni su una specifica compe­tenza, abitanti del pianeta fast (e non solo per il food )…
A lamentar­sene sono genitori, docenti, capi del personale, sociologi. Mentre sull’altro versante loro – i giovani – si destreggiano con abilità di fu­namboli tra iPad, iPod, iPhone e quant’altro, suscitando ammira­zione/invidia da chi ancora va pia­no e va lontano. Due mondi a con­fronto, cui l’Università Cattolica sabato 19 gennaio dedicherà una giornata di studio dal titolo esplicito: «Allarme pensiero» (sottotitolo: «Gli studenti sanno sempre meno ragionare in modo strutturato, argomentato e critico?»).
«Dopo un passato da pubblicitario nelle multinazionali, sono approdato all’insegnamento universitario in varie facoltà di co­municazione – spiega Alberto Contri, ispiratore del convegno – e in questi anni ho visto una cre­scente presenza di ventenni che hanno difficoltà a parlare un italia­no strutturato e corretto, e ad ela­borare un pensiero critico pro­prio». Contri, oggi docente di Co­municazione Sociale allo Iulm e presidente di Pubblicità Progresso, è tutt’altro che lontano dal mondo dinamico e rapido dei media mo­derni, ma dal suo osservatorio il giudizio è netto: «Questo problema è trasversale presso i docenti di tutte le università e ovunque si ve­rifica con una evidenza statistica assoluta».
Per colpa di chi? Quale agente ‘mutante’ ha cambiato la generazione dei ventenni rispetto a quelle precedenti? Contri non ha dubbi: «Tutto questo è figlio di una opportunità che sta diventando un problema». L’opportunità è il «vul­canico irrompere di nuovi mezzi di comunicazione», il suo lato negati­vo è «quello che si chiama infor­mation overload , un sovraccarico di informazioni». A causa del quale i giovani, come centraline impazzite, diventano multi-tasking(multifunzioni), proprio come un computer può fare ma, a sentire i neurologi, non un uomo (non la sua corteccia cerebrale), pena la frammentazione del pensiero. Ben inteso, la colpa non è di Internet, ma dell’abuso che se ne fa, perché il pensiero si nutre concentrando­si, non disperdendosi, «altrimenti si diventa pancake people , come dicono gli americani, ‘uomo frit­tella’. Non a caso il Dsm, il manua­le per i disturbi mentali utilizzato dagli psichiatri di tutto il mondo, dal 2013 codificherà una sindrome da Internet-dipendenza».
Se poi anche il sistema scolastico si ade­gua alla superficialità che caratte­rizza i nostri tempi, l’«allarme pen­siero» diventa emergenza. Cinque, tira le fila Contri, gli errori educati­vi: «In prima elementare sono stati aboliti i riassunti, ovvero l’esercizio che sviluppa la memoria emotiva; poi sono stati ridotti ai minimi ter­mini il latino e il greco, che non so­no lingue morte ma ginnastica lo­gica; i bambini restano soli davanti alla tivù, non potenziando il senso critico; gli adolescenti ricevono o­verdose di videogiochi, sviluppan­do dipendenza; e nei licei le inter­rogazioni non sono più dialoghi ma test che disabituano a usare il cervello». L’allarme, a dire il vero, era già scattato vent’anni fa, quan­do le nuove tecnologie facevano capolino e uno dei più entusiasti, Marshall McLuhan, avvertiva: «Po­tenziano alcune facoltà, ne addor­mentano altre».
