Sulle orme di don Tonino Bello

Upsini in giro per l’Italia: sui passi di don Tonino Bello

Il dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica della nostra Università ha organizzato per il week-end del 1° Maggio un viaggio-studio nei luoghi del Salento.

Mossi sui passi e sulle parole di don Tonino Bello, Vescovo della Chiesa e Servo di Dio, ha percorso in lungo ed in largo il territorio pugliese salentino, arrivando fino alle coste di Santa Maria di Leuca dove il Mar Ionio si tuffa in quello Adriatico.

Un viaggio dalle tonalità rilassanti per tutti i partecipanti al viaggio che nel clima fraterno e umano, instauratosi fra le mura accademiche, sono riusciti a vivere questi tre giorni intensamente. Non solo Lodi e Vespri recitati sull’autobus ma canti di gioia e chiacchierate fra le più vivaci negli spostamenti da una città ad un’altra.

Un viaggio studio che non sarà ricordato solamente per i sorrisi e le lacrime sprigionate dai partecipanti al saluto delle famiglie ospitanti ma anche per la massima disponibilità degli organizzatori che con maestrìa e competenza territoriale hanno predisposto (in maniera impeccabile) un fitto programma d’escursione.

Fra i presenti anche alcuni studenti dei corsi di laurea di Psicologia, Pedagogia e anche di Comunicazione Sociale che relazionandosi hanno avuto modo di conoscere la figura di don Tonino Bello, le sue attività pastorali, la sua attenzione ai poveri e agli emarginati e la grande volontà di ricerca della pace per un’educazione non violenta basata sulla creatività e libertà dell’uomo.

Toccante il momento della visita al cimitero dove è sepolto il vescovo pugliese; uno fra quelli più silenziosi. Arrivati nella Capitale in serata: stanchi del viaggio ma allo stesso tempo arricchiti

Articolo di Tonino Garufi


 

 

 

 

 

 

Proponiamo un celebre messaggio di Don Tonino sull’educazione alla povertà


 

 

 

 

 

 

 

 

 

“L’educazione alla povertà è un mestiere difficile. Forse per questo il Maestro ha voluto riservare ai poveri la prima beatitudine. 
Non è vero che si nasce poveri. Poveri si diventa, dopo lunghe fatiche ed estenuanti esercizi. 
Questa della povertà è una carriera, e tra le più complesse. Richiede un tirocinio tanto difficile, che il Signore Gesù si è voluto riservare direttamente l’insegnamento di questa disciplina. 
Perché alla povertà ci si educa e ci si allena.

Povertà è annuncio.
La ricchezza della terra non è maledetta, è buona. Però, c’è una cosa ancora più buona: la ricchezza del Regno. Ecco il punto. Farsi povero non deve significare disprezzo della ricchezza, ma dichiarazione solenne che il Signore è la ricchezza suprema.

Povertà è rinuncia.
Il cristiano rinuncia ai beni per essere più libero di servire. Spogliarsi per lavare i piedi, come fece Gesù. Chi vuol servire deve rinunciare al guardaroba. Chi desidera stare con gli ultimi, deve alleggerirsi dei “tir” delle sue stupide suppellettili. E’ la gioia, che connota la rinuncia cristiana.

Povertà è denuncia.
Di fronte alle ingiustizie del mondo, il cristiano non può tacere. 
Non può tacere dinanzi allo spreco, al consumismo, alla dilapidazione delle risorse ambientali. 
Quale voce di protesta il cristiano può levare? Quella della povertà! 
La povertà è condivisione della propria ricchezza. 
“Se hai due tuniche nell’armadio, una appartiene ai poveri”. Non possiamo permetterci i paradigmi dell’opulenza, mentre i teleschermi esibiscono i misteri dolorosi di tanti fratelli crocifissi. 
L’educazione alla povertà è un mestiere difficile. 
Forse è proprio per questo che il Maestro ha voluto riservare ai poveri, ai veri poveri, la prima beatitudine.”

