Nell’argomentazione di Benedetto XVI ora riportata spiccano due elementi.
Il primo è che la ragione matematica non può negare Dio ma nemmeno provarlo.
Avvicina però a Lui.
E mostra che Dio è in definitiva “un’ottima opzione”.
Riaffiora qui l’invito a vivere “veluti si Deus daretur”, come se Dio ci fosse, invito lanciato più volte da Ratzinger anche “agli amici non credenti”, come già prima di lui da Pascal.
Il secondo elemento è che la ragione matematica non può dire tutto di Dio, perché Dio “è anche Amore”.
Nel botta e risposta del 2006 con i giovani, Benedetto XVI si limitò al semplice enunciato di questa tesi.
Ma per vederne lo sviluppo non c’è che da leggere l’intera sua omelia dell’Epifania di quest’anno.
* * * Resta la domanda: è proprio così diffusa la negazione di Dio, tra gli scienziati di oggi e in particolare i matematici? A leggere l’inchiesta a puntate che “Avvenire”, il quotidiano della conferenza episcopale italiana, sta pubblicando da un mese, la risposta è no.
“Avvenire” sta intervistando alcuni eminenti matematici proprio su “Numeri e fede”, cioè sulla compatibilità tra la ragione matematica e la fede in Dio.
L’immagine che ne esce è quella di un ambiente scientifico molto più aperto alla fede di quanto dica la “vulgata” dei media.
Gli intervistati sono stati finora i seguenti: – l’11 dicembre 2008 Antonio Ambrosetti, per molti anni ordinario di analisi matematica alla Normale di Pisa e ora alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste; – il 16 dicembre Lucia Alessandrini, ordinario di geometria all’Università di Parma; – il 19 dicembre Giandomenico Boffi, ordinario di algebra all’Università di Chieti e Pescara; – il 24 dicembre Marco Andreatta, ordinario di geometria e preside della facoltà di scienze all’Università di Trento; – il 6 gennaio 2009 Giovanni Pistone, ordinario di probabilità al Politecnico di Torino; – il 9 gennaio Maurizio Brunetti, professore di geometria e algebra all’Università Federico II di Napoli.
Il professor Pistone è membro della Chiesa evangelica valdese e diplomato in teologia, mentre gli altri sono di fede cattolica.
L’inchiesta di “Avvenire” si limita all’Italia, ma nelle risposte degli intervistati sono frequenti i riferimenti ad altri paesi.
Ferventi uomini di fede sono anche alcuni dei maestri da essi citati, in particolare Ennio De Giorgi, uno dei più insigni matematici del Novecento, e Francesco Faà di Bruno, proclamato beato nel 1998.
L’inchiesta continua.
Ed è facile scommettere che tra i prossimi intervistati vi sarà Giorgio Israel, ordinario di matematiche complementari all’Università di Roma “La Sapienza”, di religione ebraica e grande ammiratore di Benedetto XVI.
__________ Il giornale della conferenza episcopale italiana con l’inchiesta su “Numeri e fede”, curata da Luigi Dell’Aglio: > Avvenire __________ L’omelia di Benedetto XVI dell’Epifania di quest’anno: > “Cari fratelli e sorelle, l’Epifania…” Il 2009 è il quarto centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio e sarà celebrato in tutto il mondo come l’anno dell’astronomia.
Sarà anche un anno particolarmente dedicato a Charles Darwin e alle teorie cosmologiche a lui ispirate.
A questo doppio appuntamento, papa Joseph Ratzinger dà l’impressione di arrivare ben caricato.
Lo si è capito anche da un passaggio chiave del discorso programmatico che egli ha rivolto alla curia romana lo scorso 22 dicembre: “La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano.
Il dato che la materia porta in sé una struttura matematica, ed è piena di spirito, è il fondamento sul quale poggiano le moderne scienze della natura.
Solo perché la materia è strutturata in modo intelligente il nostro spirito è in grado di interpretarla e di attivamente rimodellarla.
Il fatto che questa struttura intelligente proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una responsabilità.
Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra.
Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri.
È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione.
Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo Spirito creatore, significa pure che le loro strutture razionali che, al di là dell’ordine matematico, nell’esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé anche un orientamento etico.
Lo Spirito che li ha plasmati è più che matematica: è il Bene in persona che, mediante il linguaggio della creazione, ci indica la strada della vita retta”.
Colpisce, in questo passaggio, il ripetuto insistere del papa sulla struttura matematica dell’universo.
La matematica, infatti, è una scienza esatta che spesso oggi viene contrapposta a Dio, come la sua negazione “scientifica”, definitiva.
Scienziati di notorietà mondiale come l’inglese Richard Dawkins e l’italiano Piergiorgio Odifreddi legano insistentemente la matematica alla professione dell’ateismo.
Divulgate in conferenze, articoli e libri di grande successo, le loro tesi ambiscono a diventare linguaggio e pensiero comune.
In parole semplici, le obiezioni di questi matematici atei sono quelle espresse da uno studente liceale romano di 17 anni, di nome Giovanni, durante un botta e risposta col papa il una piazza San Pietro gremita di giovani, il 6 aprile 2006: “Padre Santo, si è indotti a credere che la scienza e la fede sono tra loro nemiche; che la logica matematica ha scoperto tutto; che il mondo è frutto del caso; e che se la matematica non ha scoperto il teorema-Dio è perché Dio, semplicemente, non esiste”.
A queste obiezioni, Benedetto XVI rispose testualmente così: “Il grande Galileo ha detto che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico.
Lui era convinto che Dio ci ha donato due libri: quello della Sacra Scrittura e quello della natura.
E il linguaggio della natura – questa era la sua convinzione – è la matematica, quindi essa è un linguaggio di Dio, del Creatore.
“Riflettiamo ora su cos’è la matematica: di per sé è un sistema astratto, un’invenzione dello spirito umano, che come tale nella sua purezza non esiste.
