Monitoraggio delle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo

Il ministero dell’istruzione, Direzione Generale degli ordinamenti scolastici, ha emanato il 4 novembre la circolare n. 101, con la quale fornisce indicazioni alle istituzioni scolastiche del primo ciclo, statali e paritarie, sul monitoraggio delle Indicazioni, previsto dall’art. 1 del Regolamento di riordino del 1° ciclo (DPR 89/2009).

Il monitoraggio, affidato all’ANSAS, è volto a raccogliere le esperienze che dal 2009 le istituzioni scolastiche hanno realizzato in ordine all’applicazione delle Indicazioni (nazionali/Moratti e per il curricolo/Fioroni) per realizzare al meglio le riforme introdotte dal ministro Gelmini.

Si tratta, come ben si può capire, di una importante operazione che servirà a conoscere apertamente lo stato di attuazione delle modifiche intervenute, le criticità e le potenzialità dei processi avviati, nonché per raccogliere gli esiti delle esperienze condotte e della relativa valutazione.

La finalità ultima del monitoraggio è, comunque, quella di contribuire all’eventuale revisione delle attuali Indicazioni e, proprio per questo, “è di tutta evidenza – precisa la 101 – che l’ampio concorso delle scuole alla sua compilazione potrà contribuire a tale rilevante operazione. In ugual modo tali risultanze saranno tanto più probanti in quanto frutto di approfondimenti da parte di tutto il personale scolastico coinvolto e di valutazione il più possibile condivisa”.

Sembra di capire che la compilazione del questionario non costituisce un adempimento obbligatorio per le scuole, ma piuttosto un’occasione di notevole importanza per contribuire alla revisione delle Indicazioni (e forse non solo di quelle).

Per dare la misura di questa operazione di cui non vi sono significativi precedenti per la dimensione del target di destinazione, bastano alcune cifre: nel settore statale le istituzioni scolastiche del 1° ciclo interessate al monitoraggio sono 7.161, i docenti di scuola dell’infanzia circa di 82 mila, quelli della primaria altri 200 mila e i prof. della secondaria di I grado 130 mila, per un totale complessivo che, dirigenti compresi, arriva a circa 420 mila persone. Per il settore paritario, dove le istituzioni scolastiche interessate sono circa 12 mila con quasi 70 mila unità di personale scolastico interessato.

La carica della 101 sfiora il mezzo milione di persone.


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Indicazioni nazionali, criteri e tempi per il monitoraggio

La circolare n. 101 del 4 novembre u.s., oltre a chiarire la finalità dell’operazione-monitoraggio per l’eventuale revisione delle Indicazioni, fornisce suggerimenti sulle modalità di compilazione del questionario (compilazione che avviene on line da parte delle scuole accreditate sul sito dell’ANSAS (http://www.indire.it/indicazioni/monitoraggio).

Dopo aver precisato anche che oltre al questionario, sono “allo studio ulteriori iniziative-focus per raccogliere dalle scuole significative esperienze sull’applicazione delle Indicazioni, al fine di disporre di una qualificata base di riferimento per l’eventuale revisione”, la Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici indica le modalità per accreditarsi presso l’ANSAS e fissa come termine ultimo per la compilazione del questionario il 30 novembre prossimo. Ma chi dovrà provvedere alla compilazione del questionario?

Il Miur fornisce una risposta aperta e flessibile: “In considerazione del fatto che il questionario è strutturato in quattro parti, una di carattere generale e le altre riferite a ciascuno dei tre settori scolastici interessati (infanzia, primaria e secondaria di I grado), è possibile prevedere, a titolo esemplificativo, che il dirigente, eventualmente insieme al proprio staff di direzione, proceda alla compilazione degli aspetti generali, lasciando ai docenti l’incarico di rispondere alle domande sugli specifici aspetti del proprio settore, eventualmente tramite il personale docente incaricato di funzioni strumentali oppure mediante gruppi di lavoro o commissioni specificamente predisposte”.

Ci sembra un modo appropriato per affrontare questa importante operazione di rilevazione che non ha certamente caratteristiche referendarie, anche se non è difficile prevedere che non mancherà chi cercherà di darvi una applicazione strumentale.

C’è infine un ultimo consiglio fornito alle istituzioni scolastiche: è opportuno stampare copia del questionario, scaricabile in formato pdf sul sito dell’ANSAS, per farne oggetto preliminare di conoscenza, approfondimento e discussione prima della sua compilazione formale.


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Africa. Quella religione che immola i bambini

 

con una denuncia diretta, Benedetto XVI ha criticato le religioni tradizionali africane che arrivano ad uccidere vecchi e bambini come in una moderna caccia alle streghe

 

Il primo personaggio a destra nella foto, accanto al papa, al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e al rabbino David Rosen, è il professor Wande Abimbola, nigeriano.

Ad Assisi, al “pellegrinaggio” promosso da Benedetto XVI lo scorso 27 ottobre, Abimbola ha preso la parola “a nome dei capi e dei seguaci delle religioni indigene d’Africa”. Lui stesso è sacerdote e rappresentante mondiale della religione Ifa e Yoruba, diffusa in larga parte dell’Africa subsahariana e arrivata anche nelle Americhe sulla rotta delle migrazioni.

Parlando ad Assisi, Abimbola ha chiesto che “alle religioni indigene africane venga dato lo stesso rispetto e considerazione delle altre religioni”.

E Benedetto XVI – che quando scrive i discorsi di suo pugno, come in questo caso, non è mai politicamente corretto – l’ha preso in parola.

Nel discorso tenuto poco dopo ai trecento esponenti religiosi e “cercatori della verità”, il papa ha espresso considerazioni critiche su tutte le religioni, comprese le religioni tradizionali africane. Le ha accomunate in una storia fatta anche di “ricorso alla violenza in nome della fede”: una storia, quindi, bisognosa per tutte di purificazione.

Ma due giorni dopo l’incontro di Assisi, Benedetto XVI è stato ancor più crudo e mirato. Ricevendo in Vaticano i vescovi dell’Angola in visita “ad limina”, ha denunciato una violenza che in nome delle tradizioni religiose africane arriva persino ad uccidere bambini ed anziani:

“Uno scoglio nella vostra opera di evangelizzazione è il cuore dei battezzati ancora diviso fra il cristianesimo e le religioni tradizionali africane. Afflitti dai problemi della vita, non esitano a ricorrere a pratiche incompatibili con la sequela di Cristo. Effetto abominevole di ciò è l’emarginazione e persino l’uccisione di bambini ed anziani, a cui sono condannati da falsi dettami di stregoneria. Ricordando che la vita umana è sacra in tutte le sue fasi e situazioni, continuate, cari vescovi, ad alzare la vostra voce a favore delle sue vittime. Ma, trattandosi di un problema regionale, è opportuno uno sforzo congiunto delle comunità ecclesiali provate da questa calamità, cercando di determinare il significato profondo di tali pratiche, d’identificare i rischi pastorali e sociali da esse veicolati e di giungere a un metodo che conduca al loro definitivo sradicamento, con la collaborazione dei governi e della società civile”.

Già due anni prima, nel 2009, nel corso del suo viaggio in Angola, Benedetto XVI aveva sollevato la questione:

“Tanti vivono nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti da cui si credono minacciati; disorientati, arrivano al punto di condannare bambini della strada e anche i più anziani, perché – dicono – sono stregoni”.

E aveva anche respinto un’obiezione corrente nella stessa Chiesa:

“Qualcuno obietta: ‘Perché non li lasciamo in pace? Essi hanno la loro verità; e noi, la nostra. Cerchiamo di convivere pacificamente, lasciando ognuno com’è, perché realizzi nel modo migliore la propria autenticità’. Ma, se noi siamo convinti e abbiamo fatto l’esperienza che senza Cristo la vita è incompleta, le manca una realtà – anzi la realtà fondamentale –, dobbiamo essere convinti anche del fatto che non facciamo ingiustizia a nessuno se gli presentiamo Cristo e gli diamo la possibilità di trovare, in questo modo, anche la sua vera autenticità, la gioia di avere trovato la vita. Anzi, dobbiamo farlo, è un obbligo”.

Anna Bono, esperta di tradizioni africane, ha commentato sul giornale cattolico on line “La Bussola Quotidiana”:

“Ciò che il papa ha denunciato non succede solo in Angola. In Africa la stregoneria è una delle più radicate e persistenti istituzioni tribali. Se ne parla poco, forse anche perché la sua esistenza contraddice la prevalente rappresentazione delle comunità tradizionali africane come modelli di pacifica convivenza, tolleranza, equità e armonia sociale, depositarie di valori umani che l’Occidente avrebbe invece sacrificato al potere e al denaro”.

Nello stesso commento, Anna Bono riferisce alcuni casi recenti di uccisioni di bambini per motivi di stregoneria in vari paesi dell’Africa, o di loro mutilazioni “a causa delle proprietà speciali attribuite ai loro organi”, come avviene con gli albini.

C’è chi è rimasto stupito per una denuncia così esplicita di tali uccisioni, fatta da Benedetto XVI parlando ai vescovi dell’Angola.

I discorsi del papa ai vescovi in visita “ad limina”, infatti, passano sempre al vaglio della diplomazia vaticana, di solito molto prudente.

Questa volta, però, anche il revisore che se ne è più di tutti occupato, in segreteria di Stato, sapeva il fatto suo.

L’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, oggi sostituto segretario di Stato per gli affari generali, cioè numero due del governo centrale della Chiesa subito dopo il cardinale Tarcisio Bertone, era nunzio in Angola quando Benedetto XVI visitò quel paese, con tappa precedente nel Camerun, e sollevò il velo su quell’abominio.