 

+ Tonino Bello

 

 

 


Convegno nazionale: “Comunicare scienza. Comunicare vita”

Il 4 e il 5 maggio, presso il Centro Congressi in via Aurelia 796, a Roma, avrà luogo il IX Convegno nazionale e IX Incontro delle associazioni locali dell’Associazione Scienza e vita, sul tema “Comunicare scienza. Comunicare vita“.

Ad aprire il convegno, venerdì 4 maggio alle ore 15.30, la lectio magistralis di mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei; a seguire una tavola rotonda moderata da Monica Mondo, di TV200, alla quale parteciperanno diversi protagonisti del giornalismo scientifico, tra cui Piero Damosso (Rai), Arnaldo D’Amico (La Repubblica), Francesco Ognibene (Avvenire).

Sabato 5 maggio, mons. Dario E. Viganò, presidente della Fondazione ente dello spettacolo, presenterà una relazione sul tema “Comunicare con il cinema” e la giornata proseguirà con la presentazione di poster e comunicazioni.

Consulta il programma del convegno.

Per informazioni e prenotazioni: prenotazioni@scienzaevita.org

Articolo correlato:

Non la scienza fine a se stessa ma a servizio della vita e del bene comune

di Lucio Romano
Università degli Studi di Napoli Federico II;
Copresidente nazionale Associazione Scienza & Vita

L’incontro si prefigge lo scopo di affrontare un ambito culturale di particolare attualità e costante innovazione. Una due giorni all’insegna della comunicazione per confrontarsi su saperi e competenze: un’occasione per offrire una riflessione di alto profilo sia per modalità e tecniche attraverso cui si comunicano i temi della scienza e della vita, sia riguardo gli aspetti interrogativi di riferimento.

Trattare di modalità e mezzi di comunicazione significa oggi interpretare nuovi bisogni di conoscenze da declinare con tecniche che consentano una fruizione e condivisione più facile e immediata (es.: twitter, facebook, blog, ecc.) con tempi a disposizione sempre più limitati. “Spingendosi a interpretare la Rete come una sorta di cortile dei gentili” (Avvenire; 22.04.2012; p.26), suscita un indubbio interesse il ricorso a nuove classificazioni di “specie” Homo sapiens: homo analogicus o gutemberghiano, homo digitalis 1.0 e homo digitalis 2.0. Sono codificate, poi, altre due “specie” di Homo sapiens: “i nativi digitali puri e cioè le coorti che oggi, almeno nei paesi sviluppati, hanno approssimativamente fino a 16 anni (homo digitalis 2.0), i nativi digitali spuri (homo digitalis 1.0), e cioè le coorti tra i 17 e 25 anni e poi via via sfumando fino ai 40 anni di età oltre la quale tutti tecnoscettici, geek e cyberstruzzi sono sicuramente immigranti digitali” (Il Sole 24 Ore. Domenica; 01.04.2012; p.33).

A fronte di modalità e mezzi sempre più disponibili e dal facile utilizzo perché intuitivi, si ravvede il bisogno – particolarmente avvertito e diffusamente rappresentato – di essere informati obiettivamente così da maturare conoscenze nel complesso mondo del sapere scientifico e del problematico interrogarsi sui temi della bioetica. Certo, la comunicazione sui temi delle biotecnologie e della bioetica – così del biodiritto – intesa come integrazione interdisciplinare della dimensione scientifica e della dimensione antropologico-valoriale, può pagare lo scotto di una maggiore complessità semantica e argomentativa.

Detto in altri termini: mentre la comunicazione della ricerca scientifica si avvale oggettivamente di un linguaggio e di una penetrazione mediatica più immediata, quella inerente i valori antropologici in gioco richiede – altrettanto oggettivamente – tempi maggiori per l’argomentazione e per la riflessione da parte dell’utente in quanto coinvolto direttamente con il sentire interiore (coscienza).

Si rileva favorevolmente che l’attualità della bioetica e della biopolitica ha indotto nei media una specifica attenzione, facendo sì che tematiche dalle rilevanti ricadute sociali e di chiaro interesse pubblico, rientrano nella quotidiana agenda giornalistica. Su altro versante si rimarca una sovrabbondanza d’informazioni, spesso reiterate dagli innumerevoli network. Ciò non consente una reale maturazione in consapevolezza da parte dell’utente: troppa informazione, nessuna informazione. Comunichiamo con nuovi linguaggi, con sintassi spesso sincopata, le abbreviazioni in lettere che sostituiscono le parole, “le emoticon i sentimenti”. Come è stato acutamente sottolineato, “la marea di informazioni sfida le capacità cognitive di ciascuno di noi: non basta leggere e scrivere, bisogna padroneggiare lo sviluppo della conoscenza”. Una notizia, accortamente lanciata per tempi e modalità, si diffonde rapidamente e veicola informazione – come la cronaca ci ha dimostrato spesso – che può ingenerare anche infondate aspettative.

Partendo dalla considerazione che “la rete non è solo un dispositivo tecnico da utilizzare, ma è un luogo antropologico da abitare”, emerge l’esigenza molto avvertita di autorevolezza e rigore nella comunicazione. Sarebbe superfluo, ancora una volta ricordare l’assoluta necessità di una comunicazione rigorosa per argomentazione, obiettiva e plurale: vale a dire non schierata e che non vada a privilegiare solo alcuni aspetti a discapito di altri, certamente non meno importanti. Per meglio dire, integralismi che si vanno a contrapporre a discapito della ricerca della verità, intesa come fine e fondamento della interdisciplinarietà in bioetica. Per il vero questo è argomento e dilemma antico. Per risolvere il quale, possiamo richiamare Aristotele: “dire di ciò che esiste che non esiste, o di ciò che non esiste che esiste, è falso, mentre dire di ciò che esiste che esiste, e di ciò che non esiste che non esiste, è vero” (La metafisica, IV, 7, 1011b).

Comunicare scienza. Comunicare vita” è tema pertinente solo tecniche e modalità? Certamente no. Vuole rappresentare un’occasione di confronto e di dialogo costruttivo non escludente, che inerisce il fondamento dell’integrazione tra saperi: prioritariamente tra scientifico-biomedico e antropologico-valoriale.

Detto in altri termini l’obiettivo è coniugare in maniera virtuosa sapere descrittivo-quantitativo (scienze biomediche) e sapere valutativo-normativo (etica), con riferimento fondativo all’uomo nella sua intangibile unitridimensionalità (corpo, psiche, spirito) e intrinseca dignità. Questo è argomento spesso divisivo ma di cui non si può disattendere la cogente attualità.

Detto con Charles Taylor che “la scienza nel suo progresso non riconosce alcun mistero, soltanto enigmi temporanei”, riformuliamo un interrogativo che lo stesso filosofo canadese, citando lo scrittore contemporaneo Douglas Hofstadter, riporta in una sua opera: “possiamo dare un’adeguata spiegazione dei fenomeni che descriviamo con un linguaggio alto (ad esempio le persone che provano un senso di meraviglia nei confronti dell’universo) interamente in termini di linguaggio basso (quello della scienza postgalileiana)?” (Avvenire. Agorà Idee; 01.04.2012; p.5)

L’interrogativo è una sfida coinvolgente. Una possibile risposta è individuabile sul tema della integrazione e complementarietà delle conoscenze che si fanno saperi comuni e condivisi. Proprio sul tema della complementarietà tra saperi umanistici e ricerca scientifica, spesso posti erroneamente in posizioni di contrapposizione e di reciproche incomprensioni o chiusure apodittiche, è opportuno richiamare il sociologo e filosofo Edgar Morin: “[…] occorre saper unire, connettere, combinare fonti del sapere che rimangono frammentate e separate. Con lo sviluppo della tecno-scienza e della società dell’informazione, diventa cruciale la sfida di quella che in varie occasioni ho chiamato la democrazia cognitiva. […] La cultura umanistica e scientifica hanno le medesime fonti storiche, obbediscono alle stesse regole fondamentali della dialogica argomentativa e della discussione critica, hanno lo stesso ideale etico della conoscenza della verità.” (Il Sole 24 Ore. Domenica; 15.04.2012; p.24).

Dalla democrazia cognitiva emerge poi, la necessità di colmare il gap culturale dato dall’asimmetria informativa, ovvero dalla disparità tra disponibilità di informazioni e comprensione delle stesse. Ancor più si sottolinea l’attualità culturale di una “info-etica” che dia la concreta possibilità di far conoscere la verità sull’uomo.

Queste, in sintesi, le motivazioni e le finalità di “Comunicare scienza. Comunicare vita” e per dirla con Alberto Contri “a dispetto delle sempre troppo facili mitizzazioni, la tecnologia e i nuovi media sono solo un mezzo, mentre quello che conta è il contenuto, la realtà che si comunica”. Direi: la verità globale che si comunica.

ZI12043018 – 30/04/2012

Comunicare al tempo dei media digitali: spazio, tempo e relazione

All’avvicinarsi della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali  del 20 Maggio 2012, desideriamo condividere con voi un articolo sui processi della comunicazione digitale di Pier Cesare Rivoltella

Intervento di Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica (MI), tenuto al Seminario dei vescovi del Medio Oriente – patrocinato dal PCCS -, svoltosi in Libano dal 17 al 20, sul tema: “Comunicazione in Medio Oriente come strumento di evangelizzazione, di dialogo e di pace”. I temi affrontati dal Prof. Rivoltella sono:

1. I media digitali: un quadro socio-tecnico

2. Media, spazio pubblico e fuga dal privato

3. Una nuova etica del rapporto con il tempo

Riposo

Lentezza

Ripetizione

4. Dalla “vita sullo schermo” all’integrazione di comunicazione reale e virtuale

Scarica l’articolo integrale di Rivoltella

Web 2.0 Educazione e Comunicazione

Venerdì 20 – Sabato 21 Aprile 2012

presso l’Università Pontificia Salesiana P.zza Ateneo Salesiano, 1 00139 Roma

La Facoltà di Scienze dell’Educazione e la Rivista Orientamenti Pedagogici in collaborazione con la Facoltà di Filosofia e la Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale organizzano il convegno: web 2.0 educazione e comunicazione – nuove sfide personali e collettive

Interverranno esperti Professori sui temi di: filosofia e web 2.0, educazione e web 2.0, pastorale e web 2.0, comunicazione e web 2.0, movimenti sociali e web 2.0, neuroscienze e web 2.0, identità, concetto di sè e web 2.0.

Nella giornata di sabato si terranno workshop tematici su: Google educator, Ipad e Iphone come strumenti didattici, web ed educazione, ipertesto, giornalismo e web 2.0, vita parrocchiale, catechesi e web 2.0, ricerca scientifica e web 2.0.

Scarica la Locandina del Convegno!

Inclusione scolastica dei bambini disabili.. un progetto in Libano

Proponiamo la visione di una iniziativa formativa interessante…

 

Un progetto pilota per l’inclusione dei bambini disabili nel sistema scolastico libanese. Finanziato dal ministero degli Affari esteri, vuole migliorare le capacità di inclusione dei bambini disabili nelle scuole del Libano, aumentandone il rendimento generale e favorendo una maggiore capacità di integrazione sociale. Le aree di intervento saranno la Regione del Nord, il Distretto di Beirut e la Regione del Sud. Sarà l’ong italiana Gvc, in accordo con le istituzioni scolastiche, ad occuparsi della preparazione tecnica (capacity building) dei soggetti che si rapportano con i bambini disabili attraverso la formazione di formatori, all’inizio, e la formazione professionale, in una seconda fase. Il percorso prevede la elaborazione di una figura professionale altamente qualificata, l’educatore speciale, fulcro dell’inserimento del bambino disabile. Le scuole interessate dagli interventi saranno fornite di equipaggiamenti e materiali didattici e specialistici d’avanguardia, con l’acquisto di attrezzature specifiche per ipovedenti, in particolare di 3 software Supernova e di 6 tastiere Perkins Braille; saranno inoltre acquistati computer e diversi materiali didattici. Sono inoltre previste opere murarie, ove necessario, per l’abbattimento delle barriere architettoniche esistenti. Ad usufruire dell’intervento 6 scuole pubbliche primarie.

 

Catechesi e disabilità: percorsi d’inclusione nelle comunità

Questo pomeriggio a Roma presso il Campus Università Urbaniana (via Urbano VIII, 16) si è tenuta una giornata di studio dal titolo: «Comunicare la Fede. L’Iniziazione Cristiana con le persone disabili nelle Comunità», promossa dall’Ufficio Catechistico Nazionale.

L’obiettivo della giornata è stato così riassunto da Don Guido Benzi (direttore dell’UCN):

“Vogliamo approfondire, cioè l’inclusione delle persone disabili nei percorsi parrocchiali di iniziazione cristiana”, consapevoli che “l’iniziazione cristiana è «l’esperienza fondamentale dell’educazione alla vita di fede», non una delle attività della comunità cristiana, ma quella che «qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre»”. “Forse all’inizio ed al vertice di una dinamica di inclusione dei nostri fratelli e sorelle disabili nelle comunità non c’è una dinamica reciproca di riconoscimento – ha aggiunto – Cioè sentire che ognuno è un dono per l’altro, per come è e non per come vorremmo che fosse? L’inclusione, prima che una attenzione pastorale, è una necessità della comunità cristiana per essere veramente ciò che è”.

Tra gli interventi:

suor Veronica Donatello, responsabile del Settore, si è chiesta “quale possibilità hanno le persone disabili di scoprire la propria particolare vocazione all’interno delle nostre comunità ecclesiali e di contribuire attivamente alla missione redentrice che il Signore Risorto ha affidato alla sua Chiesa”. Dopo aver riconosciuto “pregiudizi e incoerenze, lentezze e ritardi”, si è soffermata sul processo di Iniziazione Cristiana e, in particolare, sulle possibilità concrete che il credente disabile ha di incontrare il Signore nelle comunità parrocchiali.

Anne Herbinet, pedagogista e responsabile nazionale del Settore per la Catechesi ai disabili della Conferenza Episcopale Francese, ha condiviso ai partecipanti l’esperienza che vive in Francia e i percorsi messi in atto.

Don Salvatore Soreca, in qualità di direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano di Benevento ha proposto, alla luce del documento sull’Iniziazione Cristiana alle persone disabili, una lettura dei percorsi effettuati, riconoscendo nella “categoria antropologica dell’incontro, come fermento di umanità, la chiave per intendere l’Iniziazione dei disabili in un’ottica di pastorale inclusiva”.Infine,

Ezio Aceti, psicologo infantile e della disabilità, ha aiutato a cogliere il vissuto affettivo dei ragazzi disabili, offrendo delle informazioni essenziali perché la metodologia catechetica tenga conto dei loro processi di maturazione.

Relazione Donatello

Relazione Herbinet

Relazione Soreca

Comunità cristiana, associazionismo, università: luoghi dell’educazione

In vista dell’88ª Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fissata per il prossimo 22 aprile 2012, il Convegno nazionale “Comunità cristiana, associazionismo, università. Luoghi dell’educazione”, promosso dall’Azione Cattolica Italiana e dalla stessa Università Cattolica, è stato occasione per riflettere e approfondire importanti questioni relative all’educazione, all’interno del decennio pastorale che la Chiesa italiana ha dedicato a questo tema.

Per mettere in evidenza la centralità della comunità, la relazione introduttiva è affidata a mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, di cui riportiamo il testo qui di seguito:

Comunita cristiana associazionismo universita Mons. Crociata

Al cuore del suo intervento l’intuizione che:

“È la comunità cristiana, anzitutto, a rivelarsi un vero e opportuno luogo dell’educazione. Emerge qui, sempre di più, la consapevolezza di ciò che significa un’autentica formazione dell’identità di una persona. Tale formazione non può riferirsi a un individuo isolato, chiuso in se stesso, ma può realizzarsi solamente in un contesto comunitario, caratterizzato da incontri significativi, esperienze, relazioni. Bisogna rifiutare, come insegna il Papa, quella falsa idea di autonomia per cui l’essere umano si concepisce come in “io” in sé completo. L’essere umano diventa tale solo nella relazione con il “tu”, solo all’interno dello spazio aperto dal “noi”: solo, dunque, in una dimensione comunitaria”

Il convegno ha voluto inoltre costituire una prima occasione per favorire, con rinnovato vigore, la piena collaborazione tra l’Azione Cattolica e l’Università Cattolica. Ravvivando un legame che del resto non è mai andato smarrito sin dalle origini, dato che l’Ac è stata tra i fondatori dell’Università Cattolica, attraverso l’opera iniziale di Armida Barelli e l’apporto continuo di professori e studenti di Ac che ancora oggi costituiscono un patrimonio di conoscenze ed esperienze preziose per tutti.

Come ricorda il presidente nazionale dell’Azione Cattolica e membro del consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica, Franco Miano, «la finalità dell’Università Cattolica è in qualche modo speculare a quella dell’Azione Cattolica. In questo senso, per un’associazione di laici, qual è l’Ac, è fondamentale avere un’interlocuzione privilegiata con l’Ateneo di Padre Gemelli, in quanto luogo importantissimo e significativo dal punto di vista della cultura e della testimonianza cristiana nel nostro Paese».

È noto come l’università italiana al momento viva processi di trasformazione spesso segnati da difficoltà oggettive, anche nel reperire risorse.

Azione Cattolica e Università Cattolica possono e vogliono, per Miano, «contribuire a tessere quelle relazioni che possono favorire la dimensione della partecipazione civile, essenziale alla formazione di una classe dirigente, ma anche una presenza cristiana culturalmente apprezzata e all’altezza dei tempi, capace di entrare nei nodi vivi della questione antropologica, in termini di elaborazione a tutto campo: economico, scientifico, umanistico e, soprattutto, in termini di trasmissione dei valori alle giovani generazioni». Come ebbe a dire Benedetto XVI – aggiunge il presidente Miano – «l’Università è stata, ed è destinata ad essere per sempre, la casa dove si cerca la verità propria della persona umana» (Incontro con gli universitari, Gmg 2011, Madrid).

Programma

Locandina

La coppia alternativa alla famiglia? una risposta dal nuovo rapporto CISF

 

Questo pomeriggio a Milano (Auditorium Don Alberione, Via Giotto 36 – ore 14.30) si terrà il seminario “Prendersi cura della coppia, nuova sfida per i servizi”.
L’obiettivo è quello di riflettere sul Rapporto 2011 del Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia), “La relazione di coppia oggi. Una sfida per la famiglia”, che evidenzia quanto l’attenzione alla relazione di coppia sia essenziale per tutti i servizi socio-assistenziali e socio-sanitari che si trovino di fronte un bisogno di natura familiare.

Verranno inoltre offerte alcune indicazioni operative sulle modalità di presa in carico e sulle risposte che il sistema integrato dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari offre alle famiglie.
Tra i relatori dell’incontro:
Pierpaolo Donati, curatore Rapporti Cisf e docente di sociologia della famiglia (Università di Bologna);
Francesco Belletti, direttore Cisf e presidente Forum associazioni familiari;
Donatella Bramanti, sociologa, e Marina Mombelli, psicologa e psicoterapeuta di coppia e familiare (Università Cattolica (Milano)
visualizza:
a cura del: Centro Internazionale Studi Famiglia

 

Giovani in ricerca

«Giovani in ricerca», è il titolo della conferenza di apertura del prof. Tonelli alla XX Settimana di studi teologici, che è stata realizzata a Braga (Portogallo) dal 15 al 17 febbraio, sul tema «La pastorale giovanile in una Chiesa giovane».

Il prof. Riccardo Tonelli, noto pastoralista della Università Pontificia Salesiana di Roma, ha rimarcato il fatto che una Pastorale giovanile che voglia essere incisiva nell’attuale contesto culturale deve preoccuparsi di far crescere in ogni giovane “le ragioni per vivere e sperare”, puntando sulla forza trasformante del Vangelo e su un accompagnamento di qualità.