È sempre realizzato approssimativamente, ma – come tale – è un sistema intellettuale, è una grande, geniale invenzione dello spirito umano.
La cosa sorprendente è che questa invenzione della nostra mente umana è veramente la chiave per comprendere la natura, che la natura è realmente strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, inventata dal nostro spirito, è realmente lo strumento per poter lavorare con la natura, per metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tecnica.
“Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dell’intelletto umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo e lo rende utilizzabile per noi.
Quindi la struttura intellettuale del soggetto umano e la struttura oggettiva della realtà coincidono: la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche.
Penso che questa coincidenza tra quanto noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta la natura, siano un enigma e una sfida grandi, perché vediamo che, alla fine, è ‘una’ la ragione che le collega ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire quest’altra, se non vi fosse un’identica ragione a monte di ambedue.
“In questo senso mi sembra proprio che la matematica – nella quale come tale Dio non può apparire – ci mostri la struttura intelligente dell’universo.
Adesso ci sono anche teorie del caos, ma sono limitate, perché se il caos avesse il sopravvento, tutta la tecnica diventerebbe impossibile.
Solo perché la nostra matematica è affidabile, la tecnica è affidabile.
La nostra scienza, che rende finalmente possibile lavorare con le energie della natura, suppone la struttura affidabile, intelligente della materia.
E così vediamo che c’è una razionalità soggettiva e una razionalità oggettivata nella materia, che coincidono.
Naturalmente adesso nessuno può provare – come si prova nell’esperimento, nelle leggi tecniche – che ambedue siano realmente originate in un’unica intelligenza, ma mi sembra che questa unità dell’intelligenza, dietro le due intelligenze, appaia realmente nel nostro mondo.
E quanto più noi possiamo strumentalizzare il mondo con la nostra intelligenza, tanto più appare il disegno della Creazione.
“Alla fine, per arrivare alla questione definitiva, direi: Dio o c’è o non c’è.
Ci sono solo due opzioni.
O si riconosce la priorità della ragione, della Ragione creatrice che sta all’inizio di tutto ed è il principio di tutto – la priorità della ragione è anche priorità della libertà – o si sostiene la priorità dell’irrazionale, per cui tutto quanto funziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe solo occasionale, marginale, un prodotto irrazionale; la ragione sarebbe un prodotto della irrazionalità.
Non si può ultimamente ‘provare’ l’uno o l’altro progetto, ma la grande opzione del cristianesimo è l’opzione per la razionalità e per la priorità della ragione.
Questa mi sembra un’ottima opzione, che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una grande Intelligenza, alla quale possiamo affidarci.
“Ma il vero problema contro la fede oggi mi sembra essere il male nel mondo: ci si chiede come esso sia compatibile con questa razionalità del Creatore.
E qui abbiamo bisogno realmente del Dio che si è fatto carne e che ci mostra come Egli non sia solo una ragione matematica, ma che questa ragione originaria è anche Amore.
Se guardiamo alle grandi opzioni, l’opzione cristiana è anche oggi quella più razionale e quella più umana.
Per questo possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo che sia basata su questa priorità della ragione, su questa fiducia che la Ragione creatrice è amore, e che questo amore è Dio”.
Nell’omelia della festa dell’Epifania Benedetto XVI è tornato su un tema a lui carissimo, quello del rapporto tra la fede e la scienza.
Il papa ha preso spunto dalla stella dei Magi che – ha rimarcato – “erano con tutta probabilità degli astronomi” come lo fu Galileo Galilei.
Ma ha invitato a portare lo sguardo al di là di una pura contemplazione del cielo stellato.
“Le stelle, i pianeti, l’universo intero – ha detto – non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia”.
Al di sopra di tutto non c’è “un freddo ed anonimo motore”, ma quel Dio definito da Dante nell’ultimo verso della Divina Commedia come “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, quel Dio che ha preso carne in mezzo agli uomini e ad essi ha dato la vita.
Nella “sinfonia” del creato – ha proseguito il papa – c’è un “assolo” che dà significato al tutto: e questo “assolo” è Gesù.
Il nuovo volto dell’istruzione tecnica: ecco cosa cambia
L’Istruzione Tecnica – come in più occasioni hanno affermato i vertici di Confindustria – è stata una risorsa fondamentale dagli anni della ricostruzione in poi e può anzi deve essere anche oggi il valore aggiunto per superare la congiuntura sfavorevole e contribuire allo sviluppo economico del paese.
Le imprese hanno oggi bisogno di tecnici diplomati per poter incrementare la produzione e renderla più competitiva ed idonea a sostenere e contrastare la concorrenza internazionale.
Ma i dati attuali rilevano un gap di 180.000 diplomati tecnici tra la domanda delle imprese e l’offerta delle scuole.
Sono gli effetti di una miope politica scolastica che in questi ultimi decenni ha progressivamente licealizzato l’istruzione secondaria superiore, cancellando la specificità degli istituti tecnici, con il risultato di un calo continuo di iscrizioni a questa tipologia di scuola.
Le risposte che il nuovo Regolamento offre alle principali istanze emerse negli ultimi anni vanno dalla conferma dell’identità degli istituti tecnici all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione, alla necessità di proporre ai giovani e alle famiglie un’offerta formativa fondata su percorsi chiari, distinguibili sia dai Licei sia dai Professionali, e su competenze spendibili tanto per l’inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai livelli superiori di istruzione.
Tutto all’insegna di una maggiore semplificazione degli indirizzi di settore che passano dagli attuali 39 a 11, due per il settore Economico e nove per il settore Tecnologico e di una maggiore efficienza nella distribuzione dei servizi ed efficacia nell’utilizzo delle risorse.
Il provvedimento è destinato ad incidere profondamente nella struttura organizzativa, e non solo, degli Istituti tecnici in quanto interviene: – ad adeguare il carico orario annuale dalle attuali 1188 ore a 1056 ore, che si traduce nel passaggio da 36 a 32 ore settimanali; – a rafforzare l’autonomia con l’aumento delle quote di flessibilità fino al 30 % riservate alle singole scuole; – a favorire il raccordo sinergico tra scuola, territorio e mondo produttivo con la costituzione di un Comitato Tecnico Scientifico composto dal Dirigente Scolastico e, in modo paritetico, da docenti ed esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica.