Il 18 novembre prossimo papa Joseph Ratzinger si recherà in Benin per consegnare a una rappresentanza di vescovi del continente l’esortazione apostolica conclusiva del sinodo dei vescovi del 2009, dedicato appunto all’Africa.

Sarà interessante vedere che cosa il documento dirà sulle religioni tradizionali africane.

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Il discorso del 29 ottobre 2011 di Benedetto XVI ai vescovi dell’Angola:

> “Nella gioia della fede…”

E l’omelia tenuta dal papa a Luanda il 21 marzo 2009:

> “Come abbiamo sentito…”

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Il commento di Anna Bono su “La Bussola Quotidiana”:

> La strage dei bambini “stregoni”

L’Ansas mette in linea risorse didattiche per i docenti

E’ in linea un nuovo sito web, denominato “Risorse per docenti dai progetti nazionali”, costituito da una raccolta di percorsi e materiali disciplinari progettati per supportare concretamente i docenti nella pratica di una didattica innovativa. Lo rende noto l’Ansas, Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, presentando questo innovativo strumento per l’aggiornamento in servizio degli insegnanti.

Lo spazio on line ripropone, al di fuori dagli ambienti ad accesso riservato per i quali era stata creata, l’offerta formativa complessiva dei Piani nazionali di formazione per le aree scientifico-matematica e linguistica (Poseidon, Italiano, Lingue, Educazione Scientifica, m@t.abel).

Il nuovo sito, poi, recupera e mette a disposizione anche le proposte didattiche sviluppate per il “Piano nazionale Qualità e Merito – Pqm”, il quadro di interventi a sostegno della qualità dell’insegnamento che, prendendo le mosse dalle carenze dei risultati di recenti indagini internazionali, punta a diffondere un sistema di misurazione e valutazione degli apprendimenti di base (Italiano e Matematica).

Il sito offre anche un’ulteriore risorsa per lo sviluppo professionale dei docenti, con il collegamento diretto alle presentazioni e ai materiali sviluppati dall’Invalsi nell’ambito del “Piano di informazione e formazione sull’indagine OCSE-PISA e altre ricerche nazionali e internazionali”.

La piattaforma appena messa online si rivolge “principalmente ai professori di italiano, lingue straniere (anche classiche), matematica, fisica, chimica e scienze, che vengono sfidati a intraprendere un itinerario di evoluzione formativa e di riflessione sulle discipline e sul loro insegnamento“.

Ogni percorso presente sul sito è corredato da un’ampia varietà di strumenti, materiali di studio, suggerimenti, unità teoriche di approfondimento, video-lezioni, simulazioni, test e prove per la verifica degli apprendimenti.




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In un decalogo i vantaggi della scuola multiculturale

Un decalogo che spiega i vantaggi della scuola multiculturale. A presentarlo è Vinicio Ongini, autore di saggi e libri per bambini, maestro per vent’anni e attualmente all’ufficio integrazione alunni stranieri del ministero dell’Istruzione. Si tratta di una specie di documento suddiviso in dieci parole, ognuna delle quali spiega perché la scuola multiculturale è più virtuosa.

1. La prima parola è ‘Qualità’: “La presenza di alunni stranieri nelle scuole – si spiega – migliora il livello di istruzione”. Per rafforzare questa tesi viene portato l’esempio di Torino: “Secondo l’indagine di Tuttoscuola sul sistema di istruzione nazionale, maggio 2011, un’indagine composta da 96 indicatori, Torino (dove la presenza di stranieri è molto alta) è la prima tra le grandi città per la qualità della scuola. E la sua posizione è migliorata, così come quella del Piemonte in generale, rispetto agli esiti dell’indagine sulla qualità della scuola di quattro anni fa“.

2. Al secondo punto ci sono ‘Le chiavi di casa’, slogan secondo il quale “le famiglie degli immigrati e i loro figli portano nelle nostre classi idee diverse di infanzia“. A tal proposito si citano le parole di alcune maestre delle scuole della Val Maira e della Valle Po, nel cuneese, riferite agli studenti stranieri: “Alcuni di questi ragazzini hanno più rispetto per la scuola. Sono i primi a lavare i banchi quando facciamo laboratorio e, se lo chiediamo, fanno pulizia senza tante storie… A volte li vediamo occuparsi dei fratelli più piccoli, o buttar via la spazzatura, in generale sono più autonomi. Alcuni hanno le chiavi di casa, come noi ai nostri tempi…”.

3. Terzo parola è ‘Matematica’, secondo cui “gli studenti asiatici delle nostre scuole eccellono in matematica e nelle materie scientifiche“.

4. Quarta parola ‘Impegno’, in cui sono riportate le parole di una professoressa di lettere delle medie, in provincia di Cremona: “Gli alunni stranieri ci tengono di più alla scuola, si impegnano di più, per loro è ancora importante la scuola… C’è il problema della lingua, soprattutto per chi è appena arrivato, ma alcuni ce la mettono propria tutta e recuperano“.

5. Quinto punto ‘Le lingue’, secondo cui gli studenti stranieri sono più predisposte a imparare le lingue. Dicono due maestre della scuola di Dronero, in Val Maira, nel cuneese: “I bambini della Costa D’Avorio, nelle nostre classi, parlano anche il francese, la loro lingua nazionale, e notano subito le somiglianze con l’occitano, la nostra lingua di minoranza. Sono più predisposti, sono abituati a muovesi tra più lingue. Quando entra la dirigente scolastica dicono: ‘Bonjour madame!’“.

6. Al sesto punto troviamo ‘Lo scambio’. “Scambiando si impara“, è lo slogan delle scuole toscane che fanno periodicamente, da dieci anni, visite e scambi di studenti, presidi, professori, con lo Zhejiang, la regione della Cina da cui viene la gran parte dei cinesi in Italia. Uno dei protagonisti di questa relazione diplomatico-didattica è un insegnante di italiano e storia dell’Istituto professionale di Prato, una scuola con molti allievi cinesi. Lui ha imparato la lingua cinese da autodidatta e ha degli amici cinesi, in fondo è anche lui un immigrato in Toscana, i genitori sono di Avellino. Racconta : “La nostra prospettiva è quella di dare e ricevere… per imparare a conoscersi ci vogliono sofferenze e scontri ma la scuola nel suo piccolo è un luogo privilegiato“.

7. ‘Internazionale’ è la parola del settimo punto e spiega che “nelle classifiche internazionali delle Università, per esempio quella del Times Higher Education, la percentuale degli studenti stranieri sul totale degli iscritti è uno degli indicatori della qualità e del prestigio dell’Istituto“.

8. ‘Il merito’ è l’ottavo punto e spiega che gli alunni stranieri, rispetto agli italiani, “ricorrono meno alle raccomandazioni, un vizio nazionale figlio di un familismo ancora persistente, ostacolo, questo sì, per la conquista di una piena cittadinanza“.

9. Il nono punto è ‘L’evidenziatore’: “gli studenti stranieri nelle nostre scuole sono un evidenziatore dei nostri modelli, delle nostre pratiche e dei nostri stili educativi. Essere visti e quindi valutati da stranieri è anche fonte di malintesi e di incomprensioni ma può essere un vantaggio. Possiamo capire di più che cosa noi stiamo facendo e ridare significato al nostro fare scuola. Possiamo guadagnare dallo sguardo degli altri“.

10. Decimo e ultimo punto è ‘L’occasione’, perché “i sindaci di due piccoli comuni hanno riaperto la scuola che stava per chiudere perché sono arrivati nuovi alunni indiani nelle campagne lombarde, lungo le sponde del fiume Oglio, e piccoli rifugiati del Kurdistan e dell’Afghanistan sull’Appennino calabrese“. Ecco perché “conviene guardare con più curiosità ed empatia quello che succede dentro questa nostra scuola. Nel suo piccolo è il laboratorio dell’Italia di domani“.


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tuttoscuola.com

Inizia il nuovo anno scolastico 2011- 2012

La campanella suona per 9,5 milioni di studenti

 

Dopo l’ultima campanella che suonerà lunedì prossimo per le regioni con calendario scolastico ritardato (Emilia-Romagna e Basilicata) saranno circa 9 milioni e mezzo gli alunni che in questi giorni iniziano l’anno scolastico 2011-12 nelle scuole statali, paritarie e non paritarie italiane, comprese quelle del Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta.

 

 

Considerando che tra quei 9,5 milioni vi sono anche fratelli e sorelle, si può stimare che siano circa 8 milioni le famiglie coinvolte in questo ritorno a scuola. A occhio e croce l’anno scolastico comincia, quindi, per almeno 25 milioni di italiani, tra studenti e loro genitori, senza contare nonni e zie che trepidano ogni volta per i nipoti alle prese con gli studi.

E per quasi un milione di alunni (e di famiglie) questo è anche il primo giorno di scuola.

La scuola, dunque, resta sempre il momento di maggior coinvolgimento delle famiglie italiane. E non parliamo dell’indotto che essa muove con il coinvolgimento, in particolare, degli Enti locali con i loro servizi di supporto.

Qualche numero per gradire:

–         nella scuola dell’infanzia, pubblica e privata, i bambini che iniziano o riprendono la frequenza della scuola sono 1.760.000;

–         nella scuola primaria, pubblica e privata, gli scolari sono 2.950.000;

–         nella scuola secondaria di I grado gli alunni sono 1.930.000;

–         negli istituti di istruzione secondaria di II grado gli studenti sono 2.860.000.

Auguri a tutti e buon anno scolastico.

