Dire e vivere la fede nel contesto secolare

di: Rinaldo Paganelli

 

 

 

Bruxelles, 1-6 giugno, congresso dell’Equipe Europea di Catechesi. Oltre 60 i partecipanti, 15 i paesi rappresentati. Attuale e coinvolgente la tematica “L’inserimento profetico della fede nella cultura europea postmoderna”. Buone le linee di ricerca. Qualificata la spinta verso cambi di paradigmi ecclesiali e catechistici. Un invito ad affinare gli occhi per discernere il Regno di Dio che è già presente in mezzo a noi, a lasciarci evangelizzare dalle figure evangeliche già disseminate nella vita sociale, lasciarsi istruire da esse.

 

Comprendere la secolarizzazione

La secolarizzazione è contemporanea al crollo della religione, in particolare di quella cristiana. Ci sono molte parole per indicare questo crollo: crisi, declino allontanamento, detradizionalizzazione, esculturazione, esilio, disincanto del mondo, crollo del mondo cristiano.

La catechesi è in prima linea nello sperimentare tutta la forza di questo allontanamento della società secolarizzata dalla fede. Assistiamo a un declino della fede cristiana ereditata, e ad una erosione del cristianesimo sociale. È la figura della “religione culturale” che è al capolinea e in via di estinzione. È diventata irrilevante, insignificante per i nostri contemporanei, soprattutto per le nuove generazioni.

Guido Vanheerwjck (Università di Anversa e Lovanio) ha messo in luce che le cose sono diventate più complesse agli occhi dei ricercatori. Infatti, sia la società secolarizzata sia le stesse religioni stanno subendo delle ricomposizioni che interferiscono e si condizionano a vicenda.

È corretto diagnosticare che, con velocità, stiamo passando dalla logica del “meno” a quella del “quasi non più”. Ci sono, per esempio, in un periodo di tempo definito di 5 o 10 anni, meno catechizzati, meno sacramenti, meno gruppi di azione caritativa. Ci sono anche meno sacerdoti, e la recente crisi del Covid ha fatto da acceleratore, sempre meno soldi per far funzionare la macchina ancora complessa di una costosa istituzione. Quando si è arrivati a uno stadio di “quasi non più”, pensare alla cura pastorale diventa una sfida complessa. Anche se non bisogna generalizzare.

La religione non è assente e non è scomparsa, ma non è più il quadro di riferimento dell’intera cultura. La Chiesa non vive più in un mondo cristiano, ma nel mondo. Comunque «sopravviverà per due motivi: esiste un “nucleo duro” che trova ancora più forza in quanto è minacciato. D’altra parte, c’è una richiesta di spiritualità nella società e la secolarizzazione non è esattamente sinonimo di “materialismo”».

I valori dominanti in Europa fino agli anni Sessanta erano valori cristiani secolarizzati. Questo ora non vale più. Si voleva basare i valori dell’Europa sui diritti umani. Ma hanno contribuito ad accentuare l’individualismo che accompagna la crisi del legame sociale e della globalizzazione.

Il problema del cristianesimo è che non ha più alcuna legittimità, deve riconoscere di essere una minoranza e uscire dalla fortezza per offrire una risposta a questa diffusa richiesta di spiritualità nella società. Una richiesta che avvantaggia i fondamentalisti protestanti (evangelici), i musulmani (salafiti), le sette (testimoni di Geova) o una spiritualità diffusa (zen, autorealizzazione, medicina sommersa…).

 

Visibilità pubblica ridotta

È pur vero che, da tempo, nei confronti del cattolicesimo, il mondo delle élites in genere, mostra un’indifferenza venata di larvata ostilità: ad esempio, considerando una violazione del principio di laicità la presenza cristiana nello spazio pubblico a qualsiasi titolo essa sia. Si verifica così un fenomeno paradossale: il dato religioso, tenuto nella massima considerazione quando si tratta di religioni diverse da quella cristiana, in quest’ultimo caso, invece, è oggetto perlopiù di un’infastidita rimozione/emarginazione.

Con due gravi conseguenze: di non accrescere certo le simpatie per l’Europa in vaste cerchie delle popolazioni del continente che, anche se magari lontane dalla pratica religiosa, non sono tuttavia disposte a staccarsi dalla tradizione cristiana, e di regalare ai nemici dell’Europa l’ennesimo facile argomento di propaganda.[1]

Tutti i populisti affermano di sostenere l’identità cristiana europea, ma per la maggior parte essi non sono praticanti e rigettano i valori cristiani. Facendo così, essi uccidono lo spirito della cristianità e lo fanno diventare qualcosa di folcloristico e privo di contenuto spirituale contribuendo a secolarizzare la cristianità trasformandola in un mero mercato etnico-culturale di identità.

 

Dilatazione del mondo secolare

D’altro canto, la religione cristiana, enfatizzando il trascendente, ha aperto lo spazio per un mondo secolare, autonomo, che non ha bisogno di Dio. Allo stesso tempo, il progresso della scienza ha portato a privilegiare il ragionamento e a liberare dal pensiero magico.

Una cultura secolarizzata è da preferire a una cultura religiosa in cui un credo si impone sull’intera cultura. La legittimità di una cultura secolarizzata consiste nel riconoscimento della libertà religiosa. Non a caso la società disincantata anela essa stessa a un reincanto, ma in modi nuovi.

Provo a visibilizzare questo bisogno di spiritualità con una breve digressione esperienziale. Di passaggio dall’aeroporto di Bruxelles sono stato incuriosito dal simbolo che indicava la presenza di un luogo per la preghiera. Dopo la prima rampa di scala mobile, che dava accesso alle sale d’attesa di prima classe, mi sono trovato di fronte una rampa impegnativa di scala normale che dirigeva verso il luogo di preghiera. Immaginavo di trovarmi di fronte alla solita cappella cattolica. Con mia sorpresa in batteria erano dislocate alcune stanze per le diverse espressioni religiose: cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani, e una sala per un confronto su problematiche morali. Facile dire che era più affollato il duty free rispetto a questo spazio di aeroporto. E, nel breve tempo che mi sono concesso, mi sono imbattuto in una sola persona.

A partire da questo vissuto ho sentito risuonare in modo forte la domanda del congresso: Come inserire profeticamente la fede nella cultura contemporanea? Come vivere l’appartenenza in un contesto plurale. Come trasmettere la fede ricevuta senza rimanere imprigionati in forme e istituzioni predefinite? Cosa può voler dire essere Chiesa?