Come non disper­dere il patrimonio del passato sen­za rinunciare al nuovo? Con piccoli accorgimenti – propone Contri – dal ritorno al riassunto, ai video­giochi di ruolo (che stimolano il pensiero strategico) in luogo di quelli ‘sparatutto’, al divieto di u­sare il computer in classe se non per «una ricerca sorvegliata, in modo che non si possano far aiu­tare dasoftware che ormai fanno tutto al posto nostro». Ne sanno qualcosa gli studenti universitari di Contri, cui il docente chiede di spegnere cellulari e computer e fa­re a mano una divisione… «Non ne sono più capaci!». Più che di al­larme pensiero, Emanuela Con­falonieri parla dell’«allarme iden­tità» che ne consegue. «Credo che la frammentarietà del pensiero nei giovani dipenda da una ten­denza che hanno oggi a pensar­si nel presente, a sporgersi poco sul futuro», spiega la docente di Psicologia dello Sviluppo, che diri­ge anche l’Unità di ricerca in Psico­logia scolastica alla Cattolica di Mi­lano. Ragazzi abilissimi nel ‘navi­gare’, dunque, ma rallentati poi da «un interesse del qui ed ora, che non porta pensiero critico». Eppu­re la dimensione temporale tipica dell’adolescenza dovrebbe essere il futuro, ma perché ciò avvenga «oc­corre una modalità di pensiero più sviluppato, mentre spesso resta in­voluto, e questo dipende da tanti fattori, dalle nuove tecnologie a u­na cultura che non offre più chiari punti di riferimento». I valori, dice la docente, sono oggi più fluidi e indifferenziati e in questo magma i giovani si confondono, faticano a capire do­ve gettare l’ancora e lì strutturarsi.
«Tutto vero, ma non dimentichia­mo che in ogni epoca le generazio­ni più anziane si sono contrappo­ste alle nuove forme di pensiero – obietta d’altra parte Alessandro Antonietti, responsabile del servi­zio di Psicologia dell’apprendi­mento e dell’educazione alla Cat­tolica – e che le strategie conserva­trici risultano sempre perdenti, perché la storia va per cambia­menti culturali. Lo cantava Lucio Battisti: ‘Come può uno scoglio ar­ginare il mare?’. Se è vero che un approccio superficiale mette a ri­schio secoli di cultura acquisita, è giusto però anche individuare le potenzialità presenti in una nuova forma di pensiero che procede a salti e non più per passaggi logici consequenziali». È indubbio che le nuove tecnologie sono andate a modellare il pensiero dei giovani, ma «in passato è già successo pas­sando alla scrittura dall’oralità o alla televisione dalla radio».
Un pensiero meno struttura­to pare essere addirittura più adatto per le attività le­gate alla creatività, ma anche la ve­locità e la possibilità di tenere si­multaneamente presenti più ‘pez­zi di informazione’ hanno i loro ri­svolti positivi, come dimostra un recente esperimento: «Un gruppo di studenti osservava un dipinto di Antonello da Messina da una ri­produzione normale, un altro gruppo con il mouse ci girava den­tro virtualmente in versione tridi­mensionale. I primi hanno saputo riflettere sul quadro con profon­dità interpretativa e contemplati­va, i secondi con più fantasia inte­rattiva. Nessuno dei due è meglio o peggio, dipende dagli obiettivi».
Né mitizzare né demonizzare le nuove tecnologie, insomma, ma vegliare affinché da opportunità non diventino limite, e per questo occorre intelligenza anche negli e­ducatori. «Ad esempio è chiaro che oggi per fare una ricerca sul Brasile l’alunno fa ‘copia incolla’ da In­ternet e non elabora nulla – sugge­risce l’esperto –. Ma se gliela dia­mo su ‘Il Brasile visto dai brasiliani e dai turisti’ sarà costretto a fare ri­cerca e a mettere a confronto le fonti». Volente o nolente, a eserci­tare un pensiero critico. 
 