 

tuttoscuola.com

 

 


Ritorno a scuola per 8 milioni di studenti

 

Proteste per i tagli ma anche borse di studio e nuovi istituti post-diploma


Da oggi inizia il grande ritorno a scuola di 7 milioni 830 mila alunni divisi in circa 9.500 istituti, un avvio «regolare», «con tutti i docenti in cattedra» e con «un aumento del tempo pieno» promette il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Molte le novità che quest’anno porterà a gran parte di loro.

 

Scuola cancellate

Soprattutto chi frequenta le elementari al sud, potrebbe trovare il proprio istituto accorpato: infatti 900 delle attuali 10.500 istituzioni scolastiche verranno unite a sedi scolastiche con almeno 500 alunni. Secondo i calcoli di «Tutto Scuola» sarà eliminato il 30% dell’organico di dirigente scolastico. Salterà anche l’11% dei posti di direttore amministrativo (1.130 posti) e verranno tagliati 1.100 posti di assistente amministrativo.

 

Istituti tecnici

Da quest’anno sono operativi gli Istituti tecnici superiori (Its): sono 59 in tutt’Italia, e si tratta di corsi biennali di livello postsecondario, quindi da svolgere dopo il diploma.

 

Stranieri
Confermato il no deciso alle classi ghetto: la percentuale massima di alunni stranieri per classe potrà essere del 30%. Una disposizione, però, che non potrà essere applicata in tutti i casi: nei poli industriali e nelle città con un’alta densità di famiglie di origini non italiane la presenza di alunni stranieri sarà inevitabilmente alta. Secondo la fondazione Migrantes almeno in 2 mila casi il loro numero supererà il tetto del 30%.

 

Caro-libri
Il Codacons ha calcolato un aumento medio di spesa per famiglia di circa l’8 per cento rispetto al 2010. Più contenuto l’aumento per l’osservatorio di Federconsumatori secondo cui l’aumento dei libri di testo si fermerebbe al 3 per cento, con una spesa di 481 euro (era di 468 nel 2010). Il Ministero ha inoltre ritoccato al rialzo i tetti di spesa in percentuale variabile tra l’1,4 e il 3,8% a seconda della scuola. L’aumento non può non avere effetti. Per quest’anno uno studente su due comprerà testi, scolastici o universitari, usati come appare da una ricerca condotta nella prima settimana di settembre, da Krls Network of Business Ethics per «Contribuenti.it».

 

Libri digitali

Per la prima volta, obbligatoriamente per legge, i libri che saranno adottati quest’anno per il prossimo anno scolastico dovranno essere testi anche in formato elettronico. Oltre alla comodità, la misura adottata dal governo dovrebbe garantire un consistente risparmio alle famiglie.

 

Zaini e accessori

Unica nota positiva per le tasche degli italiani è l’aumento più contenuto, in linea con l’inflazione, del corredo scolastico: +2 per cento rispetto allo scorso anno. Il Consiglio superiore di Sanità però raccomanda un limite di peso dello zaino del 10-15% del peso corporeo.

 

Borse di studio
Il Miur ha bandito borse di studio da 10mila euro, per un totale di 30milioni. La partecipazione alle prove sarà volontaria, ma potranno essere sostenute solo dagli studenti che conseguiranno alla maturità un punteggio di almeno 80/100. I test saranno elaborati dall’Invalsi e non valuteranno la preparazione strettamente scolastica degli studenti ma le competenze di base, dalla comprensione del testo alla logica.

 

Maturità con test

Con il prossimo anno scolastico partirà la sperimentazione dei test Invalsi all’Esame di Stato. I test si svolgeranno in alcune scuole campione, su base volontaria. L’Invalsi inoltre rivedrà, a campione, anche i temi d’italiano della esame di Stato.

FLAVIA AMABILE

 

 

Scuola al debutto

Il primo giorno che vorrei

9  mila il numero degli istituti scolastici sparsi per l’Italia: la  maggior  parte degli accorpamenti colpirà il Sud

 

Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente? Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo, quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.
Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io?
E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini. Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.

E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete, ditemelo.

Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri. Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno. Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano.
Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate solo l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi. E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite. Per questo,   un giorno, vi ricorderò.

Alessandro D’Avenia

 

 

I problemi all’inizio della scuola

Lentamente, ma inesorabilmente, si sta avvicinando il primo giorno di scuola, fissato per il 12 settembre, per la maggior parte degli 8 milioni di studenti che quest’anno siederanno tra i banchi di scuola. In qualche istituto, come al liceo Tasso di Roma, in realtà l’anno scolastico è già cominciato per gli studenti, in virtù delle possibilità offerte dall’autonomia.

Con l’avvio dell’anno scolastico, sono cominciate anche le polemiche e discussioni, la più significativa delle quali è quella sul nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastiche del 1° ciclo dell’istruzione, sul quale Tuttoscuola ha fatto da apripista, redigendo un dossier scaricabile da tutti gratuitamente e offrendo un servizio personalizzato (questo per i soli abbonati vecchi e nuovi) sul numero di istituti che chiuderanno nei Comuni di appartenenza dei lettori che ce ne faranno richiesta.

Altri argomenti che fanno discutere sono il caro libri e le classi ghetto. Sul prezzo dei libri, il sito Studenti.it ha diffuso uno studio secondo il quale il 76 per cento acquisterà i libri nei mercatini dell’usato. Il Codacons ha calcolato un aumento medio di spesa per famiglia di circa l’8 per cento rispetto al 2010. Più contenuto l’aumento per l’osservatorio di Federconsumatori secondo cui l’aumento dei libri di testo si fermerebbe al 3 per cento, con una spesa di 481 euro (era di 468 nel 2010). Il Ministero ha inoltre ritoccato al rialzo i tetti di spesa in percentuale variabile tra l’1,4 e il 3,8 per cento a seconda della scuola. Unica nota positiva per le tasche degli italiani è l’aumento più contenuto, in linea con l’inflazione, del corredo scolastico, dagli astucci agli zaini: +2 per cento rispetto allo scorso anno.

L’altra fonte di tensione viene dalla disputa tra il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia e il ministro Mariastella Gelmini. Il ministro aveva chiesto di eliminare la prima classe dell’istituto elementare di via Paravia, nel quartiere San Siro di Milano. Il motivo della richiesta del ministro è nello scarso numero di studenti e nel fatto che sono tutti o quasi di origine straniere.

E’ incredibile pensare di risolvere un problema di integrazione con la discriminazione, chiudendo una classe importante“, ha risposto il sindaco di Milano: “Lancio un appello ai genitori della zona perché iscrivano a quella elementare i loro bimbi in modo da risolvere il problema dal punto di vista tecnico, anche se temo che si tratti di un problema politico“.

Ma a tormentare di più i sogni dei ragazzi, secondo i siti dedicati agli studenti, in questi giorni sarebbero i preparativi. Perché non basta aver brillantemente superato l’anno scolastico terminato tre mesi fa: i ragazzi mostrano di credere al vecchio proverbio “chi ben comincia è a metà dell’opera”. Infatti, i siti internet a loro dedicati elargiscono consigli di tutti i tipi su come vestirsi il primo giorno o diventare il ‘cocco del prof’. Il tutto, naturalmente, cercando di stancarsi il meno possibile.

Studenti.it offre tre consigli. Il primo consiglio è quello di “esprimere sempre una propria opinione”, perché “tutti gli insegnanti amano gli alunni curiosi e con delle loro opinioni”. Il secondo consiglio è “chiedere di ripetere un argomento” un atteggiamento che “dimostra agli insegnanti che vi sta a cuore comprendere meglio ciò che viene spiegato”. Il terzo consiglio è “Saper cogliere il momento giusto” dato che “gli insegnanti odiano essere interrotti”.

È ancora Studenti.it a offrire un ‘catalogo’ di moda mutuato dalle star americane. Dalla ragazza-maschiaccio rappresnetata da Emma Watson (la fidanzatina di Harry Potter per intenderci) con camicia bianca, cravattino e gonna tubino, alla soft punk Avril Lavigne con capelli lunghi e sciolti, canotta oversize colorata con borsa in tinta. Consigli semplici, ma di efficacia dubbia, come nota a nostro parere giustamente l’agenzia di stampa Agi, che ha raccolto queste curiosità dai siti dedicati ai ragazzi: “Quello che i siti dedicati agli studenti dimenticano di sottolineare, infatti, è che gli insegnanti sono persone dotate di una propria intelligenza e poco inclini a farsi prendere per il naso“.

 

 

Campanella per 8 milioni
«Cosa chiedo alla scuola»

Lunedì la campanella suonerà per quasi 8 milioni di alunni. Ma se per la maggior parte di loro il ritorno sui banchi non sarà un momento di “festa” (le vacanze estive saranno infatti definitivamente finite), per molti adulti, insegnanti e personale amministrativo, sarà invece un primo giorno di scuola da ricordare: per 66 mila di loro, dopo una lunga attesa da precari, è arrivata l’assunzione. Circa 30 mila i posti riservati ai docenti, 36 mila quelli destinati al personale Ata.

Secondo dati ministeriali, il 48,83% è stato destinato a scuole del Nord, il 22,16% prenderà servizio al Centro, il 29.01% al Sud. La carica dei nuovi docenti andrà a occupare soprattutto le cattedre della Lombardia (16,8% delle assunzioni), del Lazio (10,6%) e dell’Emilia Romagna (9,7%).

Saranno 7.830.650 gli studenti a varcare la soglia della scuola, in progressiva diminuizione nelle regioni del Sud, nelle isole e nelle regioni del Nordest, in crescita nel centro Italia e nel Nordovest, dove si registra l’aumento più consistente.