 

La necessità della Chiesa

Il card. Joseph De Kesel, arcivescovo di Malines-Bruxelles, rifacendosi alle linee proposte in un suo libro recente[2] ha evidenziato che nessuna religione può esistere e sopravvivere senza un minino di strutture. Ecco allora la ragion d’essere della Chiesa: essa si trova ad essere la forma di organizzazione del cristianesimo e non solo.

Secondo questo punto di vista, la Chiesa nella sua struttura deve continuamente essere adattata. Deve imparare a rispondere meglio ai bisogni del nostro tempo, meglio funzionare, meglio corrispondere alle attese dell’uomo di oggi.

La vera questione è sapere perché Dio ha bisogno della Chiesa. Non c’è che una risposta: perché Dio la vuole. Quando si parla di Dio, si intende Dio come la tradizione biblica e cristiana ce l’hanno fatto conoscere, e questa tradizione ha qualcosa da dire a riguardo di Dio che è unico e che, allo stesso tempo, è di grande importanza per l’uomo e la sua salvezza, per il mondo e per il suo futuro. È il fatto che Dio ci cerca, che noi siamo molto importanti per Lui, che Dio ci ama.

Ma, se è vero che Dio è alla ricerca dell’uomo, se in lui si ha veramente questo desiderio di incontrarlo e di condividere con lui, allora è là che bisogna cercare l’origine e la ragion d’essere della Chiesa. Dio non è solo colui che dona la vita, ma anche colui che vuole condividere questa vita. Creazione e rivelazione hanno come unico obiettivo l’alleanza.

Alla fine, quando tutto sarà compiuto, non è la Chiesa che sarà salvata, ma la creazione. Ciò che Dio vuole è che l’uomo viva, e che la sua creazione possa riuscire (Gv 10,10). Anche se nessun essere umano al mondo conoscesse Dio e nessuno avesse coscienza del suo amore per la sua creazione, rimane vero che Dio ama questo mondo ed è quella la sola ragione della nostra esistenza.

 

Il cammino di libertà

La fede e l’amore presuppongono la libertà e Dio è il primo a rispettare questa libertà. È la grandezza di Dio e il mistero del suo amore ad aver creato un essere che è capace di negarlo. Ciò che Dio cerca è l’alleanza e l’amicizia. Niente di straordinario che la liturgia eucaristica sia al cuore della Chiesa. È la preghiera per eccellenza. È come tutte le liturgie celebrazione dell’alleanza. Così come una famiglia si ritrova per un pasto in diverse occasioni, ma sempre per celebrare le stesse cose: l’alleanza, il bene, la gioia di essere vicino l’un l’altro. La Chiesa condivide le gioie e le sofferenze degli uomini, resta sempre legata al mondo.

Le nostre chiese si trovano sulla strada e le porte sono aperte a tutti. In una società segnata dalla secolarità e dal pluralismo, siamo chiamati a vivere insieme nel rispetto delle altre convinzioni. Nessuna pastorale è degna di questo nome se non si basa sul rispetto dell’alterità e della libertà dell’altro. La Chiesa ha una missione universale ma, allo stesso tempo, cura la propria particolarità. Non è il mondo né l’insieme dei popoli, è il popolo di Dio che vive in mezzo alle nazioni. Ciò che Dio chiede è di riservargli dei luoghi dove può, già ora, abitare in mezzo a noi.

 

Chiesa missionaria

In tempo di secolarizzazione la Chiesa non può essere una comunità chiusa. La vera questione non è sapere se la Chiesa è capace di conservare il numero attuale di membri, ma se può attirarne di nuovi, se qualcuno che è interamente integrato nella cultura secolarizzata di oggi è capace di essere toccato dalla verità, dalla forza e dalla bontà dell’Evangelo. Rimane comunque assodato che la missione non può essere confusa con la restaurazione di una civiltà cristiana omogenea.

Se la cristianizzazione dell’intera società diventa l’obiettivo della nostra presenza nel mondo, si perde ogni credibilità. La Chiesa non è chiamata a inglobare progressivamente il mondo e ad accogliere al suo interno tutta la società. La Chiesa è la comunità dei cristiani e non la riunificazione di tutta la popolazione.

Nel vangelo, si fa spesso distinzione tra i discepoli e la folla (Mt 5,1-2). La Chiesa è il popolo di Dio in cammino e, come Gesù, deve “scomparire tra la folla” quando le persone iniziano a credere, quando acquisiscono nuove forme di fede.

La Chiesa che si mescola nella folla è permanentemente in divenire. In tal senso, il brano di Gv 10,1-21 è ugualmente significativo. Gesù si rivela come il buon pastore e come la porta delle pecore. Il brano parla di un gregge e di un ovile, tuttavia non separa un “dentro” dove entrare e un “fuori” verso dove uscire (v. 4).

Il versetto 9 afferma: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato, entrerà e uscirà e troverà pascolo». Non è importante il “dentro” e il “fuori”, solo il passaggio che situa in Cristo è importante.

Sempre in questa linea, come non ricordare che anche attorno a Cristo Gesù c’erano i fedeli discepoli, e la folla a volte fedele e in altre occasioni più distratta e preoccupata della propria quotidianità.

Le persone che intraprendono il cammino di fede sono dei “sismografi” per le vie della Chiesa missionaria. In una prospettiva missionaria non ci sono processi univoci, né devono esserlo. Una Chiesa missionaria e mondiale è caratterizzata da incoerenze, e in questo senso anche le incomprensioni e i conflitti fanno parte dei processi di apprendimento.

La dimensione di fragilità e fatica aiuta a capire che la Chiesa non è tutto, è un popolo tra gli altri popoli. Ma è un popolo chiamato tra tutti i popoli. Il riconoscimento del suo carattere limitato trova la sorgente nel rispetto per il mondo e anche nel rispetto per ciò che essa stessa è.

 

Il cambio di prospettiva

La questione – ha sostenuto il cardinale di Bruxelles – non è sapere se la Chiesa deve essere missionaria, ma piuttosto come lo deve essere, senza aspirare a una ricristianizzazione della società.

C’è una risposta duplice. In primo luogo, non possiamo condannare questa società moderna perché non è più cristiana. Questo non vuol dire che si deve assimilare e sottoscrivere tutto quello che questa società propone. Ma si è cittadini di questa cultura.

