Le scienze: dentro, “a confine” ed oltre…

volume a cura di Giuseppe Ruta, docente dell’Istituto di Catechetica

 

 

 

Gli Autori di questo volume collettaneo sono studiosi e cultori di varie scienze che si sono lasciati coinvolgere in questa riflessione
multidisciplinare a più voci sul tema dell’interdisciplinarità e transdisciplinarità in un contesto inedito, qual è il nostro, segnato da trasformazioni  e cambiamenti, non ultima la pandemia che ci ha trovati coinvolti in modo ineludibilmente inclusivo a livello
planetario.

La scelta per la tematica è stata fortemente sollecitata, e continua ad esserlo tuttora,  da vari e differenti stimoli culturali che all’unisono hanno espresso in questi ultimi decenni l’esigenza di non fermarsi entro i confini della propria scienza, disciplina e competenza, ma di provare a interagire su campi di ricerca condivisi e persino a spingersi “oltre” al fine di approdare ad una visione che sia olistica, più aperta e possibilmente condivisa sul mistero della vita umana, in un crescendo di passione investigativa e di desiderio di benessere integrale (ben-vivere) che comporta il ben-pensare e il ben-sentire.

Prendendo le mosse dal recente magistero di Papa Francesco (in particolare il Proemio di Veritatis gaudium, 2015) e dal gruppo di scienziati che hanno elaborato e sottoscritto il Manifesto sulla transdisciplinarità nel 1994, di cui è portavoce il fisico teorico Basarab Nicolescu, il volume raccoglie vari punti di vista: architettonico e urbanistico, bioetico e biomedico, catechetico, estetico, economico e finanziario, filosofico, giuridico, pedagogico, pragmatico-comunicativo, psicologico, sociologico e teologico. Si ha così una sinfonia di voci differenti nel tentativo di creare armonia e intesa.

Ad arricchire la concertazione dei contributi, è la parte antologica che raccoglie alcuni brani sull’argomento. Autori come
Antiseri, Bassong, Bruner, Papa Francesco, Freitas, Guardini, Jantsch, Lonergan, Maritain, Morin, Nicolescu, Ortega y Gasset, Piaget, Wenger sono noti, altri meno come Bambara, Bianco, Bonaccorso, Branchesi, Groppo, Marzocca, ma nel loro insieme offrono uno spaccato interessante sul tema. Senza pretesa di esaustività, il volume è teso ad aprire un varco e non esaurire le tante possibili traiettorie di ricerca, impresa mai raggiungibile e ritenuta in partenza umilmente e umanamente impossibile (dalla Presentazione).

Bisogno di paternità

Si dice che la nostra è una società senza padri e per questo Papa Francesco, con la Lettera apostolica “Patris Corde” scritta  in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe, quale patrono della Chiesa universale, rimette al centro l’esercizio e il compito della paternità.  Egli offre l’occasione di volgere lo sguardo su colui che, insieme a Maria  ha custodito, amato, educato, protetto Gesù “con cuore di padre” compiendo l’opera  salvifica di Dio.

Oggi c’è estremo bisogno di paternità, ma la cultura, lo stile di vita, la rendono difficile da vivere appieno; non è possibile pensare l’educazione cristiana separatamente dall’educazione umana perché la questione del padre non tocca solamente la famiglia, ma la società intera e la vita della Chiesa. Molti giovani di oggi, credono in una falsa idea di autonomia che induce a concepirsi come un “io” completo in sé stesso, sottovalutando l’indispensabilità della relazione e del dialogo. L’utilizzo dei social ,specie in questo  tempo di pandemia, di certo, amplifica questa condizione, riducendo la relazione a qualcosa di molto superficiale che impedisce relazioni autentiche. Negli ultimi decenni il rifiuto dell’autorità e l’esaltazione dell’autonomia,  hanno causato un imponente spontaneismo senza fondamento e senza meta, aumentando le difficoltà nei rapporti  generazionali che senza dubbio richiedono sempre più tempo e pazienza affinchè i figli possono imparare a vivere imitando i propri genitori.  Spesso viene enfatizzata la dimensione materna, mentre appare più debole e marginale quella paterna, tuttavia è importante riconoscere quanto sia determinante la responsabilità educativa di entrambi, anche nei casi in cui essi decidano di attuare una separazione coniugale, senza sconvolgere la loro responsabilità genitoriale, salvaguardando il pieno diritto dei propri figli di avere una madre e un padre che con la loro diversità e  reciprocità  continuano a sostenerli e ad accompagnarli nella loro crescita.