Gli alunni della scuola dell’infanzia saranno poco più di un milione, alle elementari, gli studenti saranno 2.571.949. Gli iscritti alle scuole medie sono 1.689mila mentre le superiori registrano il numero di iscritti più alto: 2.548.189.

Salgono del 2% gli iscritti al liceo scientifico, mentre registrano un balzo in avanti, rispettivamente dell’1,2% e dello 0,5%, gli studenti del liceo linguistico e del liceo delle scienze umane. Anche negli istituti tecnici del settore tecnologico si registra un incremento delle iscrizioni pari all’1,1%, mentre fanno un passo indietro gli istituti professioni, con una flessione del 3,4%. Ilaria Sesana

“COMPROMETTERSI” ALL’INIZIO DI OGNI ANNO
L’inizio delle lezioni è sempre, per me, un appuntamento atteso. Perché desidero che i miei nuovi alunni comprendano subito che nella scuola c’è gente che ha a cuore la loro umanità, e che (attraverso lo studio) si può vivere l’avventura della scoperta del proprio io, della ricerca del senso delle cose, della felicità. Per questo, ogni anno mi metto in gioco, incontrandoli personalmente nelle prime ore di lezione del primo giorno di scuola proponendo loro una poesia, una canzone, un video, una testimonianza che mi hanno colpito e commosso di più nella vita. Ed è commovente, ogni anno, leggere nei loro occhi la sorpresa nel vedere il loro “Preside” che si “compromette” improvvisandosi voce recitante o cantante, o ascoltare i loro commenti su un primo giorno di scuola diverso da come se lo erano immaginato. E scoprirvi, in quegli occhi ed in quei commenti, la speranza che perfino la scuola possa essere un posto interessante da frequentare. Andrea Badalamenti

VOGLIO STUDIARE NON SOLO PER I VOTI
Mi chiamo Mohamed Zaid e quest’anno frequenterò la terza liceo scientifico tecnologico all’istituto “Enrico Mattei” di San Donato (Milano). Sono egiziano e ci tengo a impegnarmi tantissimo per mettere in buona luce il mio Paese. Voglio sfruttare al meglio tutte le possibilità, perché in ballo c’è il mio futuro. Il nuovo anno scolastico si presenta più impegnativo rispetto ai precedenti: al triennio i voti diventano importanti per l’esame di maturità e, a quanto ho sentito, i professori diventano più esigenti. Inoltre alcuni insegnanti che mi hanno seguito nel biennio cambieranno e questo mi intimorisce. Ho promesso a me stesso che fin dal primo giorno di scuola mi impegnerò, non solo per i voti ma anche per accrescere la mia cultura, perché mi piace conoscere nuove cose, migliorare sempre di più e non stare nell’ignoranza per non sentirmi inferiore a nessuno. Spero di ottenere il massimo dei crediti, per poi puntare ad avere il 100 alla maturità così da realizzare uno dei miei sogni più grandi: andare all’università e laurearmi in biomedicina. Mohamed Zaid

VIVERE L’AMICIZIA CON AMICI E PROF
Con la mia famiglia mi sono appena trasferito a Milano, a causa del lavoro di mio padre, che svolge qui la sua nuova attività. Quali le mie aspettative verso il nuovo anno? Mi sento di dire un paio di cose: la prima riguarda l’esperienza fatta nei mesi scorsi in “Gioventù studentesca”, una compagnia nella quale ho scoperto una grande amicizia con Cristo, che mi permette di vivere ogni giorno grato per quello che ho e mi mette di fronte a persone che mi aiutano a vivere con verità. Da questo nuovo anno, mi aspetto di continuare questo rapporto, magari in modo diverso, ma con la stessa potenza con la quale l’ho sperimentata l’anno precedente. L’anno scorso con i miei compagni e professori ho vissuto un rapporto che andava oltre lo studio o l’insegnamento della propria materia e abbracciava tutto il mio essere. Ora desidero ritrovare questo sguardo che mi ha accompagnato in questi tre anni di liceo. Ignazio Notari

UN LUOGO DOVE SI FANNO INCONTRI
Si ricomincia! Non ho le idee molto chiare sul mio futuro. Ma sono certa di una cosa: non vorrei mai andare a scuola se fosse semplicemente un obbligo. Io voglio scoprire il segreto della vita, avere una cultura ampia e completa.  Tante volte la scuola è come una gabbia, in cui mi viene impedito di liberare il pensiero più profondo. Ma è anche una palestra di vita e un luogo in cui possono avvenire incontri, che ti possono salvare. Ad esempio puoi incontrare professori, in grado di farti appassionare sia alla materia che insegnano, che alla realtà. Quest’anno farò la II liceo classico e questo mi richiederà grande fatica, ma sono fiduciosa nelle persone che mi hanno sostenuta fino ad ora. Diversi sentimenti contrastano in me: paura, contentezza, malinconia per l’estate appena trascorsa, ma soprattutto voglia. Voglia di riscatto, voglia di esserci davvero, voglia di crescere e di imparare una passione per la mia vita. Voglio studiare per fare grande la mia vita. Se c’è tutto questo in ballo, allora la scuola è un luogo per me, ricominciare non è poi tanto male. Sara Maugeri

INSEGNARE? ECCO PERCHE’ È IL MESTIERE PIU’ BELLO
Il mestiere più bello del mondo!» mi capita spesso di rispondere così a quanti mi chiedono che lavoro faccio. E lo è per almeno due motivi: insegnare vuol dire essere sempre molto leali con se stessi e con gli altri (con i ragazzi non si può fingere) e poter continuare a studiare. L’insegnamento può essere un lavoro vissuto in modo fortemente autoreferenziale, ma la soddisfazione che nasce dalla condivisione è impagabile perché costringe ad aprire i propri orizzonti, arricchisce l’umano. C’è poi un altro aspetto entusiasmante: il veder crescere. Talvolta si ha l’impressione che a tanto sforzo non corrisponda un risultato, ma non è così! Vi sono percorsi carsici attraverso i quali, a un certo punto, la ragione, la sensibilità, e la capacità di esprimerle entrambe, affiorano nell’esperienza di ciascuno e diventano per me uno spettacolo. Bisogna avere pazienza…e amore per la libertà. Anna Frigerio

HO TANTE ASPETTATIVE PER L’ULTIMO ANNO DI LICEO
Settembre. Si ricomincia la scuola. Le aspettative su quest’ultimo anno di liceo sono tante: non posso che varcare la soglia della classe con il desiderio di arrivare a una maturità (esami a parte) personale che parta dal rapporto con i grandi uomini che studio, piuttosto che con le stesse leggi fisiche che regolano la vita.  Inizio questo anno scolastico con la voglia di cercare, tra le righe e nei rapporti con insegnanti e compagni, la convenienza derivante dal seguire il percorso proposto. Che lo studio non si riduca ad un noioso ed insensato dovere è l’augurio che rivolgo a tutti, certa dell’amicizia con alcuni adulti e compagni più grandi che è, non solo una guida, ma la riprova che si può vivere così: con un cuore che batte e degli occhi spalancati, anche e soprattutto a scuola. Chiara Tognola

INCONTRARE GLI UOMINI DI IERI CON “STORIA E MEMORIA”
Ritorno a scuola per vivere l’esperienza umana più incredibile che è il cammino dell’educatore con i suoi ragazzi. Tutto è cominciato una decina d’anni fa quando, abbandonato il manuale di storia, ho provato a concretizzare un’idea per trasformare il programma della mia materia in un’esperienza di vita. Un modo per incontrare gli uomini di ieri, quelle tracce dell’umano nel tempo che abbiamo indicato con l’espressione “memoria del bene”. Il cammino della conoscenza così inteso è diventato un percorso di scoperta e di crescita continua della propria irripetibile personalità, la mia e la loro. In questo nucleo vitale il progetto “Storia e memoria” (www.storiamemoria.it) affonda le sue radici. Io dirò in classe anche quest’anno: «Ragazzi tutto si gioca qui. Siamo noi il perno di “Storia e memoria”». Antonia Grasselli


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tuttoscuola.com

Nella scuola entri l’educazione alla solidarietà

 

Un appello all’inizio della scuola:  occorre è più che mai un cambiamento di mentalità e di stili di vita, “essere per gli altri”.

 

Bello spettacolo quello di Madrid invasa da centinaia di migliaia di giovani venuti dai cinque continenti per assistere alla Giornata mondiale della gioventù, presieduta da Benedetto XVI, che per diversi giorni ha trasformato la capitale spagnola in un’affollata Torre di Babele. Tutte le razze, lingue, culture, tradizioni si sono mescolate in una gigantesca testa di ragazze e ragazzi adolescenti, studenti, giovani professionisti venuti da ogni angolo della terra per cantare, ballare, pregare e proclamare la loro adesione alla Chiesa cattolica. Tutto è trascorso in pace, in allegria, in un clima «simpatia generale». A scrivere queste parole su El País di domenica 28 agosto è Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura 2010. Lo scrittore peruviano (significativamente L’Osservatore Romano ha ripreso per intero l’articolo il martedì successivo), dichiaratamente agnostico, non si limita a constatare la bellezza di ciò che è successo a Madrid: ne indica un significato profondo, quello per cui «tutti, credenti e non credenti, dobbiamo rallegrarci di quanto è accaduto nella capitale spagnola». Lo esprime così: «Una società democratica non può combattere efficacemente i propri nemici -a iniziare dalla corruzione – se le sue istituzioni non sono saldamente sostenute da valori etici, se al suo interno non fiorisce una ricca vita spirituale come antidoto permanente contro le forze distruttrici, dissocianti e anarchiche che sono solite guidare la condotta individuale quando l’essere umano si sente libero da ogni responsabilità». E aggiunge che non la religione è superstizione, ma precisamente la presunzione ideologica di ritenerla tale, una superstizione moderna, «che la realtà ha pian piano fatto a pezzi».