(di Lucia Bellaspiga)
 

 

La vigilanza come cura dell’anima

Proponiamo una riflessione di Vito Mancuso sulla cura che dobbiamo all’anima, la nostra dimensione più preziosa.
 
LA VIGILANZA
I frutti non maturano da soli. Chiunque ha un frutteto, un orto, un giardino, sa quanto lavoro è necessario, quanto i parassiti, le erbacce, le intemperie siano in agguato. Lo stesso è per l’anima umana.
Senza un’attenta coltivazione non vi cresce nulla. È alla coltivazione dell’anima che ci esorta il maestro col dire «vigilate».
Simone Weil dice la stessa cosa col termine di attenzione, Wittgenstein parla di concentrazione. La vigilanza è il contrario dell’immaginazione, la grande dissipatrice dell’energia.
La vigilanza è qualcosa che va osservata quotidianamente, su di essa occorre fare l’esame di coscienza e alla fine della giornata darsi un voto, come faceva da ragazzo Pavel Florenskij e come raccomandava a suo figlio Michail.
Ma che cosa significa vigilare? Ecco la risposta di Dietrich Bonhoeffer: «Se tu parti alla ricerca della verità, impara soprattutto la disciplina dei sensi e dell’anima, affinché i desideri e le tue membra non ti portino ora qui ora là.
Casti siano il tuo spirito e il tuo corpo, a te pienamente sottomessi ed ubbidienti, nel cercare la meta loro assegnata.
Nessuno apprende il segreto della libertà, se non attraverso la disciplina».
Vigilare è saper guardare il vuoto di cui siamo costituiti, saperlo ascoltare, saper sostare ai suoi margini, senza subire il richiamo dell’immaginazione che lo vuole riempire, dell’immaginazione che è la voce dell’Io.
In questo senso tutto il mondo umano è un prodotto dell’Io, della sua immaginazione, e veramente va negato. Ma lo si può fare solo dopo un lungo lavoro, dopo giorni e giorni, dopo anni e anni, di vigilanza.
Una delle più importanti forme di vigilanza è ricercare per l’anima il nutrimento buono. In mezzo a tante dannose tossine, il nutrimento buono esiste e occorre riconoscerlo.
Vi sono giornali buoni, libri buoni, musica buona, cinema buono. Il nutrimento migliore è dato dalla contemplazione. Ci si riveste di luce. Ci si pone in contatto con la sorgente più pura dell’energia, Dio, che dispensa l’energia come luce assoluta del bene e dell’amore. Nutriti da questa energia, si diventa in grado di immettere gratuitamente energia positiva nel sistema-mondo attraverso il proprio lavoro.
I contemplativi fanno questo nel modo più alto, sono il tramite più puro tra l’energia divina e il sistema-mondo. Sono i migliori conduttori, come i metalli più nobili per l’elettricità.
(Vito Mancuso)

La settima parola: “non commettere adulterio”

Nel cammino di fraterno dialogo e stima tra la Chiesa in Italia e il Popolo ebraico, l’incontro tra il Papa e la Comunità ebraica di Roma nel Tempio Maggiore, il 17 gennaio 2010, ha suggellato positivamente le tappe fin qui percorse, indicando nuovi obiettivi, mostrando di voler andare oltre turbolenze e incertezze che hanno talora suscitato dubbi sull’effettiva consistenza del dialogo cristiano-ebraico odierno.
Nella sua visita alla Sinagoga di Roma Benedetto XVI, ha voluto sottolineare in maniera ancora più chiara quanto aveva già affermato nella sinagoga di Colonia sulla comune responsabilità che gli ebrei e i cristiani hanno di fronte alle “Dieci parole”: «In particolare il Decalogo – le “Dieci Parole” o Dieci Comandamenti (cfr Es 20,1-17; Dt 5,1-21) – che proviene dalla Torah di Mosè, costituisce la fiaccola dell’etica, della speranza e del dialogo, stella polare della fede e della morale del popolo di Dio, e illumina e guida anche il cammino dei Cristiani. Esso costituisce un faro e una norma di vita nella giustizia e nell’amore, un “grande codice” etico per tutta l’umanità. Le “Dieci Parole” gettano luce sul bene e il male, sul vero e il falso, sul giusto e l’ingiusto, anche secondo i criteri della coscienza retta di ogni persona umana. Gesù stesso lo ha ripetuto più volte, sottolineando che è necessario un impegno operoso sulla via dei Comandamenti: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti” (Mt 19,17)».
In questa prospettiva, sono vari i campi di collaborazione e di testimonianza che si aprono davanti a ebrei e cristiani, uniti da comuni aspirazioni.
Vorremmo ricordarne tre particolarmente importanti per il nostro tempo.
 

