È il momento delle utilizzazioni

Con la firma del Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI) sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie lo scorso 26 giugno si è aperta per gli Idr di ruolo la fase delle utilizzazioni, che costituisce il momento più importante per la mobilità ordinaria di questo personale.
L’OM 36 del 23-3-2009 ha già provveduto a normare – come l’anno scorso – la mobilità interdiocesana, che però interessa un numero limitato di Idr.
Molti di più sono coloro che desiderano muoversi all’interno della propria diocesi per migliorare una sistemazione su più scuole o per avvicinarsi a casa.
Il CCNI del 26-6-2009 riprende in gran parte, con minime integrazioni, le disposizioni già fissate negli anni precedenti e ripropone alcuni dei problemi che già si erano posti in passato.
In primo luogo, può essere utile ricordare che gli Idr di ruolo sono titolari su un organico regionale, vincolato alla diocesi per via dell’idoneità.
Essi non sono quindi titolari sulla scuola ma sulla diocesi e sono assegnati alla sede scolastica mediante l’istituto dell’utilizzazione (che ordinariamente sarebbe un’operazione di durata annuale, ma che nel caso degli Idr diventa una sistemazione a tempo indeterminato).
Dato che l’utilizzazione è disposta d’intesa tra Ufficio scolastico regionale e autorità ecclesiastica, per ottenere un trasferimento gli Idr di ruolo devono fare domanda di utilizzazione in altra sede della medesima diocesi e contare sul consenso dell’ordinario diocesano.
La graduatoria prevista dall’art.
10, cc.
3-4, dell’OM 36/09 serve solo all’individuazione del personale in esubero a livello diocesano e quindi non deve essere utilizzata per individuare il soprannumerario nella singola scuola in caso di contrazione oraria.
Ci si potrebbe allora domandare a cosa serva questa graduatoria, citata anche dall’art.
1, c.
6 del CCNI in questione, visto che l’utilizzazione è comunque rimessa alla discrezionalità dell’intesa con l’autorità ecclesiastica; in risposta si può sostenere che essa abbia solo un valore orientativo per l’amministrazione scolastica che, in sede di intesa, deve comunque avere un proprio criterio da far valere per il raggiungimento di un accordo, fermo restando che la scelta dell’ordinario diocesano – se non palesemente irragionevole – non può essere contestata dall’amministrazione.
La principale novità del CCNI di quest’anno può essere l’art.
2, c.
5, che prevede la possibilità di completare l’orario nella scuola di titolarità per quegli Idr che subiscano una riduzione fino a un quinto dell’orario d’obbligo.
La norma, già introdotta lo scorso anno per la sola scuola secondaria, è stata estesa quest’anno anche alla scuola primaria e dell’infanzia, probabilmente per attutire gli effetti dei tagli di organico imposti dalle recenti misure finanziarie.
A prescindere dall’equivoco riferimento alla «scuola di titolarità», che per gli Idr può usarsi solo per analogia, non avendo essi una titolarità sulla scuola, va ricordato che lo scorso anno la disposizione aveva dato luogo a una nota di chiarimento (prot.
AOODGPER 12441 del 23-7-2008) in cui si precisava che «la possibilità di completare l’orario d’insegnamento deve intendersi riferita al territorio diocesano e al caso in cui, d’intesa con la competente autorità ecclesiastica, si verifichino per un numero limitato di insegnanti riduzioni d’orario non superiori ad un quinto dell’orario d’obbligo che non siano diversamente recuperabili mediante utilizzazione presso altre sedi scolastiche, nel rispetto delle quote di organico del personale di ruolo e non di ruolo e ai sensi della normativa vigente».
Al momento in cui scriviamo la precisazione non è stata reiterata, ma sembra evidente che debba valere anche nell’attuale situazione, riducendo perciò sensibilmente la possibilità di completare l’orario nella propria sede di servizio.
Del resto, è facile capire come una simile circostanza possa applicarsi in ogni scuola solo a pochi docenti delle altre materie, mentre – a parità di contrazione di organico – potrebbe interessare la quasi totalità degli Idr.
Sarebbe quindi improponibile un’applicazione letterale, ma la disposizione contribuirà lo stesso a risolvere qualche caso critico.
La circostanza consente di fare chiarezza anche su altri aspetti delle utilizzazioni che incidono sulla gestione degli organici degli Idr di ruolo e non di ruolo.
Un equivoco abbastanza diffuso è la pretesa disponibilità per gli Idr di ruolo dei posti affidati agli incaricati (30%).
In realtà, nella logica della legge 186/03 le due quote del 70% e del 30% vanno ugualmente salvaguardate, evitando di recuperare sull’una (il 30%) le eccedenze dell’altra: gli Idr incaricati non rappresentano una quota residuale dell’organico dell’Irc, ma ne costituiscono una parte incomprimibile, fatti salvi, ovviamente, gli arrotondamenti e i recuperi di eccedenze non diversamente compensabili.
Finché possibile, perciò, cioè fino alla concorrenza del tetto del 70% dell’organico diocesano complessivo, gli Idr di ruolo che dovessero perdere ore nella propria sede di servizio dovranno andare a completare il loro orario in altre scuole della diocesi.
Le domande di utilizzazione scadono per tutti gli Idr il 24 luglio, ma l’eventuale completamento orario all’interno della scuola in cui si è verificato l’esubero deve tenere conto dell’organico di fatto, quindi si tratterà di operazioni effettuabili solo successivamente.