È a partire da queste considerazioni del premio Nobel peruviano che vorrei proporre alcune riflessioni dedicate soprattutto ai ragazzi e ai giovani che iniziano in questi giorni il nuovo anno scolastico. Non è difficile ritenere che essi avvertano in maniera più o meno consapevole la grave situazione di difficoltà che sta attraversando il nostro Paese, insieme peraltro all’intero Occidente. La crisi annunciatasi tre anni fa ha mostrato progressivamente i suoi effetti drammatici sul mondo del lavoro e sulla vita quotidiana delle nostre famiglie: la menzogna che aveva indotto molti a ritenere equivalenti l’economia reale e quella virtuale dei giochi finanziari, ha prodotto conseguenze devastanti in Paesi, la cui stabilità era finora ritenuta immune da rischi, e si fa sentire da noi nel settore produttivo e dell’occupazione, nella fatica di molte famiglie a tirare avanti fino alla fine del mese, nei provvedimenti da “lacrime e sangue” di cui chi governa dovrà farsi carico, con la speranza che – fra tanti sconcertanti tentennamenti – sia salvaguardata al massimo l’equità e l’attenzione ai più deboli.

Certamente i nostri ragazzi avvertono sulla propria pelle il peso di queste difficoltà, anche quando esse non avessero toccato direttamente le loro famiglie, e questo perché a rischio è non solo il presente, ma anche l’immediato futuro di cui saranno i primi protagonisti. Il senso diffuso di scoraggiamento e di frustrazione, che colpisce specialmente chi ha perso il lavoro o non riesce a trovarlo, potrebbe diventare nei nostri ragazzi la tentazione pericolosa di cedere a illusioni violente o l’altra, non meno grave, espressa dalle parole fulminanti di Corrado Alvaro, di «pensare che vivere rettamente sia inutile».

Mi sembra perciò giusto chiederci quale contributo i nostri giovani possono dare al superamento della crisi in atto. In quanto essa nasce da processi economico-sociali, che hanno evidenti risvolti politici ritengo che il primo compito che spetti loro sia quello di impegnarsi al massimo nello studio per prepararsi a portare un contributo qualificato alla società di domani. Non esito a dire loro studiate, leggete, informatevi, pensate, fatevi un’idea di ciò che è avvenuto e sta avvenendo, individuatene le cause e cercate di vaccinarvi il più possibile nei confronti degli errori che sono alla base delle difficoltà attuali!

Nella sua radice più profonda, però, la crisi è di ordine morale: egoismi e cecità colpevoli hanno permesso che alcuni si avvantaggiassero a scapito di molti altri, i più deboli. L’Italia, nonostante la vivacità del suo tessuto imprenditoriale e manifatturiero e la qualità dei suoi lavoratori, non è stata meno colpita dalla tempesta etica ed economica che ha investito il “villaggio globale”. Il bisogno di motivazioni morali e di spiritualità, ritenuto decisivo da Vargas Llosa per il “bene essere” di ogni società democratica, si affaccia qui in tutta la sua gravità. Ciò che occorre è più che mai un cambiamento di mentalità e di stili di vita: alla logica egoistica dell’accaparramento bisogna opporre un’educazione alla solidarietà e allo spirito di servizio in vista del bene comune; al consumismo sfacciato e ai falsi modelli che puntano all’avere di più per essere di più, bisogna reagire con una scelta di sobrietà, allenandosi al sacrificio e alla condivisione con i più deboli. Questo non avverrà senza il concorso di tutti e specialmente senza il concorso dei giovani, nostro futuro.

È l’ora di un sussulto etico e spirituale che parta da uomini e donne dal cuore puro, sinceramente desiderosi di impegnarsi per il bene di tutti: e i giovani dovranno stare in prima linea in questa “rivoluzione morale”. E mia convinzione profonda che l’aiuto di Dio, cercato attraverso la preghiera e sperimentato nell’esercizio dell’amore al prossimo, sia forza decisiva di cui tutti abbiamo bisogno per vivere e sviluppare questo nuovo inizio. Ai giovani specialmente ripeterei, perciò, le parole dell’amatissimo Papa Giovanni Paolo II, dichiarato beato lo scorso 1° maggio: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!» (22 ottobre 1978).

A tutti, comunque, credenti e non credenti, è lanciata la sfida dell’urgenza indicata: è tempo di scelte radicali, di un vigoroso ritorno al primato del bene comune e alla concezione della vita vissuta come “essere per gli altri”, e quindi come dono e servizio! Solo preparando a queste scelte la scuola potrà contribuire a far crescere la qualità della vita di tutti. A docenti e studenti l’appello a non sottrarsi a questo compito decisivo.


*Arcivescovo di Chieti-Vasto

in “Il Sole 24 Ore” del 4 settembre 2011

 

Rivoluzione organizzativa nella scuola italiana

 

Scuola, tutti i numeri della rivoluzione organizzativa

 

Per 5 milioni di famiglie cambierà il riferimento del dirigente scolastico. Verrà rivoluzionata la rete delle istituzioni scolastiche sul territorio: 5.600 (oltre la metà) verranno accorpate in 4.500, cioè le varie sedi verranno aggregate in un minor numero di istituzioni scolastiche (presidenze), con la soppressione di oltre 1.100. In totale le istituzioni scolastiche passeranno da 10.500 a 9.400, di cui 2 mila, le più piccole, date in reggenza a presidi di scuole più grandi. A Bari dovrà essere accorpato il 95% degli istituti del 1° ciclo. Nelle Isole verrà soppressa un’istituzione scolastica su 5.

Eliminato il 30% dell’organico di dirigente scolastico (-3.180 posti), al punto che una parte dei vincitori del prossimo concorso non troveranno posto. Salterà anche l’11% dei posti di direttore amministrativo (1.130 posti) e verranno tagliati 1.100 posti di assistente amministrativo, ma saranno almeno in 30 mila a dover produrre documentazione e dichiarare servizi per difendere la propria sede e non essere trasferiti d’ufficio o rimanere senza sede. Decadranno 53 mila consiglieri di istituto e dovrà essere rieletta la maggior parte delle RSU (almeno 14 mila rappresentanti).

Tuttoscuola ha fatto i conti e spiegato in un nuovo dossier cosa accadrà, per effetto della manovra bis di luglio, nei prossimi 12 mesi, che si annunciano tra i più caldi nella storia dell’organizzazione del servizio di istruzione.

Nelle prossime ore su tuttoscuola.com verranno pubblicate progressivamente notizie sul tema, e sarà a breve scaricabile gratuitamente il testo integrale del dossier. Seguiteci.




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tuttoscuola.com mercoledì 31 agosto 2011

 

Rivoluzione organizzativa/1: i risparmi e gli obiettivi della manovra

 

Pochi se ne sono accorti, ma la scuola italiana sta per essere investita da una profonda riorganizzazione, di portata simile a quella che ha accompagnato l’avvio dell’autonomia scolastica nel 2000, che entro un anno ne cambierà i connotati dal punto di vista organizzativo e gestionale.

Infatti la manovra bis di luglio (Decreto Legge n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”), ha chiamato ancora una volta la scuola a contribuire ai risparmi di sistema in modo più incisivo di quanto, forse, sia stato percepito dall’opinione pubblica e in molti casi anche dai diretti interessati.

Cosa succederà, in sintesi? Ecco una breve rassegna predisposta da Tuttoscuola degli effetti, diretti e indiretti, della manovra:

  • l’accorpamento in istituti comprensivi e il loro ridimensionamento coinvolgerà tre quinti delle istituzioni scolastiche (ognuna – che accorpa più sedi o scuole – con la presidenza e la segreteria amministrativa, e quindi con il dirigente scolastico e il direttore dei servizi amministrativi), cioè circa 5.700 delle attuali 10.500 istituzioni esistenti, quasi tutte del 1° ciclo;

  • i consigli di istituto delle 5.700 istituzioni scolastiche coinvolte nella ristrutturazione decadranno: per questo ultimo anno funzioneranno regolarmente poi si dovrà procedere a nuove elezioni;

  • tutte le rappresentanze sindacali di istituto (rsu) dovranno essere rielette negli istituti ristrutturati; si tratta di circa 14 mila rappresentanti da rieleggere;

  • vi sarà una contrazione di organico di circa 3.180 posti di dirigente scolastico (-30%), di circa 1.130 posti Dsga (-11%), di circa 1.100 posti di assistente amministrativo; non vi sarà incidenza sull’organico dei docenti;

  • la ristrutturazione delle istituzioni scolastiche comporterà una notevole discontinuità didattica e amministrativa (revisione dei Pof, ricomposizione dei collegi docenti, cambio dei revisori dei conti, nuovi bilanci, gestioni finanziarie di esercizi diversi, ecc.);

  • le dotazioni in carico alle istituzioni soppresse o aggregate comporteranno passaggi di beni alle nuove istituzioni e saranno modificati gli inventari, per un valore stimabile in 150 milioni di euro;

  • più di 5 milioni di famiglie vedranno modificato il loro riferimento con la segreteria della scuola e con il dirigente scolastico;

  • accorpamenti delle istituzioni e soppressione di organico modificheranno profondamente la funzione dirigenziale non solo relativamente alla riduzione di posti, ma anche per la modifica della funzione con nuovi carichi di lavoro, riorganizzazione dei servizi e diffusa situazione delle reggenze (circa 2mila).