Lettera del Consiglio Episcopale Permanente su alcuni problemi dell’Università e della cultura in Italia

Preceduti da una inchiesta nazionale nel 1986 e promossi dalla Commissione Episcopale per l´educazione cattolica, la cultura e la scuola, si sono svolti, in questi anni, alcuni incontri sia con i sacerdoti incaricati od esperti di pastorale universitaria (17.2.87), sia con i sacerdoti docenti universitari (12.2.88), sia infine con numerosi docenti universitari di ispirazione cattolica (21.5.88 e 27.5.89).

Da tutti questi incontri è emersa unanime l´esigenza di una più specifica attenzione da parte della Chiesa italiana ai problemi dell´Università e della cultura nel nostro Paese e di un migliore coordinamento della presenza e dell´azione pastorale in questi settori.
Il Consiglio Episcopale Permanente, aderendo anche all´invito del Santo Padre Giovanni Paolo II, ha preso in approfondito esame le linee di un servizio più coordinato di presenza pastorale nell´Università e nella cultura, approvando nella sessione primaverile del 26-29.3.1990 la pubblicazione della seguente Lettera e delle indicazioni pratiche in essa contenute.

CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE


Processi di mondializzazione opportunità per i cattolici

Globalizzare l’umano», cioè «far emergere la creaturalità di tutti e di ciascuno, che costituisce il fondamento di ciò che davvero può essere detto universale».

È la visione di mondializzazione proposta dalla dottrina sociale della Chiesa, per scongiurare una “ideologia” della globalizzazione, ovvero un «uso ideologico dei processi di globalizzazione».A ricordarla è il card. Angelo Bagnasco, Presidente della Cei, che ha aperto venerdì 30 novembre a Roma l’XI Forum del progetto culturale, sul tema “Processi di mondializzazione opportunità per i cattolici”.

Una «lettura unilaterale dei processi di globalizzazione» – ha affermato il Cardinale – «può essere pericolosa perché potrebbe giustificare una forma d’imposizione, a volte anche violenta, del globale sul locale», dando luogo a «un vero fraintendimento di ciò che l’umanità, grazie soprattutto all’elaborazione del pensiero cristiano, ha stabilito realmente universale: la dignità della persona, la salvaguardia della sua libertà, il rispetto della vita in ogni suo momento».«L’utile di una parte dell’umanità non può essere considerato il criterio per stabilire ciò che è bene di tutti», ha ammonito il Cardinale Presidente, secondo il quale «la globalizzazione dev’essere regolamentata secondo giustizia, evitando che si configuri come l’espressione d’interessi particolari imposti universalmente».

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Forum Progetto Culturale

Convegno internazionale: la tutela dei minori. Buone pratiche relazionali”

Raccontare le “buone idee” e le “esperienze che funzionano”, per dare stimolo e strumenti a “quegli operatori che raccolgono la scommessa di voler continuare a lavorare sul campo, e a lavorare bene”.

Questo l’intento del 4° Convegno internazionale sulla qualità del welfare, “La tutela dei minori. Buone pratiche relazionali”, organizzato dal Centro studi Erickson e che si terrà a Riva del Garda (Trento) dall’8 al 10 novembre.

L’appuntamento si rivolge ad assistenti sociali, educatori, magistrati, psicologi, neuropsichiatri infantili, insomma a tutti gli operatori che hanno a che fare con situazioni di gravi difficoltà nelle quali sono coinvolti i minori e le loro famiglie.

Incontro e confronto. “Vogliamo offrire una possibilità d’incontro e di confronto agli operatori del settore – spiega al Sir Maria Luisa Raineri, coordinatore scientifico del Convegno, assistente sociale e docente – raccogliendo buone prassi e proponendo riflessioni”.

La chiave di lettura degli aspetti positivi è già stata sperimentata in un analogo convegno tenuto nel 2010: lì, riporta la presentazione dell’iniziativa, “abbiamo iniziato a esplorare l’idea che i percorsi di tutela minorile, per risultare davvero efficaci, vadano costruiti partendo dal punto di vista e dai punti di forza dei minori e delle famiglie interessate”.