E questa è la seconda risposta: si deve essere presenti al nostro mondo, semplicemente essendo Chiesa. Facendo quello a cui si è chiamati: cercare Dio, ascoltare la Parola, rispondergli con la preghiera e la liturgia, nell’azione di grazie e nella lode (At 2,42).

È precisamente essendo Chiesa che si è sacramento per il mondo. È in ragione di ciò che si vive all’interno della comunità che la Chiesa può essere significativa all’esterno, questo è il cammino che Dio ha scelto per far conoscere il suo nome e il suo amore. Essa non fa missione, la missione non è una delle sue attività, perché essa stessa è missione.

Nel contesto dell’enorme crisi della Chiesa di oggi, Mergit Eckholt (Università di Osnabrück) ha richiamato la necessità di una visione profetico-costruttiva per il futuro della Chiesa.

La Chiesa cattolica si trova a un bivio: deve chiarire la questione del potere e della partecipazione. Una più forte partecipazione dei laici, in particolare delle donne nella Chiesa, il superamento delle strutture clericali e un serio confronto con le forme di vita della comunità, che si sono ripetutamente presentate negli ultimi anni, indicano la radice di una crisi della trasmissione della fede in generale.

Non si tratta di questioni periferiche, che si collocano solo a livello funzionale della Chiesa, né di questioni che riguardano solo le Chiese dell’occidente. Pluralizzazione, secolarizzazione e diversificazione delle forme di fede stanno emergendo in tutte le regioni del mondo.

L’uguaglianza di genere è una pietra di paragone per la capacità della Chiesa di inculturare la società post-moderna. Risulta pietra di paragone per verificare se la Chiesa stessa è pronta per una nuova conversione alla Parola di Dio e per ascoltare il messaggio liberatorio del regno di Dio. In questo senso, fede e vita si separano in un doppio senso: la Chiesa è in ritardo rispetto alla fede e alla vita da molto tempo ed è per questo che il coraggio di una trasformazione è necessario nel contesto dei percorsi mondiali. Lo stesso Direttorio della Catechesi chiede «una vera riforma delle strutture e delle dinamiche ecclesiali» (40).

Questo presuppone la capacità di lasciare il proselitismo per favorire il dialogo. La Chiesa sa di essere il nuovo popolo di Dio, ma questo non significa che sarebbe preferibile che il giudaismo cessasse di esistere. La Chiesa non sostituisce il popolo che Dio si è scelto. La novità apportata dalla Chiesa è giustamente che i pagani hanno ugualmente accesso all’unico popolo della Promessa.

Il fatto che il popolo giudaico continui a far parte del piano di salvezza di Dio preserva dall’ecclesiocentrismo. Dio ha amato dall’inizio questo mondo in Cristo, ciò che ha cominciato lo compirà. Egli ha bisogno per questo della Chiesa. Essa è il sacramento visibile e il segno efficace. Non è la Chiesa, ma Dio stesso, che rimane l’attore della redenzione, e nessun altro.

Appare chiaramente come oggi le religioni siano chiamate a incontrarsi e ad apprezzarsi, per pregare e operare per un’umanità degna e per la salvezza di tutti. L’annuncio del vangelo è diventato oggi inseparabile da questo dialogo interreligioso.

 

Conseguenze catechistiche

In questo contesto culturale, la grande sfida per la catechesi è quella di suscitare nuove pedagogie della fede, nuovi modi di insegnare la via del bene. La ricerca del bene non riguarda principalmente regole e comandamenti. Va molto più in profondità. Diventa riconoscimento che i desideri nella nostra natura rimangono la ricerca del bene, del bello e del vero. C’è una visione più antica che dobbiamo riscoprire e che vedeva l’essere buoni come un cammino verso Dio e verso la felicità.

Questo chiede di andare incontro all’altro per unirsi a lui nella sua ricerca. È chiaro che la grande sfida per il cristianesimo oggi è sapere come entrare in contatto con le molte persone che cercano Dio, ma non vengono in Chiesa.

Cristo è scomparso nella folla e noi dobbiamo trovarlo mescolandoci a loro. L’uomo di scienza – dice il Direttorio – è un testimone appassionato del mistero, cerca la verità con sincerità, è naturalmente incline alla collaborazione, alla comunicazione e al dialogo. Coltiva la profondità, il rigore e l’accuratezza del ragionamento; ama l’onestà intellettuale». In questa prospettiva tutti noi siamo assegnati alla ricerca in un’onesta perplessità. Tutti fratelli, tutti cercatori, sullo stesso cammino.

La sfida è quella di partecipare alla genesi delle culture e, di conseguenza, all’inculturazione della fede nel mondo a venire. Non importa se si è minoranza. Le minoranze attive si trovano sulla soglia del futuro che sta arrivando.

Paul Lakeland ci lascia un prezioso ammonimento: «Mentre riflettiamo se la fede ha un futuro, dobbiamo pensare se abbiamo fede nel futuro».[3] La speranza che alimenta la fede di oggi non dovrebbe essere un desiderio nostalgico, ma il riconoscimento che le comunità vive possono davvero essere minoranze creative, oasi piene di risorse in una civiltà che ha ancora sete di Dio. Solo la speranza può sostenere una minoranza in esilio (Ger 29,5-7).

La catechesi kerigmatica richiamata con forza da papa Francesco (EG 165-168) deve esprimere l’amore salvifico di Dio che precede qualsiasi obbligo morale e religioso. Non deve imporre la verità ma fare appello alla libertà, deve essere caratterizzata dalla gioia, dall’incoraggiamento, dalla vivacità e da un equilibrio armonioso che non riduca la predicazione a poche dottrine, a volte più filosofiche che evangeliche. Essenziale per la vita religiosa in una società secolare è che essa abbia origine all’interno della persona e non derivi solo da abitudini ereditate o dalla pressione sociale.

 

Non solo questione di linguaggio, ma discernimento

All’interno di questa mutata prospettiva sull’uomo e sul mondo, la visione di Dio come ineffabile (Deus absconditus) ha prodotto una secolarizzazione radicale. Il linguaggio ha perso il suo sottile potere di rendere visibile la realtà incarnata del Dio “storico”.

Pertanto c’è bisogno di trovare linguaggi più sottili. Dobbiamo innovare nel linguaggio, e portare i limiti dell’esperienza alla chiarezza di formulazioni che aprano una zona normalmente al di fuori della nostra gamma di pensiero e di attenzione. Il nostro essere immagine di Dio è anche il nostro stare tra gli altri nella corrente dell’amore. Ciò significa che il primo dovere dei cristiani non consiste nel convertire gli altri alla fede, ma soprattutto nell’affinare i propri occhi per discernere nella società e nello stesso popolo cristiano i modi di essere e di agire che, come le beatitudini, rappresentano il Regno di Dio. È la sfida a sviluppare il bellissimo spazio dell’ospitalità reciproca che ogni visita offre.