Tutto ciò è la conseguenza di poche righe contenute in tre commi dell’articolo 19 della legge n. 111, che stabiliscono queste modifiche:

  1. tutte le istituzioni scolastiche del 1° ciclo dovranno essere accorpate in istituti comprensivi;

  2. i nuovi e i vecchi istituti comprensivi dovranno avere almeno 1000 alunni;

  3. le micro-istituzioni scolastiche con meno di 500 alunni non potranno avere il dirigente scolastico titolare, ma saranno affidate in reggenza ad altro dirigente.

Ma perché tutto questo? Quali gli obiettivi della manovra?

Il decreto legge 98/2011 convertito nella legge n. 111/2011 ha disposto la ristrutturazione della rete scolastica con il duplice obiettivo di:

  • garantire nel 1° ciclo di istruzione un processo di continuità didattica, generalizzando il modello di istituti comprensivi;

  • ottenere una consistente riduzione nella spesa per la rete scolastica, quantificabile complessivamente in circa 200 milioni di euro all’anno

  • finanziare per il triennio 2012/2014, con le risorse conseguenti, il sistema nazionale di valutazione

 

Nelle prossime ore su tuttoscuola.com verranno pubblicate progressivamente notizie sul tema, e sarà a breve scaricabile gratuitamente il testo integrale del dossier. Seguiteci.




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tuttoscuola.com mercoledì 31 agosto 2011

 

 

Rivoluzione organizzativa/2: l’accorpamento in istituti comprensivi

 

Attualmente nel 1° ciclo di istruzione funzionano 7.311 istituzioni scolastiche:

  • 2.120 circoli didattici (organizzano scuole dell’infanzia e scuole primarie),

  • 1.198 istituti principali di scuola secondaria di I grado (organizzano soltanto scuole secondarie di I grado, le ex-scuole medie)

  • 3.933 istituti comprensivi (organizzano scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di I grado).

Gli istituti comprensivi rappresentano oggi il 54% delle istituzioni scolastiche del 1° ciclo. Nati a metà degli anni ’90 dalla fusione sperimentale di circoli didattici e scuole medie nei territori di montagna e nei piccoli comuni, già al momento d’avvio dell’autonomia scolastica nel 2000 erano arrivati al numero di 3.277, il 43,5% delle istituzioni del 1° ciclo. In dieci anni sono aumentati di oltre 10 punti in percentuale, essendo stati considerati un modello vincente dal punto di vista didattico e organizzativo.

D’ora in poi diventeranno il 100% delle istituzioni scolastiche del settore, in quanto i circoli didattici e gli istituti principali di scuola secondaria di I grado (presidenze di scuola media) scompariranno completamente dal sistema nazionale di istruzione per essere accorpati in istituti comprensivi.

Che vuol dire, in pratica? Nulla accadrà alle singole sedi scolastiche (o punti di erogazione del servizio) dove vivono gli alunni, se non che cesseranno di far parte, ad esempio, di un certo circolo didattico, e diverranno parte di un istituto comprensivo. Quel circolo didattico verrà soppresso, insieme alla relativa presidenza e segreteria amministrativa. Ne consegue che per i docenti e per le famiglie cambieranno in molti casi il dirigente scolastico e il direttore amministrativo di riferimento. Cambieranno anche il consiglio di istituto e il collegio dei docenti, e aderiranno a un nuovo piano dell’offerta formativa (Pof). Dovranno essere eletti nuovi rappresentanti sindacali nelle RSU d’istituto.

Se la manovra finanziaria si fosse limitata a prevedere gli accorpamenti in istituti comprensivi senza mettere mano anche al parametro del dimensionamento (almeno mille alunni), la “rivoluzione” della rete avrebbe riguardato soltanto gli attuali 2.120 circoli didattici e i 1.198 istituti principali di scuola secondaria di I grado, cioè complessivamente quasi il 46% delle istituzioni scolastiche del 1° ciclo (che non è poco), ma, come vedremo, oltre agli accorpamenti vi sarà anche un forte ridimensionamento che toccherà anche i vecchi istituti comprensivi.

Tuttavia anche il solo accorpamento dei circoli didattici e delle presidenze di scuola media, in alcuni territori, scompaginerà l’intera rete, vista la scarsa presenza attuale di istituti comprensivi. È il caso, ad esempio, della Puglia, dove gli attuali istituti comprensivi costituiscono poco più di un quarto (26,7%) di tutte le istituzioni scolastiche del 1° ciclo. Anche la Campania, dove gli istituti comprensivi attualmente non raggiungono il 40%, dovrà mettere mano all’intera rete.

Avranno meno accorpamenti da fare le Marche, dove attualmente gli istituti comprensivi rappresentano già il 75% delle istituzioni del 1° ciclo o il Veneto dove i comprensivi sono il 72,5%.

A Oristano, su 27 istituzioni scolastiche del 1° ciclo, attualmente i comprensivi sono 24.

A Bari, invece, dove le istituzioni scolastiche sono 245, gli istituti comprensivi sono attualmente soltanto 12: dovranno essere accorpate – cioè verranno toccate dalla riorganizzazione – tutte le restanti 233 istituzioni, cioè più del 95%.

 

Istituzioni scolastiche del 1° ciclo – a.s. 2010-11

Regioni

tot. istituzioni scolastiche

circoli didattici

presidenze scuole medie

istituti comprensivi

Puglia

643

273

198

172

26,7%

Campania

977

363

230

384

39,3%

Umbria

118

42

27

49

41,5%

Abruzzo

196

66

41

89

45,4%

Piemonte

478

166

90

222

46,4%

Lazio

624

215

105

304

48,7%

Totale Nazionale

7.311

2.120

1.198

3.993

54,6%

Sicilia

836

253

108

475

56,8%

Liguria

149

38

25

86

57,7%

Friuli Venezia G.

135

32

23

80

59,3%

Sardegna

265

63

39

163

61,5%

Emilia Romagna

387

94

50

243

62,8%

Calabria

370

91

43

236

63,8%

Toscana

361

80

47

234

64,8%

Lombardia

923

189

94

640

69,3%

Basilicata

111

25

9

77

69,4%

Molise

64

12

6

46

71,9%

Veneto

494

84

52

358

72,5%

Marche

180

34

11

135

75,0%

 

Area Geografica

tot. istituzioni scolastiche

circoli didattici

Presidenze scuole medie

istituti comprensivi

Sud

2.361

830

527

1.004

42,5%

Totale Nazionale

7.311

2.120

1.198

3.993

54,6%

Centro

1.283

371

190

722

56,3%

Isole

1.101

316

147

638

57,9%

Nord Ovest

1.550

393

209

948

61,2%

Nord Est

1.016

210

125

681

67,0%

 




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Tuttoscuola.com mercoledì 31 agosto 201

Anche per gli Idr il concorso DS

 

2.386 posti di Dirigente Scolastico per parecchie decine di migliaia gli insegnanti che vorranno coglierre questa opportunità.

Per la prima volta, ci saranno anche gli Idr, visto che i requisiti per accedere al concorso sono: il possesso di una laurea ed un servizio di ruolo di almeno cinque anni.

 

 

di Sergio Cicatelli

 

 

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 luglio il bando del nuovo concorso per dirigente scolastico. Si tratta di un atto che tutto il mondo della scuola stava aspettando con legittima trepidazione, sia per l’oggettiva rilevanza di una procedura di reclutamento che costituisce l’unica possibilità di “carriera” per gli insegnanti italiani, sia per i tagli apportati proprio agli organici dei dirigenti scolastici nelle ultime settimane e che avevano messo in forse lo stesso concorso.

La cospicua quantità di posti in palio (2.386) rende ulteriormente significativa questa scadenza per tutto il mondo della scuola e si prevede che saranno parecchie decine di migliaia gli insegnanti che vorranno cimentarsi con questa opportunità. Tra di loro, per la prima volta, ci saranno anche gli Idr, visto che i requisiti per accedere al concorso sono semplicemente il possesso di una laurea ed un servizio di ruolo di almeno cinque anni. Gli Idr entrati in ruolo con il primo (2005) e il secondo contingente (2006) rispondo dunque al requisito del servizio, ma il possesso della laurea ridurrà di molto le aspirazioni di qualcuno. Occorre infatti una laurea magistrale (quinquennale) o di vecchio ordinamento (quadriennale) valida nell’ordinamento civile; e purtroppo la gran parte dei titoli ecclesiastici posseduti dagli Idr non godono di riconoscimento o equipollenza. Quindi, chi non possiede comunque una laurea civile, potrà partecipare al concorso solo se in possesso di una licenza in Teologia o Sacra Scrittura, le uniche ammesse a godere di equiparazione in base alla legislazione pattizia. I baccalaureati, i magisteri in scienze religiose o le lauree triennali non sono quindi ammessi.

A prescindere dal numero relativamente ridotto di Idr che potranno partecipare al concorso, l’occasione è importante per il riconoscimento di professionalità e per la permeabilità consentita rispetto al sistema scolastico. La legge 186/03 ha infatti escluso che gli Idr di ruolo possano transitare in altri insegnamenti, anche se in possesso dei relativi titoli di qualificazione, e il concorso per dirigente è l’unica occasione di mobilità professionale (ascensionale) all’interno del comparto scuola.

Gli Idr che riusciranno a vincere il concorso potranno così mettere al servizio della scuola l’esperienza maturata, che si distingue da quella di tanti altri docenti per il fatto di svolgere il proprio servizio in un gran numero di classi e con un gran numero di alunni, potendo quindi disporre di quel punto di vista sistemico che è specificamente richiesto a un dirigente scolastico e che difficilmente si può riscontrare in docenti abituati a guardare la scuola da un punto di osservazione molto più limitato.