Il convincimento è che “le famiglie, anche e soprattutto quelle in difficoltà”, vadano “ascoltate per poter costruire progetti di aiuto che siano davvero praticabili per loro, dal loro punto di vista”. “Lavorare insieme” per “valorizzare il positivo” che si trova anche nelle famiglie in difficoltà è un imperativo per Raineri, che riprende i dati sugli affidi del Centro nazionale per l’infanzia e l’adolescenza: nel 2009 sono stati 32.400 i minori dati in affidamento familiare o accolti nei servizi residenziali; tra le motivazioni, ai primi posti figura una difficoltà educativa da parte della famiglia d’origine, gravi problemi di un genitore o la conflittualità tra i due genitori, che pure recenti casi di cronaca hanno portato alla ribalta.

Esempi di buone pratiche. In effetti, sono molte le buone pratiche che si sperimentano, in Italia o altrove, in questo settore.

Al Convegno del 2010, ad esempio, furono presentati contributi significativi sulle “family group conference”, “incontri – precisa la coordinatrice – organizzati con tutte le figure di riferimento di un bambino o ragazzo che ha un provvedimento di tutela”, al fine di ottimizzare le risorse di cui il minore può disporre, da qualsiasi parte provengano.

Una modalità, racconta Raineri, “diffusa in tutto il mondo, e di cui sono partite sperimentazioni in Italia proprio dopo la presentazione”. Altro esempio, l’operatore-portavoce, ovvero “una figura che ascolta il bambino, o il ragazzo, affinché questi possa dare il suo parere sui problemi che lo riguardano”: pure questa è una pratica che “appartiene – sottolinea – alla tradizione del servizio sociale internazionale, ma della quale non vi è traccia nel nostro Paese”. Terzo, “i gruppi di auto-mutuo aiuto per i genitori i cui figli sono destinatari di un provvedimento di tutela, o che sono stati adottati da altri”, alla stregua dei gruppi di famiglie affidatarie e adottive.

Spesso, infatti, “non si pensa a quale stigmatizzazione ci sia nel dire che il proprio figlio è in affidamento: i servizi sociali non devono solo tutelare il minore, ma pure aiutare i suoi genitori a ‘rimettersi in sesto’ per poi riaccogliere il figlio”.

Un “sostegno sostenibile”. Le buone pratiche, quindi, non mancano, e sono tanto più necessarie quanto più scarseggiano le risorse economiche. “Veniamo da una tradizione – osserva Raineri – d’interventi costosi e pesanti. Ma, se non si trovano modalità alternative, il rischio è che i fondi ci siano solo per i casi più gravi, lasciando perdere tante altre situazioni che però, così facendo, rischiano di deteriorarsi sempre più”.

La coordinatrice del Convegno parla di “sostegno sostenibile” per definire tutte quelle forme di supporto che tendono a valorizzare le risorse presenti – pure quelle, seppure scarse, delle famiglie d’origine – e che alla lunga producono “interventi più efficaci e tendenzialmente meno costosi”. “È perdente pensare di allontanare il minore e poi, in un secondo tempo, aiutare la famiglia”; viceversa, “è sempre più importante che l’operatore abbia lo sguardo rivolto a tutta la famiglia e l’accompagni passo dopo passo, se possibile assieme al loro figlio”.

INFORMAZIONI SUL CONVEGNO:

http://www.fabiofolgheraiter.it/convegni

XI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo (Acs 2012)

Non cessano le violenze e le persecuzioni a sfondo religioso nel mondo. Cina, Nigeria, Pakistan, Egitto, Kenya, India sono solo alcuni dei Paesi che destano maggiore preoccupazione. Se dunque nel 2011 sul fronte dell’applicazione della libertà religiosa “non vi sono stati miglioramenti”, si riscontra però una tendenza positiva inedita in termini di “consapevolezza relativa al tema della nell’opinione pubblica, dovuta in gran parte all’aumento della copertura mediatica e ad una maggiore disponibilità d’informazioni”.