Non solo dunque nuovi modelli organizzativi e di gestione: il riordino degli Istituti tecnici passa anche attraverso una rivisitazione dei percorsi, definiti in termini di competenze, abilità e conoscenze in relazione alla Raccomandazione del Parlamento europeo, e che devono agganciarsi strettamente al quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF).
Sul piano metodologico-didattico gli aspetti più innovativi riguardano: – l’incremento dello studio dell’inglese, con la possibilità di insegnamento in inglese di almeno una disciplina di indirizzo; – la valorizzazione delle discipline scientifiche attraverso la didattica delle scienze integrate; – lo sviluppo di metodologie innovative basate sull’utilizzo dei laboratori in tutti gli ambiti disciplinari; – la diffusione più ampia di stage, alternanza scuola-lavoro e tirocini.
Il nuovo Regolamento, risultato e sintesi del lavoro di diverse commissioni di studio istituite dai governi in questi anni, e a cui ha dato il proprio contributo il nucleo Education di Confindustria, non nasce come scatola vuota, ma accoglie quanto delle migliori esperienze è stato prodotto e realizzato da alcune scuole, nell’ambito della sperimentazione dell’Autonomia e risponde alla necessità di collegare l’Offerta formativa più strettamente al territorio, alle imprese e all’Istruzione Tecnica Superiore al fine di sostenere lo sviluppo delle professioni tecniche a livello terziario.
L’applicazione del provvedimento è stata rimandata al 2010, per favorire la discussione nelle scuole e una corretta informazione alle famiglie, ma in alcune realtà regionali, come il Veneto, dove già da tempo Scuola Regione e Impresa stanno lavorando al cambiamento dell’istruzione tecnica, tutto è pronto per partire dal 2009 con una ventina di istituti, che hanno dato l’adesione, con un anticipo della riforma.
È un cambiamento che si impone, è richiesto dai tempi, dalle parti interessate, dalla difficile situazione economica che il paese deve affrontare e dall’aggressiva competitività delle nuove potenze economiche.
La sfida va raccolta e fatta passare al più presto attraverso la trasformazione dell’Istruzione Tecnica, asse portante per la costruzione di competenze e professionalità necessarie alla struttura produttiva del paese.
Altri rinvii non sono più accettabili.
Il 2008 si è chiuso per la scuola con un atto del Governo molto importante e molto atteso: il nuovo Regolamento dell’Istruzione Tecnica, approvato il 18 dicembre dal Consiglio dei Ministri.
Importante perché ad essere interessati sono ben 1800 istituti, distribuiti sul territorio nazionale, e 873.522 studenti che rappresentano una cospicua fetta, il 34 %, degli iscritti alla secondaria superiore.
Atteso perché da tempo le principali parti interessate, Scuola e Impresa, invocavano un rilancio dell’Istruzione Tecnica, rilancio che oggi si impone con una certa urgenza anche per sostenere la ripresa economica del Paese, ma che necessariamente deve passare attraverso un cambiamento, regolamentato a livello istituzionale.
Torna il voto in pagella
Tornano i voti nelle scuole elementari e medie.
Tra poche settimane, mamme e papà si ritroveranno tra le mani pagelle simili a quelle della loro epoca.
Ma non tutti: gli under trenta per trovare una pagella con i voti espressi in decimi dovranno frugare tra i ricordi dei genitori.
Perché è da più di trent’anni che i voti sono spariti dalle valutazioni trimestrali, quadrimestrali e finali della scuola primaria e secondaria di primo grado.
I voti espressi in decimi erano stati cancellati il 4 agosto del 1977, con la legge 517: a capo del governo c’era Giulio Andreotti, il ministro della Pubblica istruzione era il democristiano Franco Maria Malfatti.
Il ripristino dei voti, che sostituiranno i giudizi (sufficiente, buono, distinto, ottimo), è stato deliberato dal consiglio dei ministri a settembre con un decreto legge convertito in legge due mesi dopo.
La prima pagella con i voti nella scuola elementare e media sarà quella del primo quadrimestre, che si chiude ufficialmente il 31 gennaio.
Ma su tutta la questione aleggia lo spettro del rinvio di un anno: gli istituti sono in attesa infatti del regolamento sulla valutazione degli alunni e del decreto ministeriale che consentirà ai professori delle medie di “correlare la particolare e oggettiva gravità del comportamento al voto inferiore a sei decimi”, in pratica all’attribuzione di un’insufficienza in condotta.
Senza questi due provvedimenti i docenti avranno serie difficoltà ad applicare la legge.
Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, pur criticando i tempi ministeriali, non crede nello slittamento del provvedimento.
“Quando ci sono cambiamenti di questa importanza – commenta – occorre una riflessione interna che non può esaurirsi in pochi giorni.
Tuttavia, ritengo inverosimile il rinvio perché il ritorno ai voti nel primo ciclo è uno degli elementi portanti della politica del governo sulla scuola”.
Per le scuole che hanno suddiviso l’anno scolastico in quadrimestri i tempi si fanno strettissimi.
Se il regolamento verrà reso noto la settimana prossima le scuole dovranno prima di tutto “individuare le modalità e i criteri per la valutazione degli alunni” e dopo “predisporre il documento di valutazione individuale dell’alunno”.
Quelle che hanno adottato il trimestre (scaduto il 15 dicembre scorso) si sono dovute arrangiare con una circolare emanata l’11 dicembre che all’argomento dedica una pagina scarsa.
Una bozza del documento, inviata per il prescritto parere al Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi), circola da alcuni giorni.
Ecco i punti salienti.
Nella scuola primaria il voto in decimi per ogni ambito disciplinare sarà accompagnato da un giudizio analitico.