Il concorso si compone di due prove scritte e un colloquio. Chi supera le prove viene ammesso a frequentare un corso di formazione e un tirocinio, al termine del quale ci sarà l’assunzione. Se la ristretta tempistica ministeriale sarà rispettata gli incarichi dei nuovi dirigenti potrebbero già essere affidati all’inizio dell’anno scolastico 2012-13, ma è lecito avere dubbi su una procedura così rapida.

Prima di arrivare al concorso vero e proprio, però, c’è da superare una prova preselettiva che è già prevista nella seconda metà del prossimo mese di settembre, e questa prova costituisce al momento la difficoltà principale con cui si andranno a scontrare tutti i candidati. Occorre infatti rispondere a 100 quesiti a risposta chiusa nel tempo di 100 minuti, spaziando tra una varietà di materie che possono facilmente disorientare chi non possa contare su una preparazione accumulata negli anni. La prova si articola infatti sulle seguenti otto aree tematiche:

a) Unione Europea, le sue politiche e i suoi Programmi in materia di istruzione e formazione, i sistemi formativi e gli ordinamenti degli studi in Italia e nei paesi dell’Unione europea, con particolare riferimento al rapporto tra le autonomie scolastiche e quelle territoriali e ai processi di riforme ordinamentali in atto;

b) Gestione dell’istituzione scolastica, predisposizione e gestione del piano dell’offerta formativa nel quadro dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e in rapporto alle esigenze formative del territorio;

c) Area giuridico-amministrativo-finanziaria, con particolare riferimento alla gestione integrata del piano dell’offerta formativa e del programma annuale;

d) Area socio-psicopedagogica, con particolare riferimento ai processi di apprendimento, alla valutazione dell’apprendimento e dell’istituzione scolastica, alla motivazione, alle difficoltà di apprendimento, all’uso dei nuovi linguaggi multimediali nell’insegnamento e alla valutazione del servizio offerto dalle istituzioni scolastiche;

e) Area organizzativa, relazionale e comunicativa, con particolare riguardo alla integrazione interculturale e alle varie modalità di comunicazione istituzionale;

f) Modalità di conduzione delle organizzazioni complesse e gestione dell’istituzione scolastica, con particolare riferimento alle strategie di direzione;

g) Uso a livello avanzato delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse;

h) Conoscenza di una tra le seguenti lingue straniere a livello B1 del quadro comune europeo di riferimento: francese, inglese, tedesco, spagnolo.

La domanda di partecipazione al concorso, cioè alla prova preselettiva scade il prossimo 16 agosto. I tempi sono davvero brevi e i concorrenti sono tanti e agguerriti.



 

Bibbia e Corano, i tabù da superare


Oggi, nel mondo musulmano, il Corano non è oggetto di confronto, non viene assolutamente rimesso in discussione.


Alcuni ricercatori musulmani, il più delle volte formati o residenti in Occidente, azzardano qualche interrogativo sulla redazione del Corano, ma incorrono immediatamente nella condanna delle autorità religiose. Il problema dello spirito critico è un problema reale. Tutto quanto riguarda la religione è ancora tabù: è vietato discuterne e lo è ancora di più se si tratta del Corano o della tradizione maomettana; Maometto, la sua vita, ciò che ha fatto e ciò che ha detto, sono tuttora tabù.

Quindi i musulmani non possono parlare delle guerre condotte da Maometto se non in maniera apologetica, per affermare che il suo unico scopo era quello di difendersi dai persecutori. Eppure a leggere le opere delle prime generazioni di musulmani, si rimane colpiti dall’atmosfera più libera che vi si respira. Gli autori esprimevano con molta semplicità il loro punto di vista, positivo o negativo che fosse, per così dire senza complessi.

Lo stesso vale per i rapporti umani di Maometto con altri gruppi, come gli ebrei, i cristiani e soprattutto con i politeisti della città natale e di tutta l’Arabia, nonché per le relazioni con le donne: tutti questi argomenti non sono mai affrontati in modo critico, ma sempre elogiativo e agiografico (dal greco hagios = santo). È lo stile tipico della tradizione cattolica che si adoperava in passato per raccontare la vita dei santi: sono sempre persone straordinarie, che hanno pregato, digiunato e altro ancora sin dall’infanzia. Tuttavia, il lettore sa che quel genere di racconto non vuole essere una descrizione storica dettagliata, ha bensì il solo scopo di incitarlo a imitare le virtù del santo di cui narra la vita.

Ahimè, ancora oggi la vita di Maometto viene raccontata in modo puramente agiografico, si espongono i suoi intrighi come fatti storici realmente accaduti, i racconti abbondano di dettagli presunti, che si amplificano man mano che ci si allontana nel tempo dalla persona del fondatore dell’islam. Sebbene nel Corano non vi sia il seppur minimo accenno ad alcun miracolo compiuto da Maometto, nonostante le richieste avanzate dagli arabi di farne, fosse pure uno solo, a esempio di Mosè e di Gesù, i biografi posteriori ne aggiungono a piacimento. E più passano gli anni, più i biografi scoprono nuovi miracoli, come ha ben dimostrato padre Focà.

Oggi il problema dell’interpretazione del Corano è sicuramente la questione principale sia nella religione musulmana sia nella vita dei musulmani. Molti intellettuali musulmani ne sono consapevoli e sono migliaia coloro che cercano di proporre nuove interpretazioni del Corano, un compito estremamente arduo dal momento che questi studiosi devono scontrarsi con una lunga tradizione e spesso vengono accusati di lasciarsi guidare dall’Occidente e dai non musulmani. Accusa suprema!

In che cosa consiste il problema dell’interpretazione del Corano? Il Corano è presentato come «disceso» dal cielo su Maometto, il quale lo ha proclamato ai suoi contemporanei. Alcuni di essi lo hanno memorizzato nel proprio «petto» (sudur) e dopo qualche decennio lo hanno dettato a degli scribi. In un’ultima fase, i fedeli hanno raccolto tutte queste pagine sparse, scritte su svariati supporti (palme, ossa, ostraca, carta, eccetera), per farne un libro. La stessa parola utilizzata per «libro», mus-haf, non è di origine araba, è bensì un termine etiopico che stava a indicare la Bibbia. Tutte queste osservazioni di carattere filologico sono importanti in quanto permettono di vedere come l’islam nascente abbia integrato elementi provenienti dalla cultura cristiana o dalla cultura giudaica (per le questioni di ordine rituale e giuridico).

Il Corano si presenta quindi come il risultato di questo insieme di procedure. La discesa su Maometto, la declamazione di Maometto, la deposizione di tale declamazione nei «petti» di coloro che l’hanno memorizzata, la recitazione della deposizione ad alcuni scribi, la collazione dei fogli sparsi in un libro che è il Corano. Tutto questo è solo la prima fase.

Il passo successivo venne con l’unificazione del Corano e l’eliminazione di tutte le varianti; si passò poi, con l’inizio dell’VIII secolo, a distinguere le consonanti mediante l’indicazione dei punti. Per finire, nel IX secolo, sotto la pressione dei sapienti furono aggiunte le vocali. Un lungo processo, durato due secoli, che ha portato a un testo: il Corano.

Un testo che i musulmani hanno provveduto a sfrondare di tutte le modalità con cui è stato trasmesso per poter infine affermare che viene direttamente da Dio, che è la parola di Dio trascritta fedelmente e alla lettera, senza possibilità di errore. Tutti i libri musulmani che citano il Corano insistono sulla fedeltà della sua trasmissione in contrasto con la supposta infedeltà della trasmissione dei Vangeli.

A tale scopo, essi fanno riferimento alle teorie più liberali dell’esegesi cristiana, affermando che parecchie generazioni separano il momento in cui il testo dei Vangeli fu stabilito definitivamente, alla fine del I secolo o all’inizio del II secolo, e la morte di Cristo intorno al 30 d.C. Cosa che, al contrario, non succede per il Corano, che è stato trascritto fedelmente senza ombra di errore, poiché, come tutti sanno, i memorizzatori (hafiz, huffaz) e i trasmettitori avevano una memoria da elefanti e Dio ne garantiva l’infallibilità! Si vede dunque come il fenomeno sia stato mitizzato. In virtù di questa mitizzazione del testo coranico, si è giunti ad affermare che il testo oggi in nostro possesso è il dettato letterale fatto da Dio a Maometto, trascritto fedelmente.

Si dice, in termini concreti, che Dio «ha aperto il petto del profeta» e l’arcangelo Gabriele vi ha depositato il Corano. In seguito Maometto non ha dovuto far altro che attingere, per così dire, da questo deposito per recitare i versetti utili in ogni circostanza. Si può quindi concludere che non vi siano intermediari. In questo modo di pensare non possono esserci interpretazioni: l’interpretazione consiste unicamente nell’accertarsi del senso esatto delle parole.

In realtà le prime generazioni di musulmani non hanno mai seguito questa linea di pensiero. Al contrario hanno tentato di comprendere ciascun versetto spiegando il contesto nel quale la frase era stata pronunciata da Maometto. Esistono interi libri, decine di libri (spesso di svariate migliaia di pagine) nella letteratura arabo-islamica che parlano di quelle che vengono definite le circostanze della «discesa» (asbab al-tanzil, che altri chiamano asbab al-nuzul) nel senso di «rivelazione».

Quindi ciascun versetto sarà spiegato in funzione delle circostanze presunte nelle quali Maometto avrebbe trasmesso la parola di Dio. Si tratta di un fatto importantissimo, eppure oggi questo contesto viene completamente ignorato.

 

 

Samir Khalil Samir

Ma quanti sono gli abbandoni scolastici?

 

Istat: un giovane su 5 tra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi
E di questi solo la metà trova un’occupazione

 

Nel 2010 il 19% dei giovani risulta aver abbandonato la scuola senza conseguire un diploma. È quanto emerge dal Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010 diffuso dall’Istat di cui parlano sostanzialmente tutti i quotidiani, soffermandosi sull’allarmante dato sulla povertà.

Il dato, che era già stato rilevato da Eurostat nei mesi scorsi, si riferisce ai giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni per complessive 800 mila persone di cui il 60% sono maschi.

Ma si parla anche di istruzione, e si apprende che ad abbandonare gli studi senza il diploma di scuola superiore sono stati esattamente il 18,8% degli studenti, contro una media europea del 14,4%. Di coloro che hanno lasciato gli studi, sono occupati la metà dei giovani. È occupato il 31,9% delle giovani donne che hanno abbandonato gli studi contro tassi di abbandono e di occupazione tra i maschi rispettivamente del 22% e 56,8%.

Le differenze territoriali sono marcate: particolarmente grave la situazione della Sicilia, dove più di un quarto dei giovani lascia la scuola con al più la licenza media. Percentuali superiori al 23% si registrano anche in Sardegna, Puglia e Campania. Più in linea con il traguardo europeo del 2020 (soglia del 10% indicata nella Strategia Europa 2020) appare il Nord-est, con un tasso di abbandono scolastico intorno al 12 per cento nella provincia autonoma di Trento e in Friuli-Venezia Giulia.

Dai dati dell’indagine Excelsior nel periodo compreso fra l’anno scolastico 2004/05 e quello 2007/08 il numero di diplomati degli istituti tecnici italiani è sceso da 181.099 a 163.915, con un gap rispetto alla domanda potenziale da un minimo di circa 24 mila unità (nel 2005) a un massimo di oltre 127 mila diplomati tecnici (nel 2007).


tuttoscuola.com lunedì 23 maggio 2011

 


Incredibile ma vero: 195 mila abbandoni all’anno nelle superiori statali

 

Il 2° Rapporto sulla qualità nella scuola di Tuttoscuola ha contribuito ad aprire in periferia il dibattito su alcune tematiche molto “calde”, tra cui quella della dispersione scolastica (che, forse, è meglio chiamare degli abbandoni) particolarmente significativa in alcune aree del Paese, come, ad esempio, nel Nord Ovest e nelle Isole.

Ancora una volta ricordiamo che la dispersione rigorosamente rilevata dal 2° Rapporto sulla base dei dati ufficiali pubblicati dal Miur è riferita soltanto al percorso negli istituti statali di istruzione secondaria superiore e non considera, quindi, l’eventuale passaggio dalla scuola statale a quella non statale o alla formazione professionale oppure all’apprendistato formativo; un passaggio dal percorso statale che, se pur non puntualmente calcolabile per mancanza di rilevazioni ufficiali generali, si può, tuttavia, considerare non quantitativamente rilevante, visto che, complessivamente la scuola secondaria superiore non statale accoglie soltanto circa il 7% dell’intera popolazione scolastica degli istituti superiori e fa registrare incrementi molto modesti nelle classi successive a quelle del primo anno di corso (dove ipoteticamente possono affluire gli studenti che hanno abbandonato il percorso statale).

Del resto va considerato che su oltre 190 mila studenti – come v edremo meglio dopo – che lasciano la scuola statale, ben 120 mila risultano dopo anni senza un titolo di studio superiore alla terza media, come documentano i dati Eurostat. Pertanto solo 70 mila circa continuano a studiare altrove. E comunque anche per loro è sintomo di un malessere, se a un certo punto hanno deciso di cambiare strada.

Si potrebbe poi pensare (o sperare) che i dati complessivi sugli abbandoni degli studenti negli istituti statali registrati dal 2° Rapporto di Tuttoscuola al termine dell’anno scolastico 2009-10 rappresentino una situazione critica contingente. Ma, purtroppo, non è così.

Lungo l’intero percorso statale negli istituti superiori dal 1° al 5° anno abbandonano circa 190 mila studenti, che non arrivano all’esame di maturità; al termine del 2009-10 dei 616.645 studenti che nel 2005-06 erano iscritti al 1° anno di corso ne erano rimasti iscritti 420.872: mancavano, dunque, all’appello 195.773 ragazzi che avevano abbandonato la scuola statale, cioè il 31,75%!

La quantità annua di abbandoni è così elevata (190-200mila all’anno) da non sembrare vera, al punto che autorevoli commentatori l’hanno messa in dubbio.

Eppure i dati parlano da soli, come si può constatare dalla tabella allegata ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_491-1.doc ) con la quale Tuttoscuola ha rilevato, tali e quali, i dati di scolarizzazione degli ultimi quindici anni, facendo risaltare la differenza tra l’iniziale e il finale del percorso statale. Le percentuali medie di abbandoni sono andate diminuendo (dal 36,8% di dieci anni fa al 31,7% dell’ultimo anno), ma restano ancora a livelli di allarme, che ci tengono lontani dall’Europa.


tuttoscuola.com lunedì 23 maggio 2011

 

 

I giovani Neet in aumento
Nel Rapporto annuale Istat la situazione dei giovani tra i 15 e i 19 anni fuori dai circuito formativo e lavorativo

 

L’Istat ha presentato questa mattina il XIX Rapporto annuale sulla situazione del Paese, un’ampia rilevazione che sviluppa una riflessione documentata sulle trasformazioni che interessano economia e società.

Obiettivo del Rapporto, come si legge nella sua presentazione sul sito dell’Istituto (www.istat.it) è quello di mettere a fuoco la situazione economica e sociale del Paese e di fornire elementi utili alle decisioni di tutta la collettività, integrando le informazioni prodotte dall’Istat e dal Sistema statistico nazionale e tenendo conto dei progressi della statistica ufficiale nella misurazione degli aspetti demografici, sociali ed economici.

Il Rapporto di quest’anno, organizzato in cinque capitoli e, come sempre, arricchito da tavole statistiche e approfondimenti. si sviluppa lungo due filoni: la lenta uscita dalla recessione e l’onda lunga dell’impatto economico e sociale della crisi. Il Rapporto è corredato da una sintesi dei più significativi risultati e da un’appendice di tavole statistiche.

Tra gli altri, è di particolare interesse il capitolo dedicato ai neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni fuori dal circuito formativo e lavorativo.

Nel 2010 in Italia hanno raggiunto 2,1 milioni di unità, 134 mila in più dell’anno precedente, pari al 22,1 per cento della popolazione di questa età, una quota nettamente superiore a quella tipica degli altri paesi europei. La maggioranza dei Neet rilevati nel 2010 è stata tale anche in almeno due dei tre anni precedenti il momento dell’intervista, dato questo che segnala una preoccupante persistenza in questa condizione di esclusione.

Un terzo dei Neet è disoccupato, un terzo è non disponibile a lavorare e un terzo fa parte della “zona grigia”: quindi, la grande maggioranza di questi giovani (con una punta dell’80 per cento tra i maschi del Mezzogiorno) mostra un interesse alla partecipazione al mercato del lavoro, perché disoccupati o inattivi disponibili a lavorare.

Quasi un quarto delle giovani è Neet, contro un quinto dei giovani. I Neet maschi vivono nell’87,5 per cento dei casi nella famiglia di origine, mentre per le giovani ciò avviene solo nel 56 per cento dei casi: 450 mila donne che appartengono a questa categoria sono partner o madri e molte di loro si dichiarano “casalinghe”.

Poco più della metà dei Neet che vive con i genitori proviene dalla classe operaia, a fronte di percentuali del 30 per cento tra gli studenti e del 42 per cento tra gli occupati.


tuttoscuola.com lunedì 23 maggio 2011

 

 

I dati dell’Istat e di Tuttoscuola

 

C’è un’apparente discordanza di dati sugli abbandoni scolastici rilevati da Tuttoscuola negli istituti statali di istruzione secondaria di II grado e quelli evidenziati dal Rapporto annuale Istat sui Neet, i giovani senza formazione e senza lavoro.

Tuttoscuola, in diversi servizi, ha evidenziato come nella scuola statale superiore si perdano ogni anno tra i 190 e i 200 mila studenti che abbandonano  la scuola lungo il percorso del quinquennio che va dalla prima alla quinta. Nell’ultima rilevazione gli abbandoni sono risultati di circa 195 mila unità, pari ad un tasso di dispersione di circa il 30%. Dai che sono riportati completamente su questo sito nella rubrica “settimana”.

L’Istat parla di giovani che, dopo la scuola media, non hanno conseguito alcun titolo di studio per una quantità di poco inferiore al 20%.

Come si spiega questa differenza di circa 10 punti in percentuale che equivalgono a circa 60-70 mila giovani in meno che abbandonano?

Il target di riferimento dell’Istat sono i 18-24enni, cioè giovani che hanno avuto altre possibilità per seguire percorsi formativi, anche dopo la scuola media, non coincidenti con il percorso statale all’interno della secondaria superiore.

Dopo la scuola media una quota di ragazzi sceglie percorsi alternativi a quello statale; altri, dopo l’insuccesso scolastico nella statale passano alla non statale o alla formazione professionale.

Una parte ritenta il percorso statale attraverso i corsi serali, contribuendo, quindi, alla riduzione complessiva dei giovani privi di diploma.

Non c’è, dunque, sostanziale discordanza tra i dati di Tuttscuola e del Rapporto istat; entrambi, purtroppo, confermano, se pur da prospettive diverse, una pesante criticità nazionale che ci vede nelle posizioni della bassa classifica in Europa.


tuttoscuola.com martedì 24 maggio 2011