È il quadro complessivo che emerge dalla XI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo presentato oggi a Roma in conferenza stampa da Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs).

Il Rapporto ha preso in esame 196 Paesi del mondo. Da una parte preoccupano in modo particolare le situazioni vissute in Cina, nei Paesi della cosiddetta “primavera araba” e in alcune nazioni dell’Africa; dall’altra il Rapporto evidenzia un aumento di sensibilità nell’opinione pubblica riguardo a questo problema: ne sono prova gli interventi legislativi di vari stati europei e l’impegno mostrato da alcuni parlamenti nazionali (italiano, belga e tedesco) nonché dal Parlamento europeo.

Se dunque, sul piano legislativo “si riscontrano passi in avanti, lo stesso – conclude il Rapporto di Acs – non si può dire riguardo alle violenze e alla persecuzione. Perché le minacce alla libertà religiosa non accennano a diminuire”.

Alcuni dati. Riflettori di Acs puntati sulla Nigeria per la proliferazione di alcuni gruppi islamici: dal 1999 alla fine del 2011 sono stati 14 mila i nigeriani uccisi da violenze a sfondo religioso. Lo scorso anno, nella sola settimana di aprile successiva alle elezioni presidenziali del giorno 16, almeno 800 persone sono rimaste uccise e 65 mila hanno dovuto abbandonare le proprie case. In India – si legge nel Rapporto – è lunghissima la lista degli attacchi alle minoranza mentre “il 2011 è stato un anno terribile per il Pakistan”: “Dopo l’omicidio a gennaio del governatore del Punjab, Salman Taseer, il 2 marzo viene ucciso il ministro federale per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti”. Nessuna modifica è stata apportata alla legge anti-blasfemia, a causa della quale nel 2011 sarebbero state almeno 161 le persone incriminate e 9 quelle uccise con esecuzioni extra-giudiziali. Mai come nel 2011 anche in Cina è stata lunga la lista degli arresti di cristiani (cattolici e protestanti), islamici e buddisti (tibetani); la maggiore durezza del governo si deve probabilmente al crescente interesse religioso riscontrato nel Paese, in particolare nei confronti del cristianesimo. Le ulteriori tensioni tra Pechino e la Santa Sede sono legate alle nuove ordinazioni illecite e ai numerosi casi di arresti, torture e “rieducazioni tramite il lavoro” subiti da chi, fedele al Papa, rifiuta di aderire all’Associazione Patriottica.

Il caso dell’Egitto. A parlare della situazione della libertà religiosa nei Paesi arabi è stato padre Samir Khalil Samir, islamologo, che ha portato la storia dei due bambini copti analfabeti, di 8 e 10 anni, Mina Nadi Faraj e Nabil Naji Rizq, che sono stati arrestati con l’accusa di aver urinato su dei fogli di carta sui quali erano scritti dei versetti del Corano. “Questo – ha detto padre Samir – ci fa dire che stiamo prendendo una direzione pericolosa. Stiamo per tornare ad un’epoca che ormai non conoscevamo più: quella del fanatismo religioso. Negli ultimi trenta anni si sono verificati degli episodi, ma mai si era arrivati a mettere in prigione dei bambini analfabeti accusati di oltraggio all’Islam”. Queste situazioni, però – ha aggiunto l’islamologo – devono incrementare l’impegno del dialogo: “Insieme, musulmani e cristiani, dobbiamo lottare per più giustizia e per la dignità per tutti, lottare in favore dei più disagiati. Dobbiamo imparare insieme che la religione non è fatta per condannare chiunque, ma per aiutare tutti quanti ad essere più umani e più aperti ad ogni essere umano!”.