Mentre sul comportamento gli insegnanti della classe esprimeranno un giudizio.
La bocciatura è prevista “solo in casi eccezionali” e comunque deliberata all’unanimità.
Per gli alunni della scuola media le cose si complicano: i voti delle singole discipline e di condotta saranno espressi in decimi.
Per ottenere la promozione alla classe successiva, deliberata a maggioranza, bisogna raggiungere la sufficienza in tutte le materie (condotta compresa) e avere frequentato almeno tre quarti dell’orario annuale.
Otterranno l’ammissione agli esami di licenza media soltanto coloro che riporteranno almeno sei in tutte le materie e avranno partecipato ad almeno tre quarti delle lezioni.
Quest’anno, la prova nazionale di italiano e matematica predisposta dall’Invalsi concorre alla valutazione finale.
Anche il punteggio del diploma è espresso in decimi.
Repubblica 10 gennaio 2009
“La nuova scuola spiegata ai genitori”
La pubblicazione di Tuttoscuola (in edicola con il Corriere della Sera sabato prossimo) si divide in tre parti: una vera e propria guida alle iscrizioni, per affrontare al meglio l’adempimento dell’iscrizione; la presentazione delle caratteristiche e delle novità dei diversi ordini di scuola; e infine scuola e famiglia, istruzioni per l’uso, con le informazioni per conoscere meglio come funziona una scuola e stabilire una buona relazione tra la famiglia e l’istituzione, nell’interesse degli studenti.
Ecco alcuni degli argomenti trattati per ogni sezione.
Guida alle iscrizioni: 1.
Breve panoramica del sistema di istruzione 2.
Pubblica o privata? 3.
Quando, dove e come iscriversi 4.
Modelli di domanda 5.
Alunni con disabilità 6.
Alunni con difficoltà specifiche di apprendimento 7.
Alunni con cittadinanza non italiana 8.
La privacy e la tutela dei dati personali 9.
Se e come avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica 10.
I servizi scolastici, le rette e i contributi Gli ordini e gradi di scuola, con tutte le novità per ciascuno: 1.
Scuola dell’infanzia 2.
Scuola primaria 3.
Scuola secondaria di I grado 4.
Scuola secondaria di II grado e i percorsi atipici Scuola e famiglia, istruzioni per l’uso: 1.
Stato, Regioni, Enti locali: un sistema integrato 2.
L’autonomia scolastica: come è organizzata una scuola 3.
La valutazione degli alunni 4.
Le assenze degli alunni 5.
Il bullismo e la scuola 6.
Il cellulare a scuola 7.
La partecipazione dei genitori alla vita della scuola 8.
Strategie di relazione a scuola 9.
I colloqui con gli insegnanti 10.
Studenti della secondaria – diritti e doveri 11.
Il patto di corresponsabilità 12.
Gli scambi culturali e la mobilità studentesca 13.
La scuola e il portafoglio ”La nuova scuola spiegata ai genitori”, che sarà in edicola con il Corriere della Sera sabato 17 gennaio 2009, fornisce in modo appropriato e puntuale ogni utile informazione sulle novità 2009 della scuola riformata, dall’infanzia al primo ciclo di istruzione; per gli istituti superiori, al fine di fornire un quadro completo del sistema di istruzione, oltre a presentare le caratteristiche dell’ordinamento attuale, pone a confronto anche le novità rilevanti che saranno introdotte dal 2010.
Oltre a tutto questo, la Guida di Tuttoscuola viene in aiuto dei genitori e dei non addetti ai lavori, con una serie di FAQ, suddivise per settori scolastici, con cui dà risposte alle domande più frequenti pervenute alla nostra rivista o raccolte nelle scuole relativamente ai problemi immediati delle iscrizioni, ma anche a problematiche varie che intervengono nel corso dell’anno scolastico.
Per le caratteristiche della Guida, essa si presta ad essere una valido strumento a disposizione della scuole per fare fronte alle domande delle famiglie: dirigenti scolastici e insegnanti potranno infatti rimandare con serenità alla lettura della guida per trovare risposta ai molti quesiti posti dai genitori.
Per ulteriori informazioni la Guida fornisce i recapiti (indirizzi completi, telefono, fax, e-mail) ai siti ufficiali di interesse per genitori e operatori scolastici a livello territoriale e nazionale, come, ad esempio, quelli degli ex-provveditorati agli studi (USP), degli Uffici scolastici regionali, degli Assessorati regionali all’istruzione e alla formazione, nonché i riferimenti alle associazioni delle scuole non statali e a quelle dei genitori.
Un utile indice analitico con 250 voci aiuta a trovare gli argomenti che di volta in volta interessano.
Università, è legge il decreto Gelmini
CONCORSI – Le commissioni che giudicheranno gli aspiranti professori universitari di prima e seconda fascia saranno composte, a differenza di quanto accadeva finora, da 4 professori sorteggiati da un elenco di commissari eletti a loro volta da una lista di ordinari del settore disciplinare oggetto del bando e da un solo professore ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando.
Lo scopo è quello di evitare di predeterminare l’esito dei concorsi e di incoraggiare un più ampio numero di candidati a partecipare.
Per quanto riguarda i ricercatori, in attesa di un riordino organico del sistema di reclutamento, le commissioni che giudicheranno i candidati al concorso saranno composte da 1 professore associato nominato dalla facoltà che richiede il bando e da 2 professori ordinari sorteggiati da una lista di commissari eletti tra i professori appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando.
La valutazione dei candidati avverrà secondo parametri riconosciuti in ambito internazionale.
ATENEI «SPENDACCIONI» – Le università con una spesa per il personale troppo elevata (più del 90% dello stanziamento statale) non potranno fare nuove assunzioni.
La norma vuole porre un freno alle gestioni finanziarie non adeguate (soprattutto nel rapporto entrate-uscite).
Da oggi, dunque, gli atenei che spendono più del 90% dei finanziamenti statali (Fondo di Finanziamento Ordinario) in stipendi non potranno bandire concorsi per docenti, ricercatori o personale amministrativo.