Viviamo in una società in cui immaturità e infantilismo sono molto diffusi tra i giovani, procurando una forma di “adolescenza prolungata” non solo per mancanza di lavoro ma per la difficoltà a compiere scelte definitive. La fedeltà e la stabilità, più che come un valore attraente sono viste come un peso troppo grande per loro,  tanto da preferire, ad esempio, la convivenza piuttosto che il matrimonio. Si osserva anche un’ inversione dei ruoli: non sono più i figli a dover imparare dai genitori e a ricevere da loro norme e insegnamenti, ma al contrario,  sono gli adulti che si conformano ai criteri e ai comportamenti dei figli, cercando in questo modo di ottenere la loro approvazione. Questo certamente non consente un sano rapporto di responsabilità individuale. Se il padre è assente, è più probabile che insorgano insicurezze e frustrazioni, incapacità del giovane di pervenire alla stima di sé, a riconoscere e a elaborare i desideri più profondi. Il padre, in tutte le culture, ha  il compito importante di porre e riconoscere  limiti  e norme che accompagnano e orientano il cammino, in un clima di affetto e di fiducia; a  cercare un equilibrio  tra fermezza e tenerezza, tuttavia solo chi ha compiuto questo lavoro su sé stesso può aiutare altri a farlo.

L’anno dedicato a San Giuseppe potrebbe essere un’ottima occasione di approfondire seriamente tale figura di padre come indispensabile nella crescita armonica e nella educazione dei figli, che tanto oggi sembrano soffrire di punti di riferimento educativi affabili e consapevoli. Insomma  fare il padre, sentirsi padre ed essere padre predispongono un processo di costruzione della paternità legata alla relazione con i figli e le madri,  recuperando dei modelli autorevoli a cui ancorare il proprio agire educativo e formativo, affinché non si cada né nell’autoritarismo e né nel permissivismo. Disponibile a crescere nel tempo come padre, modulando gradualmente la sua funzione in conformità ai nuovi bisogni educativi manifestati dai figli in particolare e dalla famiglia nel complesso. I figli non hanno bisogno di un padre perfetto, ma umano, che non abbia paura dimostrare le proprie fragilità, che non si faccia portatore di un sapere assoluto,  ma che dia un senso alla vita. Un padre testimone che cammina accanto ai figli, anche a distanza in modo da sorreggerli nella fatica di crescere; sale della vita che silenziosamente le dà un senso, ma è anche luce che sprona, che crea, che costruisce e allo stesso tempo abita il mondo. La testimonianza paterna è di amore, di sostegno, di forza, tralcio a cui la vite deve aggrapparsi per crescere. Affidiamo a San Giuseppe le famiglie con la speranza che seguendo il suo esempio impariamo a fare spazio nella nostra vita e a fidarci della volontà di Dio Padre che è amore sconfinato per ciascuno dei suoi figli.

sr. M. Rosa Lorusso

bollettino del santuario della madonna del carmine di Montefalcone maggio 2021

Catechisti oggi in Italia.

Indagine Mixed Mode a 50 anni dal “Documento Base”

Nella felice ricorrenza del 50° anniversario del Documento Base, Il Rinnovamento della Catechesi (1970), il presente volume raccoglie i risultati più significativi di un’indagine sui catechisti italiani promossa dall’Istituto di Catechetica dell’Università Pontificia Salesiana (Roma). Ciò che appare è una nitida istantanea fotografica della situazione di quelli che sono i principali educatori nella fede in Italia.

Il volume si apre con la Prefazione del sociologo Roberto Cipriani, la Presentazione del Card. Marcello Semeraro e l’Introduzione dei catecheti Ubaldo Montisci e Antonino Romano.

L’originalità della presente Ricerca (2017-2020), oltre all’aggiornamento della situazione, sta nella sua duplice strutturazione qualitativa, a cura di Emanuele Carbonara e Antonino Romano, e quantitativa, curata da Teresa Doni, secondo il Mixed Mode attuato mediante un’innovativa metodologia di ricerca di cui si rende ragione nella prima parte del volume. D’intesa con i curatori, l’interpretazione dei dati è stata effettuata da vari esperti e cultori di catechetica, alcuni dei quali hanno fatto parte del team della Ricerca sin dall’ideazione.

La situazione catechistica in Italia è stata scandagliata secondo varie prospettive che richiamano i capisaldi del Documento BaseCosa rimane del DB nella consapevolezza dei catechisti di oggi? (G. Ruta), La natura teologica, pedagogica e comunicativa della catechesi (S. Soreca), Una catechesi per l’integrazione e interiorizzazione del messaggio nella vita (L. Meddi), La catechesi in una pastorale integrata e la sua incidenza nella cultura (V. Bulgarelli), I catechisti italiani: identità e auto-percezione (R. Paganelli), Missione e immagine di Chiesa nei catechisti italiani (P. Triani), I molti volti della comunità educante (F. Vanotti), Competenze, metodo, pratiche (G. Barbon), Articolazione del messaggio cristiano (J.L. Moral), Linguaggio e catechesi (L. Donati Fogliazza). Infine, Ubaldo Montisci firma le Annotazioni conclusive e prospettive.

Il quadro che viene proposto offre la mappa e la bussola per rilanciare la catechesi in Italia nell’orizzonte della “nuova evangelizzazione” il cui volano è costituito dalla formazione dei catechisti e dalla promozione di comunità cristiane adulte, capaci di “generare” alla fede.

 

Istituto di Catechetica – Università Pontificia Salesiana

Catechisti oggi in Italia. Indagine Mixed Mode a 50 anni dal “Documento Base”

Collana: Catechetica, Educazione e Religione, n. 9

Anno di pubblicazione: 2021

Pagine: 308

EREnews_XIX_1_2021

Come avrete occasione di leggere, e come anticipato lo scorso anno dal prof. Pajer, da quest’anno EREnews passa sotto la gestione di un comitato scientifico dell’Università Roma Tre.

Noi ringraziamo il prof. Flavio Pajer per la collaborazione che data da lungo tempo con l’Istituto di Catechetica e per aver messo a disposizione dei lettori del nostro sito il frutto del suo prezioso lavoro di ricerca.

Auguriamo a Lui e ai membri del nuovo Comitato scientifico la migliore riuscita e soddisfazione nelle molteplici attività che li attendono in futuro.

(Ubaldo Montisci, Direttore dell’Istituto di Catechetica).

All’interno dell’allegato le indicazioni per la sottoscrizione del nuovo abbonamento.

EREnews_XIX_1_2021

Catechesi per una nuova normalità. Alcune provocazioni.

Il 5 aprile 2021 si è tenuto il Webinar di presentazione del volume.

Il link: https://www.youtube.com/watch?v=6Wq_lYz64mc

 

I catecheti di tre diverse Università latinoamericane (Boston College, Pontificia Universidad di Rio di Janeiro e Instituto Escuela de la Fe del Cile) hanno riflettuto sul ruolo che è chiamata a svolgere la catechesi in tempo di pandemia.

Li ringraziamo per l’omaggio della pubblicazione dell’incontro  che mettiamo a disposizione dei nostri lettori.

Il volume “Catequesis para una nueva normalidad. Pistas provocativas” è in versione elettronica e a libero accesso, a questi link:

Catequesis para una Nueva Normalidad

Buona Pasqua !!!

«Già primavera così l’annunciava:

ecco è passato l’inverno di morte,

è sorto il sole che più non tramonta,

la vita ha vinto, per sempre risorta.

Uomini, più non temete la morte: 

dalle rocciose caverne mostrate 

i nuovi volti, la nuova natura: 

è il nostro Dio che è sempre nuovo»

(D. M. Turoldo)

 

L’ISTITUTO DI CATECHETICA VI AUGURA

UNA BUONA PASQUA DI RISURREZIONE!

Italia – Pastorale: credere social

Che cosa vuol dire stare sui social media da cattolici? Ma soprattutto, esiste davvero un modo cattolico per utilizzarli? Queste e molte altre riflessioni hanno guidato un interessante confronto in occasione del webinar «Catto-social: il fenomeno don Ravagnani e le sfide digitali per la Chiesa», organizzato da Vinonuovo.it e svoltosi lo scorso 16 febbraio. Fra i partecipanti anche lo stesso don Alberto.

Il boom sui social del ventisettenne sacerdote di Busto Arsizio, diventato celebre per aver trovato in YouTube un canale di dialogo con i suoi studenti e ragazzi dell’oratorio durante il primo lockdown, è stato l’occasione per discutere del loro ruolo nel mondo cattolico, fra i ragazzi e non solo. Di don Alberto avevamo già parlato a giugno nel numero 14 di Attualità 2020, ma da allora di cose ne sono successe molte e l’incontro è stato utile per raccontare quelle che potremmo definire delle vere e proprie esperienze di evangelizzazione digitale.

Fra gli ospiti anche la sociolinguista Vera Gheno e don Luca Peyron, coordinatore del Servizio per l’apostolato digitale della diocesi di Torino, che insieme a don Alberto hanno cercato d’indagare le sfide digitali che oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare.

social media, nella definizione classica di Andreas Kaplan e Michael Haenlein (https://bit.ly/38phXCk) sono quel «gruppo di applicazioni basate su Internet che costituiscono i fondamenti ideologici e tecnologici del web 2.0 e che consentono la creazione e lo scambio di user-generated content», ovvero, di contenuti creati dagli utenti. La loro tipica caratteristica è quella dell’orizzontalità della comunicazione. È ciò che differenzia i social media dagli altri mezzi di comunicazione di massa, ossia la possibilità di creare e scambiare contenuti in una simultaneità che ci porta a essere sempre più connessi gli uni agli altri.

Raccontando la sua quotidianità sul web, don Alberto ha insistito sul concetto di comunicazione paritaria, e sul fatto che ciò che avviene sui social è spesso meno costruito di quello che accade sugli altri mezzi di comunicazione. Ci sarebbe cioè una maggiore spontaneità da parte degli utenti, senza però dimenticare rischi e pericoli di questo ambiente comunicativo in cui siamo immersi.

A tal proposito è utile menzionare qualche numero sulla crescente digitalizzazione che stiamo vivendo. Secondo l’agenzia di comunicazione We Are Social, nel 2020 – anno d’inizio della pandemia – in Italia erano oltre 1 milione le persone connesse a Internet per la prima volta, con un incremento del 2,2% che fa superare la soglia dei 50 milioni.

Sono poi oltre 2 milioni i nuovi utenti sbarcati sulle piattaforme social: un incremento quasi del 6% per un totale di 41 milioni (dati Global Digital Report 2021; https://bit.ly/30sWKTB). Sono dati significativi che evidenziano come la nostra società stia cambiando velocemente e con essa le relazioni sociali in cui tutti – anche i cattolici – si trovano a vivere quotidianamente.

social – e più in generale la Rete, in cui essi s’inseriscono – sono un ambiente che siamo chiamati ad abitare: esso pervade la nostra realtà, sia quella che si crea nella connessione sia in quella senza, determina le nostre abitudini e i nostri comportamenti. È dalla miscela di questi elementi che emerge quindi la necessità di un’educazione e di una formazione per stare su queste piattaforme, che ci portano a esporci pubblicamente al mondo.

Primo, la coerenza

Questa apertura amplifica le opportunità che abbiamo di entrare in relazione. La testimonianza di don Alberto racconta l’incontro con l’altro – potremmo dire con il «prossimo» – su Facebook, YouTube, Instagram, Tik Tok: «I social sono piazze dove tutti noi siamo chiamati a partecipare, ascoltare, interagire. Sono luoghi di relazione e grandi occasioni per crearne di nuove e autentiche anche fuori dal virtuale». Piazze che compongono una città più grande in cui scopriamo posti nuovi: navigare in Rete ci permette di scoprire nuove piazze virtuali e nuovi linguaggi da imparare per conoscere.

Come ad esempio, la novità del momento: ClubHouse. Si tratta di un social fatto solo di audio: si può solo parlare e ascoltare all’interno di «stanze» create appositamente per discutere, su invito, di una tematica. Ravagnani ha così pensato di crearne una dove ogni mattina legge e commenta il Vangelo. Un esercizio per recuperare il gusto della parola e la dimensione dell’ascolto, per un dialogo che passa oggi sempre più attraverso formati differenti ma complementari. Il linguaggio del digitale che ne deriva può così diventare uno strumento per comunicare meglio la fede e moltiplicare le opportunità di evangelizzazione.

La pandemia ci ha abituati a nuove forme comunicative, anche in campo religioso. La storia di don Ravagnani ne è un esempio, così come quella di molti altri religiosi e laici che con creatività hanno trovato nella Rete nuove strade di accompagnamento dei fedeli. Oggi sta forse nascendo una nuova generazione di credenti in grado di comunicare la propria fede con il linguaggio del digitale, ma ciò passa inevitabilmente dal nostro essere credenti anche fuori dai media.

Non esiste una versione social della fede, quanto piuttosto l’applicare coi linguaggi della Rete quella capacità d’ascolto, incontro e dialogo che dovrebbe caratterizzare la vita di fede. È probabilmente questa la risposta alle domande con cui abbiamo aperto l’articolo. Andare là dove sono le persone: una sfida storicamente importante per la Chiesa e con essa per ogni credente.

Giuliano Martino

Attualità, 6/2021, 15/03/2021, pag. 16