Dietro le statistiche. “La libertà religiosa è come tutti sanno una battaglia non solo dei credenti ma di tutti coloro che difendono il principio di libertà d’opinione”, ha detto il giornalista del “Sole 24 Ore” Alberto Negri. Ed ha aggiunto: “Sebbene redatto da una fondazione cattolica”, il Rapporto “non si limita a denunciare le violazioni alla libertà religiosa subite dalle comunità cristiane ma fa un quadro della situazione in 200 Paesi con riferimento alla condizione dei fedeli di ogni credo. La libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare l’applicazione dei diritti fondamentali dell’uomo”. “Ovviamente – ha concluso mons. Sante Babolin, presidente del Segretariato italiano di Acs -, le statistiche, spesso aride e fredde, vanno sempre collocate in un contesto geografico e culturale: dietro ogni cifra si nascondono volti e nomi precisi, persone che hanno pagato con la vita la loro fedeltà al Vangelo di Cristo. E a ricordarcelo, in questi ultimi mesi, ci sono le innumerevoli domeniche di sangue in Nigeria e le continue sofferenze dei cristiani iracheni e di quelli pachistani”.

IV Congresso delle cultura cristiana

Oggi sino al 30 settembre, si tiene a Lublino l’evento polacco per la promozione del dialogo tra Chiesa, cultura contemporanea e religioni

di don Mariusz Frukacz

“Alla ricerca di un uomo in un uomo. Radici cristiane della speranza” è il tema del IV Congresso. È questa una delle iniziative più importanti in Polonia, nata per idea di mons. Józef Życiński, Arcivescovo Metropolita di Lublino, morto nel 2011, per la promozione del dialogo della Chiesa con la cultura contemporanea e tra le religioni.

Nell’edizione di quest’anno, che si svolgerà presso l’Università Cattolica di Lublino, sono  invitati illustri ospiti, tra cui, in particolare, spicca il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura che riceverà un dottorato honoris causa presso l’Ateneo. Saranno presenti anche padre prof. Tomàs Halik, il prof. Zygmunt Bauman, il ministro Rocco Buttiglione.

Hanno confermato la propria presenza anche George Weigel, Nunzio Apostolico in Polonia; l’Arcivescovo Celestino Migliore; don Janusz Mariański, famoso sociologo e don Józef Niewiadomski, preside della Facoltà di Teologia a Innsbruck.

Il Congresso è concepito come un dibattito europeo fra i credenti e non credenti sulla speranza nella cultura contemporanea.

Aprirà i lavori, venerdì 28 settembre, la conferenza dell’Arcivescovo Celestino Migliore sul “Contributo di Giovanni Paolo II alla comprensione della missione della Chiesa in politica europea e mondiale”. Subito dopo, Rocco Buttiglione interverrà sul ruolo del Beato e della Chiesa Cattolica nel dibattito sui diritti umani.

Il giorno successivo, sabato 29, i partecipanti al Congresso potranno ascoltare una lezione del filosofo Bauman intitolata: “Immagine postmoderna dell’uomo nella società. Dove sono le fonte di speranza per un futuro migliore?”. Sarà il turno, poi, del Nunzio apostolico, George Weigel che parlerà della “Visione della speranza cristiana al neo-paganesimo del mondo moderno.”

In programma, sabato sera, l’iniziativa chiamata “Dibattito per due pulpiti” sul tema de “La fede e incredulità nella vita dei polacchi”, che si tiene tradizionalmente nella Chiesa dei Padri Domenicani nel centro storico di Lublino.

L’ultimo giorno del Congresso, il 30 settembre, gli organizzatori hanno previsto, infine, una conferenza di padre prof. Tomasz Halik sull’argomento “L’Europa ha subito una decristianizzazione? Le prospettive per il dialogo tra cristianesimo e neo-paganesimo”. Farà seguito il sociologo Mariański che presenterà una “mappa religiosa dell’Europa e delle sue dinamiche contemporanee”.

Parallelamente alle lezioni del Congresso si svolgeranno alcuni dibattiti su otto “pannelli” che affronteranno temi di grande attualità come: il dialogo tra fede e scienza; la carità; il femminismo; lo spirito cristiano della cultura europea e via dicendo. Tra questi, uno spazio sarà dedicato alla persona di mons. Józef Życiński, metropolita di Lublino, iniziatore del Congresso. 

Il primo Congresso della cultura cristiana, vide la luce, sotto gli auspici del Pontificio Consiglio della Cultura, il 6-7 novembre 2000. In quell’occasione, sul tema “Il Sacro e la cultura: le radici cristiane del futuro”, intervennero eccezionali personalità ecclesiastiche, come Paul Poupard e Miroslav Vlk, e numerosi luminari del mondo della cultura e della scienza, quali Ryszard Kapuscinski, Leszek Kolakowski e Andrzej Wajda.

Per maggiori informazioni, consultare il sito web del Congresso:www.kongres.lublin.pl

“L’arte della politica”, le ACLI di Roma si raccontano

La prima edizione della scuola di politica, organizzata dalle Acli di Roma presso il Monastero benedettino di Santa Scolastica di Civitella S. Paolo

Un percorso di una settimana tra testimonianze, dibattiti ed attività formative, per fornire strumenti nuovi per approcciarsi alla politica ispirandosi all’insegnamento di Tommaso d’Aquino. 

 E’ stata questa la scuola di politica organizzata dalle Acli della Capitale – “L’arte della politica” – che, alla sua prima edizione, si è svolta dal 17 al 22 luglio presso il Monastero benedettino di Santa Scolastica di Civitella S. Paolo, in provincia di Roma.  

 Un percorso dedicato agli oltre trenta giovani, fra i 18 e i 30 anni, che hanno deciso di partecipare al campo desiderosi di toccare con mano «il senso della buona e della cattiva politica, per scoprire insieme che cosa vuol dire oggi essere cittadini››.

Durante le giornate si sono affrontati i temi del conoscere, ascoltare, prendere parte, mediare e decidere, per trasformare l’idea di bene comune in un qualcosa da costruire insieme, con metodo.

 Gli incontri sono stati introdotti dalla meditazione spirituale pensata con lo scopo di introdurre l’argomento del giorno e fornirne una prima analisi di tipo spirituale, mentre nel corso della prima parte della mattinata si sono svolti gli incontri con gli ospiti seguiti dalla fase di dibattito con la platea.

 Nel pomeriggio si sono svolte attività pratiche e ludiche per mettere in opera quanto precedentemente affrontato in aula: dalla pinacoteca della politica durante la quale i ragazzi hanno potuto dipingere la propria idea di politica, al tribunale nel quale l’imputato “Politica” è stato accusato e difeso dai partecipanti divisi in due gruppi fino ad arrivare alla messa in scena di un caso politico.   

Per l’attività di cineforum è stato proiettato il film “Buongiorno, Notte”, ambientato nel 1978 narra del rapimento e della detenzione, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro.
Alle giornate hanno partecipato, il presidente delle Acli di Roma, Cristian Carrara, i deputati Enrico Letta e Luigi Bobba, il presidente delle Acli nazionali, Andrea Olivero, il giurista Alberto Gambino, il segretario generale aggiunto della Cisl Giorgio Santini, il direttore della Società, Claudio Gentili, Don Andrea Palamides (sacerdote della Comunità della Riconciliazione – Santa Teresa di Gesù Bambino), il direttore delle relazioni esterne, affari istituzionali e marketing di Autostrade per l’Italia Francesco Delzio, il poeta Davide Rondoni, la iena Filippo Roma, il direttore generale di Peter Pan Onlus, Gian Paolo Montini, la giornalista Stefania Divertito e l’assessore alla Famiglia, all’Educazione ed ai Giovani di Roma Capitale, Gianluigi De Palo.

 Primo passo di un percorso che tende a replicarsi in futuro, questa scuola mira anche ad essere un punto di partenza per promuovere un’opera di sensibilizzazione sui temi della politica per portare i giovani ad essere di nuovo protagonisti attivi e consapevoli della società.

 Cogliendo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato e che hanno dedicato con cura il proprio tempo mirando alla buona riuscita della scuola, vi invitiamo a vedere le foto nella sezione fotografica del sito.

ROMA, venerdì, 3 agosto 2012 (ZENIT.org) –