Leggendo quindi la realtà in quello sguardo penetrante che sa cogliere ciò che inquieta e ciò che spalanca verso il futuro, il documento va alle cause e spalanca l’attenzione sui possibili esiti. Soprattutto coglie e valuta l’esistente a partire da un atto di fiducia sull’uomo, sulla storia, sul mistero di un progetto di speranza che è più forte delle delusioni e delle degenerazioni. Produce esiti di speranza anche quando deve constatare i segni di disperazione e si lascia inquietare dalla vita di ogni persona, come la cosa che conta di più.

In questa opera di discernimento viene lanciata la sfida: l’emergenza educativa.

“Noi accogliamo abitualmente le ragioni di senso e di speranza, le prospettive di futuro e gli inviti alla responsabilità nel presente, attraverso quella relazione che mette in accoglienza reciproca le persone, soprattutto assicura il dialogo dei giovani con le generazioni che li hanno preceduti (genitori, anziani, educatori).Interpretando, con amore lucido, il vissuto giovanile attuale, affermo la presenza di una diffusa domanda di senso: quello che tutti i giovani cercano, anche nelle espressioni più disturbate, riguarda il senso e la speranza, ragioni di vita e di futuro e la rassicurazione che conforta ogni piccola quotidiana conquista. Constato però che questa ricerca di senso è affannosa e spesso disturbata. Significa che non corrisponde ai nostri parametri spontanei ed esige, almeno in molti casi, una coraggiosa scommessa educativa per definirla in questo modo.Questo è consolante e impegnativo. La diffusa crisi attuale e la inquieta domanda giovanile interpellano noi adulti e soprattutto noi educatori della fede a quel livello di profondità competente ed esigente, in cui possiamo radicare veramente la riconquista di una relazione perduta.
Stimo urgente sollecitare ad una presa di responsabilità, soprattutto per noi adulti educatori, fondata e sollecitata dall’interpretazione del grido dei giovani.
Si tratta di un “grido”, forte, verso noi adulti: un dono che non ci lascia tranquilli e che ci carica violentemente delle responsabilità che non possiamo certamente scaricare su altri e che, nello stesso tempo, ci fa scoprire che è tempo di camminare coraggiosamente assieme, condividendo gioie e inquietudini.
I vecchi modelli non funzionano più. Ripercorrono le strade superate e aumentano il disagio dell’orfanità. Qualcuno stenta a capirlo. I giovani ci chiedono invece di essere adulti nuovi, capaci di camminare con loro e di condividere la ricerca e l’esperienza del senso e della speranza. In fondo… ci fanno un dono impensabile: ci chiamano a diventare sempre più padri e madri, sapendo generare al senso e alla speranza”.

Per visualizzarne tutti i contenuti clicca su:

 

Prospettive Pastorali e suggerimenti operativi

“La strada del crescere insieme è l’unica strada percorribile per rispondere al comandamento dell’amore consegnatoci da Gesù e per condurre un’esistenza autenticamente umana. Il cammino della comunione è il cammino della chiesa; la chiesa è un mistero di comunione. Gesù ha pregato il Padre per la comunione, perché “siano una cosa sola”. La comunione, l’amore, l’unità sono la meta non solo della chiesa ma di tutta la società e l’umanità. Per crescere insieme è necessario un clima di simpatia e di fiducia; ogni cristiano e tutta la comunità cristiana deve guardare il mondo ed ogni uomo e donna con simpatia. Lo stile di comunione deve essere vissuto sia all’interno della comunità cristiana sia negli ambienti di vita; a scuola, all’università, sul posto di lavoro, nell’impegno politico i cristiani sono chiamati a dare testimonianza d’amore e di unità».

Con queste riflessioni inizia il documento elaborato dalla CEI sulla base delle considerazioni emerse nel Convegno nazionale di Pastorale Giovanile (10-13 novembre 2011), focalizzato sugli orientamenti presenti nel documento della Conferenza episcopale italiana dedicato a “Educare alla vita buona del Vangelo”, che costituisce il grande tema dei prossimi dieci anni.

Alleghiamo il documento originale: Prospettive Pastorali e Suggerimenti operativi