La ricerca di una comprensione della fede è una storia di processi di traduzione tra i più diversi, da Gerusalemme ad Atene, a Roma, alla Gallia, alla Germania, fino al mondo plurale e alla diversità delle culture del nostro tempo.

Sulle orme di Gesù Cristo, guidato dallo Spirito di Dio che rende l’uomo capace di parlare veramente di Dio, il linguaggio può allenarsi sempre di più per poter parlare di Dio in modo tale che lui stesso possa parlare in questo discorso.

Gesù Cristo ha dato un volto alla parola imperscrutabile, ha fatto parlare la Parola di Dio, ha così svelato la ricerca di Dio sepolta e distrutta dagli idoli, ed è stato lui stesso descritto come «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15).

Nella croce di Gesù Cristo si sono incrociate tutte le immagini di Dio, e l’amore creativo di Dio è emerso come amore, nel più profondo riconoscimento dell’altro. È proprio nella notte della croce che si apre la luce del mattino.

Camminare sulle orme di Gesù Cristo e da lì far crescere la comunità dei credenti, permette di trovare la strada di una relazione personale con Dio, e un parlare di Dio in tutta la sua diversità, come ringraziamento, come grido, come lode, come espressione di paura e di gioia, di fiducia che Dio apre al futuro.

Nel linguaggio con cui parliamo di Dio, Dio può essere annunciato, ma ciò deve avvenire sempre in modo tale che la parola non possa mai diventare un’immagine di cui disponiamo. Non si può e non si deve rendere Dio disponibile per noi in alcun modo.

Oggi è importante prendere sul serio i processi dinamici e fragili di crescita nella fede e quindi la libertà e la soggettività dei credenti. Questo include il permettere dubbi, distanze, disaccordi, ma soprattutto il vivere l’esperienza dell’amore di un Dio che non abbandona le persone perché desiderano lui. Le persone identificano questo Dio nei luoghi in cui avviene qualcosa di nuovo nella loro vita, dove amano e soffrono, dove sono vulnerabili e si rendono vulnerabili nel loro impegno verso gli altri. È la pratica della dedizione incondizionata all’uomo e il suo luogo è la sfera dell’interpersonalità.

 

A mo’ di chiusura

Dio: «È ancora qui; ci sussurra ancora, ci fa ancora segno. Ma la sua voce è troppo bassa, e il frastuono del mondo è così forte, e i suoi segni sono così nascosti, e il mondo è così inquieto, che è difficile stabilire quando si rivolge a noi, e cosa dice».[4]

La religione e il cristianesimo non si sono estinti nell’era secolare: sono stati trasformati, trasfigurati. Ci troviamo nello spazio aperto di un nuovo paesaggio spirituale, dove i venti soffiano da tutte le direzioni. Stando in quello spazio aperto, il Signore accetta la fragilità che tutti noi, credenti e non credenti, stiamo sperimentando.

 


[1] Oliver Roy, L’Europa è ancora cristiana? Cosa resta delle nostre radici religiose, Feltrinelli, 2019.

[2] J. De Kesel, Foi e religion dans une société moderne, Salvator, Paris 2021.

[3] Paul Lakeland, “La fede ha un futuro?”, Cross Currents, 1998-99.

[4] John Henry Newman, Sermone 17, “Aspettando Cristo”, in: Parochial and Plain Sermons, Vol. 6.

STORIA DELLA CATECHESI

PRESENTAZIONE – EDITRICE LAS

Presso l’Aula Don J. E. Vecchi, il 12 maggio, alle ore 15.00, l’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, ha organizzato la presentazione della “Storia della catechesi”, in quattro volumi, della Collana “Catechetica, Educazione e Religione”, edita dalla LAS.

Murawski Roman, Storia della Catechesi. 1, Età Antica

La Rosa Luigi, Storia della Catechesi. 2. Dire Dio nel Medioevo

Btaido Pietro, Storia della Catechesi. 3. Dal “tempo delle Riforme” all’età degli imperialismi

Biancardi Giuseppe – Gianetto Ubaldo, Storia della Catechesi. 4. Il movimento catechistico

antica (2021).

L’incontro, seguito di presenza e online, ha visto la partecipazione di allievi ed exallievi dell’Istituto e cultori di storia della Chiesa, della Congregazione Salesiana e della catechesi.

 

Dopo il saluto del Decano FSE Prof. Antonio Dallagiulia, sono intervenuti il prof. Angelo Giuseppe Dibisceglia, docente di Storia della Chiesa, il prof. José María Pérez Navarro, fsc, catecheta e direttore della Rivista “Sinite”, i due autori viventi il prof. Giuseppe Biancardi sdb, coautore con Ubaldo Gianetto, del volume sulla catechesi contemporanea (2015) e il prof. Luigi La Rosa, autore del volume sulla catechesi medioevale (2022).

Ha moderato l’incontro il prof. Giuseppe Ruta.

Sono stati ricordati anche i salesiani autori deceduti: oltre a Ubaldo Gianetto, Pietro Braido, autore del volume sulla catechesi moderna (2014), e Roman Murawski, autore del volume sulla catechesi antica (2021).

A conclusione i vari relatori hanno potuto rispondere ad alcuni interrogativi suscitati dalla presentazione e il Direttore, Ubaldo Montisci ha, infine, ringraziato relatori e intervenuti, richiamando quanto detto: si tratta di un unicum nel panorama degli studi storici e catechetici, un’opera rilevante di 2256 pagine (è questo il totale dei quattro volumi) che documentano il profilo genetico della catechesi dalle origini alla contemporaneità.

L’incontro, durato due ore, è stato il modo di recuperare la memoria di questo “antiquum ministerium”, come l’ha definito Papa Francesco nel motu proprio del 10 maggio 2021 scorso, un’opportunità preziosa di riflessione per un rilancio della catechesi per l’oggi e il futuro.

A partire e non a prescindere dalle radici della storia.