«ATENEI VIRTUOSI» – Più finanziamenti (cioè il 7% del Fondo del Finanziamento Ordinario e del Fondo Straordinario della Finanziaria 2008) saranno distribuiti alle Università migliori: quelle con offerta formativa, con qualità della ricerca scientifica, efficienza delle sedi didattiche migliori.
Le università più virtuose saranno individuate – in tempi molto brevi, assicura il ministero – attraverso i parametri di valutazione Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) e Cnvsu (Comitato nazionale valutazione del sistema universitario).
RICERCATORI – Per favorire l’assunzione dei giovani ricercatori, il blocco del turn over (a quota 20% nelle altre amministrazioni) viene elevato al 50%.
Delle possibili assunzioni presso le Università, almeno il 60% dovrà essere riservato ai nuovi ricercatori.
I bandi di concorso per posti da ricercatore già banditi sono esclusi dal turn over (2300 ricercatori) e anche gli enti di ricerca sono esclusi dal blocco delle assunzioni entrato in vigore per tutte le amministrazioni pubbliche.
Con questi interventi si potranno assumere 4000 nuovi ricercatori.
BORSE DI STUDIO – Tutti gli aventi diritto avranno la borsa di studio.
Un incremento di 135 milioni di euro sarà, infatti, destinato ai ragazzi capaci privi di mezzi economici.
Oggi 180 mila ragazzi sono idonei a ricevere la borsa di studio e l’esonero dalle tasse universitarie, ma solo 140.000 li ottengono.
65 milioni di euro saranno destinati a progetti per residenze universitarie (1700 posti letto in più).
08 gennaio 2009 La Camera (281 sì e 196 voti contrari) ha approvato in via definitiva il decreto Gelmini sul riordino del sistema universitario.
Sul decreto, contro il quale in novembre si era mobilitata la protesta di studenti e docenti, il governo aveva chiesto la fiducia.
Voto a favore della maggioranza, no di Pd e Italia dei Valori, con dure critiche basate sulla stima dei tagli che il decreto comporta mentre l’Udc si è astenuta «per offrire un’apertura di credito nei confronti del ministro Mariastella Gelmini».
Che , dal canto suo, è naturalmente soddisfatta del risultato raggiunto: «L’università oggi cambia: valorizzato il merito, premiati i giovani, affermata la gestione virtuosa degli atenei e introdotta più trasparenza nei concorsi all’Università per diventare professori o ricercatori.
Da questi tre pilastri non si potrà prescindere».
Ecco i punti principali del decreto.
In attesa del regolamento sulla valutazione
Torniamo sul tema della valutazione perché rispetto al nostro ultimo intervento di tre mesi fa si sono avute parecchie novità e il quadro deve essere aggiornato.
Il decreto Gelmini è divenuto legge 169/08 ed ha perduto nel corso della conversione in legge quella formula che lasciava aperta la strada all’implicita abrogazione dell’art.
309 del Testo Unico nella parte che vieta l’uso del voto numerico per l’Irc.
La legge rinvia ora solo ad un regolamento che dovrebbe coordinare le norme vigenti e stabilire eventuali ulteriori modalità applicative della norma.
Una prima bozza di questo regolamento è in circolazione da qualche settimana ed è stata già sottoposta al parere del CNPI che non ha potuto fare a meno di rilevarne diverse incongruenze.
Ampio spazio nel regolamento è dedicato proprio alla valutazione dell’Irc, ribadendo però le disposizioni già in vigore e cadendo in alcuni errori e contraddizioni.
Vedremo quale effetto avranno le osservazioni del CNPI, che nel suo parere ha rivendicato anche «la necessità di garantire la pari dignità di tutti gli insegnanti, […] in modo da evitare inaccettabili differenziazioni tra gli insegnanti di educazione fisica e religione e gli altri insegnanti».
Va infatti notato che inopinatamente il regolamento esclude anche il voto di educazione fisica dalla media finale.
In attesa di conoscere la veste definitiva che assumerà il regolamento, per ora ci limitiamo a segnalarne alcuni aspetti, rinviando i lettori al testo provvisorio completo (vedi pdf allegato) per una maggiore informazione.
L’errore più grossolano è quello di far discendere il divieto di voto in decimi dalla scheda separata di valutazione (art.
7, c.
1).
Come è noto, quest’ultima venne introdotta nel 1986 da un ordine del giorno della Camera, mentre il divieto di voto risale alla legge 824 del 1930.
Le contraddizioni riguardano il voto sul comportamento e la determinazione dei crediti scolastici, da cui l’Idr sembra essere una volta escluso (art.
3, c.
6 e art.
6, c.
6) e una volta compreso (art.
7, c.
2), nonché la partecipazione allo scrutinio finale che risulta essere una volta piena (art.
7, c.
2) e una volta limitata in base alla parziale citazione della nota clausola introdotta dalla revisione dell’Intesa nel 1990 (art.
7, c.
3).
Sicuramente il testo definitivo provvederà ad eliminare queste incongruenze, ma vorremmo sperare che si avesse il coraggio di innovare davvero il sistema di valutazione rivedendo le posizioni fin qui consolidatesi sulla base di una acritica assunzione di norme vecchie e superate.
Al divieto di voto è poi abbinato il divieto di esame, che non è ora in discussione perché la legge 169/08 ha solo riproposto il problema del voto numerico, ma – forse anche più dell’uso del voto – il divieto di esame va ad incidere sull’effettiva rilevanza scolastica dell’Irc, nonostante gli sforzi messi in atto negli ultimi venticinque anni per collocare con sempre maggiore credibilità l’Irc nel quadro delle finalità della scuola mediante l’adozione di programmi didattici aggiornati e coerenti con l’impostazione delle innovazioni di volta in volta introdotte nel sistema scolastico.
Mentre l’Idr partecipa alla valutazione degli alunni che si avvalgono dell’Irc e quindi determina la delibera collegiale sull’esito finale dell’anno scolastico, la valutazione da lui espressa sulla propria disciplina rimane per certi aspetti sottratta a quella collegialità che dovrebbe essere garanzia di equità e giustizia per tutti gli alunni: in mancanza di un esame, inteso come occasione di verifica pubblica della congruità della valutazione, il giudizio espresso dall’Idr diventa quasi un affare privato tra lui e l’alunno, tale da poter essere sottratto alla procedura di controllo collegiale, dato che manca la possibilità ad altri insegnanti di sindacare il giudizio del collega, quando invece possono farlo con i colleghi di altre materie di cui pure non sono competenti.
Per l’Irc, infine, l’esame sarebbe l’occasione per rendere conto – a sé, alla scuola e all’utenza – dello svolgimento effettivo dei contenuti didattici prescritti e dell’apprendimento prodotto negli alunni.
Numeri e fede/ 2: Matematica, il fascino della verità
INTERVISTA Professor Pistone, tra tutte queste cause di “irreligion”, qual è la predominante? «La gente parla di religione ma non sa nulla circa le cose di cui parla.
Ignora l’immenso patrimonio culturale accumulato in duemila anni di cristianesimo.
Crede che la preghiera si riduca a poche frasette pie o formule superstiziose.
Non ha alcuna idea di che cos’è la Rivelazione, il Credo, la liturgia, la Bibbia.
A dire il vero, con molti scienziati, ricercatori, persone dotate di un’elevata abitudine all’argomentazione razionale, non ho difficoltà a parlare di fede.
Trovo ascolto.
Invece, fuori dalle mura dell’accademia, avviene ciò che non finisce mai di ferirmi: spesso mi trovo di fronte persone, specialmente tra gli anziani, che provano una netta avversione per la fede.
In Italia ha lasciato tracce profonde l’illuminismo francese, programmaticamente ateo e rivoluzionario, molto diverso dell’illuminismo di tipo americano che non è affatto antireligioso.
Negli Usa, lo abbiamo visto nella propaganda per le elezioni presidenziali, spesso i discorsi di Obama e di McCain seguivano i canoni della predicazione.
I politici americani sono soliti manifestare in pubblico la loro fede religiosa.
Da noi invece la fede è considerata un fatto privato.
E poi, in Italia, appena si comincia a parlare di religione, la conversazione è minata da un grosso equivoco».
Quale equivoco? «Spesso io vorrei parlare di teologia ma mi accorgo che i miei interlocutori, quando dicono ’religione’ pensano alla politica, e basta.
Si confonde la fede con le posizioni che le chiese legittimamente assumono nel dibattito politico e civile.
Pensiamo, ad esempio, alla mancata visita del Papa all’università di Roma.
Ritengo che il Papa avrebbe dovuto parlare alla Sapienza e che molti degli autorevoli accademici che hanno firmato la lettera contro la sua visita siano stati mossi da un pregiudizio politico e da immotivate paure, in un quadro completamente falsato.
Ora poi si sta formando una cultura fortemente antireligiosa dalle cui pubblicazioni esce un leit-motiv martellante: attenti alla religione perché è “pericolosa”, “fanatica”, “scatena odii e guerre”, dato che “chi crede in qualcosa disprezza gli altri che non credono”.
Tutto questo da un lato è vero, in certi casi, come dimostra la cronaca quotidiana dal mondo.
D’altro lato, nel concreto della situazione italiana, questi allarmi sono senza fondamento.
Dalle nostre parti, ad esempio, le accanite lotte del passato sono assopite e sostituite da polemiche accese ma pacifiche; perfino nelle edizioni per la catechesi dei bambini c’è collaborazione fra la nostra casa editrice e quella salesiana».
Nel suo caso, è nato prima il matematico oppure il credente? «Vengo da un ambiente di campagna, sono nato a Chieri da una famiglia proveniente dalle Langhe.
I miei appartenevano al mondo artigiano, in un contesto aperto ma religioso.
In famiglia c’era sempre stato un certo numero di evangelici.
E anche molti sacerdoti.
Come in tanti altri casi, questa tradizione, che alcuni consideravano oppressiva, si è persa.
Quasi tutta la mia vita è passata senza pensiero di fede: studi di matematica, famiglia e poco altro.
In me il credente è nato dopo i 50 anni.
Non per un evento particolare ma per un’evoluzione progressiva.
Quando arrivano dei momenti di crisi – e arrivano per tutti – succede qualcosa: quello che per noi evangelici è la “chiamata”.
Il Signore ti cerca sempre e, quando sei in fondo al pozzo, lo riconosci».
E come ha reagito alla “chiamata”? «Facendo quello che so fare, cioè studiando.
Se si leggono le opere degli scienziati inglesi contemporanei di Newton, si scopre che erano tutti credenti, alcuni anche apologeti.
Leggendo le loro opere appare chiaro che per loro non c’era contraddizione tra scienza e fede; anzi erano convinti che scienza e fede non siano due cose diverse.
Non vedevano alcuna differenza tra scoprire teoremi e aver fede».
Ma qual è la ragione principale per cui non v’è contraddizione tra scienza e fede? «Come dice la Bibbia, e poi la Chiesa di tutti secoli, “se si guarda con fiducia la creazione, si vede il Creatore”.
I matematici poi sentono particolarmente il fascino della verità.
Studiano oggetti che considerano perfetti e che sono, inoltre, applicabili alla descrizione della natura.
Ciò che affascina lo scienziato è che il mondo sia stato non solo creato, ma creato comprensibile.
E il fatto che il mondo sia intelligibile è un dato a priori.
È l’attestato del ruolo che il Creatore ripone nella scienza dell’uomo.
Chi si occupa tutti i giorni di scienza si domanda: com’è possibile che una persona – sia pure geniale come Einstein – che lavora all’Ufficio Brevetti di Zurigo – capisca com’è fatto il mondo, e che le sue teorie vengano poi confermate sperimentalmente?».
Lei è appena arrivato da Hanoi, dove ha parlato in un convegno di Statistica.
E sta per partire per Berkeley in California.
La verità cui la matematica anela è universale, passa attraverso culture e tradizioni diverse…
«Hanoi è la capitale di un paese socialista, il Vietnam, con tante difficoltà da superare, e una cultura molto distante dalla nostra.
Ma, quando parliamo della nostra scienza, non c’è differenza che tenga.
La matematica cinese e quella di Euclide sono la stessa cosa.
Altri campi della cultura umana non hanno questa caratteristica».
Luigi Dell’Aglio Se «No Drama» è divenuto anche il motto della «Generation Obama» il merito è dello stesso neo-eletto presidente che tenne i nervi a posto in due momenti roventi della sua campagna: a metà gennaio quando perse in New Hampshire subito dopo il trionfo iniziale in Iowa e tre mesi dopo, allorché gestì le dichiarazioni razziste anti-bianchi del reverendo nero Jeremiah Wright riuscendo a trasformare la questione razziale da svantaggio in vantaggio elettorale.
Egli poi si ispira ad Abramo Lincoln, il presidente che seppe guidare un governo composto di ministri fra loro rivali grazie all’abilità nel rimanere calmo in momenti di crisi politica aggravati dalla Guerra Civile, come ricostruisce Doris Kearns Goodwin nel libro «Team of Rivals» che Barack ha confessato di tenere sul comodino.
Il richiamo al «No Drama« di Lincoln, si spiega con le sfide terribili che Obama ha di fronte: la recessione e due guerre aperte.
Per affrontarle e superarle con successo serviranno nervi molto saldi.
Però non bisogna dimenticare che il Dream Team 2009(l’insieme dei ministri ed esperti che compongono il suo gruppo di governo) ha saputo cogliere questo semplice ed efficacissimo detto dal No More Drama, che potrebbe diventare il motto per il mondo intero che è stanco di guerre, tragedie, razzismo, non solo nel 2009, ma nel futuro: “No drama (no more drama in my life) No more, no more, No more, no more No more tears (no more tears, no more cryin every night) No more fears (no more waking up in the morning) No drama, no more in my life No more drama, no more drama No more drama, no more drama No more drama, no more drama No more drama, no more drama No more drama in my life So tired, tired of this drama”(Cfr: dal singolo R&B di Mary J.
Blige).
Per il politologo Bill Schneider, volto di rilievo della tv Cnn, dietro «No Drama Obama» c’è l’identità di un leader riassunta da «tre C» ovvero «casual, cool, connected» (casual, calmo, connesso elettronicamente) che rispondono ad altrettante caratteristiche che ha chi lo ha votato.
Egli si sta preparando «con una calma alla Obi-Wan Kenobi» (il Maestro Jedi di Guerre Stellari) ad affrontare una terrificante lista di problemi planetari(così «Time» ritrae Barack Obama raccontando la «Persona dell’anno 2008»).
E noi “speriamo che se la cavi”.
Come speriamo che se la cavi l’altrettanto famoso “tiratore di scarpe”, divenuto anche lui un simbolo del cambiamento dei prossimi anni, in cui non si useranno armi, ma oggetti per colpire i tiranni.
Dopo il suo exploit, il giornalista iracheno Muntazer al-Zaidi, che ha tentato di colpire il presidente americano George W.
Bush lanciandogli contro le scarpe, i potenti temono eventuali “imitazioni” del gesto: chiunque parteciperà a una conferenza stampa sarebbe così tenuto rigorosamente d’occhio, onde impedirgli di levarsi le calzature e farne un uso che è stato definito “improprio”.
Ma non è meglio tirare una scarpa che sparare? Molti dicono che è il minimo che un iracheno potesse fare a uno come Bush, il tiranno criminale che ha ucciso due milioni di persone in Iraq e in Afghanistan.
Infatti, Muntazer, sebbene sia stato punito severamente dalle autorità irachene per la “cattiva figura” che hanno fatto di fronte al mondo, è diventato un eroe per le tante e le troppe popolazioni affamate e martoriate dalle guerre.
Per lui, per difenderlo si sono offerti gratis più di 200 famosi avvocati e pure in Italia ha trovato subito “copioni”(un esponente del partito Italia dei valori, ha deposto un vecchio mocassino infiocchettato davanti a Palazzo Chigi: per le parole e non i fatti del governo Berlusconi).
Ma la cosa più simpatica e anche divertente che potrebbe diventare una regola nei prossimi anni , è lo “scambio” avvenuto tra i soldati americani e capi tribù musulmane di stanza in medio oriente: il Viagra in cambio di preziose informazioni per snidare i guerrafondai! Figuriamoci, con tutte le mogli che hanno, avranno toccato il cielo con un dito, altro che chiamare Allah o i fondamentalisti armati per soddisfarle! Così, semplicemente, possiamo dire che Il “dream team” di Obama, Le scarpe di Muntazer al-Zaidi, il Viagra dei soldati americani, non sono che piccolissimi segni di un’umanità che vuole, fortissimamente vuole un cambiamento nella modernità che ha sostituito delle costrizioni visibili, individuabili, con alienazioni astratte e coercizioni strutturali, pretendendo di rendere l’uomo meno dipendente, ma lo ha isolato, reso più vulnerabile, più estraneo che mai ai suoi simili.
Convinta delle virtù pacificatrici dell’uguaglianza e del commercio, ha gettato l’uomo in una corsa mimetica infinita.
Alle disuguaglianze legate alla nascita, ha rimpiazzato l’oligarchia del denaro.
Ha provocato la distruzione dell’ambiente, l’omogeneizzazione attraverso l’economia e la tecnoscienza, la folclorizzazione dei popoli, la generalizzazione della solitudine e dell’anonimato.
Nel mondo postmoderno, il cambiamento avviene per implosione.
La vita comincia a cambiare quando un sufficiente numero di cittadini si distoglie dal gioco istituzionale perché ritiene che la vera vita sia altrove.
Oggi non abbiamo bisogno di rivoluzionari – figure emblematiche della modernità – ma di “creativi intelligenti”.
Come, appunto, lo sono le persone che ho citato e che dimostrano, ancora una volta, che l’umanità vuole camminare verso un domani migliore per tutti.
«Ho l’impressione che la percentuale di credenti sia più alta nel Dipartimento di Matematica, al Politecnico di Torino, dove lavoro, che tra le persone che incontro camminando per la strada o viaggiando in treno.
Alcuni dei miei colleghi non solo sono credenti ma fanno parte di movimenti, come ad esempio quello dei Focolari.
Però credo che non sia questione di percentuali da calcolare.
C’è una differenza più profonda, che salta all’occhio.
Tra i miei colleghi di università, credenti o no, incontro persone disposte a parlare, e anche a discutere, di fede.
Invece per la strada o in treno, se nella conversazione accenno a un argomento di fede, vengo guardato come un fenomeno da baraccone, con stupore più che con indifferenza.
E, se apro un giornale o una rivista, specie nelle pagine di scienza, genetica o medicina, come credente mi sento circondato da ostilità e rancore», riferisce il professor Giovanni Pistone, ordinario di Probabilità al Politecnico di Torino, membro della Chiesa Valdese.
Secondo biennio – Gennaio
V unità di apprendimento: “I cristiani: fratelli divisi” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO Conoscenze Abilità * La Chiesa popolo di Dio nel mondo: avvenimenti, persone e strutture.
* Identificare nei segni espressi dalla Chiesa l’azione dello Spirito di Dio, che la costruisce una e inviata a tutta l’umanità.
* Rendersi conto che nella comunità ecclesiale c’è una varietà di doni, che si manifesta in diverse vocazioni e ministeri.
OBIETTIVI FORMATIVI • Conoscere le principali tappe della storia del cristianesimo • Individuare somiglianze e differenze fra le confessioni cristiane • Comprendere il valore dell’ecumenismo Suggerimenti operativi • Questa unità di apprendimento presuppone una minima conoscenza della storia cristiana; per questo motivo l’insegnante deve iniziare con un brainstorming e partire con le successive spiegazioni proprio riallacciando i nuovi contenuti alle conoscenze pregresse.
• Schematizzare le tappe della storia cristiana con semplici frasi e alcune date.
Ad esempio: Pentecoste (…), prime comunità cristiane (…), persecuzioni (…), libertà religiosa (…), monachesimo (…), …
Costruire una linea del tempo da appendere in classe.
• Scrivere alla lavagna la parola ecumenismo e spiegarne il significato.
Raccontare e leggere alcune testimonianze degli incontri fatti ad Assisi e, se possibile, collegarsi ad internet per vedere anche le fotografie. • Leggere le parti principali del documento del papa sulla “giornata per la pace” che si svolge il primo gennaio, spiegare che ogni anno viene scritto un messaggio con un tema diverso e che tutto il mese di gennaio è dedicato dai cristiani alla ricerca dell’unità al loro interno e alla preghiera per la pace nel mondo.
• Imparare un canto che parli di pace, ad esempio: “La pace c’è” dello Zecchino d’Oro, il famoso “Evenu shalom”, “Ti do la pace” del Sermig…
Raccordi con altre discipline Italiano, storia, ed.
all’immagine, ed.
alla convivenza, geografia, informatica, ed.
alla musica.
Riferimento al tema “Per i diritti di tutti” “Convenzione sui diritti dell’infanzia”.
Art.
2: ogni bambino ha dei diritti non importa il colore della pelle, chi sono i suoi genitori, la religione che professa…
Art.
38: ogni bambino ha il diritto di essere protetto dalla guerra e di vivere in pace.
Primo biennio – Gennaio
V unità di apprendimento: “Gesù porta la pace” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO Conoscenze Abilità * Gesù, il Messia, compimento delle promesse di Dio.
* Cogliere, attraverso alcune pagine evangeliche, come Gesù venga incontro alle attese di perdono e di pace, di giustizia e di vita eterna.
OBIETTIVI FORMATIVI • Riconoscere nell’inizio di un nuovo anno un momento di speranza per il futuro • Capire che per i cristiani la pace è dono di Dio che si realizza nella nascita di Gesù Suggerimenti operativi • Ricordare che sono appena terminate le vacanze natalizie: chi si festeggia a Natale? E il 6 gennaio? Definire il fatto che la Befana è un personaggio della tradizione, ma in realtà il 6 gennaio è l’Epifania di Gesù, cioè la sua manifestazione a tutti gli uomini.
Raccontare come i protagonisti dell’Epifania sono i Magi, uomini sapienti venuti ad adorare Gesù.
• Aiutare i bambini a scoprire che attraverso i Magi Gesù si è fatto conoscere a tutti i popoli del mondo.
Spiegare proprio che i Magi rappresentano culture differenti.
Per fissare questa idea realizzare un cartellone da appendere in classe.
Titolo: “Gesù nasce per tutti”.
Frase di spiegazione: EPIFANIA = Gesù si manifesta a tutti i popoli del mondo.
Al centro incollare un’immagine di Gesù e intorno collocare i disegni dei bambini raffiguranti persone di tutto il mondo.
• Insegnare il semplice ritornello del canto “Pace sia, pace a voi” del Gen Rosso e mimare le parole, scrivere il testo sul quaderno e illustrarlo. • Spiegare che ogni anno, il primo gennaio, si svolge la “giornata per la pace” e il papa scrive un messaggio non solo per i cristiani, ma per tutti gli uomini del mondo.
Raccordi con altre discipline Italiano, ed.
all’immagine, ed.
alla convivenza, ed.
alla musica, geografia.
Riferimento al tema “Per i diritti di tutti” “Convenzione sui diritti dell’infanzia”: Artt.
37, 38, 39, 40: ogni bambino ha il diritto a essere difeso dalla violenza e a crescere in un ambiente dove regni la pace.