La scienza e la vita di Albert Einstein

Da questo libro emerge tutta la paradossalità di una situazione nella quale l’uomo cui veniva imputata la caduta dei punti di riferimento oggettivi e perfino etici su cui si reggeva il vecchio mondo, a sua volta attaccava le nuove teorie dei quanti perché negatrici di qualsiasi possibilità di spiegare oggettivamente la realtà.
Ed è stupenda l’immagine che ci ha lasciato un altro testimone dell’epoca, Otto Stern, allorché ci ricorda il congresso Solvay del 1927, che praticamente si svolgeva, invece che nell’aula dei congressi, nella sala da pranzo dell’albergo in cui erano ospitati gli scienziati: Einstein esponeva a colazione le sue obiezioni alla teoria quantistica, Bohr prendeva appunti e a cena traeva le sue controindicazioni che sottoponeva a Einstein.
È l’immagine di un mondo di uomini non comuni che durante i pasti conversavano come vecchi amici, solo che invece di parlare di calcio o di donne discutevano di orbite di elettroni e di particelle sub-atomiche, il che sfata alcuni luoghi comuni sulla tetraggine dell’uomo di scienza in generale e conferma quanti, tra i quali lo stesso Pais, notavano ammirati l’esuberanza e la vitalità di Einstein.
Lo scienziato di Ulm dunque viene ricordato in questo libro come uno studioso ossessionato dall’idea di non poter controbattere in modo definitivo alla teoria dei quanti, soprattutto al principio di indeterminazione.
Ironia del destino, Einstein appare come uomo d’ordine rispetto ad un manipolo di giovani scavezzacollo che non accettavano più quest’ordine.
Il teorico della relatività non ne fece mai una questione personale, ma per lui l’incertezza conoscitiva coinvolgeva elementi più profondi della psiche umana, soprattutto il bisogno di credere in una realtà oggettiva frutto di una creazione, ed ecco il perché della frase prima citata.
“Il Signore è sottile, ma non malizioso”: voleva dire che, se si vuole, si possono trovare le tracce della creazione e delle sue leggi nell’universo.
La teoria dell’indeterminazione metteva in crisi questa convinzione.
Non è un caso che nel 1950, passeggiando proprio con Pais, Einstein se ne uscisse con un’altra delle sue celebri frasi: “È veramente convinto che la Luna esista solo se la si guarda?”.
Il suo interlocutore e biografo infatti aveva compiuto i suoi studi sotto la guida di maestri che si rifacevano alla fisica quantistica, e il premio Nobel voleva stuzzicarlo, lasciando trapelare però come i quanti fossero una ferita sempre aperta in lui.
I quanti, quindi, mettevano in dubbio la realtà e il progetto che si celava in essa.
Dio divenne quindi un elemento in grado di rafforzare l’attacco di Einstein all’iper-relativismo di Bohr, Heisenberg e compagni.
Ma nessuno ha mai chiarito quale Dio avesse in mente Einstein, neanche il libro di cui stiamo parlando, scritto da un testimone diretto con cui lo scienziato aveva dimestichezza.
Pais è convinto che questo Dio non fosse un Dio-persona come nelle grandi religioni monoteistiche: “Se aveva un Dio, era il Dio di Spinoza”.
Tutto chiaro, allora? Apparentemente.