 

I volumi presentati:

 

 

Alcuni scatti dell’evento:

 

 

http://rivistadipedagogiareligiosa.unisal.it/?p=24371

Presentazione sezione CER: storia della catechesi il 12 maggio 2022 presso l’Università Pontificia Salesiana

La collana «CER – Catechetica, religione ed educazione» è curata dall’Istituto di Catechetica con l’obiettivo di contribuire alla riflessione scientifica nell’ambito della catechetica e della pedagogia religiosa. Al suo interno, è di particolare rilevanza la sezione storica, composta da quattro volumi che presentano l’evoluzione della catechesi dalle origini ai giorni nostri. Per la completezza e attendibilità dei dati riportati si pone come una produzione di livello assoluto nel panorama internazionale. La presentazione dei volumi avverrà giovedì 12 maggio dalle 15 alle 17 nella Sala Juan Vecchi dell’Università Pontificia Salesiana.

 

locandina evento

 

Alleghiamo il link dell’evento per chi, non potendo essere presente fisicamente, volesse seguire la presentazione on line:

https://us02web.zoom.us/j/83071243439?pwd=Vkc3YkpwYTdjL1k1Vm5JWkpLRmhZdz09

 

ID riunione: 830 7124 3439

Passcode: 904204

In ricordo di don Carlo Nanni

Mercoledì 11 maggio, ore 14:45, sala Juan Vecchi

Evento promosso dalla Facoltà di Scienze dell’Educazione

 

scarica locandina evento

 

Malizia, C. Nanni, S. Cicatelli e M. Tonini, Il sistema educativo italiano di istruzione e di formazione. Le sfide della società della conoscenza e della società della globalizzazione. Seconda edizione riveduta e aggiornata al 2021, Roma. LAS, 2022, pp. 216, euro 15.

 

La prima edizione di questo libro usciva nel 2010 e nel corso degli anni ha avuto un buon successo, ma il contenuto risultava ormai in gran parte superato dall’evoluzione più recente. La nuova edizione ricostruisce la storia del sistema educativo italiano fin dalle sue origini nel secolo XIX, prestando particolare attenzione allo scenario europeo e focalizzando la riflessione sulla stagione di riforme avutesi negli ultimi vent’anni nel mondo della scuola, della formazione e dell’università.

Il libro si articola in tre parti: la prima presenta il quadro di riferimento storico e teorico a partire dalle origini dello Stato italiano, con particolare attenzione all’attuale scenario europeo; la seconda affronta le riforme che si sono concentrate in particolare nei decenni a cavallo tra i due secoli; la terza propone delle sintetiche conclusioni generali con lo sguardo aperto sugli scenari futuri. Chiudono il volume due appendici che riportano i dati quantitativi del sistema nell’ultimo ventennio e una sintetica descrizione in forma grafica della struttura attuale del sistema educativo italiano. Soprattutto la seconda parte descrive analiticamente il “ventennio di cambiamenti” (2000-21), seguendo la successione dei vari Ministri dell’istruzione e dunque soffermandosi sulle riforme globali di Berlinguer (2000) e della Moratti (2003) fino al progetto di fare della scuola il motore dello sviluppo del Paese da parte del ministro Bianchi (2021).

L’evoluzione degli ultimi venti anni, su cui si appunta la riflessione degli autori è un processo che non è ancora giunto al termine, come ben sa chi opera o ricerca nella scuola e nei centri di formazione professionale (ma più in generale come duramente sperimentano tutti coloro che sono interessanti alle questioni formative in questi non facili inizi del XXI secolo, a cominciare dai genitori). Pertanto non è facile coglierne i tratti essenziali, le dinamiche di fondo, le interazioni profonde, le spinte processuali, per poi interpretarle, valutarle e presentarle in modo chiaro e preciso. È questa la sfida che gli autori, nella loro collaborazione di riflessione e di studio sulle questioni scolastiche e formative, hanno inteso raccogliere ed affrontare.

Per un verso, appaiono abbastanza evidenti la coscienza e la volontà sociale e politica di adeguare il sistema educativo di istruzione e di formazione all’evolversi dei tempi e all’innovazione storica nazionale e internazionale, europea e mondiale. Per altro verso, si evince anche il fatto incontestabile che siamo di fronte a un percorso non sempre riuscito nei suoi tentativi riformatori; si chiede quindi a tutti di porsi in una prospettiva di rinnovato impegno per corrispondere adeguatamente alla domanda personale e sociale di formazione del Paese, specie di fronte alle istanze che in tal senso provengono dalla società della conoscenza e da un mondo sempre più ambiguamente globalizzato.

Il volume può fornire un’introduzione adeguata alla comprensione dei vari ordini e gradi del sistema educativo italiano di istruzione e di formazione e soprattutto può offrire una serie di indicatori generali per valutare il percorso compiuto dall’Italia nel campo dell’educazione, dell’istruzione e della formazione professionale dalla sua unificazione nazionale ad oggi, per proiettarlo su un futuro umanamente degno, nella linea di uno sviluppo sostenibile per tutti e per ciascuno. Il lettore potrà trovare in queste pagine un solido e documentato punto di riferimento per ulteriori percorsi di approfondimento in ogni direzione.

Destinatari prioritari continuano ad essere i docenti e gli studenti di scienze della formazione e dell’educazione. Ma il libro si rivolge anche ai docenti delle scuole e dei centri si formazione professionale, ai loro dirigenti, agli educatori, ai genitori e, in generale, alle persone interessate ai problemi educativi e scolastici – giornalisti, politici, sindacalisti – a diversi livelli e nei differenti contesti di vita e di azione.

Con questa pubblicazione si desidera anche ricordare uno degli autori del volume originario, il prof. don Carlo Nanni, già Rettore dell’Università salesiana, che prima della sua scomparsa nel 2020 aveva iniziato a progettare questa nuova edizione con l’obiettivo di continuare a garantire la presenza di alcuni principi educativi propri dello spirito salesiano nel dibattito sulla politica scolastica italiana.

 

È tornata alla Casa del Padre Suor Lorenzina Colosi, F.M.A.

Nel giorno della Pasqua di Resurrezione è tornata alla casa del Padre suor Lorenzina Colosi, Figlia di Maria Ausiliatrice.

Catecheta valente e donna volitiva, è stata responsabile dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Roma imprimendogli grande impulso.

Ha sempre intrattenuto rapporti cordiali e costruttivi con l’Istituto di Catechetica, partecipando da protagonista a numerose nostre iniziative.

Con riconoscenza e affetto divulghiamo alcune delle informazioni che sono state pubblicate dalla stampa in occasione dei suoi funerali.

Di tutto grazie, suor Lorenzina! (Ubaldo Montisci, Direttore dell’Istituto di Catechetica)

 

 

Suor Lorenzina, evangelizzatrice «sognatrice e concreta»

L’ultimo saluto in San Giovanni alla salesiana che guidò l’Ufficio catechistico diocesano dal 2002 al 2008. De Donatis: «Ha letto negli sguardi di tanti l’attesa della Parola. Esempio luminoso»

Di Angelo Zema pubblicato il 19 Aprile 2022

(foto: Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice)

 

La “chiamata” del Padre proprio nel giorno di Pasqua. «Gesù morto e risorto è stato il centro e il cuore della sua vita; è stato l’impegno quotidiano della sua missione di donna, di religiosa, di Figlia di Maria Ausiliatrice; di catechista e di maestra di catechesi: annunciare il Signore risorto, in una gioia incontenibile e contagiosa». Così il cardinale vicario Angelo De Donatis ha ricordato suor Lorenzina Colosi, morta il 17 aprile, prima donna a dirigere un Ufficio del Vicariato – appunto quello Catechistico, dal 2002 al 2008 -, all’omelia dei funerali presieduti questa mattina, 19 aprile, nella basilica di San Giovanni in Laterano.

«In una fedeltà propria di pochi – ha sottolineato De Donatis -, ha servito la Chiesa con una passione e con un’attualità che, anche a 93 anni, la rendeva sempre giovane. Una donna rallegrata da Dio, sognatrice e concreta come don Bosco. Un esempio luminoso della realizzazione del carisma di un grande istituto nel servizio intelligente e creativo di una Chiesa particolare». Con l’impegno nell’Ufficio Catechistico, dove suor Lorenzina ha lavorato per cinquant’anni, inizialmente come collaboratrice, dalla fine degli anni ’50, quindi come responsabile della catechesi parrocchiale, fino ad assumerne la guida nel 2002 con la responsabilità del Servizio del catecumenato che lei stessa aveva avviato. «Ha letto negli sguardi di tanti l’attesa della Parola di Dio – ha detto ancora il cardinale – e questa Parola l’ha donata attraverso un’accoglienza materna e ferma, dolce e chiara. Uno stile tutto femminile che l’ha resa madre, capace di tessere relazioni e fraternità all’interno del Vicariato e favorendo sempre la corresponsabilità».

Della lunghissima esperienza nell’Ufficio aveva voluto lasciare memoria con il libro “Frammenti di una storia. L’Ufficio catechistico di Roma”, edito da Lev nel 2013. Un lavoro prezioso anche in considerazione dell’excursus storico sulle istituzioni che ne avevano preceduto la nascita, frutto di un lungo lavoro di ricerca. «Un atto di omaggio verso tutti coloro che, nella diocesi di Roma, hanno lavorato alla catechesi in questi anni, silenziosamente e generosamente, e che, con il loro lavoro, hanno contribuito a costruire una “storia” la cui memoria mi sembrava giusto non lasciar cadere», aveva scritto suor Lorenzina. Oggi, per l’ultimo saluto, sono stati in tanti a voler dare a lei quest’omaggio, a cominciare dalle figlie spirituali di don Bosco, che hanno ricordato la sua «eredità da custodire e da valorizzare». Tra i concelebranti, il cardinale Enrico Feroci, l’arcivescovo Cesare Nosiglia, che aveva lavorato con suor Colosi da vicegerente di Roma, l’arcivescovo Giuseppe Mani, in passato ausiliare della diocesi, i vescovi Paolo Ricciardi, ausiliare delegato per la pastorale sanitaria, e Luca Brandolini, vicario del cardinale arciprete della basilica lateranense, oltre a numerosi sacerdoti.

Suor Lorenzina era nata a Vitorchiano (Viterbo) il 18 ottobre 1928, professa a soli 18 anni, dopo un’infanzia segnata dalla morte del padre e da un’educazione profondamente cristiana in ambito familiare. Da bambina era «affascinata» dalle catechesi della mamma e della nonna, e ascoltava con attenzione la spiegazione delle preghiere. «Ai bambini con cui giocavo – diceva lei stessa – raccontavo quanto avevo imparato». Evangelizzatrice fin da piccola. Insegnante nella scuola romana salesiana di via Dalmazia, poi formatrice di catechiste tra le allieve dell’istituto all’alba del Concilio, quindi “in missione” tra le ragazze di periferia del Nomentano con l’attenzione alla loro cura integrale e l’animazione delle Messe all’aperto nei prati. Pioniera della “Chiesa in uscita”. Vent’anni all’istituto San Giovanni Bosco e 15 nella casa di Testaccio, delegata salesiana per oratorio e sport, presidente regionale Anspi Lazio, docente all’Università Gregoriana, direttrice-preside, incarichi a livello nazionale ed europeo nel settore della catechesi, direttrice della casa Sacra Famiglia. La “pastorale del telefono” – ricordata anche dal cardinale – con la vicinanza a vescovi, sacerdoti, suore, laici. Gli ultimi anni fatti di preghiera e di consiglio, di memoria e ancora di servizio. Tante facce di un’unica grande missione al servizio del Vangelo.

19 aprile 2022

https://www.romasette.it/suor-lorenzina-evangelizzatrice-sognatrice-e-concreta/

 

 

 

Intervista a sr Lorenzina (Nel cuore dei giorni, gennaio 2014, TV 2000)

L’insegnante di religione in Italia. Storia e formazione

Presentazione del libro di Anna Peron

Tutti gli insegnanti sanno che il successo scolastico di una disciplina molto dipende dalla qualità professionale del suo docente.

Questo volume affronta il delicato problema della figura dell’Insegnante di Religione (IdR) e dell’incidenza che può avere sui suoi studenti: come può diventare una figura chiave per la crescita integrale dei suoi alunni?

La sua professione è forse una vocazione? Una missione?

Qual è la sua specifica formazione e quale il suo profilo professionale, oggi? Sono domande che hanno guidato questa ricerca, in continuità con le indagini condotte a livello nazionale che hanno accompagnato la progressiva consapevolezza dell’identità dell’IRC in questi ultimi 40 anni.

Il profilo di IdR che emerge è decisamente positivo, ma la formazione permanente – continua e sistematica – sarà sempre la sfida che mantiene viva la sua professionalità.

Il presente volume offre anche alcune linee fondamentali per la formazione degli IdR in servizio, un quadro di riferimento utile a chi è incaricato della preparazione professionale di tali insegnanti.

 

Presentazione del libro di Anna Peron

https://www.youtube.com/watch?v=m30S7cZfVS4

 

Anna Peron è Figlia di Maria Ausiliatrice. Dopo una lunga esperienza nel campo della pastorale giovanile e nell’IRC in diverse scuole, si dedica attualmente alla formazione iniziale di candidati all’Insegnamento della Religione presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma. Collabora inoltre nell’ufficio scuola della diocesi di Porto e Santa Rufina di Roma.

Auguri Pasquali

L’Istituto di Catechetica

e la Redazione della Rivista di Pedagogia Religiosa 

vi augurano Buona Pasqua !!!

 

 

 

 

 

 

Nel carteggio del mio archivio ho riscoperto un messaggio di auguri che l’indimenticabile don Tonino Bello rivolse alla moltitudine di gente che lo amava, in ricorrenza della Pasqua del 1986. Sono parole di un grande Vescovo che riecheggiano nel cuore di ciascuno di noi e che ci aiutano a vivere seguendo il suo esempio di fede nel Cristo Crocifisso e Risorto. La bontà del suo cuore, la sua smisurata generosità, il quotidiano impegno per gli altri, soprattutto per gli ultimi e i diseredati, la sua non comune capacità di esprimere con attraente dialettica la bellezza e l’autenticità della vita, erano doti che lui possedeva e che noi non dimenticheremo mai.
Di fronte alla cultura dell’avere, don Tonino ha professato quella dell’essere e alla cultura della morte, nelle sue varie espressioni, ha opposto quella della vita, della poesia, dell’ineffabile, dell’inesprimibile, della pace, della giustizia, della solidarietà.
Pertanto, ripropongo le sue parole alla riflessione dei visitatori di questo blog, non senza aver prima indirizzato le mie personali espressioni di gratitudine al mio caro amico, dott. Stanzione, che al termine del suo lungo mandato, quale priore dell’Arciconfraternita della Morte, durato sei anni, ha manifestato in tanti modi la sua passione e il suo profondo attaccamento al Sodalizio da lui rappresentato nonché alla religiosità della settimana santa, e non soltanto molfettese. Grazie di cuore, Franco, per le tue lodevoli iniziative vissute nel corso del tuo priorato, che certamente rimarranno nella storia dell’Arciconfraternita, insieme al tuo nome. Buona Pasqua 2009.
Ecco il messaggio del nostro amato Pastore, che trascrivo fedelmente.

 

Cari amici,
come vorrei che il mio augurio, invece che giungervi
con le formule consumate del vocabolario di circostanza,
vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo
profondo, con un sorriso senza parole!
Come vorrei togliervi dall’anima, quasi dall’imboccatura
di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà,
che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace!
Posso dirvi però una parola. Sillabandola con lentezza per
farvi capire di quanto amore intendo caricarla: “coraggio”!
La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore,
è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la
distruzione. Non la catastrofe. Non l’olocausto planetario. Non
la fine. Non il precipitare nel nulla.
Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti
che abusano di voi. Coraggio, disoccupati. Coraggio, giovani
senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad
accorciare sogni a lungo cullati. Coraggio, gente solitaria,
turba dolente e senza volto. Coraggio, fratelli che il
peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che
la povertà morale ha avvilito.
Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte
a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non
c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che
non rotoli via.
Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie
della vostra prigione.

 

Vostro
don Tonino, vescovo

 

“Catechetica”
Luciano Meddi

Luciano Meddi

 

 

 

 

Nel XX secolo, sotto l’influsso del Vaticano II, la catechesi e la sua riflessione scientifica – la catechetica – hanno ricercato le vie più adatte per collaborare alla conversione missionaria, assumendo via via uno stile sempre più dialogico e propositivo.

Una conversione richiesta dall’evidente trasformazione del ruolo della religione nelle culture contemporanee, soprattutto in Europa.

Di conseguenza anche la formazione cristiana è stata invitata a rinnovarsi nel metodo, nell’annuncio, nella relazione con le culture, nel processo di proposta e iniziazione cristiana.

Il Concilio Vaticano II ne ha sollecitato diversi approfondimenti, che riguardano l’educazione dei cristiani, l’annuncio permanente della fede, l’accompagnamento della sua maturità, l’inserimento vivo dei battezzati nella Chiesa.

Questi approfondimenti hanno seguito le diverse stagioni della receptio conciliare. Dapprima si è proposta la catechesi evangelizzatrice, con lo scopo di dare nuovo alimento alla tradizione e alla vita di fede delle comunità cristiane; successivamente si è preferito un impianto missionario finalizzato a dare sostegno alla nuova evangelizzazione, per rafforzare la domanda di sacramento.

Oggi si è alla ricerca di una visione che si concentri soprattutto sui processi interiori e spirituali della persona a cui si rivolge il messaggio cristiano.

Direttorio per la catechesi. Una guida di lettura

PRESENTAZIONE

Primo flash: di cosa parliamo

Il 23 marzo 2020 iniziava il suo cammino, che possiamo definire mondiale, un libro di 431 pagine, dal titolo significativo Direttorio per la Catechesi, da noi siglato con DC. È un volume scritto bene, si capisce ciò che dice, ed è anche stampato in maniera nitida, si fa leggere volentieri. Ma il suo valore cresce sapendo che l’ha voluto espressamente Papa Francesco servendosi dei suoi collaboratori, precisamente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova Evangelizzazione, di cui è presidente Mons. Rino Fisichella, valido teologo e pastore italiano.

Il DC è destinato a tutte le comunità ecclesiali, è stato composto da un’équipe di competenti di tutte le parti del mondo ed è stato tradotto nelle diverse lingue, francese, inglese, spagnolo, polacco, ma lo sarà anche in cinese, swahili (Africa) e in altre lingue. In lingua italiana è stampato dalla Libreria Editrice Vaticana e dalla Editrice San Paolo, al prezzo di 22 euro.[1]

Questa Guida intende aiutare a conoscere il contenuto in modo semplice e sintetico.

Secondo flash: perché ne parliamo

Non si tratta di un testo di religione usato nella scuola, né di un catechismo fra tanti, magari usato per la prima comunione o per la cresima, ma poi lasciato in un angolo. Credo che sia la sorte capitata a tanti di noi, giovani ed adulti. Ma è giusto questo? Ci fa del bene? Avvertiamo il bisogno di proporre la fede (a questo serve un catechismo), non come oggetto di antiquariato, ma in dialogo con l’uomo che vive nel Duemila inoltrato. Ebbene, ecco qui tra mano un testo del tutto autorevole che intende fare da guida su come dire e vivere la fede come amicizia vitale con Gesù di Nazaret. A questo scopo insegna a fare oggi catechesi e di conseguenza come comporre i singoli catechismi locali. Per questo viene chiamato Direttorio, ossia libro che dirige l’azione di annuncio della fede e vale per tutta la Chiesa.

Ricorderò che il Direttorio è un genere di pubblicazione voluta dal Concilio Vaticano II; compare la prima volta nel 1971, con il titolo di Direttorio Catechistico Generale (DCG), nel 1997 è uscita la seconda edizione con il titolo Direttorio Generale per la Catechesi (DGC). E adesso per la terza volta la Chiesa lo propone con il titolo di Direttorio per la Catechesi (DC).

Per almeno tre motivi presentiamo questa piccola Guida:

– perché il DC tratta della verità della fede cristiana in maniera documentata, completa, chiara, serena, rispettosa, con specifico interesse per ogni età, in particolare giovanile;

– perché porta su di sé l’autorità del Papa e quindi si rivolge a tutta la Chiesa diventando un importante segno di comunione nella verità che unifica la Chiesa;

– perché ha in sé le risorse di suscitare un dialogo con i lettori, ascoltare domande, dubbi, incertezze e offrire una risposta accettabile, anzi convincente. È un documento che attrae, che coinvolge, che arricchisce la fede.

Terzo flash: come ne parliamo

Il DC ci offre materiale bene elaborato e suddiviso in 12 capitoli, raccolti in 3 parti, per 428 paragrafi, preceduto da un’utile guida alla lettura di Mons. Fisichella e concluso con l’indicazione delle fonti (magistero della Chiesa) e l’indice dei temi toccati. Noi procederemo in tre parti:

– di ogni capitolo diamo l’orizzonte che sintetizza il tema svolto, cui segue uno sguardo globale ed una esposizione analitica dei contenuti, seguendo paragrafo per paragrafo (il Direttorio verso di noi);

– evidenziamo alcuni spunti di riflessione su quanto esposto (Noi verso il Direttorio);

– proponiamo piste di confronto e di approfondimento (Domande su cui dialogare).

Come si può vedere abbiamo scelto di presentare ogni capitolo con il formato di scheda, una o due a seconda dell’ampiezza dei contenuti, riportando alla lettera varie frasi, annottando i paragrafi da cui sono prese.

Si potrà vedere che intendiamo fare una esposizione dei contenuti del Direttorio, senza dare un commento personale, semmai facendo una sintesi al termine di ogni scheda. Riteniamo infatti fondamentale conoscere prima il testo dal di dentro[2], come si dice, invitando farne poi oggetto di approfondimento, valorizzando magari i commenti che già vengono pubblicati.[3] 3

Primi destinatari di questa guida – ma non soli – sono naturalmente i catechisti della comunità, uomini e donne, cui suggeriamo di farsi un piano di lavoro con periodici incontri, in cui si passa da questi nostri schemi alla lettura del Direttorio stesso. Non tacciamo un desiderio preferenziale: aver presente il mondo giovanile, coinvolgendo più direttamente il catechista o animatore di giovani.

Per questo lavoro, senza pretese, siamo incoraggiati dall’ultimo documento di Papa Francesco sulla preziosa, indispensabile persona del catechista, il cui compito il Papa riconosce, non solo come servizio volontario, ma come ministero riconosciuto nella Chiesa.[4]

[1] Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, Direttorio per la catechesi. Guida alla lettura di Rino Fisichella, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2020; Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2020.

[2] Invitiamo ad acquistare in una libreria cattolica il libro di cui stiamo parlando: Direttorio per la catechesi, € 22,00. Può servirti se fai o vorresti fare il catechista in comunità, o animatore giovanile, assistente scout…, o anche per conoscere genuinamente ed insieme verificare lo stato di salute della tua fede così come la pensa e la comunica la Chiesa.

[3] Aa.Vv., Il volto della catechesi nel nuovo Direttorio, in Catechetica ed educazione 6 (2021), n. 12.

[4] Francesco, Lettera Apostolica Antiquum ministerium (AM) sull’istituzione del ministero del catechista (10 maggio 2021). A ciò si aggiunga la Lettera da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che istituisce il rito che attua tale documento di Papa Francesco (11 dicembre 2021).

 

INDICE

La spiritualità nella cura

Dialoghi tra clinica, psicologia e pastorale

Tra un medico e un presbitero che si incontrano, ogni mattina, nei corridoi di uno dei più importanti ospedali d’Italia – l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – nasce un dialogo autentico, appassionato, lucido sul tema della spiritualità nella cura. Di che cosa ha bisogno l’ammalato che soffre e che intravede l’avvicinarsi dell’ultima soglia?

Esiste la possibilità di un’alleanza tra medicina e spiritualità, in una realtà sanitaria sempre più tecnologica e standardizzata su grandi numeri ed efficienza delle prestazioni?

Con un’analisi rigorosa dei sistemi ma anche dei bisogni profondi espressi dai pazienti e dalle famiglie, gli autori sottolineano che è possibile inaugurare nuovi percorsi di formazione, nuovi modelli di collaborazione e nuove routine nelle équipe sanitarie, in cui l’ascolto e la presa in carico della dimensione spirituale del paziente diventano un elemento capace di sostenere nei momenti più difficili e di offrire prospettive alla domanda di senso che accompagna ogni essere umano.

 

Carlo Alfredo Clerici, Tullio Proserpio, La spiritualità nella cura. Dialoghi tra clinica, psicologia e pastorale, Edizioni San Paolo 2022, pp. 208, euro 18,00

 

Carlo Alfredo Clericiè medico specialista in psicologia clinica, psicoterapeuta. Lavora come professore di II fascia di Psicologia Clinica presso il Dipartimento di Oncologia ed Emato- Oncologia dell’Università degli Studi di Milano e come dirigente medico di I livello presso la Fondazione IRCCS

Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. È fondatore e animatore del sito: www.curaspirituale.it

 

Tullio Proserpio è presbitero dell’Arcidiocesi di Milano, dal 2003 è cappellano ospedaliero presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. È consulente di progetto delle Cure Palliative per la Pontificia Accademia per la Vita e membro del gruppo di progetto per l’Ufficio della Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Italiana. È fondatore e animatore del sito: www.curaspirituale.it

 

In allegato:

– il comunicato stampa, disponibile anche online cliccando qui;

Prefazione e Introduzione