Perché poi emergono, anche da questo lavoro, elementi che fanno pensare ad una questione più complessa e mai risolta integralmente neanche nella mente dello stesso Einstein.
Intanto vi è un’ammissione dello stesso biografo, che spiegando l’atteggiamento dello scienziato nei confronti delle sue teorie chiarisce che egli le interpretava “come transizioni ordinate in cui egli si sentiva chiamato a svolgere il ruolo di strumento del Signore”.
In poche parole, la forza cui pensava il premio Nobel sarà stato pure il Dio di Baruch Spinoza, però nelle stesse parole di Pais – e in quelle di Einstein – si intravede qualcosa di diverso dal Dio-causalità necessaria, e quindi non libero creatore teorizzato dal filosofo olandese.
L’elemento personale della divinità viene messo in dubbio dal biografo sulla scorta di una affermazione del grande scienziato: “Ora comprendo che il paradiso religioso della giovinezza, così presto perduto, fu un primo tentativo di liberarmi dalle catene del “puramente personale””.
La frase riguarda la reazione di Einstein al periodo in cui visse, attorno agli undici anni, una fase intensamente religiosa, che terminò abbastanza presto.
Il termine del fervore non vuol dire però l’abbandono di tutta la religiosità, e quella stessa frase che abbiamo citata, può essere interpretata come rinuncia a una interpretazione eccessivamente individualistica del mondo.
Pais insiste: la “fedeltà alle proprie radici non comportava connotazioni religiose”.
Ma più avanti deve citare Einstein: “Una persona religiosa è devota nel senso che non ha dubbi circa il significato e la grandezza di quegli obiettivi e di quei fini che trascendono la singola persona e che non necessitano né sono suscettibili di un fondamento razionale (…).
Non è possibile alcun contrasto (tra scienza e religione), la scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca”.
di Marco Testi (©L’Osservatore Romano – 5 luglio 2009) Subtle is the Lord recitava il titolo dell’edizione originale, 1982, del volume di Abraham Pais sulla scienza e la vita di Albert Einstein, come spiegato nel sottotitolo, la cui citazione non appaia gratuita: nell’edizione italiana – la terza dopo quelle del 1986 e del 1991 – La scienza e la vita di Albert Einstein (Torino, Bollati Boringhieri, 2008, pagine 561, euro 22) diviene il titolo vero e proprio.
Sparisce quindi quel riferimento alla “sottigliezza” del Signore, contenuta in una celebre battuta del grande fisico: “Il Signore è sottile, ma non malizioso” riportata in questo stesso volume nella traduzione di Gianfranco Belloni e Tullio Cannello, che ne è anche il curatore.
Una battuta, quella di Einstein, polemica contro la nuova teoria dei quanti e soprattutto contro il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg, che poteva essere interpretato come l’impossibilità di descrivere in modo completamente oggettivo un esperimento, in quanto chi osserva modifica l’esperimento stesso: il che voleva significare l’ammissione della impossibilità di dare un ordine al mondo, e soprattutto di pensare a una realtà come esterna a noi: chi guarda è parte dell’universo osservato, e non ha quindi alcuna patente di oggettività.

riprova

  Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare.